L’OPINIONE / Michele Drosi: L’auspicio è che Arrical possa dispiegare le sue potenzialità

di MICHELE DROSICon la legge 10 del 2022 è stata istituita dalla Regione Calabria l’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche Calabria (Arrical), quale ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per l’esercizio associato delle funzioni pubbliche relative al servizio idrico integrato e al servizio di gestione dei rifiuti urbani, al quale partecipano i comuni della Calabria.

Nelle scorse settimane si sono svolte le elezioni per il consiglio direttivo per superare la fase del commissariamento straordinario e consentire l’avvio della nuova governance in carico alla diretta responsabilità delle amministrazioni comunali.

La gestione dei rifiuti e del servizio idrico integrato riveste una grande importanza in una regione come la nostra dove negli anni si sono accumulati ritardi e una sequela di emergenze che hanno messo a dura prova la vita delle comunità e il lavoro di tanti amministratori locali impegnati a tenere puliti i propri paesi e le proprie città, e che hanno provocato la cronica mancanza d’acqua, bene primario necessario e indispensabile per garantire una migliore qualità della vita.

L’auspicio è che questo nuovo ente, piuttosto che rivelarsi l’ennesimo carrozzone o scatola vuota alle quali siamo stati abituati nel corso di tanti anni, possa dispiegare tutte le sue potenzialità attraverso il protagonismo dei sindaci che, aldilà delle appartenenze, dovranno essere in grado di misurarsi pragmaticamente con tutte quelle fondamentali questioni relative alla qualità dei servizi, all’ammodernamento delle reti idriche, a un piano dei rifiuti in grado di implementare al massimo la raccolta differenziata, mediante un progetto che preveda investimenti certi e nuova occupazione.

L’esito delle elezioni, come in molti si sono premurati di sottolineare, ha registrato tra gli eletti la prevalenza dei sindaci del centrodestra, probabilmente anche perché c’è stata una certa sottovalutazione da parte dello schieramento del centrosinistra di questo rilevante appuntamento, che ha visto invece scendere in campo tutti gli esponenti istituzionali dell’altro campo.

In questo contesto, voglio segnalare l’impegno e la determinazione espressi in questa occasione dal sindaco di Santa Caterina dello Ionio, Francesco Severino, che per un solo voto non è riuscito ad essere eletto nel consiglio direttivo. Probabilmente perché più di qualcuno che si era impegnato a sostenerlo, alla fine, ha ceduto alle lusinghe e alle sirene delle stanze del potere. (md)

[Michele Drosi è presidente Federazione Provinciale PD  Catanzaro e già sindaco di Satriano]

L’OPINIONE / Francesco Assisi: Le numerose e gravi problematiche del Parco Gaslini a Catanzaro

di FRANCESCO ASSISI – Il 13 ottobre  ho deciso di trascorrere la domenica pomeriggio con mio figlio al parco Gaslini in Catanzaro Lido, in occasione dell’evento organizzato dal gruppo Protezione Civile Comunale di Catanzaro, nonché dall’associazione Vigili del Fuoco.

Il programma consisteva in un momento divulgativo presso lo stand della Protezione Civile intitolato “Io non rischio”, in adesione alla campagna di comunicazione pubblica sulle buone pratiche di protezione civile, nonché in un momento di coinvolgimento istruttivo dei bambini con la possibilità di partecipare a “Pompieropoli”.

L’iniziativa è senz’altro riuscita, grazie alla competenza, dedizione ed empatia dei volontari della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco, i quali sono stati in grado di offrire ai bambini e alle loro famiglie un’occasione di informazione/formazione su temi di estrema importanza e, al tempo stesso, di divertimento e socializzazione, in condizioni di completa sicurezza.
L’encomiabile evento ha tuttavia evidenziato, ancora una volta, le numerose criticità dei luoghi in questione il cui stato di manutenzione risulta gravemente pericoloso per l’incolumità dei frequentatori del Parco e, in particolare, dei tanti bambini e ragazzi che l’affollano quotidianamente, tanto è che i volontari, prima di poter procedere all’installazione delle attrezzature necessarie alle esercitazioni, hanno dovuto mettere in sicurezza il campo da basket per la situazione di precarietà in cui versa.
Ma non solo, come lamentato da molti genitori presenti alla manifestazione che frequentano abitualmente il parco giochi, ho potuto constatare le numerose e gravi problematiche che tutte le strutture ivi esistenti presentano quali, solo per indicarne alcune, spuntoni di ferro, recinzioni divelte, porte del campo di calcetto instabili, bagni pubblici inspiegabilmente chiusi al pubblico. Peraltro, anche le strade che portano al parco non sono adeguatamente sicure, essendo le strisce pedonali ormai completamente cancellate e non visibili.
Io non frequentavo il Parco da un po’ di tempo, ma non comprendo come il sindaco, gli assessori ed i consiglieri di maggioranza, che presenziano abitualmente alle manifestazioni di vario genere che vi vengono organizzate per assicurarsi la solita passerella inconcludente, non si siano mai accorti di tutte le gravi e facilmente visibili criticità adottando i necessari ed urgenti interventi di ripristino e manutenzione per la messa in sicurezza dei luoghi.
Purtroppo, tutto ciò è emblematico della superficialità e inadeguatezza di questa amministrazione comunale che, incurante delle ripetute segnalazioni di cittadini che lamentano disservizi e cattiva gestione della cosa pubblica, non si rende conto di aver portato la città capoluogo di regione alla deriva e al declino assumendone le relative gravi responsabilità. (fa)
[Francesco Assisi è consiglieri comunale]

L’OPINIONE / Franco Cimino: Netanyahu, basta! Fermati adesso

di FRANCO CIMINO – Benjamin, ti ho chiesto di fermarti e non ti sei fermato. Te l’ha chiesto cento volte Francesco in nome del Dio che vi accomuna, e non ti sei fermato. Te l’ha chiesto, almeno formalmente, di certo strumentalmente, probabilmente fintamente, Biden, e non ti sei fermato.

Te l’hanno chiesto, 360 giorni fa, i familiari dei tuoi concittadini rapiti in quell’orrore di Hamas, e non ti sei fermato. Dove vuoi arrivare? Hai vinto tutte le battaglie che hai ritenuto di fare sul duplice terreno della difesa del tuo paese e della vendetta, due campi che non stanno a lungo bene accanto, se non quando ne diventano uno soltanto, quello dell’orrore che continua, si estende e contagia. Sei riuscito, nell’ignoranza generale, o complicità da furbizia a futura memoria, a cambiare la matematica e la regola del conteggio aritmetico.

La tua nuova dice che due più due non fa più quattro, ma deve fare milleduecento più trecento per quattro. Totale quarantacinquemila circa, mille in più mille in meno, non fa differenza sul tuo quaderno a quadretti. Tanto equivale il rapporto che tu hai inventato con la nuova regola: «se ne ammazzi dieci dei miei, io ne ammazzerò quaranta dei tuoi». Su questa aritmetica hai elaborato una nuova etica, o pensiero filosofico se questo più ti garba. E, cioè, che la vita di un israeliano, vale quattro vite di un palestinese. Una sorta di inversione, o nuova scrittura, di quella pagina che ottant’anni fa quel pazzo aveva inventato. In essa c’era stampato, a caratteri cubitali, con l’inchiostro più nero, che gli ebrei appartenessero a una razza inferiore.

La peggiore tra quelle inferiori, con i disabili e gli omosessuali, da distruggere totalmente. Nei tuoi assalti in quella stretta lingua di terra, che si affaccia sul mare e si rappresenta, nel volgersi verso la tua, piccola e bella, come fascia di collegando per l’amicizia tra i popoli, anche quelli europei, tu hai lanciato un numero incalcolabile di assalti, di cielo e di terra, da lontano e da vicinissimo. Cercavi i guerriglieri di Hamas, per cancellare il pericolo che essi continuino a colpire il tuo paese con l’odio che li spinge a volere la sua cancellazione. E fin qui, anch’io, pur perplesso dinanzi al mio principio inderogabile del no alla violenza sempre, e alle guerre sempre, mi stavo sforzando di capirti.

Non ti avrei giustificato, ma ti avrei considerato con prudenza e senso umano della realtà imposta. Ma le donne, i vecchi, che c’entrano? I bambini, soprattutto, che c’entrano? Anche qui, mi sembra che tu abbia inventato una nuova teoria, anch’essa da diffondere e, come il silenzio generale fa temere, mettere nel cassetto di tutti a futura convenienza. La teoria, che dovrebbe liberare la tua coscienza dalle colpe “omicidiarie” e alleggerire quella dei tuoi alleati, sembrerebbe essere quella per la quale si uccidono i bambini palestinesi nella certezza che, crescendo, diventeranno terroristi o guerriglieri contro Israele. E mi fermo a questo, non volendo lontanamente immaginare che l’accusa di genocidio, che ti viene mossa anche dai tribunali dell’Europa, e dalla quale hai molte difficoltà a difenderti oggi, diventi la constatazione di una ideologia nefasta applicata già. Fermati, Benjamin, di Gaza non è rimasto più nulla. I tunnel e i corridoi sotterranei, dove si nascondono i “ terroristi” o i guerriglieri, e i loro capi impartiscono gli ordini nelle strategie “belliciste” ivi elaborate, li hai perlustrati e occupati tutti. Volevi cercare gli ostaggi, non ne hai trovato uno. Dalla differenza, anche qui la tua aritmetica, trecentoventidue meno i duecento uccisi, dovrebbero esserne rimasti centiventidue.

I tuoi Servizi Segreti, che sanno tutto, tranne di quel sette ottobre “sorprendente”, un anno fa, ti hanno detto dove si potrebbero trovare? E quanti ancora in vita? Oppure, sai già tutto e quei povericristi, scusami la parola, del cui destino sai già tutto, restano l’unica scusa che ti resta per continuare le tue assurde guerre? Dici che vuoi attaccare l’Iran, l’asse del male, il tuo nemico più pericoloso. E a me sembra che te la fai sotto per la minaccia che Teheran non l’attuerà mai per la stessa paura che senti tu. E di ciò ringrazio il nostro Dio, lo stesso dei musulmani. E che Lui non voglia che tu o Khamenei cambiaste idea.

E, però, ti sei portato in Cisgiordania, la terra piccola piccola, che potrebbe rappresentare una gran parte della soluzione dell’annoso problema. Lo spazio tramite il quale i due famosi stati autonomi, da vent’anni e più già concordati, potrebbero prendere finalmente corpo. Che vuoi fare, raderla al suolo, completamente? Bene, accomodati! In attesa ti viene più comodo il Libano. Bombardarlo in gran parte, occuparlo tutto, ti consentirebbe di eliminare quello strano esercito degli Hezbollah, il braccio armato di Teheran contro Israele. Hezbollah ha nel Libano il suo campo di addestramento militare e la sua forza organizzativa, le sue armi, anche quelle micidiali dei missili che sono lanciati contro Israele. Qui avresti ragione, perché ciò che dici è vero.

Ma distruggere quel bel Paese, anch’esso utile alla costruzione di un futuro “pacificato”, se ancora questo la comunità internazionale vuole, a che serve? Rovinare definitivamente ogni possibilità che esso possa essere restituito, finalmente dopo decenni, a una normalità di Stato libero, autonomo, indipendente, democratico possibilmente, anche unito al suo interno dalle tante fazioni che l’hanno impoverito, è giusto e utile? Soprattutto, ti risulta utile?

E quando, in fondo al suo territorio, quello che muove verso il suo nord, avessi fatto creare dalla comunità internazionale un altro enorme disumano campo profughi, in cui seppellire altri milioni di esseri umani, sarai contento? Vuoi continuare, continua, tanto il mondo dice, ipocritamente, che dobbiamo aspettare le elezioni americane per sapere che fine farà il Medio Oriente e le persone che lì vivono. Mancano ancora venti giorni all’esito elettorale. A proposito, tu per chi tifi tra Kamala e Donald? Chi ti conviene che vinca? Trump, il cui cipiglio machista è simile al tuo? Dio, il mio Dio nella volontà degli americani, non voglia questo. Mancano venti giorni esatti, però. Secondo la tua aritmetica, dovrebbero crollare sotto le bombe le case e le scuole e gli ospedali, quei pochi rimasti, e venire uccisi tre- quattro mila persone. Dico persone, non soldati. Persone indistinte, nelle quali vi sono anche le tue, le nostre, di Israele. Del mondo. Tutti chiedete la tregua, ché la Pace è una parola tanto bugiarda quanto sconosciuta.

Ma se tregua dovrà esserci, perché non la fai oggi? Che ti costa? Fermiamo le distruzioni adesso! Il sei novembre ne parleremo magari da riposati. Ché anche tu ha bisogno di riposarti bene, così che possa finalmente essere lucido nel valutare i disastri. Con gli occhi del mattino si vede meglio. Anche la morte. E la rovina. La pelle riposata sentirà più chiaramente l’odio che le cammina sopra. Negli ultimi due giorni, poi, un fatto che è più assurdo che grave. Dall’esercito tuo, che si muove, tuo vanto, con una precisione millimetrica, l’hai dimostrato ampiamente, nel colpire gli obiettivi, sono partiti due attacchi contro Unifil, il presidio miliari in Libano, che l’Onu ha lì collocato per la tutela delle popolazione e degli edifici essenziali alla vita delle persone. Nessuna vittima, per fortuna. Solo quattro feriti, due militari pachistani e due, ieri, dello Sri Lanka. Stasera la notizie di un terzo attacco, due soldati indonesiani colpiti.

Le prime reazioni internazionali non mi sono piaciute affatto. Quelle del ministro degli Esteri del mio Paese, innanzitutto. Quel “i soldati italiani” non si toccano, nel mezzo lessicale tra la minaccia e la preghiera, mi sono apparse quantomeno improprie. Non si tocca nessuno, né tra i militari, né tra i civili. Non si tocca alcuno, in particolare, che si trovi in quei territori per salvare e proteggere vite umane. Non mi è piaciuta neppure la dichiarazione congiunta dei sette capi di governo europeo, tra i quali Macron e Meloni, che hanno lanciato, come una un proiettile a salve, il loro moto di indignazione nei confronti di Israele per l’attacco ai presidi Onu.

E per gli attacchi continui ai diversi territori, e per le rovine che procurano alle popolazioni inermi, perché quella diplomazia timida si trova unità in quella frase stereotipata” noi siamo con Israele, però un po’ sta esagerando?” Pressapoco questo il significato. Esagerando? Come e dove e quando? Oggi? E come e dove? Ipocrisia al netto degli interessi per nulla mascherati. Per restare in Medio Oriente, ché dell’Ucraina e di altre guerre non cesseremo di dire le stesse cose, è giunto, pur tardivo, il tempo di dire Bsta! Basta inutili assalti, basta altre morti. Basta nuove rovine. Basta. Netanyahu, fermati! Adesso. Poi, vedremo che fare. Poi, domattina, evidentemente. Ma oggi, fermati. Senza condizioni. Le regole nuove, saranno scritte nel posto che più è legittimato, se smetterà di essere una succursale immobile delle superpotenze, a scriverle, l’Onu.

È qui che si potranno finalmente avviare quei processi di interruzione dei conflitti, necessari per la costruzione, in un futuro ancora lontano purtroppo, della Pace possibile in questo tempo dell’umanità, che ha perso il senso di sé stessa. Basta, intanto te lo dico io, stanco anche di scrivere tutti i giorni del mio orrore verso la guerra. Verso tutte le guerre.

E di più, addolorato per la fatica che mi costringi a fare, alla mia età ancora aperta alla speranza, di tenere distinti la storia degli ebrei, e la mia totale adesione al loro cammino nella storia, dal potente Stato di Israele, che porta in modo sbagliato le sue pur legittime ragioni di vivere in pace nell’unica Terra, il mondo, terra di tutti. Ti fermerai, Benjamin, vero? Adesso? Sì? Grazie. (fc)

L’OPINIONE / Filippo Mancuso: Criticità nei carceri calabresi richiedono interventi tempestivi e urgenti

di FILIPPO MANCUSO – Problemi come il sovraffollamento, le carenze di organico della Polizia penitenziaria e il moltiplicarsi di eventi critici in tutti i 12 istituti penitenziari calabresi, richiedono interventi tempestivi e urgenti, consapevoli che la tutela dei diritti delle persone detenute e il benessere dell’intera comunità penitenziaria necessitano di energie e risorse al fine di poter essere assicurati ed attuati.

Ricordo di aver segnalato – assieme al Garante regionale dei diritti delle persone detenute Luca Muglia – le problematiche delle carceri calabresi con una specifica lettera indirizzata al ministro della Giustizia Carlo Nordio.  Una lettera i cui contenuti sono ancora oggi validi, visto che, allo stato, gli  istituti penitenziari registrano fenomeni di  sovraffollamento, con valori elevati in alcune case circondariali. Abbiamo richiesto attenzione sulle condizioni strutturali di alcuni istituti, datati nel tempo e privi di manutenzione, sull’inadeguatezza di molte camere detentive (con schermature di pannelli opachi in plexiglass alle finestre o, addirittura, prive di docce) e sull’insufficienza delle aree adibite alla socialità, ai passeggi ed ai colloqui. L’assenza di un numero adeguato di agenti di Polizia penitenziaria genera effetti a catena che recano danno all’intero sistema, oltre a causare problemi di sicurezza ed a richiedere sforzi sovrumani del personale in servizio.

Ricordiamoci, anche, dell’elevata percentuale di detenuti stranieri, che in alcune carceri calabresi appartengono a 20 nazionalità diverse, mentre i mediatori linguistico-culturali presenti sono pochissimi. Si considerino, a titolo esemplificativo, le difficoltà che incontrano le Aree sanitarie in occasione della visita medica di primo ingresso dei detenuti extracomunitari. (fm)

[Filippo Mancuso è presidente del Consiglio regionale]

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Per questione Baker Hughes indispensabile tavolo istituzionale

di GIACOMO SACCOMANNOLa Calabria non può permettersi di perdere un investimento di oltre 60 milioni di euro con oltre 100-200 posti di lavoro. E’ follia pura! Si comprendono le ragioni delle parti, ma deve prevalere il buonsenso e gli interessi del territorio e delle comunità. Abbiamo una desertificazione di giovani che si trasferiscono fuori regione per mancanza di occupazione e, quindi, questo è l’interesse principale per i nostri amministratori.

Si comprende la posizione del sindaco Stasi che difende il suo territorio per la mancanza di un piano regolatore del porto che potrebbe chiudere ad altre importanti iniziative, ma questo va discusso in un tavolo di confronto con una condivisione della possibile soluzione. Certo, che appare quasi impossibile che i porti calabresi siano senza i piani regolatori! Ma, una tale situazione non può impedire un investimento così importante e rilevante.

Conoscendo la lungimiranza del nostro Presidente Roberto Occhiuto, che ha sempre a cuore la sua terra, si fa appello allo stesso affinchè voglia convocare un tavolo istituzionale con la partecipazione di tutte delle parti o, comunque, attivarsi affinchè questa avvenga anche a livello ministeriale. Nel contempo, si spera che la società che ha avuto tanta pazienza accolga la richiesta di un incontro risolutore e possa così definire il proprio intervento che, in effetti, è stato fortemente ritardato. Qui oggi non si deve parlare di possibili responsabilità, ma di condividere una soluzione che possa soddisfare tutte le parti e che consenta la creazione di un momento di crescita e di necessaria occupazione. (gs)

L’OPINIONE / Giuseppe Campana: Porto di corigliano non può rimanere un inutilizzato portale sul Mediterraneo

di GIUSEPPE CAMPANAIl porto di Corigliano Rossano non può continuare a rimanere uno splendido, ma inutilizzato, portale sul Mediterraneo. Le potenzialità dello scalo marittimo sono infinite e siamo convinti che in quegli spazi possano coesistere, come accade in tutti i porti medio-grandi, la pesca, il commercio, il turismo e l’industria. Per questo motivo invitiamo l’Autorità di sistema portuale dei mari Tirreno e Ionio, con a capo un eccessivamente polemico presidente Andrea Agostinelli – e troppo gioataurocentrico – a redigere velocemente il Piano regolatore portuale, atteso ormai da decenni, ed a realizzare la banchina croceristica, compresa nel Pot.

Se oggi il porto di Corigliano Rossano sta perdendo opportunità, come quelle turistiche derivanti dall’attracco delle navi da crociera, le responsabilità sono tutte di Agostinelli. Un presidente che si affaccia da queste parti solo per pretendere e mai per dare, nel rispetto dei sacrosanti diritti vantati dal territorio e di un’area, il nord-est calabrese, potenzialmente ricchissima. E se Baker Hughes ha deciso di non fruire della concessione Zes concessa dall’Autorità portuale, le colpe sono tutte di Agostinelli, perché il sindaco di Corigliano Rossano da anni sta chiedendo, semplicemente, il rispetto delle regole e degli impegni assunti anche attraverso documenti ufficiali. Dall’ammiraglio non accettiamo nessuna lezione e lo invitiamo ad essere più cauto nelle dichiarazioni proprio a causa del fatto che se oggi l’infrastruttura è inerme, le responsabilità sono tutte sue.

Al contempo ci auguriamo che anche grazie alla mediazione del Ministero dello Sviluppo economico l’azienda possa tornare sui suoi passi e proseguire con l’investimento proposto. Consapevoli della serietà della multinazionale, siamo convinti che, nel rispetto delle regole, la città di Corigliano Rossano non possa perdere questa importante opportunità di sviluppo. Perché il lavoro porta benessere in una regione che offre scarsissime occasioni. Europa Verde-Verdi Calabria è favorevole all’insediamento industriale e per questo auspica una ripresa del dialogo tra l’Amministrazione comunale, la Regione Calabria e Baker Hughes-Nuova Pignone

Il nord-est calabrese non può continuare ad essere considerato dagli ultimi piani della cittadella regionale, come ultima ruota del carro. Qualora non si riuscissero a riallacciare i rapporti, anche con le mediazioni ministeriali, Europa Verde-Verdi Calabria chiederà alle rappresentanze istituzionali tutte il trasferimento di giurisdizione verso la più naturale Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio di Taranto, distante appena 50 miglia nautiche e non 400 – un’infinità, in tutti i sensi – da quella di Gioia Tauro. (gc)

[Giovanni Campana è coordinatore regionale di Europa Verde-Verdi/Avs] 

L’OPINIONE / Flavio Stasi: Dopo 30 anni di ritardi, senza pianificazione si continuerà a perdere investimenti

di FLAVIO STASI – Abbiamo ascoltato con attenzione l’invito pubblico dell’Autorità Portuale all’Amministrazione rispetto alla questione dell’insediamento Baker Hughes e mentre ci apprestavamo a rispondere, sono sopraggiunte le indiscrezioni secondo le quali l’azienda avrebbe rinunciato all’investimento.

Qualora fosse vero, quanto stavamo per scrivere acquisisce ancora maggior valore. In primis non si faccia confusione tra quella che è una importante discussione politica e ciò che attiene invece agli iter amministrativi che non attengono alla discrezione degli amministratori.

Da questo punto di vista, come ho sottolineato altre volte, il tema della non conformità urbanistica in assenza di pianificazione portuale non è di carattere politico ma strettamente amministrativo e non può essere eluso da alcun ufficio: si tratta di norme che possono essere commentate, ma si devono rispettare.

Politicamente, invece, è ora ancor più stringente ragionare sul perché, a trent’anni dall’approvazione della Legge 84/94, il nostro porto sia ancora sprovvisto di pianificazione urbanistica ed è improcrastinabile condividere al più presto un Piano Regolatore Portuale: senza di questo, il territorio non potrà che perdere investimenti.

Inoltre, è necessario che si sappia che l’Autorità di Sistema ha emesso un provvedimento di Autorizzazione Unica ai sensi della Zes che risulta valida a tutti gli effetti.

Anche in questo caso l’Amministrazione non poteva non rilevare, e lo ha fatto più volte prima di essere costretta a proporre ricorso al Capo dello Stato, che per tale autorizzazione non è mai stata convocata una apposita conferenza dei servizi.

Si noti che proprio per evitare un atteggiamento ostruzionistico nei confronti dell’investimento, il Comune non ha richiesto alcuna sospensiva: il ricorso, dunque, seppur sembra abbia avuto degli incredibili effetti psicologici, non ha implicato alcuna perdita di tempo. Ecco perché l’Autorizzazione è valida.

In questo contesto, l’Amministrazione avrebbe potuto intervenire esclusivamente se fosse stata convocata una nuova conferenza dei servizi per una nuova Autorizzazione. Sinceramente da mesi, cioè da quando è iniziato questo dibattito, ci chiediamo perché questo non sia stato ancora fatto. Mancanza di volontà? Sotto il profilo amministrativo questa è la situazione: cristallina.

Sul fronte politico invece, questo si discrezionale, sembra evidente che non ci sia stata alcuna disponibilità nel discutere le proposte del territorio che sono state espresse chiaramente prima, durante e dopo la campagna elettorale: siamo favorevoli all’investimento ma senza che venga occupato un terzo del Porto.

Da questo punto di vista la risposta sembra chiara quanto insoddisfacente: o “così” o nulla.

Nonostante fosse stata chiesta ormai da un anno, non è stato fatto nemmeno lo sforzo di fare una proposta di pianificazione portuale che, pur comprendendo Baker Hughes, tutelasse lo sviluppo complessivo del Porto e le prerogative più volte sottolineate dall’Amministrazione, dalla crocieristica alla marineria passando per il diporto.

Continuiamo a trovare piuttosto surreale che questa sia una terra in cui un investimento sia possibile solo ed esclusivamente se trasforma il Porto in una zona industriale (l’ennesima della città), senza potersi spostare, nemmeno parzialmente, di poche decine di metri ed ancor più surreale è che si continui ad immaginare questo territorio come un angolo di mondo diseredato su cui calare progetti immutabili, sistematicamente raccontati come la panacea di tutti i mali. Quel tempo è passato.

Siamo stati e continuiamo ad essere favorevoli ad ogni tipo di investimento, da 10 mila euro a 60 milioni, compreso quello di Baker Hughes, che sia integrato nello sviluppo complessivo del territorio e delle sue infrastrutture oltre che, ovviamente, nel rispetto delle procedure.

Ci auguriamo che quanto sembra sia stato annunciato da Baker Hughes possa essere rivisto, trovando le soluzioni utili a garantire l’investimento utilizzando il Porto senza inficiarne lo sviluppo. Allo stesso tempo è ormai improcrastinabile che l’Autorità di Sistema recuperi il colpevole ritardo trentennale nei confronti del nostro territorio, avviando il percorso di condivisione necessario alla realizzazione del Piano Regolatore del Porto, vero strumento di sviluppo e di occupazione. (fs)

[Flavio Stasi è sindaco di Corigliano Rossano]

L’OPINIONE / Angelo Sposato: Mancato investimento metafora del decadimento del regionalismo del Sud

di ANGELO SPOSATO – Il mancato investimento di Baker Hughes a Corigliano Rossano rischia di diventare la metafora del decadimento del regionalismo del Sud. Fare scappare da un territorio un’azienda internazionale, solida, che vuole investire risorse e produrre occupazione vera e di qualità è un’offesa a tutti quelli che ogni giorno fuggono dalla Calabria in cerca di lavoro.

A niente serve aggrapparsi alla burocrazia, ai cavilli, se non si hanno a cuore i destini e lo sviluppo del territorio e della collettività. Quando ci sono problemi ci si impegna e si cerca di risolverli nelle sedi opportune e nella legalità. La visione ideologica e personalistica della gestione delle risorse pubbliche, delle infrastrutture materiali e immateriali non può danneggiare un intero territorio e la Calabria.

Per queste ragioni continueremo a sostenere tutti gli investimenti di qualità e compatibili con l’ambiente e la salute dei cittadini. Questo di Baker Hughes è uno di quelli ed è un vero peccato perderlo. Confidiamo nell’intero consiglio comunale di Corigliano Rossano affinché si compiano le azioni e gli atti necessari per non disperdere l’investimento.

È apprezzabile l’apertura del sindaco di Vibo nel dare la disponibilità ad ospitare l’investimento nel porto del suo territorio. La Calabria  merita una classe dirigente che spezzi il racconto comune di un regionalismo del Sud inadeguato e assistito, che rischia di alimentare fermenti di divisione e di opacità. (as)

[Angelo Sposato è segretario generale Cgil Calabria]

L’OPINIONE / Giovan Battista Perciaccante: Un’altra pagina del lungo capitolo delle occasioni perdute per il territorio

di GIOVAN BATTISTA PERCIACCANTE – I reiterati comportamenti ostruzionistici che hanno provocato l’annuncio di Baker Hughes di abbandonare il progetto di investimento nel porto di Corigliano Rossano, aggiungono una nuova pesante pagina al lungo capitolo delle occasioni perdute per il territorio della sibaritide, della provincia di Cosenza e della Calabria.

L’antico vezzo del no a prescindere che sottende una atavica paura verso tutto ciò che è nuovo sta segnando in negativo anche questa stagione che pure sembrava aprirsi con aspettative positive, privando tanti giovani di una prospettiva di lavoro gratificante con la certezza di importanti ricadute sul territorio. Il tutto senza tenere conto del crescente fenomeno di spopolamento che sta interessando le nostre comunità.

In assenza di prospettive concrete, il territorio non risulta più attrattivo per le nuove generazioni, le migliori energie e le migliori risorse sono costrette a trovare fortuna fuori dalla regione, quando non addirittura fuori dal Paese. L’insensibilità e la leggerezza con le quali si è scelto di prendere tempo per decidere di non decidere ha provocato la prevedibile reazione di un’azienda abituata a confrontarsi con il mercato dove il fattore tempo è decisivo e rappresenta uno dei principali fattori di competitività

Non ho idea se possa esistere ancora una possibilità per far cambiare idea a Baker Hughes, se esiste, credo che tutte le persone in possesso di buon senso e senso di responsabilità dovrebbero fare quanto in loro potere per far modificare questa decisione e contribuire a cambiare in positivo il corso ed il futuro di questo territorio

L’OPINIONE / Aldo Ferrara: Calabria ha perso una importante opportunità per il suo sviluppo

di ALDO FERRARALa decisione di Baker Huges di rinunciare all’investimento nell’area portuale di Corigliano-Rossano è fonte di profondo rammarico. Da anni, Unindustria lavora al fianco delle Istituzioni locali, regionali e nazionali perché si costruiscano le migliori condizioni di contesto possibili affinché la Calabria sia terra capace di attrarre investimenti provenienti soprattutto da oltre i confini regionali: la rinuncia di Baker Hughes mina alla base questo lungo lavoro.

Pur senza entrare nel merito burocratico-amministrativo della questione e senza farci trascinare nella bagarre politica ad essa connessa  duole rilevare come, in un colpo solo, la Calabria abbia perso una triplice, importante opportunità per il suo sviluppo industriale, sociale ed economico. C’erano le ricadute positive dirette, quelle legate alle centinaia di posti di lavoro che l’investimento avrebbe prodotto e che avrebbero visto giovani calabresi trovare il proprio futuro nella propria terra.

A queste si sarebbero aggiunte le ricadute positive indirette: la presenza di una multinazionale così importante avrebbe stimolato la nascita di un ecosistema di imprese necessarie alle forniture di prodotti e servizi connessi, con una potenziale creazione di altre centinaia di posti di lavoro. E c’era l’effetto positivo sull’immagine della nostra regione all’esterno: da tempo sosteniamo che senza investimenti privati per progetti sostenibili, lo sviluppo di medio-lungo periodo è una chimera.

Ora che una grande impresa che aveva creduto in questa terra e in questa possibilità è stata costretta a rinunciare, dobbiamo evitare il rischio che tanti altri che già guardavano alla Calabria come a un’opportunità di investimento favorevole, rivalutino negativamente l’ipotesi. (af)

[Aldo Ferrara è presidente di Unindustria Calabria]