Aree interne, l’impegno del Pd per frenare lo spopolamento di zone fondamentali per lo sviluppo della Calabria

Il consigliere regionale del Partito democratico Raffaele Mammoliti dedica le proprie attenzioni alle aree interne della Calabria e annuncia una giornata per ricordare la questione alla quale parteciperanno il segretario regionale del Pd Nicola Irto e di Marco Sarracino.

«Le problematiche relative alle aree interne della Calabria – dice Mammoliti – richiedono un’energica azione a vari livelli al fine di sollecitare, con la dovuta determinazione, l’utilizzo proficuo delle risorse disponibili sia per quanto riguarda la strategia nazionale, che la strategia regionale. Bisogna intervenire con la necessaria tempestività per affrontare la drammatica e preoccupante situazione economica, sociale e culturale che si vive in queste realtà, che si traduce in un effettivo indebolimento dei servizi essenziali quali mobilità, salute, istruzione. In questi anni si sono consumate tante riflessioni su questo tema, nonostante questo si corre il reale rischio che il processo di avanzamento nell’utilizzo proficuo delle risorse possa subire un pericoloso rallentamento, alla luce delle norme contenute nel Decreto Sud che, piuttosto che accelerare la spesa, la centralizza attraverso l’istituzione di una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il tutto in netta contraddizione rispetto alla tanto declamata autonomia differenziata».

«Proprio per assumere, definire e concretizzare percorsi operativi – fa sapere Mammoliti – venerdì 24 novembre è stata organizzata un’intera giornata di lavoro e riflessione sul tema. La mattina alle 11, nella sala consiliare del Comune di Mongiana, si terrà un incontro coordinato dal sindaco Francesco Angilletta, al quale parteciperanno gli amministratori locali e dirigenti di partito, con il contributo di Pasquale Mancuso, responsabile Aree interne della segreteria regionale Pd, che illustrerà lo stato di attuazione degli interventi Snai (Strategia nazionale Aree interne). Nel pomeriggio alle ore 16,30, nella sala consiliare del Comune di Arena, dopo i saluti del circolo Pd con Giovanna Bonifacio e la relazione di Pasquale Mancuso, interverranno Antonio Schinella, sindaco di Arena, Giovanni Di Bartolo, segretario di federazione, Valeria Giancotti, direzione regionale, Angelo Sposato, segretario Cgil Calabria, Domenico Bevacqua, capogruppo Pd Calabria. Concluderanno il senatore e segretario regionale del partito Nicola Irto e il deputato e componente della direzione nazionale dem Marco Sarracino. Considero l’organizzazione di tale iniziativa fondamentale ed indispensabile per tentare di fermare lo spopolamento del territorio e, allo stesso tempo, indispensabile per garantire alle Comunità che vivono nelle aree interne reddito e servizi adeguati. È un impegno categorico a cui nessuno degli attori coinvolti si può e si deve sottrarre.
In tale direzione sarà elaborato un contributo per la conferenza programmatica del Pd, prevista per il mese di gennaio 2024».

«Anche per questa via – conclude Mammoliti – sono convinto, si potrà garantire nel territorio più negletto della Calabria, l’affermazione dei diritti di cittadinanza e della legalità, condizione imprescindibile per garantire tenuta democratica, crescita civile e sviluppo produttivo». (rvv)

L’ESEMPIO DI MONGIANA: UN ‘SACCHEGGIO’
POST UNITARIO CHE AVVIÒ IL DIVARIO A SUD

di PAOLO BOLANO – Mongiana è una località situata nell’appennino calabrese. Qui prima dell’Unità d’Italia circa duemila tra operai, tecnici, ingegneri e dirigenti lavoravano a un grande polo siderurgico che produceva armi. Era il fiore all’occhiello di tutto il Regno. Dopo l’Unità le ferriere di Mongiana sono state trasferite a Terni senza alcuna giustificazione.

Oppure, diciamo cosi, invece di rimodernare la fabbrica, renderla competitiva, si è deciso di chiuderla e trasferirla altrove con grande danno per i calabresi. La domanda a questo punto sorge spontanea: così la nuova Italia cominciava a recuperare i ritardi Nord-Sud? Dei duemila operai rimasti a spasso una parte emigrò e l’altra andò a ingrossare le file dei briganti in montagna. Come vedete la politica, dopo l’Unità, non fece nulla per questa prima operazione di rapina perpetrata ai danni della Calabria.

Una politica che enfatizzava la “questione meridionale” per avere risorse, non per lo sviluppo, ma per alimentare le clientele. Ne sappiamo qualcosa anche oggi. La chiusura del centro siderurgico di Mongiana contribuì a creare insanabili difficoltà politiche al nascente Stato Unitario e portò dritto dritto alla terribile “guerra sociale” o mancata rivoluzione agraria etichettata col nome di “brigantaggio meridionale”, che insanguinò per anni le nostre contrade meridionali e calabresi.

Ci fu sgomento a Mongiana e dintorni, incredulità, risentimento, proteste, saccheggi, vandalismi ai danni della ferriera. I lavoratori e le loro famiglie si ribellarono al nuovo potere politico che portava via il polo siderurgico che dava pane a migliaia di famiglie nel cuore dell’appennino calabrese. Era la prima dimostrazione lampante che la destra e la sinistra che governavano in quel periodo non erano in grado di affrontare e risolvere la “questione meridionale”, che come esigenza primaria aveva la questione sociale. Fu questa la molla che scatenò appunto l’esplosione del vastissimo fenomeno noto come “brigantaggio meridionale”, che per anni ha impegnato mezzo esercito per combatterlo.

La “legge Pica” ha permesso lo “stato d’assedio” in molti paesi del sud , dove le rappresaglie nei villaggi furono violente e sanguinose. Ci furono fucilazioni di massa di contadini poveri considerati fiancheggiatori dei briganti. Era povera gente che protestava per avere un tozzo di pane, un pezzo di terra da coltivare, l’unica speranza per ricavare un piatto caldo per se e per la famiglia. Era un tempo difficile, la borghesia agraria purtroppo acquisiva i modelli feudali, comprava terre dall’aristocrazia, quelle terre che lor signori avevano arraffato dal demanio pubblico. Si stava riorganizzando il vecchio teatrino che per secoli aveva inchiodato i contadini alla miseria più assoluta.

Nessuno voleva capire che il mondo stava cambiando e bisognava girare pagina per scrivere una nuova storia che contemplasse al posto di comando anche i contadini poveri. Per questo comunque si intuisce che servirà ancora un secolo di lotte dure per fare capire alla nuova classe dirigente che gli interessi della Calabria e del mezzogiorno venivano prima dei propri interessi. Certamente anche Mongiana ci fa capire che l’Unità d’Italia non ha risolto il problema meridionale ma congiunse due diverse formazioni economiche e sociali caratterizzate da un differente grado di sviluppo.

I ritardi non furono superati, ancora oggi sono li che aspettano soluzioni, mentre l’intreccio di allora tra liberismo e autoritarismo aggravò il problema mettendo in campo lo stato d’assedio e le leggi eccezionali non per combattere i delinquenti comuni, il mezzogiorno era pieno, ma per colpire le masse contadine povere che non ce la faceva più a pagare tasse e a essere sfruttate. Come si fa a considerare questi poveri contadini nullatenenti “briganti”? Una vergogna che la storia deve cancellare! Al Sud serviva più attenzione, non più tasse, leva obbligatoria che costringeva i contadini meridionali a lasciare le terre e combattere accanto all’odiato esercito piemontese. Il trasferimento dell’industria siderurgica di Mongiana era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Bisognava analizzare meglio, studiare a fondo i problemi meridionali e calabresi in quel lontano 1880 quando gran parte del patrimonio industriale del tempo era stato spazzato via mettendo sulla strada migliaia di famiglie povere.

C’è da aggiungere la voracità fiscale dei nuovi governanti, gli interessi commerciali delle nuove potenze industriali come l’Inghilterra che facevano da contorno. Il capitalismo liberale ha usato ragioni di mercato e libero scambio per nascondere le politiche di sfruttamento e di sottrazione di risorse al sud. È semplicistico indicare il mezzogiorno come “palla al piede” senza fare un’analisi accurata del territorio, senza capire che chi ha governato per secoli lo ha fatto solo per fini personali. Sia chiaro a tutti, anche ai polentoni responsabili dei ritardi del sud rispetto al Nord.

Lor signori hanno affossato una grande industria siderurgica in Calabria che dava lavoro a moltissimi calabresi. Mongiana è stata sacrificata sull’altare dell’Unità. L’annessione forzata al nord poteva essere una bella cosa, anzi lo è stato. Ma il sud in quel momento non poteva sopportare tutte quelle tasse. Dopo l’Unità si erano aggiunte altre 24 balzelli d’importazione piemontese compresa la tassa sul macinato. I poveri contadini non ce la facevano più a pagare. Un sud afflitto dunque non poteva reggere. Dal 50 per cento di tasse si era arrivati all’87 per cento. Una vera follia. Meglio “briganti” che morti di fame.

È stata una tragedia. Anche agli opifici mancarono i capitali e per la metalmeccanica fu un colpo mortale. Più tasse e poco commesse dal nascente Stato Unitario sono stati l’anticamera della chiusura degli stabilimenti siderurgici di Mongiana. Una Calabria che ha pagato un alto prezzo per entrare nella grande famiglia italiana. Mongiana è un esempio da non dimenticare. Nessuno ha mai parlato di questo dramma calabrese. Nessun ricercatore, giornalista, professore ecc. Si comincia a parlare solo dopo cento anni circa, nel 1973, quando parte l’indagine sulle ferriere di Mongiana.

L’obiettivo della ricerca era quello di scoprire le prime fasi dell’industrializzazione in Calabria. Disciplina nata in Inghilterra e nota come archeologia industriale. Studiare, capire, catalogare il patrimonio di fabbriche e attrezzature siderurgiche sparse sul territorio calabrese. Certo, il profitto ha cancellato in questi ultimi 250 anni il passato industriale calabrese senza riflettere e senza assegnare le colpe che non sono quelle di una generica Calabria fannullona e incapace di produrre e spendere i denari per lo sviluppo. Le ferriere di Mongiana sono una esaltante impresa industriale meridionale. Si affianca alle seterie di San Leucio, alla manifattura d’armi di Torre Annunziata, ai cantieri navali di Castellammare di Stabia, alle Officine Ferroviarie di Pietrarsa e altre realtà meno note. Possiamo qui dire senza essere contraddetti che il passaggio delle ferriere di Mongiana dall’Amministrazione borbonica a quella sabauda è stata una vera tragedia. Mongiana si spopola di tutte le molteplici attività legate alla ferriera sotto l’indifferenza totale della corona. 

Bisogna ricordare che la fatica degli operai era dura e i fattori ambientali pesavano su tecnici e maestranze che dalla ferriera traevano lavoro e sostentamento. Le categorie più numerose e meno qualificate protestavano ripetutamente per i bassi salari e le dure condizioni di lavoro. Comunque nel cuore dell’appennino i calabresi in tempi difficili facevano funzionare la più grande industria siderurgica del Regno legata alle materie prime locali. Eppure non si capisce perché il tempo poi e la mano dell’uomo hanno cancellato questa importante realtà. Certo questa ferriera ha procurato enormi danni ambientali, i boschi sparivano dentro gli altiforni.

Quando l’area boschiva mancava l’altoforno si spostava fino a mangiarsi tutta la foresta vicina. Comunque, i liberisti del tempo non erano contenti perché sostenevano che la ferriera non era efficiente al massimo, che i costi erano altissimi e i finanziamenti dello Stato si bruciavano con pochissimi risultati. In 15 anni di Unità il capitolo siderurgico calabrese ebbe fine, non reggeva al mercato era la motivazione. Invece, secondo me, la responsabilità era di una gestione incapace. La gente che prestava la propria opera coinvolta in un sistema politico chiuso, aveva comunque espresso, ottime capacità sul terreno del lavoro industriale. Altro che “palla al piede”. L’incapacità del governo della Corona non si poteva riversare sugli operai. 

Purtroppo si è giunti alla fine. Il 25 Giugno 1874 lo Stato Sabaudo, a Catanzaro, per mezzo dell’Amministrazione del demanio e delle tasse vendette lo stabilimento di Mongiana all’asta. 50 alloggi civici, una caserma, diversi altiforni e forni di seconda fusione, segherie, boschi, terreni e miniere nel territorio tra Mongiana, Ferdinandea e Pazzano di Reggio Calabria. All’asta acquistò un ex garibaldino, Achille Fazzari, già deputato al parlamento Regio d’Italia. Compra a un milione di lire.

Si aprì una speranza tra la popolazione del luogo che presto svanì. Il garibaldino non riuscì più ad avere commesse dalla Stato, il mezzogiorno era ormai segnato, abbandonato al suo destino, restava soltanto  la via dell’emigrazione, unica speranza per cercare lavoro. Così tristemente finì la grande storia dell’industria siderurgica in Calabria. Le considerazioni fateli voi. Bisogna riprendere il cammino lasciato allora. Ancora oggi la  “questione meridionale” è li davanti agli occhi di tutti, la classe politica è in testa alle responsabilità. Sappiamo tutti che in Calabria servono centomila posti di lavoro per fermare l’emorragia dell’emigrazione iniziata da allora e mai fermata da nessun governo.

Anzi, nel dopoguerra lo stesso De Gasperi capo del governo invitava i calabresi e i meridionali a studiare le lingue ed emigrare. Nessuno fino a oggi è stato in grado di programmare il domani. Mettiamoci tutti assieme noi calabresi, approfittiamo che sul palco manca la politica , saliamo noi e recitiamo a memoria quello che da secoli recitano i nostri avi: pane e lavoro per tutti a casa nostra. Non vogliamo più emigrare per arricchire altri popoli e fare morire i nostri borghi.

Questa volta siamo decisi. Ce la faremo tutti assieme. Serve una nuova classe dirigente però che guardi al nuovo Mediterraneo, che assuma la guida di questo obbligato motore di crescita che analizzi bene il passato con tutti gli errori fatti e pensi seriamente a rilanciare il domani della Calabria che con un occhio deve guardare all’Europa e l’altro al mediterraneo e l’Africa, il nostro futuro. (pab)

Patto tra Parco Regionale delle Serre e Pro Loco Mongiana per rilanciare le Ferriere Borboniche

Rilanciare il Museo e l’area archeologica delle Ferriere Borboniche. È questo l’obiettivo del patto di collaborazione siglato tra il Parco Regionale delle Serre e la Pro Loco Mongiana e che è stato condiviso anche dall’Amministrazione comunale di Mongiana.

Soddisfazione, per l’accordo di collaborazione, che prevede un obiettivo di efficacia gestionale indicando un incremento annuo del 30% di presenze turistiche nel territorio, è stata espressa dal commissario del Parco, Giovanni Aramini, dal direttore Francesco Pitto, dalla presidente della Pro Loco, Morena Pisano e dal sindaco di Mongiana, Francesco Angilletta, «convinto che le iniziative intraprese aiuteranno l’intera comunità».

«Si tratta di un’iniziativa – si legge in una nota del Parco – che si colloca in una strategia più ampia avviata da diversi mesi che punta ad una crescente visibilità di un territorio che merita di essere riscoperto. Sono tante le iniziative messe in atto e che concorrono al raggiungimento degli obiettivi fissati. Dalla realizzazione della “Ciclovia dei parchi”, opera già realizzata insieme a tutte le aree protette calabresi, agli investimenti sulla rete sentieristica, alla realizzazione della “Guida del parco” che sarà diffusa nelle prossime settimane in tutte le principali località turistiche regionali. Una strategia di valorizzazione del territorio che punta anche alla promozione dei prodotti locali attraverso l’adozione del marchio del “Biodistretto del Parco delle Serre e territori limitrofi”».

Si tratta, dunque, di una strategia ad «ampio spettro che deve necessariamente essere ancorata ad un forte rapporto sinergico fra le istituzioni locali. È per questa ragione – conclude la nota – che l’accordo odierno fra Pro Loco di Mongiana ed il Parco delle Serre assume valenza strategica ed indica il percorso da seguire e consolidare con altri soggetti del territorio». (rvv)

Bivongi, Pazzano, Mongiana e Stilo stipulano accordo per realizzare “L’itinerario Minerario”

Realizzare l’itinerario minerario e dell’archeologia industriale sul territorio delle Reali Ferriere di Stilo. È questo l’obiettivo dell’accordo di paternariato stipulato dai Comuni di Bivongi, Mongiana, Pazzano e Stilo, che prevede una spesa complessiva di 1.500.000 di euro finanziata dalla Regione Calabria a seguito della deliberazione n. 276 del primo luglio 2019.

A sottoscrivere l’importante documento, che dà forma al il progetto di promozione, definizione e sostegno dell’iniziativa finalizzata a presentare proposte alla Regione Calabria nell’ambito dei “Progetti strategici per la valorizzazione dei Beni Culturali della Calabria, sono stati i componenti della Commissione Straordinaria di Stilo, Maurizio Ianieri, Roberto Micucci e Rosanna Pennestrì, Vincenzo Valenti, sindaco di Bivongi, presente con il vice Francesco Passarelli, Franco Valenti, sindaco di Pazzano e Francesco Angilletta, sindaco di Mongiana. 

Il tutto si è concretizzato dopo la presa d’atto degli esiti della procedura concertativa avvenuta tra la Regione Calabria, il Mibac e i Comuni nell’ambito dei progetti strategici per la valorizzazione dei Beni Culturali della Calabria. 

Le amministrazioni comunali interessate si sono pertanto incontrate presso il Comune di Stilo per firmare il protocollo d’intesa, attraverso un programma di azioni condivise di recupero, promozione e valorizzazione territoriale al fine di poter rappresentare i valori in forma omogenea, sinergica, integrata e condivisa. 

Alla firma dell’accordo di partenariato, che vede il Comune di Pazzano quale ente capofila, seguirà lo studio di fattibilità e, successivamente, la progettazione esecutiva delle opere con la possibilità di avviare i lavori entro il mese di settembre di quest’anno. I lavori, in particolare riguarderanno la realizzazione del Museo multimediale della cultura del territorio da ubicarsi nei locali storici dell’ex Convento dei Francescani a Stilo, che consentirà la valorizzazione dello stesso complesso, acquisizione e restauro della Fonderia e sistemazione area di pertinenza a Pazzano, completamento restauro, consolidamento, fruibilità e messa in rete dei beni di archeologia industriale a Bivongi, completamento fonderia miglioramento strutturale e multimediale del Mufar a Mongiana. (rrc)

Le Reali Ferriere borboniche di Mongiana vincono il Premio “Patrimoni Viventi”

Un prestigioso riconoscimento per il Comune di Mongiana che, con il progetto Le Reali Ferriere borboniche di Mongiana, si è aggiudicato il Premio Patrimoni Viventi, indetto dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali e destinato ad Associazioni, Enti e Istituzioni su tutto il territorio nazionale.

«Mongiana – si legge in una nota stampa – si conferma così ancora una volta laboratorio di sperimentazione nei processi di innovazione culturale. Oltre ai principali attrattori, i resti monumentali delle industrie Borboniche, un unicum a livello nazionale e all’eccellente lavoro di valorizzazione ad opera del comune e del Parco delle Serre, emergono capacità e a realtà innovative che danno vita ad interventi di valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale di Mongiana e del comprensorio».

Le reali ferriere borboniche di Mongiana, infatti, sono state candidate dal Parco delle Serre, che hanno sottolineato come «l’azione culturale che si sta portando avanti a Mongiana da diversi annimira a trasformare il concetto di patrimonio culturale, oltrepassando la nozione di bene tangibile, avvalorando le tradizioni e i sentimenti collettivi che cercano di scavare nel passato per ritrovare le radici di una comunità».

«Il progetto “Le Reali Ferriere di Mongiana” – si legge in una nota del Parco delle Serre – svincolandosi dalle logiche promozionali e commerciali, assume il carattere etico di un nuovo modo di fare cultura e cittadinanza, elaborando il degrado e rifunzionalizzando il patrimonio, le identità e le singolarità locali che vengono tramutate in esperienze. Questo approccio è in linea con la Conferenza di Faro e l’accezione di eredità culturali in essa contenuta, recentemente ratificata dal Senato della Repubblica».

«Siamo onorati di ricevere questo prestigioso riconoscimento– ha dichiarato Giovanni Aramini, commissario del Parco delle Serre – e ringraziamo tutti i collaboratori che hanno scelto di scommettere e investire in un progetto visionario e coraggioso. Il lavoro portato avanti negli anni dalle amministrazioni di Mongiana, seguendo una logica legata alla storia che proietta al futuro, potrà avere altri e migliori risultati grazie alle potenzialità ed alle professionalità messe in campo».

«Mongiana – ha concluso – potrà essere una risorsa da valorizzare ulteriormente ed essere d’esempio ad altre realtà regionali che puntano sulla cultura per risollevare le proprie condizioni sociali ed economiche».

Costruite nel 1770-1771 dall’architerto Napoletano Mario Gioffredo, le Reali ferriere ed Officine di Mongiana sono state un importante complesso siderurgico realizzato dalla dinastia Borbonica e parte integrante del complesso industriale e militare del Regno delle Due Sicilie.
Travolto dalle vicende legate al processo di unificazione politica della penisola italiana, fu messo in secondo piano da parte del governo sabaudo, causando un rapido declino del complesso siderurgico, conclusosi con la cessazione dell’attività nel 1881. (rrm)
In copertina, foto di Marcuscalabresus