di SANTO STRATI – Non bisogna sottovalutare l’impatto mediatico che l’addio al 2023 e il saluto al nuovo anno da Crotone, via Rai, porterà in termini di immagine e reputazione. È stata una scelta intelligente questa del Presidente Occhiuto (e nessuno, per favore chieda cosa è costata) che ha lanciato nell’universo mediatico non solo la bella cittadina della Jonio, già patria di Pitagora e fulgida testimonianza della civiltà magnogreca, ma tutta la regione.
La Calabria deve recuperare la sua reputazione macchiata da pregiudizi e stupidi preconcetti che i media nazionali e internazionali le hanno riversato addosso da tempo immemorabile. La Calabria, all’estero, fino a una decina di anni fa, suscitava una sgraditissima domanda: “mafia?”. Ma la mafia, la ‘ndrangheta non è solo in Calabria e quindi c’è già un difetto di attribuzione certamente non piacevole. La Calabria, i calabresi, sono ben altra cosa.
Esprimono sentimenti di fraternità e di accoglienza che non trovano eguali, sono generosi, appassionati e innamorati persi della propria terra. Costretti da una crudele diaspora a lasciare la terra amata in cerca di lavoro e della possibilità di costruirsi un futuro. All’inizio dello scorso secolo partivano i capi famiglia verso le Americhe, con povere cose, qualche valigia di cartone, tanti fagotti e il cuore a pezzi, ma con la segreta speranza di poter emergere, garantire il pane alla famiglia lontana e magari farsi raggiungere dai familiari. Senza per questo dimenticare le origini e l’amore unico per una terra matrigna, amatissima che, però, lascia andar via i suoi figli.
Lo scenario è cambiato, ma in peggio. Adesso vanno via i giovani, in gran parte laureati e formati nelle nostre Università d’eccellenza che cercano – senza trovare – opportunità di impiego, per offrire alla Calabria le proprie capacità, competenze e intuito, che altri, in tutto il mondo, furbescamente valutano subito e mettono a profitto, senza avere investito un soldo per la formazione. AiI nostri giovani – lo diciamo da sempre – abbiamo rubato il futuro, è ora di cominciare a restituirglielo, offrendo occasioni di occupazione e lavoro nella propria terra. Dove ci sono gli odori e i sapori che hanno accompagnato la loro crescita, dove ci sono amici, genitori, parenti, affetti.
Perché non possono lavorare dove sono nati i giovani calabresi? A questa domanda deve rispondere la nostra classe politica locale che, se solo sfogliasse le pagine del nostro libro-memoria del 2023, troverebbe gli argomenti che richiedono non più vaghe promesse ma impegni precisi.
Il bilancio di un anno che se ne va comporta, generalmente, qualche rimpianto e molta rabbia per le cose non fatte, per impossibilità materiale (in primo luogo per la mancanza di un lavoro stabile, con uno stipendio decoroso e adeguato) o per colpevole trascuranza di chi governa: amministratori pubblici, nazionali, regionali, locali. I sindaci, per la verità, hanno fatto tantissimo e continuano ogni giorno a mediare con le forze politiche le necessità del territorio (chi meglio di loro lo conosce e sa di cosa c’è bisogno?), trovando spesso poca udienza o addirittura insofferenza.
Il 2024 richiede allora l’impegno di tutti perché questo stato di cose trovi la via del cambiamento: non servono rivoluzioni, ma decise prese di posizione a sostegno degli amministratori locali che hanno veramente a cuore il futuro dei giovani dei loro borghi, città, capoluoghi. Ci vuole un impegno comune e, diciamolo senza riserve, anche trasversale, dove non si guardi all’interesse partitico o delle proprie “parrocchie politiche”, bensì si punti al raggiungimento del bene comune.
La Calabria ha i numeri per ritagliarsi un ruolo da protagonista in questo nascente 2024, per una serie di motivi: prima di tutto perché ci sono le risorse finanziarie (i soldi del PNRR vanno spesi presto e bene) e c’è la sua posizione, unica e straordinariamente strategica, nel Mediterraneo. Il mare nostrum è diventato di interesse primario nello scenario geopolitico di un mondo sempre più bellicoso e litigioso. Il Mediterraneo rappresenta il futuro del Continente europeo e diventa l’elemento coagulante del grande (utopico) progetto di una sorta di Stati Uniti d’Europa.
La Calabria non più Sud del Sud, ma volano di innovazione e di tecnologia. La ricerca scientifica, la genialità dei nostri ingegneri, le competenze nell’intelligenza artificiale (L’Unical è un faro per tutto il mondo in questo campo), sono le chiavi che aprono, anzi spalancano le porte del mondo. Bisogna crederci e non fare sconti agli incantatori di serpenti o ai no-a-tutto che non vogliono progresso e sviluppo per questa terra. Sembra buffo che sia un milanese (Salvini) a scommettere sul Ponte il suo futuro politico, ma non dimentichiamoci che la Cassa per il Mezzogiorno (quella vera che ha fatto rinascere il Sud) l’hanno voluta visionari settentrionali. E la storia, spesso, si ripete. Buon 2024. ν