Sulla ‘ristrutturazione’ di Piazza De Nava c’è un illuminante precedente

di FRANCESCO ARILOTTA* – In data 29 gennaio 2007, l’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria presentò agli uffici competenti un progetto per «lavori di riqualificazione di piazza de Nava».

Con la nota qui riprodotta, datata 29 marzo 2007, la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Calabria, che all’epoca aveva sede a Cosenza, con specifico riferimento al Decreto Legislativo 22. 1. 2004, n.42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, esprimeva il proprio parere su quel progetto. La nota è inviata al Comune di Reggio Calabria, Dipartimento ‘promozione e progettazione lavori Pubblici’, e per conoscenza alla ‘Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici’, a Borgia (CZ), alla ‘Soprintendenza Bap per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria’, e al sindaco di Reggio Calabria. 

In essa, dopo una prima parte relativa alle precisazioni di rito, si comunica che il progetto è approvato, ma con tre prescrizioni. La prima stabilisce che «è fatto tassativo divieto di operare interventi non autorizzati che snaturano la piazza dal punto di vista della sua identità e valore»

La Soprintendenza non vuole correre rischi e si cautela adeguatamente, e con la seconda prescrizione chiede che «durante l’esecuzione dei lavori sia realizzata una accurata documentazione fotografica che alla fine degli stessi dovrà essere consegnata a quest’Ufficio». Ultima prescrizione: «che sia comunicata la data di inizio dei lavori con congruo anticipo, tale da permettere un costante e costruttivo controllo dell’intervento». 

Firmato: L’architetto direttore Dario Dattilo; Il Soprintendente, architetto Francesco Paolo Cecati.

Il Soprintendente, dunque, nel definire la consistenza dei lavori realizzabili sulla piazza, non usa mezzi termini: proibisce “tassativamente”, che, nel corso degli stessi, si possano effettuare interventi che “snaturino” – cioè: sconvolgano, stravolgano, modifichino i caratteri propri – “l’identità ed il valore” della piazza. Preciso e categorico: identità architettonica della piazza, cioè come essa si presenta; valore della piazza – con evidente riferimento non solo al contenuto storico, ma anche ad eventuali danni all’Erario dello Stato  italiano… -.  E, per evitare sotterfugi, esige una accurata documentazione fotografica dello stato dei luoghi interessati. Il dovere che incombe sulle Soprintendenze Abap: tutela del bene culturale e sua conservazione, è perfettamente osservato.

Considerato l’attuale stato di fatto, ne discende che, a suo tempo, l’Amministrazione Comunale si attenne scrupolosamente alle prescrizioni ricevute.

Ricapitolando: l’Associazione “Amici del Museo Nazionale di Reggio Calabria” sostiene che laPiazza Giuseppe de Nava sia un «bene culturale materiale e immateriale». Come tale essa, ai sensi del “Codice dei beni culturali”, va “tutelata e conservata”. Questa sua considerazione è confortata dall’ordinanza della ‘Soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici per la Calabria’, che qui è stata richiamata. Il progetto di cui trattasi non sembra, per l’Associazione, che, al suo stato attuale, garantisca né la tutela né la conservazione. Si ha, quindi, motivo di ritenere che, restando così le cose, non possa essere presa altro che una valutazione conforme a quella che fu assunta quattordici anni fa.

«Ma non si devono perdere i 5 milioni». In proposito, ’Associazione “Amici del Museo Nazionale di Reggio Calabria”, si permette di avanzare tre ipotesi di impegno finanziario, che potrebbero avere un notevole ritorno culturale: area archeologica romana di Pellaro, ricca di sorprese; area del monastero bizantino di Santa Maria di Trapezzomata, nella vallata della Fiumara Sant’Agata, per la quale ci sono anche €. 450.000 sul progetto “Diga del Menta” da parte della Sorical; terzo tratto del muro magnogreco esistente in Contrada Mati, in mattoni crudi, imponente, originale, che arricchirebbe incommensurabilmente il patrimonio archeologico della Città di Reggio Calabria.

Si lascerebbe, finalmente, in pace Giuseppe de Nava e la sua “gentile ”piazza; che non è una dependance, né uno slargo davanti il Museo Archeologico Nazionale. Essa è stata voluta per celebrare la ricostruzione della Città – come ricorda l’artistico bassorilievo del complesso monumentale –, ed il suo principale artefice.  E, come tale deve, continuare ad essere interpretata. (rrc)

*Presidente Associazione Amici del Museo Reggio Calabria

Fondazione Mediterranea: Quello di Piazza De Nava è sbagliato chiamarlo restauro

La Fondazione Mediterranea, in seguito alle dichiarazioni di qualche travet comunale, ha voluto fare delle precisazioni in merito ai lavori di restyling di Piazza De Nava a Reggio Calabria.

«Si cita il mostro sacro G. C. Romby – viene detto in una nota – a proposito della sua idea urbanistica di pedonalizzazione delle piazze come mezzo di fruizione di luoghi urbani arricchiti di spazi e giardini. A parte la considerazione che non è citando Padre Bergoglio che si diventa buoni cristiani, o citando Freud che si diventa buoni analisti, quindi non è citando Romby che si diventa bravi architetti, la citazione è in astratto condivisibile, ma assolutamente fuori luogo nel caso del progetto di restyling di Piazza De Nava».

«Non siamo, infatti, come inopinatamente viene affermato – dice la Fondazione Mediterranea – in presenza di un luogo di per sé destinato a un inguaribile degrado e abbandono, quindi da demolire e ricostruire, bensì di fronte a un insieme coerente e coeso che solo l’incuria degli amministratori e l’inciviltà dei fruitori ha reso così come lo si definisce: quindi è semplicemente da restaurare e riqualificare. Il progetto del Mibact si chiama, infatti, “restauro e riqualificazione”: ma, nei fatti, rinnega il suo titolo per proporre un’impostazione completamente nuova della piazza che con il termine di “restauro” non ha nulla da condividere. Non è necessario essere architetti o urbanisti per capire cosa si intende oggi per restauro. Val la pena, all’uopo, ricordarlo ai travet comunali e tutti gli altri che, per interesse o per ignoranza, tentano di giustificare una delirante operazione di distruzione di storia cittadina e memoria collettiva».

«Come dicono a una sola voce i possessori di quella “scienza e coscienza” citata dalla prof.ssa Cagliostro – continua la nota – con il termine di restauro viene definita un’attività volta a garantire la conservazione di un’opera architettonica o urbanistica per una valorizzazione o riuso, in linea con le sue peculiarità storiche. Svariate sfumature e varianti tecniche a questa forse troppo sintetica formula sono possibili ma, comunque, tutte convergono verso un punto fisso, ineludibile e indiscutibile: l’opera architettonica deve rimanere “com’era e dov’era”. Punto. In altri termini, coerentemente con il titolo del progetto, se si vuole essere professionalmente coerenti e corretti, l’assetto urbanistico e architettonico piazza De Nava deve rimanere così com’è, senza se e senza ma».

«Peraltro – prosegue la nota – c’è da ricordare che proprio la G. C. Romby, che è piaciuto citare ai travet comunali, si è sempre espressa in tal senso e non avrebbe mai avallato un restauro distruttivo, come quello che si vuol fare oggi a Piazza De Nava. All’uopo, si suggerisce loro di dare un’occhiata agli atti dello storico convegno tenutosi il 17 marzo del 2009 in Firenze, nella cui Università la prof.ssa Romby ha insegnato Storia dell’Architettura, dal titolo “Città storica e sostenibilità”. In questo meeting scientifico Marco Romano, che non ha bisogno di presentazioni, ha appunto affrontato i temi di cui oggi si discute con la sua relazione “La città come opera d’arte: il restauro del suo passato e il disegno del suo futuro”. Solo un’occhiata, un piccolo sforzo, tanto per chiarirsi le idee su cosa si intenda oggi per restauro in architettura e urbanistica».

«Altra cosa – conclude la nota – è il termine “riqualificazione”, che ha un significato strettamente funzionale e sul quale si può essere ampiamente d’accordo: l’apertura del Museo all’esterno e la pedonalizzazione dei luoghi attigui comportano degli interventi che, se ben fatti, possono essere rispettosi dell’impianto storico e riqualificanti l’ambiente, rendendolo più fruibile e adattabile ad altre esigenze che non siano solo di passeggio o transito ma di ordinata fruizione di beni museali (ingiustificabile dimenticanza dei progettisti)». (rrc)

REGGIO – L’incontro “Piazza De Nava – Opinioni a confronto”

Questo pomeriggio, alle 18, in diretta FB sulla pagina di Patto Civico Reggio Calabria, è in programma l’incontro dal titolo Piazza De Nava – Opinioni a confronto.

L’evento è stato organizzato dal Laboratorio Politico Patto Civico, e prevede gli interventi di Daniele Castrizio, ordinario all’Università di Messina, di Pasquale Amato, storico, Tonino Perna, vicesindaco di Reggio Calabria e di Mariangela Cama, assessore all’Urbanistica. Modera Maria Laura Tortorella(rrc)

Realizzare un plastico della nuova Piazza De Nava per rendere partecipi i cittadini

di FRANCESCO ARILOTTA* – Se un privato cittadino, proprietario, per ipotesi, dell’area di piazza Giuseppe De Nava a Reggio Calabria, presentasse alla ‘Soprintendenza Abap (archeologia, belle arti, paesaggio) per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e per la provincia di Vibo Valentia’,  il progetto di restyling di cui ci occuperemo, c’è da credere che essa non potrebbe fare altro che bocciarlo.

Questo progetto, infatti, nella sua proposizione attuale, contrasta con i principi etici ed i criteri di opportunità, oltre che, si ritiene, con le norme giuridiche che sovrintendono alla materia, contenuti nel Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, noto come Codice dei Beni Culturali, per quanto riguarda la tutela e la conservazione di un bene culturale materiale o immateriale, specie se ubicato in un centro storico, come la nostraPiazza de Nava. E si tenga anche presente che l’area, a qualunque titolo, coinvolta nel progetto è caratterizzata da vincoli archeologico, architettonico e paesaggistico. Esso, pertanto, suscita anche nell’Associazione “Amici del Museo Nazionale di Reggio Calabria” , così come in altre Associazioni Culturali regine, le forti perplessità che seguono.

La piazza Giuseppe De Nava come bene culturale immateriale

Cosa si vuol significare con il termine “piazza”: il luogo delle liturgie, delle  assemblee, della rappresentazione che  la Città dà   di se stessa; là dove converge la Comunità  nei  momenti  delle feste, in una  serie  di sentite funzioni collettive. Quella specifica Piazza, circondata da edifici coevi, è, per i Reggini, da sempre, una specie  di oasi, dove l’ individuo si sente libero di  esprimersi, ricostruire la  Storia, spazio della memoria, luogo che ha fatto e fa parte della nostra vita di semplici cittadini. Perché cancellare ciò che si è costruito nel  Passato, perché ritenuto demodé o poco funzionale ai tempi cibernetici, e non  mantenere, invece, le antiche strutture della Città, per  tramandarle ai posteri? Per come lo abbiamo ereditato, quello è un sito tutto particolare, un  genius loci, spirito  del luogo, posseduto e abitato secondo la  definizione latin, dall’uomo. Il nuovo deve rispettare l’antico, integrarsi  con esso: il contrario porterebbe all’alienazione sociale. Si  intende  frantumare, un sito storico unico e irripetibile. Perché non mantenere, conservare il fascino dell’antico?

La piazza Giuseppe De Nava come bene culturale materiale

La storia più recente di Reggio, quella che nell’ultimo secolo è stata caratterizzata dalla ricostruzione dopo il terremoto del 1908, trova nella Piazza De Nava il luogo simbolico del suo sviluppo architettonico, polo della assialità longitudinale del Corso Giuseppe Garibaldi, elemento di cerniera con i quartieri di nuova edificazione di Santa Lucia,Rione Schiavone e Rione Tremulini, come è stato indicato persino nelle note storiche del progetto.

 Il primo riferimento va all’opera architettonica dell’arch. Camillo Autore, progettata nel 1933, che volle dare un aspetto unitario a tutta l’area, in simbiosi con le linee proposte da Marcello Piacentini per il Museo Archeologico, e con quelle del palazzo retrostante, segnacolo dell’attenzione che, attraverso l’Ente Edilizio, veniva espressa per assicurare un alloggio alle diverse classi sociali. Formando un tutt’uno architettonico di grande valore anche artistico, assolutamente inscindibile. 

Ed a proposito del ruolo avuto da Camillo Autore nella caratterizzazione della fase di ricostruzione della città negli anni ’30, ad ulteriore conferma dell’alto valore storico del disegno architettonico della piazza De Nava, va ricordato che lo stile di questo illustre architetto è riscontrabile anche nella delimitazione fisica dell’attuale Piazza: del Popolo, e nella artistica recinzione laterale del Tempio della Vittoria; il che porta a delineare la presenza in Reggio di un preciso stile architettonico articolato nelle tre progettazioni citate.

Altro riferimento va al fatto che essa venne prescelta, nel novembre 1926, per ospitare il complesso monumentale dedicato a Giuseppe De Nava, il “parlamentare e statista insigne che tutta la sua vita spese per la grandezza e prosperità della Nazione e per il bene di questa sua terra natia”. 

Quanto alla posizione del monumento, realizzato dallo scultore Francesco Jerace, egli non lo volle messo al centro della piazza, bensì, in posizione più elevata per essere assiale al percorso della ampia, nuova via allo stesso De Nava intitolata. 

Sullo stato degli elementi architettonici che definiscono la piazza, basterebbe una attenzione al restauro di questi elementi, con qualche integrazione alle esigenze attuali nella pavimentazione della piazza con riguardo alla pietra locale e a una maggiore cura del verde, a valorizzare questo contesto urbano. Gli elementi della attuale Piazza De Nava entrano, senza alcuna incertezza, in perfetta simbiosi con lo stile architettonico degli edifici maggiori circostanti, compresa la quinta dell’isolato 152, sul lato dell’attuale Via Romeo.

Questa piazza rappresenta il simbolo della volontà di ripresa di una Città che, dopo la distruzione sismica, allarga i suoi confini, crea nuove realtà edilizie, fiduciosa nel suo futuro.

Abbiamo noi il diritto di cancellare tutto questo?

Reggio Calabria ha già subìto, in passato, ferite di questo genere: per modernizzare, è stato demolito il suo Castello, la fortificazione medievale più grande della Calabria; è stato abbattuto il Duomo, coevo a quelli di Monreale e di Cefal; è stata distrutta una chiesa bizantina dell’XI secolo. Più di recente, abbiamo assistito, all’aggressione dellìelegante Piazza del Duomo, alla “involuzione” di Piazza del Carmine e di Piazzetta Orange, allo scempio del Corso Giuseppe Garibaldi: quest’anno avrebbe compiuto due secoli di preclara vita.

La variante alla circolazione veicolare

Altro elemento del progetto che suscita ulteriori perplessità è quello relativo alla creazione di una semi-area pedonale sul tratto del corso Giuseppe Garibaldi antistante il lato piazza-museo, e sulla parte terminale inferiore della via Saverio Vollaro, all’altezza della Villetta Alvaro. Qui si costringerebbero gli automobilisti ad una vera, pericolosa gimkana attorno alla villetta, nell’intreccio delle quattro frequentatissime arterie stradali che convergono su Piazza Indipendenza. La circolazione automobilistica deve essere sempre scorrevole, senza barriere. Anche la proposta di creare un doppio senso di marcia nel tratto inferiore di via Domenico Romeo potrebbe generare ingorghi  notevoli all’incrocio con il Corso Garibaldi, nonché tra la stessa via Romeo e via Demetrio Tripepi. Tra l’altro, il tratto finale della via Romeo, che si presenta con una carreggiata molto ridotta, non è suscettibile di allargamento, per la presenza della copertura vetrosa della sottostante sala ipogea del Museo. 

Considerazioni finali

Non si entra nella valutazione dei particolari delle forme di arredamento previste per la “nuova” piazza (taglio degli alberi, uso della Pietra Reggina diversa dalla Pietra di Macellari, creazione della barriera verde a monte della piazza, fontanili, cubi, eccetera), essendo elementi affidati al buongusto ed alla sensibilità delle singole persone. 

Per quanto riguarda la installazione di due altissimi pali, a sostegno di impalcature luminose, previsti ai lati della piazza, quello di sinistra, angolo via Romeo, potrebbe ricadere nell’area archeologica della nota necropoli ellenistica estendentesi immediatamente al di là della cinta muraria magnogreca, e quello di destra, lato via Vollaro, verrebbe a trovarsi sul percorso sotterraneo del Torrente Santa Lucia, che attraversa diagonalmente l’area della piazza, e che, come è ben noto, in occasione di piogge anche di modesta portata, si riappropria del suo ‘letto’, con conseguenze spesso anche spettacolari.

Precisati i motivi, per i quali quella parte del progetto che prevede la scomparsa degli elementi caratterizzanti e datanti questa piazza non può essere approvata, si auspica che, nel corso della Conferenza dei Servizi, la Soprintendenza riporti il progetto nei giusti termini di rispetto del passato e consenta una ordinata valorizzazione del rapporto fra la Piazza ed il Museo Archeologico. Disponibile, questa Associazione, a contribuire alla definizione di un intervento di ampia visione, che punti ad una sempre migliore fruizione del patrimonio archeologico reggino.

E poiché la cittadinanza non è stata affatto informata, ufficialmente, dei contenuti e delle conseguenze urbanistiche di questo progetto, si chiede che di esso venga realizzato un adeguato plastico, da esporre in luogo idoneo, affinché tutti i cittadini di Reggio se ne possano rendere consapevoli, oppure realizzare uno spazio, anche sul sito del Comune di Reggio, con la gestione di un luogo di discussione (forum) in cui raccogliere i diversi commenti. 

Si chiede, anche, di conoscere tempestivamente quali saranno le modalità per la seduta pubblica della Conferenza dei Servizi.

Si ritiene, infine, indispensabile acquisire, preventivamente rispetto alla seduta della Conferenza dei Servizi, i pareri espressi, in proposito, dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria, dagli Ordini Professionali di settore, dai Dipartimenti di Architettura, Agraria e Ingegneria dell’Università ‘Mediterranea’, nonché di altri organismi ufficiali tenuti alla bisogna. (rrc)

Riqualificazione Piazza De Nava, Minicuci: Si rispetti la storia di Reggio Calabria

Il consigliere comunale e consigliere metropolitano, Antonino Minicuci, è intervenuto in merito all’intervento di riqualificazione di Piazza De Nava, luogo storico e simbolico di Reggio Calabria, e ha chiesto all’Amministrazione comunale «di aggiornare le opposizioni in sede di consiglio comunale sullo stato dell’arte cosi da ascoltare inoltre l’opinione del sindaco Giuseppe Falcomatà e della giunta in merito».

«Grazie a risorse – ha dichiarato – del Ministero beni culturali e attraverso il Segretariato regionale per la Calabria è stato possibile realizzare progetto di riqualificazione di Piazza de Nava, progetto di cui è Rup l’arch. Roberta Filocamo e progettista l’arch. Pina Vitetta con la collaborazione dei Dipartimenti di Storia e Agraria dell’Università Mediterranea. In sintesi, l’intervento di riqualificazione prevede il accordo più integrato del Museo con l’esterno, l’ampliamento della piazza con la pedonalizzazione delle strade adiacenti e l’apertura della piazza agli spazi attigui, come il monumento Alvaro, con cui fare sistema». 

«In merito alla realizzazione pratica del progetto – ha aggiunto – così come la totalità degli interventi previsti, ci sono numerose perplessità espresse da studiosi, esperti, comitati e associazioni. Si tratta di aspetti tecnici, pertinenza di chi è deputato e competente a fare questo tipo di valutazioni. Che, in più occasioni, non sono positive». 

«Piazza De Nava – ha spiegato – è uno spazio testimone di un’epoca con i suoi materiali ed il suo stile. La ricostruzione fatta dopo il terremoto ha un continuum con gli altri monumenti, perché camuffare e snaturare questo stile? Non sarebbe meglio recuperarlo, restaurarlo? Ma forse così l’opera costerebbe di meno e non sarebbe sensazionale senza la tecnologia, i getti d’acqua, i materiali e le luci… da nababbi. O invece non è più coerente con gli interessi della collettività un semplice restauro, senza per forza cercare l’opera faraonica, sensazionale, con i getti delle fontane scopiazzate da altre città e che stridono con l’insufficienza della distribuzione idrica?>, le considerazioni preoccupate di alcune associazioni che mi sento di condividere in pieno. 

«Gli stessi soggetti – ha detto Minicuci – che non condividono le linee progettuali, lamentano uno scarso coinvolgimento nel confronto che avrebbe dovuto in realtà accompagnare passo passo la realizzazione del progetto. Ritengo che un intervento di riqualificazione di un luogo così importante per Reggio Calabria, meriti di essere portato all’attenzione dei cittadini, coloro che saranno i fruitori abituali e quotidiani della rinnovata Piazza de Nava. In tal senso, sarebbe auspicabile realizzare uno spazio virtuale, anche sul sito del Comune di Reggio, con la gestione di un luogo di discussione in cui raccogliere i diversi commenti e le considerazioni dei cittadini in merito al progetto di riqualificazione». 

«Non si può procedere in maniera sbrigativa – ha detto ancora – o senza coinvolgere tutte le parti interessate in un progetto di tale rilevanza, volto a rivoluzionare un luogo simbolo e ricco di storia della città. Area, peraltro, caratterizzata da vincolo archeologico, architettonico e paesaggistico. Pertanto, chiedo all’amministrazione comunale di aggiornare le opposizioni in sede di consiglio comunale sullo stato dell’arte cosi da ascoltare inoltre l’opinione del sindaco Giuseppe Falcomatà e della giunta in merito». 

«Non è sempre detto – ha concluso – che per beneficiare di risorse economiche in arrivo dal Governo bisogna stravolgere luoghi ricchi di storia e snaturarli rispetto alla loro origine. Risorse che fanno parte di un finanziamento in scadenza e che quindi forse si ha fretta di spendere, quando sarebbe auspicabile una maggiore sensibilità nei confronti di cittadini e associazioni e rispetto verso la storia di Reggio Calabria». (rrc)

La Fondazione Mediterranea condivide linee guida per il progetto di restyling di Piazza De Nava

La Fondazione Mediterranea ha condiviso, con il Comune e la Città Metropolitana di Reggio Calabria, le linee guida del progetto definitivo Piazza De Nava – Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra il museo archeologico nazionale e il contesto urbano, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Queste linee guida sono state sottoposte all’attenzione del sindaco Giuseppe Falcomatà, nel corso di una formale audizione a cui ha partecipato l’assessore alla Cultura, Rosanna Scopelliti.

«Raccordo – si legge – più integrato del Museo con l’esterno; ampliamento della piazza con la pedonalizzazione delle strade adiacenti; apertura della piazza agli spazi attigui, come il monumento Alvaro, con cui fare sistema. È in disaccordo con la realizzazione pratica delle idee sorgive del progetto che, collidendo con lo stesso titolo di “restauro e riqualificazione”, opera una distruzione di significative tracce urbanistiche, liberty e razionaliste, della ricostruzione reggina. All’uopo, c’è da segnalare che non ha senso il richiamo ad alcuni disegni originali del Piacentini che mostrano una piazza molto più grande e libera: è lo stesso Piacentini che abbandona l’idea iniziale (edificio asimmetrico con vetrate a nastro e continue circondato da spazi ben più ampi degli attuali) perché collide con la piazza già dedicata a De Nava nel 1926, nella quale nel 1936 si pone l’opera di Francesco Jerace, e con il progettato edificio dell’Ente Edilizio del 1933 curato da Camillo Autore».

«Le motivate proposte di modifica al progetto – si legge in una nota – si possono riassumere in alcuni sostanziali punti che, non stravolgendo l’impianto generale del progetto proposto dal Mibact, contemperano l’esigenza di una rivisitazione dei luoghi e l’opportunità di non perdere il finanziamento con la sentita necessità di non trasformare un luogo identitario reggino in un non-luogo alla Marc Augé senza storia né memoria».

«Mantenimento e restauro – si legge – della cintura di pilastrini e ringhiera tubolare, espressioni architettoniche tipiche del periodo della ricostruzione e del Ventennio oltre che caratteristiche della piazza fin dalla sua creazione; l’aspetto della piazza, quasi un elegante “hortus conclusus”, composta e coerente con l’impianto urbanistico cittadino (non fatto di larghe strade e ampie piazze ma di vie regolari e strette che si aprono in slarghi regolari) andrebbe assolutamente mantenuto come tipico della città; restauro della facciata del palazzo di Camillo Autore e sua riqualificazione; sostituzione dell’alberatura su via Tripepi con essenze arboree di basso fusto o arbustive, onde non precludere la vista del palazzo di Camillo Autore, piuttosto che il loro semplice abbattimento; rifacimento del pavimento della piazza, che non presenta particolare rilevanza storica ed architettonica, con i materiali e gli schemi previsti nel progetto».

«E ancora, mantenimento delle aiuole, aggiornate ai tempi come da progetto, lì dove oggi sono; mantenimento e restauro dei sedili in ferro tipici della piazza e della via Marina: come fatto con la ringhiera del lungomare, andrebbero rifatti in stile e moltiplicati; i sistemi di illuminotecnica della piazza andrebbero resi meno appariscenti e più discreti, evitando risultati ottici e d’effetto più consoni a un parco giochi che a una piazza signorile;  eliminazione del lungo palo di illuminazione previsto in un angolo della piazza e sua sostituzione con una lampionatura diffusa e in linea con lo stile d’epoca».

«I fasci luminosi – continua la nota – previsti sulla facciata museale potrebbero essere generati da impianti, di fatto invisibili, posti sulla sommità degli edifici che circondano la piazza; sempre riguardo l’illuminotecnica, si dovrebbero eliminare i festoni luminosi che fanno bella mostra di loro fra le fronde del ficus dell’aiuola Alvaro: vera e imperdonabile offesa al buon gusto di una cittadinanza che non intende farsi colonizzare dal cattivo gusto e dalla pacchianeria; eliminazione dell’edicola e suo spostamento in area pedonale esterna al perimetro della piazza, non al suo interno; eliminazione della progettata fontana a zampilli prevista nell’angolo basso della piazza lato via Vollaro (zona che sarà inaccessibile nelle frequenti giornate ventose, sempre che la fontana sia funzionante – nessuna in città lo è – e non ridotta a un deposito di carte e lattine vuote di birra); inserimento, al posto della progettata fontana, di un luogo espositivo esterno del Museo, concretizzando così non a parole la sua apertura. L’esposizione potrebbe essere moltiplicata con teche in vetro corazzato in tutte le zone pedonali circostanti il museo; estensione del restauro dell’antico basolato in pietra lavica a tutte le vie di accesso alla piazza: si potrebbero utilizzare così tutti i fondi residuati dal ridimensionamento degli interventi sulla piazza».
«Mantenimento del basolato lavico sul corso, il cui selciato, come da progetto, andrebbe rialzato e portato ad altezza marciapiede; rifacimento dell’accesso al museo secondo il progetto, però addolcito con elementi architettonici di rimando al liberty o al razionalismo; verde pubblico della piazza dedicato a specie autoctone dei luoghi o facenti ormai parte del patrimonio arboreo tipico della città, piuttosto che a specie arboree importate (non ve ne è una sola nel progetto che sia di origine locale)».

«Tutte le modifiche proposte – conclude la nota – non cambiano l’impostazione di base del progetto (raccordo col museo e pedonalizzazione dell’area di intervento) e sono facilmente implementabili». (rrc)

Reggio, contro il restyling di piazza De Nava si schiera la Fondazione Mediterranea

di ENZO VITALE* – Con un dissennato cupio dissolvi, si opera la distruzione delle tracce urbanistiche, liberty e razionaliste, della ricostruzione reggina. Nel suggerire alcune modifiche al progetto definitivo “Piazza De Nava – Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra il museo archeologico nazionale e il contesto urbano”, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, la cui analisi non ci è possibile riferire nel dettaglio per ovvi motivi di spazio, occorre porre alcune doverose premesse.

Le idee guida possono essere considerate valide: raccordo più integrato del Museo con l’esterno; ampliamento della piazza con la pedonalizzazione delle strade adiacenti; apertura della piazza agli spazi attigui, come il monumento Alvaro, con cui fare sistema. Non vi sono vincoli diretti sui monumenti presenti nell’area né sugli elementi materiali che la compongono; vincolati, invece, sono i marciapiedi e basolati stradali; l’area di intervento, superficiale, non è interessata da vincoli archeologici derivanti da appositi provvedimenti di tutela.

Ciò premesso, è l’esecuzione progettuale che, pur legittima e rispettosa delle leggi, è fortemente deficitaria dal punto di vista identitario. Inoltre, l’uso di programmi per il rendering non proprio all’altezza del compito e alcune grossolane imprecisioni nella descrizione dello stato attuale della piazza, certificano come valida l’unanime e generale impressione nettamente negativa sul progetto, di basso livello culturale nonché sganciato dal contesto storico e urbanistico della città.

A nulla vale, per giustificare l’impianto progettuale, il richiamo ad alcuni disegni originali del Piacentini, che mostrano una piazza molto più grande e libera che circonda un edificio di forte impronta razionalista: già da subito il Piacentini abbandona la sua idea iniziale di edificio asimmetrico con vetrate a nastro e continue, che collide con una piazza già dedicata a De Nava nel 1926, nella quale nel 1936 si pone l’opera di Francesco Jerace, e con il già progettato edificio dell’Ente Edilizio del 1933 curato Camillo Autore.

Il richiamo, secondo logica restaurativa, si deve fare con gli elementi della piazza che sono caratteristici dell’epoca, senza riferimenti a idee architettoniche che lo stesso Piacentini aveva abbandonato in corso d’opera.

Tutto ciò premesso, le modifiche che la Fondazione Mediterranea propone al progetto riguardano il recupero della memoria storica cittadina: mantenimento di tracce delle strutture che, sebbene non sottoposte a vincolo, fanno parte a pieno titolo dell’urbs reggina come segno della sua ricostruzione post terremoto; richiamo alle radici magno greche della città nella scelta degli arredi della piazza; eliminazione di alcuni aspetti di illuminotecnica in stile Las Vegas e più adatti ad addobbi natalizi di paesana ingenuità.

1) Mantenimento e restauro della cintura di pilastrini e ringhiera tubolare, espressioni architettoniche tipiche del periodo della ricostruzione e del Ventennio oltre che caratteristiche della piazza fin dalla sua creazione, con documentazione fotografica risalente a prima del 1936, almeno lungo i lati di via Romeo e via Tripepi, la cui circolazione veicolare verrà mantenuta.

2) Eliminazione della progettata fontana a zampilli prevista nell’angolo basso lato via Vollaro (zona che sarà inaccessibile nelle frequenti giornate ventose, sempre che la fontana sia funzionante – nessuna in città lo è – e non ridotta a un deposito di carte e lattine vuote di birra): ideazione banalissima e non funzionale, un semplice riempitivo di spazio che – a nostro avviso – potrebbe essere usato a luogo espositivo esterno del Museo, concretizzando così non a parole la sua apertura.

3) Rimodulazione degli impianti di illuminotecnica, più adatti ad ambienti anonimi e senza storia che a una piazza che ambisce a essere identitaria: sembra di salire i gradini di un accesso a un parco giochi per minus habens, con effetti luminosi che possono incantare solo loro.

4) Eliminazione dei festoni luminosi, che fanno bella mostra di loro fra le fronde del ficus dell’aiuola Alvaro: vera e imperdonabile offesa al buon gusto di una cittadinanza che non intende farsi colonizzare dal cattivo gusto e dalla pacchianeria.

5) Verde pubblico della piazza dedicato a specie autoctone dei luoghi (ulivo, bergamotto, agrumi, gelsomino, ecc.) o a specie tipiche del periodo greco antico (abbiamo o no una Facoltà di Agraria che potrebbe esprimere il suo parere?) piuttosto che a specie arboree importate e senza identità.

6) Eliminazione dell’enorme palo di illuminazione, posto ai lati della fontana, e sua sostituzione con elementi più discreti e signorili.

7) Mantenimento e restauro dei sedili in ferro tipici della piazza e della via Marina: come fatto con la ringhiera del lungomare, andrebbero rifatti in stile e moltiplicati.

8) Mantenimento del basolato lavico originale nella porzione di corso antistante al Museo, usando la pietra di Lazzaro solo all’interno del perimetro di piazza.

9) Estrema oculatezza nella scelta qualitativa dei materiali che verranno usati (in città si hanno esempi deleteri, anche recenti).

Queste sono solo alcune delle criticità, quelle più eclatanti, evidenziate in un testo che, in alcuni passaggi, diviene quasi offensivo, quando si descrivono tratti del nostro carattere meridionale che si vorrebbero recuperare nella progettualità di un’area civica di aggregazione.

Per il resto, se proprio si deve fare, che questa piazza si faccia, visto che i 5 milioni di finanziamento si perderebbero. Ma non si dovranno più consentire in futuro questi tentativi di colonizzazione culturale da parte di supponenti “archistar”, che pretendono di spiegare a noi reggini chi siamo, cosa vogliamo e dove dovremmo andare (e anche in che direzione muoverci quando attraversiamo una piazza o come sederci opportunamente sulle sue nuove sedute). (rrc)

*Presidente Fondazione Mediterranea

Il restyling di Piazza De Nava un’offesa alla memoria cittadina

di ENZO VITALE* – Visto il non molto esaltante precedente tentativo di revisionare l’impianto storico della piazza De Nava, bloccato in extremis dall’unisono insorgere delle Associazioni culturali reggine coordinate dal compianto prof. Vincenzo Panuccio, è d’obbligo prestare la massima attenzione a questa nuova idea progettuale della piazza, che si vuole trasformare in senso smart per renderla moderna e funzionale a una migliore fruizione del museo archeologico della Magna Graecia.

Encomiabile proposito in linea di principio che, però, per come si vuole realizzare, collide in maniera frontale con alcuni basilari concetti di buona tecnica di restauro e conservazione urbana.

In estrema sintesi, il piano di intervento prevede l’intero rifacimento della piazza che, mantenendo e ampliando la planimetria quadrangolare con l’assorbimento di via Vollaro, divenuta pedonale fino al monumento a Corrado Alvaro, che – nota positiva – verrebbe così integrato in un unico percorso pedonale, si sostanzierebbe nell’eliminazione degli scalini, dei pilastrini e delle lunghe sbarre cilindriche tra di questi. La statua, in cima a una scalinata rivolta all’ingresso del museo, verrebbe mantenuta – almeno quella – mentre tutto il resto sarebbe connotato da un post-moderno anonimato che Marc Augé non avrebbe avuto difficoltà ad annoverare tra i suoi paradigmi di non-luogo.
In qualsiasi parte del mondo, pur ristrutturando e adeguando ai tempi, pur pedonalizzando e rendendo smart le strade riempiendole di totem e biglietterie elettroniche, pur rivoluzionando l’impianto della piazza, si sarebbe quantomeno mantenuta una traccia della precedente impostazione architettonica. Da notare che l’architettura piacentiniana del museo, oggi, fa perfetto pendant con l’edilizia del Ventennio rappresentata dal palazzo che fronteggia il museo su via D. Tripepi, idealmente uniti da quei segni urbanistici tipici rappresentati dai pilastri e dalle sbarre tubolari.
La piazza, oggi, rappresenta un insieme coeso e coerente alla storia reggina, al suo impianto urbanistico della ricostruzione, alla sua idea di città “bella e gentile” che, martoriata dalla cieca edilizia degli anni Sessanta, oggi si vuole ulteriormente mortificare fino ad annullare con l’eliminazione di uno dei suoi tipici segni urbanistici. I luoghi dell’urbs, per non essere non-luoghi, per essere espressione di quella civiltà urbana europea che ha sempre visto le sue piazze come contenitori della storia e dell’identità della civitas, devono poter parlare e poter raccontare a chi vi transita chi sono i suoi costruttori, da dove sono venuti e, nei limiti del possibile, dove intendono andare ovvero che idea hanno della loro città.
Nulla di tutto questo si rileva nel progetto di restyling di piazza De Nava che, intellettualmente modesto e banale nella sua formulazione, irrispettoso della storia e della memoria cittadina, è più adatto al recupero funzionale di una zona degradata della periferia che alla valorizzazione di una piccola piazza del centro. (rrc)
* Presidente Fondazione Mediterranea