;
Dall'Unical una lettura del terremoto verificatosi in Turchia e Siria

Dall’Unical una lettura del terremoto verificatosi in Turchia e Siria

di FRANCO BARTUCCIIl terremoto catastrofico verificatosi in Turchia e Siria, con quel magnitudo di forte e lunga intensità, pone degli interrogativi scientifici, sia strutturali che sismici, sugli effetti prodotti. Ci possono essere delle conseguenze future anche per lo stato sismologico del nostro Paese e della Calabria in particolare? 

È quello che abbiamo sentito chiedere dai conduttori televisivi ad esperti nazionali del settore di fronte alle immagini e ai resoconti sullo stato dei fatti circa la reazione delle popolazioni e del pronto intervento degli uomini della protezione civile già operativi sul campo e garantiti dal nostro Paese.

Rispetto a questi eventi e studi sismici mirati alla prevenzione, nella nostra Regione, per effetto della particolare sensibilità verso la composizione strutturale geologica del territorio calabrese, vi è stata in questi anni per la presenza dell’Irpi Cnr e dell’Università della Calabria, con i suoi dipartimenti di Scienze della Terra, Strutture, difesa del suolo e ingegneria civile, una particolare sensibilità e attenzione, sia da parte della comunità scientifica che dell’opinione pubblica, nel conoscere i vari aspetti ai fini comportamentali di fronte a tali eventi naturali che richiamano vicinanza e azioni di grande solidarietà per come la stessa Università ha praticato fin dalle sue origini.

Abbiamo ricordato proprio domenica scorsa nel servizio pubblicato nel Domenicale come all’Università della Calabria è nato il primo nucleo di protezione civile con l’intervento su Fabrizia in provincia di Vibo Valentia e successivamente con i terremoti verificatisi in Friuli e in Irpinia nel nostro Paese. Un merito di memoria va riconosciuto al prof. Cesare Roda, divenuto poi Rettore, per gli studi sismologici avviati sul territorio calabrese con la collocazione della prima rete sismica, successivamente curata ed organizzata dal prof. Ignazio Guerra come dipartimento di Scienze della Terra; a livello d’ingegneria è il caso di ricordare i professori Vincenzo Maroni, Lino Versace e Alfonso Vulcano per gli interventi in materia di dissesto idrogeologico e strutturale; mentre in ambito sociologico è il caso di ricordare la squadra del dipartimento di Sociologia con i professori Giordano Sivini e Ada Cavazzani.

Docenti che hanno fatto parte della prima generazione della storia dell’Università della Calabria; mentre oggi, che si è entrati nel secondo cinquantenario ci sono altre nuove figure che si occupano e tengono sotto osservazione questi fenomeni, come il prof. Paolo Zimmaro, ricercatore in Ingegneria Geotecnica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente dell’Università della Calabria con una intensa specializzazione in ingegneria geotecnica sismica acquisita negli Stati Uniti,  con il quale entriamo nella lettura degli effetti prodotti dal terremoto in Turchia e Siria.

Ma prima è bene sapere alcune sue brevi note curriculari per capirne la figura professionale di competenza in materia. Originario di Paola, dopo la laurea acquisita in Ingegneria presso l’Università della Calabria, i suoi studi di specializzazione si sono svolti negli Stati Uniti, da dove è rientrato alla fine del 2020. Si occupa di ingegneria geotecnica sismica e studia aspetti puntuali e su scala territoriale degli effetti geotecnici (come ad esempio frane, liquefazione, subsidenza) sul patrimonio costruito, strutture, opere geotecniche e sistemi infrastrutturali. Prima di ritornare in Italia ha lavorato per diversi anni all’Università della California, Los Angeles (Ucla) negli Stati Uniti ed è coinvolto in vari progetti di ricerca finanziati da prestigiosi enti di ricerca a livello internazionale tra cui la Nasa.  Presso l’Ucla è attualmente Visiting Projec Scientist.

È attivo nell’ambito delle attività di ricognizione danno geotecnico post-disastro della Geotechnical Extreme Events Reconnaissance Association (Geer). Ha partecipato all’analisi e alle ricognizioni danno a seguito della sequenza sismica del 2016 in Centro Italia, dei terremoti di Kumamoto in Giappone e dell’Alaska (USA) del 2018, del terremoto di Ridgecrest in California(USA) del 2019 e dell’esplosione al porto di Beirut (Libano) del 2020. I suoi studi sono stati premiati con il 2018 Earthquake Spectra Outstanding Paper Award. Nel 2020 si è classificato al primo posto nel settore Ingegneria Civile e Architettura nel bando per giovani ricercatori “Rita Levi Montalcini”.

Su quanto è accaduto in Turchia e Siria ci dice: «Quando arrivano notizie di terremoti devastanti come quello accaduto in Turchia e Siria è difficile rimanere focalizzati sulla scienza e sull’analisi dei dati che vengono raccolti e pubblicati nelle ore, giorni e settimane che seguono questi eventi. Nell’immediato, anche chi come me nella vita si occupa di disastri naturali, c’è un grande senso di sconforto misto a tristezza e rabbia. Questi sentimenti, però, da subito, diventano la forza propulsiva che motiva la mia ricerca.Purtroppo, ad oggi, non siamo in grado di prevedere i terremoti».

«Possiamo  identificare le aree a più alta’ pericolosità sismica e identificare le strutture più vulnerabili (cioè quelle a più alto rischio di danneggiamento e/o collasso se colpite da azioni sismiche). La conoscenza delle aree ad alta pericolosità e delle strutture più vulnerabili è uno strumento utilissimo da poter sfruttare per ridurre il rischio associato all’occorrenza di terremoti ad alta intensità. La comunità scientifica di cui faccio parte ha fatto passi da gigante negli ultimi anni su questo fronte. Infatti, oltre alla pericolosità sismica di base (quella cioè relativa al solo scuotimento sismico), oggi abbiamo strumenti avanzati per valutare la possibilità di occorrenza, anche su scala territoriale, di frane indotte da sisma e fenomeni distruttivi come la liquefazione dei terreni».

«Quest’ultimo fenomeno si verifica quando durante il sisma l’acqua che satura materiali sabbiosi genera gradienti di pressione talmente elevati da far si che il terreno, temporaneamente, si comporti come un fluido. Questo provoca danni devastanti, come osservato in maniera estensiva durante la celebre sequenza sismica che ha colpito la Calabria nel 1783».

«Il terremoto (o meglio la sequenza sismica) che sta sconquassando vaste aree della Turchia, Siria e parte del Medio Oriente – ci dice – si sta verificando in una area nota per un potenziale sismico elevatissimo che si trova nella zona di convergenza di tre placche tettoniche (quella Anatolica, quella Araba e quella Euroasiatica)».

«Per tale motivo, era ben noto alla comunità scientifica che la pericolosità sismica dell’area fosse elevatissima. Purtroppo  ciò per evitare (o quantomeno mitigare) questa tragedia è mancata una azione proattiva su larga scala per ridurre la vulnerabilità delle opere danneggiate e/o distrutte dal sisma. Tali iniziative avrebbero permesso la messa in sicurezza di molte strutture e infrastrutture e certamente ridotto, magari anche in maniera drastica, i crolli e conseguentemente i morti. Tali azioni in Turchia sono iniziate dopo un altro terremoto distruttivo occorso nel 1999. Tuttavia, la mitigazione del rischio si è focalizzata in questi anni alla sola Instanbul, lasciando scoperte altre aree del paese».

«Anche in Italia la pericolosità sismica è molto elevata in tantissime zone del Paese e la vulnerabilità di strutture e infrastrutture rimane alta, soprattutto nei centri storici e nelle zone interne. Inoltre, fenomeni di danneggiamento sismo-indotto come frane e liquefazione, sono altamente probabili in caso di terremoti di magnitudo elevata in molte aree della Nazione. Purtroppo però, ad oggi, nemmeno in Italia sono state messe in campo azioni proattive di mitigazione del rischio sismico su larga scala».

«Tali azioni sarebbero però non solo auspicabili, ma addirittura urgenti, per scongiurare il rischio che, ancora una volta, fenomeni naturali come i terremoti, diventino tragedie. Per poter mettere in moto la macchina organizzativa necessaria a tale ambizioso scopo si potrebbe prendere spunto da quanto fatto in California negli ultimi anni. Dal 2015 la città di Los Angeles ha varato il programma Resilience by Design che obbliga i proprietari di edifici sismicamente vulnerabili a mettere in sicurezza tali strutture. Il programma ha individuato anche aree a rischio frana e liquefazione e tipi di vulnerabilità standard, fornendo linee guida specifiche su cosa fare in base al tipo di vulnerabilità. La modularità e scalabilità di tali azioni ne ha permesso le applicazioni su decine di migliaia di opere su un’area vastissima che ospita oltre 10 milioni di abitanti complessivamente. L’auspicio è che anche in Italia si possano implementare iniziative di mitigazione del rischio di questo tipo e che il recente terremoto accaduto in Turchia possa fungere da campanello d’allarme e chiamata all’azione». 

Resta da fare una profonda valutazione sul dramma umano che sui è venuto a creare e che merita la più grande attenzione da parte di ciascun uomo di questa terra a cominciare dalla insensatezza del conflitto bellico che interessa quei territori e che gridano “Non più guerre”. Anche la natura si ribella ed ha mandato questo particolare messaggio. (fb)