INFRASTRUTTURE, CALABRIA LA REGIONE
CON PIÙ OPERE STRATEGICHE DA FARE

di ERCOLE INCALZA – Ho fatto un’attenta e capillare analisi su tutti gli interventi di natura infrastrutturale che vanno realizzati nelle varie Regioni del Paese nell’arco del prossimo quinquennio o, al massimo, decennio ed ho trovato che la Regione in cui è previsto il massimo numero di interventi, con la contestuale rilevante esigenza di risorse, è la Regione Calabria.

Vanno, infatti, realizzati i seguenti interventi: Il completamento e la messa in esercizio delle dighe presenti nella Regione (in Calabria ci sono 24 grandi dighe ma alcune non sono completate altre non sono adeguatamente utilizzate); La realizzazione dell’asse ferroviario ad alta velocità – alta capacità Battipaglia – Reggio Calabria; La riqualificazione funzionale dell’asse ferroviario jonico per renderlo omogeneo alla rete nazionale (le caratteristiche attuali sono davvero pessime); La realizzazione del Ponte sullo Stretto; La realizzazione del completamento integrale della strada statale 106 Jonica; La realizzazione di un impianto retroportuale del porto di Gioia Tauro; La realizzazione di un sistema integrato di impianti interportuali con nodi chiave a Corigliano e Castrovillari; La riqualificazione funzionale degli aeroporti e dei relativi accessi di Crotone, Lamezia e Reggio Calabria; La rivisitazione, di intesa con la Regione Basilicata, delle via di accesso e degli impianti interni al Parco nazionale del Pollino.

Di questo rilevante elenco di esigenze allo stato sono disponibili solo le risorse destinate alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, una quota di 2,2 miliardi per un tratto, non in Calabria, della Battipaglia – Reggio (la tratta Battipaglia – Romagnano) e 3 miliardi per un ulteriore tratto della Strada Statale 106 Jonica. Invece, effettuando un’analisi dettagliata delle reali esigenze legate ai nove atti strategici prima riportati scopriamo che il valore globale si attesta su un importo di circa 62 miliardi di euro; occorrono, ripeto, 62 miliardi di euro altrimenti continuiamo ad inseguire disegni teorici che, al massimo, arricchiranno i programmi dell’attuale e delle prossime Legislature. Continueranno questi elenchi a far parte di quegli interventi che assicurano, da sempre, sistematicamente il rispetto teorico (ripeto teorico) della soglia del 30% della quota nazionale da assegnare ad interventi nel Mezzogiorno, (una quota che soprattutto nell’ultimo decennio non ha mai superato il 7% – 8%).

La prossima Legge di Stabilità, a differenza delle precedenti, avrà un arco programmatico non limitato a tre anni ma a cinque anni e, quindi, a mio avviso deve essere leggibile sin dal prossimo anno cosa concretamente sia possibile inserire nel quadro programmatico degli interventi da realizzare in Calabria.

Senza dubbio nel 2025 la Legge non potrà prevedere risorse sostanziali perché, purtroppo, in partenza già appesantita da due voci esose come il mantenimento del cuneo fiscale (15 miliardi di euro) e il contenimento del debito pubblico (12 miliardi di euro); cioè in partenza è una Legge di Stabilità praticamente difficilmente utilizzabile per altre finalità; tuttavia dovremmo poter leggere in tale strumento già tre cose: Quali possano essere le reali assegnazioni alla Regione Calabria per il prossimo quinquennio; Quali quote sia possibile ancora garantire, sempre alla Regione, attraverso l’utilizzo di Fondi comunitari; Quali risorse sia possibile attrarre ricorrendo a forme innovative di Partenariato Pubblico Privato

Il Presidente Occhiuto sin dal suo insediamento ha rivendicato, in modo trasparente, la esigenza di concretezza delle azioni dell’organo centrale nei confronti della Calabria, lo ha fatto confrontandosi sistematicamente con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e con Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, lo ha fatto con l’Anas e con le Ferrovie dello Stato e non posso non riconoscere ad Occhiuto la richiesta formale al Governo di destinare davvero risorse per il Ponte, di destinare davvero risorse per dare continuità alla Strada Statale 106 Jonica, ecc.

Oggi però siamo di fronte ad uno che definisco “anno cerniera” tra un biennio dell’attuale Governo legato al PNRR e che ha lasciato poco alla Regione Calabria ed un prossimo triennio, quello di fine Legislatura, in cui definire, in modo chiaro, un misurabile assetto programmatico.

La Regione Calabria dei nove punti da me riportati in precedenza dispone (almeno lo spero), in modo dettagliato, delle azioni, delle esigenze finanziare e dei empi necessari per dare ad ognuno di loro i crismi della concretezza; in realtà la Regione è in grado di produrre dettagliati Piani Economici Finanziari di ogni intervento utili per poter dare vita a forme di Partenariato Pubblico Privato.

Speriamo che questo “anno cerniera” diventi, lo ripeto fino alla noia, concreto. La Regione Calabria lo merita. (ei)

PANETTA, GOVERNATORE BANKITALIA: CON
INVESTIMENTI E RISORSE SI RIALZA IL SUD

di ERCOLE INCALZA – Tutti i Governatori della Banca d’Italia da Menichella a Baffi, da Baffi a Ciampi, da Ciampi a Fazio, fino a Visco hanno sempre denunciato le criticità presenti nel Mezzogiorno, hanno sempre elencato le motivazioni che rendeva inamovibile una serie di vincoli che non consentivano la crescita di territori ricchi di potenzialità produttive, ricchi di capacità imprenditoriali elevate. Il Governatore Ciampi, addirittura, istituì, all’interno della Banca d’Italia, un apposito osservatorio finalizzato non tanto alla identificazione delle cause di tale fenomeno quanto alla ricerca di azioni e di strumenti necessari per cercare di annullare la resistenza alla crescita presente, in modo particolare, in Regioni come la Calabria, la Sardegna ed il Molise.

Insomma dobbiamo riconoscere alla Banca d’Italia il merito di aver seguito sempre la emergenza Sud e devo anche dare atto che in questo ruolo la Banca d’Italia è stata sempre oggettiva ed ha sempre ricordato che “pur in presenza di azioni mirate dello Stato, pur in presenza di scelte mirate alla infrastrutturazione dell’intero Mezzogiorno, purtroppo gli indicatori dello stato scoio economico del Sud, come ad esempio il reddito pro capite, non sono cresciuti  per niente o gli indicatori legati alla crescita di iniziative industriali non avevano superato soglie accettabili. Tra l’altro in una delle relazioni annuali del Governatore del 2006 leggiamo: «Pur avendo realizzato dal dopo guerra ad oggi infrastrutture come i porti di Cagliari, di Augusta, di Pozzallo, di Gioia Tauro, pur avendo ristrutturato quelli di Taranto e di Salerno e pur avendo realizzato nuove reti autostradali e nuovi impianti aeroportuali, non si è riusciti a incrinare minimamente il gap esistente tra il Sud ed il resto del Paese».

Tutto questo, quindi, per confermare la serietà ed al tempo stesso la oggettività delle analisi della Banca d’Italia.

Ebbene, leggendo le dichiarazioni dell’attuale Governatore Fabio Panetta a Catania in occasione della tappa siciliana del ‘Viaggio con la Banca d’Italia – Il polso dell’economia’, ci rendiamo conto che, indipendentemente dalle gratuite dichiarazioni di alcuni schieramenti politici della opposizione, stiamo vivendo davvero un “cambio di paradigma”, stiamo cioè vivendo un fenomeno che forse non riusciamo ancora a comprendere, un fenomeno che cambia integralmente tutte le descrizioni, tutte le interpretazioni di ciò che, fino a ieri, definivamo la “economia del Sud” o meglio, la “economia retrograda del Sud”.

E devo dare atto a Panetta che, nel suo intervento a Catania, ci ha praticamente svegliato ed informato, in modo analitico, della nuova realtà meridionale.

«Il Sud Italia – ha ribadito Panetta – è cresciuto più del Paese dopo la pandemia e ha ora “occasioni di sviluppo” per la fine della fase globale di delocalizzazione, da un lato, e per la produzione di energia rinnovabile dall’altro. Uno dei motori dello sviluppo del Mezzogiorno è senza dubbio il Pnrr, ma un ruolo chiave va riconosciuto al nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali e del Fondo di sviluppo e coesione, senza contare il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno».

«Una iniezione di risorse che in questo decennio vale “il cinque per cento del Pil” dell’area per ogni anno. Per questo – ammonisce Panetta – è necessario assicurare un impiego efficiente delle risorse, anche preservando in futuro il metodo del Pnrr, che prevede obiettivi ben definiti, un costante vaglio delle modalità di utilizzo delle risorse e interventi a sostegno delle amministrazioni più deboli dal punto di vista gestionale. Più che l’elenco delle opere e delle scelte è vincente il modello delle procedure e della articolazione delle fasi e se serve un allungamento dei tempi per la realizzazione dei progetti previsti non dev’essere un tabù. Qualora a causa dell’ingente ammontare degli investimenti insorgesse un conflitto tra i due obiettivi, efficacia e rapidità, sarebbe preferibile salvaguardare il primo e valutare la possibilità di concordare, soprattutto per le Regioni del Sud, un allungamento dei tempi di realizzazione dei progetti».

Panetta ha poi ricordato come la crescita del Sud osservata negli anni più recenti «sia in parte dovuta a fattori temporanei, legati alla risposta fornita agli shock globali dalle autorità nazionali ed europee». Il Mezzogiorno ha beneficiato «dell’incremento degli investimenti pubblici e del sostegno ai redditi delle famiglie meno abbienti.  Adesso, però – ha ribadito Panetta – è il momento di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e di guardare con fiducia al futuro nonostante la congiuntura internazionale. Per quanto possa sembrare paradossale, la fase di incertezza globale che stiamo attraversando può offrire occasioni di sviluppo alle regioni del Mezzogiorno».

«Gli shock geopolitici registrati negli anni scorsi, dalla pandemia alla crisi energetica, fino ai tragici conflitti in atto, hanno reso palesi i rischi connessi con le politiche di delocalizzazione produttiva. Attualmente le imprese dei principali Paesi – rimarca Panetta – pongono enfasi maggiore che in passato sul tema della sicurezza degli investimenti e delle forniture di input di importanza strategica, in particolare l’energia. Sta emergendo la tendenza a collocare le attività produttive entro i confini nazionali o presso Paesi ritenuti affidabili sul piano economico e politico. E in questo scenario «le regioni meridionali garantiscono condizioni di stabilità geopolitica ed economica, anche grazie all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e all’Unione monetaria, rispetto alle destinazioni tradizionali della delocalizzazione produttiva sono collocate in prossimità dei maggiori centri economici europei e al crocevia del Mediterraneo, attraverso cui transita un quinto del traffico marittimo internazionale». L’altro punto di forza è la presenza “di poli scientifici di qualità”, di una forza lavoro “sottoutilizzata” e di un potenziale “mercato di sbocco con 20 milioni di abitanti”.

Queste precisazioni e questa corretta analisi di ciò che, come detto prima, ancora non abbiamo capito penso portino anche alla ricerca dei motivi che, proprio in questo biennio, sì quello dell’attuale Governo, hanno modificato o stanno modificando, le condizioni di crescita dell’intero Sud. Penso che in questo biennio siano maturati almeno quattro elementi che hanno reso possibile questa evoluzione:

La stabilità del Governo, la possibilità del mondo della produzione ed anche delle forze sociali di interloquire con certezza per cinque anni con un Governo ed un Parlamento stabile

La presa d’atto di cosa siano i Fondi comunitari, non solo quelli del Pnrr ma soprattutto quelli legati al Fondo di Sviluppo e Coesione. In questo il confronto tra il Ministro Fitto ed alcune Regioni del Sud ha dimostrato che l’organo centrale non trasferisce all’organo locale delle risorse senza conoscere prima i programmi e le finalità delle singole assegnazioni finanziarie

Il ritorno alla aggregazione dei comportamenti dell’organo centrale nei confronti delle scelte di riassetto strategico della economia del Sud; un comportamento che è stato attuato attraverso la istituzione di una Zona Economica Speciale Unica con un adeguato supporto finanziario; una scelta dopo il fallimento delle otto Zes precedenti, ferme per sei anni con una disponibilità finanziaria ridicola

La coscienza che, come ribadito da Panetta, proprio la sommatoria di criticità, come quelle generate dalle varie guerre, identificano il Mezzogiorno come una delle aree strategiche dell’intera area Mediterranea; una realtà che se non adeguatamente sostenuta a scala nazionale mette in crisi le condizioni di crescita logistica dell’intero Paese

Ora dopo queste dichiarazioni di Panetta sarebbe bene che il Governo nella redigenda Legge di Stabilità proponesse la istituzione di una Conferenza permanente sul Mezzogiorno. Una Conferenza permanente della durata di un semestre da svolgersi a Napoli con la presenza di tutte le Regioni (le otto Regioni del Sud sono una tessera chiave del Paese e quindi è necessario il coinvolgimento di tutte le Regioni), dei Dicasteri interessati, delle Commissioni parlamentari competenti, delle forze sindacali e degli organismi rappresentanti dei grandi assetti produttivi, dell’articolato mondo della finanza.

Una Conferenza permanente, ripeto, della durata di un semestre in cui, riconoscendo questo nuovo processo di rilancio del Sud, si definiscano le condizioni per un riassetto strutturale ed infrastrutturale del Mezzogiorno; si definiscano le condizioni per una crescita stabile di questo processo positivo partito proprio in questo biennio e che non vorremmo terminasse, per colpa di una sottovalutazione delle positività riconosciute da tutti, proprio ultimamente. (ei)

L’OPINIONE / Mariaelena Senese: Per colmare divario infrastrutturale occorre un piano di risorse straordinario

di MARIAELENA SENESE – Per colmare il pesante divario infrastrutturale che allontana la Calabria dal resto del Paese occorre un piano di risorse straordinarie. Quelle stanziate sino ad oggi, direttamente dallo Stato e poi messe a disposizione anche dall’Unione Europea attraverso il Pnrr, appaiono insufficienti – nonostante la mole – per ammodernare e rendere efficienti gli assetti viari e ferroviari di questa regione.

Sui fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che spinge forte sul pedale dell’acceleratore rispetto alla Misura 3 rispetto alle altre misure, pesa poi la tagliola del tempo a disposizione per la realizzazione dei progetti. Se, infatti, non si dovesse optare per la richiesta di uno slittamento riteniamo quantomeno difficile, se non impossibile, che i progetti coperti con i fondi del Pnrr possano vedere la luce entro il 2026.

Stiamo parlano di oltre 3 miliardi di euro, quasi il 37% dell’investimento totale previsto dal Pnrr per la Calabria (come si evince dai dati resi pubblici dalla Regione Calabria), che dovrebbero servire per dare corso a venti progetti: 18 per il miglioramento della rete ferroviaria e 2 indirizzati sull’intermodalità e la logistica integrata.

Ma anche questa importante dotazione finanziaria appare poca cosa se paragonata con il costo stimato dall’Anas per il completamento della Strada statale 106 che si attesta sopra i 13 miliardi di euro, quasi quanto si stima possa servire per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Davanti a questa enorme mole di denaro che ancora oggi, nonostante diversi anni di commissariamento, non è bastata a cambiare il volto della Strada statale 106, i tempi ristretti per la messa a terra dei finanziamenti del Pnrr e la loro sbilanciata programmazione, che si dimentica di sostenere economicamente e finanziariamente la cura del settore sanitario, ci fanno intravvedere un futuro cupo per un regione che non riesce a fermare la grave emorragia di giovani che la sta interessando da diverso tempo e, ancora, non è in grado di dare concretezza a politiche infrastrutturali e di sviluppo capaci di segnare una svolta decisiva rispetto al percorso di decrescita in cui è impelagata.

Cosa dire, poi, della tratta ferrata che da anni attende l’elettrificazione del tratto jonico e, da qualche tempo, aspetta che l’Alta velocità possa arrivare sino a Reggio Calabria. Se, infatti, Rete ferroviaria italiana prevede di investire in interventi ferroviari sul territorio della Calabria oltre 36 miliardi di euro, di cui oltre 16 miliardi già finanziati, la messa a terra di questa ingente mole di finanziamenti rimane sulla carta di certo per l’anno corrente ma solo per quanto riguarda i primi interventi per la realizzazione dell’Alta velocità ferroviaria.
Per il momento l’intervento che pare poter avere una accelerazione in vista di una sua definizione, ma comunque con una previsione al 2030 per la sua cantierizzazione, è quello relativo al raddoppio della galleria Santomarco. Per il resto, invece, il prolungamento dell’Alta velocità fino alla città dei Bronzi rimane assai aleatorio.

Davanti a questo stato di cose, quindi, rimarchiamo la necessità di un cambio di passo nelle politiche del Governo rispetto a una terra che non solo non riesce a colmare il suo atavico divario con il resto del Paese ma che, purtroppo, sta perdendo anche contatto rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. (ms)

[Maria Elena Senese è segretaria generale Uil Calabria]

Orsini (Confindustria): Al Sud mancano investimenti e risorse nuove per le Zes

Il vicepresidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha evidenziato come «l’interlocuzione con il Governo è in atto» ma che «in merito al Sud riteniamo che manchino investimenti mirati e non ci sono nuove risorse per le Zes».

Orsini, intervenendo all’Assemblea di Confindustria Cosenza, ha evidenziato la necessità di riattivare «le moratorie per chi ha necessità di supporto e riattivare gli aiuti per generare nuovi finanziamenti alle imprese, incrementando il plafond da cinque a dieci milioni di euro».

Fortunato Amarelli, presidente di Confindustria Cosenza, nel suo intervento ha dichiarato che «dobbiamo avere la capacità di reagire, perché senza crescita non si va da nessuna parte».

«La crescita è una responsabilità collettiva – ha continuato Fortunato Amarelli – perché le aziende creano lavoro e il lavoro sostiene la crescita. È fondamentale non perdere nessuna impresa e nessuno stipendio. Abbiamo bisogno di agevolazioni concrete perché non cessa il ritmo con il quale cresce l’inflazione e la capacità di acquisto si è ridotta del venti per cento. Una situazione che richiede una reazione di insieme».

Per il presidente Aldo Ferrara di Unindustria Calabria «il Pnrr legato al Por Calabria ed al Fondo di sviluppo e Coesione potrebbe garantire una crescita di medio lungo periodo». 

«Il Mediterraneo – ha spiegato – diventa strategico per inaugurare una nuova stagione geopolitica che possa incidere sull’economia del Paese e dei nostri territori».

Sui cambiamenti connessi ai processi di transizione ecologica, digitale, sociale ed economica, si sono confrontati, moderato dal Direttore di Confindustria Cosenza Rosario Branda –  il sindaco di Cosenza Franz Caruso che ha sottolineato come l’occasione sia stata utile a rafforzare il dialogo per contribuire ad agire nell’interesse della comunità, il docente Luiss School of Government Massimiliano Panarari, il presidente di Assafrica e Mediterraneo Massimiliano Dal Checco, il vice Presidente Ance e presidente Comitato Mezzogiorno e Isole Giovan Battista Perciaccante, il vicepresidente di Confindustria Emanuele Orsini e l’Assessore regionale allo Sviluppo Economico Rosario Varì.

Nei processi di sviluppo hanno sempre un ruolo fondamentale le infrastrutture, perché esse servono a ridurre l’impatto ambientale e favorire le interconnessioni. 

«Dal punto di vista economico – ha detto il presidente Giovan Battista Perciaccante – l’edilizia si conferma come uno dei principali motori dell’economia, tanto per le ricadute sulla filiera quanto per l’occupazione che genera». 

«Le opere previste dal Pnrr – ha aggiunto – vanno messe in cantiere da subito e in tutto questo occorrerà che i lavori prevedano il coinvolgimento delle imprese locali perché da un lato così si aiutano le imprese a crescere, dall’altro migliora l’occupazione».

«Le transazioni – ha affermato il docente Massimiliano Panarari –   caratterizzano i processi economici e sociali, l’importante è contribuire alla loro pianificazione». 

«Si può partire – ha proseguito – da una nuova narrazione del Sud, che potremmo definire ‘neomeridionalista’ ma che incrocia tutta una serie di questioni nazionali». 

«Serve costruire un’idea di cultura positiva del produrre e del fare – ha evidenziato – non ‘antindustriale’ che sia in grado di cogliere le opportunità, che rifiuti le tentazioni troppo assistenzialistiche perché quello di cui abbiamo veramente bisogno è una società basata sulla formazione continua e sulla dignità del lavoro».

Nel corso dell’Assemblea spazio ai temi di respiro internazionale, con particolare interesse ai paesi in crescita. «In una situazione geopolitica come quella attuale – ha dichiarato il presidente di Assafrica e Mediterraneo Massimiliano Dal Checco – l’Africa avrà un ruolo sempre più importante sia dal punto di vista delle forniture di gas e di petrolio che di grano e altri cerali, in sostituzione di quello che importavamo dai paesi russofoni. Su questi territori arriverà nuovo sviluppo economico con impatti positivi anche per l’Europa e l’Italia».

La giornata ha fatto registrare la consegna di riconoscimenti alle imprese aderenti a Confindustria Cosenza da 50 e da 25 anni: Azzinnari Eugenio Eredi snc di Santa Sofia d’Epiro, Cinema Teatro San Marco di Rossano, Mastrosimone Costruzioni srl di Montalto Uffugo, Parise Fratelli snc di Castrolibero, Ca.dis srl di San Marco Argentano, La Molazza sas di Corigliano Rossano, Edil s.d di Castrolibero, Calabra Maceri e Servizi spa di Rende, Italbacolor srl di Fuscaldo. (rcs)