di FRANCO BARTUCCI – La Calabria il 1° agosto 2024, esattamente alle ore 21:43, è stata interessata nell’area di Mandatoriccio, in provincia di Cosenza sul versante alto Jonio, da un terremoto di magnitudo 5.0 della scala Richter ad una profondità di 24 km. La comunicazione sull’evento sismico, attraverso i social, è stato fatto quasi in contemporanea dalla sala sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che ha sede a Roma.
Dopo qualche ora, sempre sui social, è apparsa una breve nota con il supporto di cartine geografiche dell’area con indicazione dell’epicentro, del dipartimento di fisica dell’Unical, diretto dal prof. Riccardo Barberi, dove ha sede il laboratorio sismico, con responsabile il prof. Mario La Rocca, che tiene sotto osservazione la rete sismica calabrese realizzata negli anni ottanta dal dipartimento di Scienze della Terra, con la particolare cura del prof. Ignazio Guerra, oggi in quiescenza da alcuni anni.
Come ufficio stampa dell’Unical fummo coinvolti fin da subito di tale problematica fin dalla collocazione della prima centralina di rilevamento collocata nell’edificio polifunzionale ad opera del prof. Cesare Roda, primo direttore del dipartimento di Scienze della Terra nel 1973 e successivamente a partire dal 1975 Rettore della stessa università.
Un fenomeno quello dei terremoti che veniva seguito con particolare interesse dall’opinione pubblica calabrese che attendeva con particolare ansia e partecipazione tutte le informazioni in merito che venivano diffuse dall’ufficio stampa dell’Università su indicazioni dettagliate di rilevamento calcolate in ogni ora del giorno e della notte dal prof. Ignazio Guerra.
L’alta tecnologia ha trasformato oggi il modo di comunicare, cosicché i rilevamenti diventano quasi automatici, ponendo, comunque, il grosso problema di osservazione e studio di tali fenomeni sul campo per migare in forma preventiva danni a persone e cose.
Sul fenomeno tellurico di Mandatoriccio è intervenuto il tecnico esperto studioso di tali fenomeni, Carlo Tansi, dell’Irpi Cnr di Rende, che in un servizio giornalistico pubblicato da “Il fatto Quotidiano” ha elencato ed approfondito scientificamente il fenomeno, parlando tra l’altro della dispersione in Calabria di un grosso bagaglio di esperienze e studi portati avanti negli annni dal dipartimento di scienze della terra dell’Unical.
«Quello che è accaduto a Mandatoriccio – ha detto Tansi – è avvenuto in un momento storico in cui le scienze geologiche stanno vivendo una fase di contrazione legata alla diminuzione degli iscritti ai corsi universitari nelle scienze della terra come conseguente chiusura e fusione di dipartimenti, relativa riduzione della loro visibilità e ruolo di riferimento per gli studi del territorio, i tagli ai fondi destinati alla ricerca».
Oggi il dipartimento di scienze della terra a seguito della legge di riforma universitaria del Ministro Gelmini del 2010 e’ stato accorpato ai dipartimenti di Biologia ed Ecologia, diretto dal prof. Giuseppe Passarino.
Ad occuparsi oggi degli studi sismici e a tenere sotto osservazione i fenomeni tellurici ci sono il dipartimento di cui sopra, quello di fisica con il suo laboratorio e per ultimo il dipartimento di ingegneria dell’ambiente (DIAm), con direttore il prof. Giuseppe Mendicino, dove troviamo il prof. Paolo Zimmaro, Professore Associato di Geotecnica presso il DIAm e Affiliate Researcher presso il Risk Institute della Università della California, Los Angeles. Il prof. Zimmaro è esperto di ingegneria geotecnica sismica, analisi di pericolosità sismica e risposta sismica locale. Dopo anni di ricerca negli USA è rientrato all’Unical nel 2020. Ha ricevuto diversi premi internazionali per la sua ricerca e si è classificato al primo posto nel settore ingegneria civile e architettura nel programma di rientro dei cervelli “Rita Levi Montalcini”.
Il prof. Zimmaro lo incontriamo al rientro da Milano dal convegno mondiale di ingegneria sismica, dove ha moderato una sessione sulla dinamica dei terreni e presentato uno studio sulla liquefazione indotta da sisma, (vedi foto) nonché da un viaggio di studio e ricerca fatto nel cratere della sequenza sismica del 2016 tra Amatrice (Lazio) e Norcia (Umbria), che sul fenomeno di Mandatoriccio ci dice: «questo evento sismico, caratterizzato da intensità moderata, è avvenuto in una zona ad alta pericolosità sismica. È un’area che vede la presenza di numerose faglie sismogenetiche. Per questo motivo, eventi di questo tipo non sono eccezionali, anzi, rappresentano la norma. Alcune delle faglie dell’area sono capaci di magnitudo più elevate che causerebbero uno scenario di danneggiamento molto severo. Questa situazione è simile a quella dell’intera regione».
«La Calabria è una delle regioni italiane a più alta sismicità. Non solo, in Calabria c’è anche il potenziale per frane indotte da sisma e liquefazione dei terreni (la sabbia satura, se il terremoto è particolarmente forte e ha determinate caratteristiche, si comporta quasi come un fluido, perdendo quasi totalmente la sua resistenza). Questi fenomeni sono stati già largamente osservati in passato (per esempio durante la devastante sequenza sismica del 1783 che ha sconquassato la Calabria creando danni che ne hanno modificato il territorio su vasta scala). La pericolosità dell’area, tuttavia, si interseca ad una elevata vulnerabilità, soprattutto nei centri storici, spesso costruiti senza stringenti criteri antisismici. Tale convergenza di condizioni (alta pericolosità e alta vulnerabilità) determina un rischio di danneggiamento elevato».
«L’unica ricetta per evitare che eventi naturali come i terremoti si trasformino in catastrofi è di intervenire per la mitigazione del rischio in maniera proattiva. Per farlo serve una maggiore coscienza collettiva e una presa di responsabilità da parte dell’intera popolazione Calabrese. Solo così potremo scongiurare potenziali catastrofi future». (fb)