IL PROF. PIETRO MASSIMO BUSETTA METTE IN EVIDENZA LE TANTE CONTRADDIZIONI DELLE AREE SPECIALI ;

CHI HA PAURA DELLE ZES MANIFATTURIERE?
SI PERDE IL SENSO DELLA LORO CREAZIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Chi ha paura di Virginia Wolf? Copiando quel titolo chi teme le Zes manifatturiere? Lentamente sembra che le cosiddette zone economiche speciali stiano andando nel dimenticatoio. Si sta perdendo il senso e la motivazione per cui sono state create.

Ed allora riepiloghiamo: il Mezzogiorno ha 20 milioni di abitanti. Sarebbe la sesta nazione d’Europa se fosse un Paese indipendente. Dopo Germania con oltre 80 milioni di abitanti, Francia con oltre 60 milioni, poi verrebbe la Spagna e la Polonia, poi il Nord se fosse un Paese separato e poi il Sud.

Per avere un rapporto popolazione occupati fisiologico, senza arrivare ai dati incredibili che si hanno in Olanda ma rapportandoci al rapporto esistente in Emilia-Romagna, che con 4 milioni di abitanti ha poco meno di 2 milioni occupati, vi è la necessità di creare 3 milioni  di nuovi posti di lavoro. Per arrivare a quei 9 milioni di occupati, compresi i sommersi, che renderebbero il mercato del lavoro meridionale adeguato a dare risposte alle esigenze della realtà, senza dover costringere 100.000 persone l’anno ad emigrare nonché altri 2 milioni a chiedere il reddito di cittadinanza e molti altri a cercare un lavoro senza trovarlo, diventando poi Neet.

Da quali settori debbano arrivare questi 3 milioni di posti di lavoro aggiuntivi può essere immaginato guardando le realtà a sviluppo compiuto. Perché oltre alla logistica, che potrebbe arrivare ad occupare anche 600-700 mila posti di lavoro, si pensi che la sola Amsterdam tra diretti ed indiretti ne occupa 700 mila, il turismo, raddoppiando le presenze, potrebbe occupare ancora 200-300 mila persone. Il resto dovrebbe arrivare dal manifatturiero.

Ma gli imprenditori locali sono fermi nella loro occupazione da oltre 10 anni. Quindi pensare che possano arrivare questi posti di lavoro da forze endogene è assolutamente improbabile. Per questo le altre realtà a sviluppo ritardato hanno utilizzato il sistema dell’attrazione degli investimenti dall’esterno dell’area. Cioè cercare le soluzioni perché alcune aree si rendono attrattive per coloro che hanno esigenza di fare investimenti in Europa. Cosa difficilissima perché la competizione è di quelle all’ultimo incentivo.

È il percorso che sta seguendo la Polonia, l’Ungheria. Che ha seguito la Germania per localizzare imprese nell’ex Ddr, l’Irlanda che è riuscita ad avere in questo modo la piena occupazione, senza dimenticare la madre di tutte le aree di attrazione che è la Cina con le sue Sez, Special economic zones.

Ma poiché pensare di rendere attrattivo tutto il territorio meridionale sarebbe stato complicato allora si sono create le Zes. Perché sarebbe stata una impresa? Perché creare le condizioni di attrattività in tutto il Mezzogiorno sarebbe stato troppo gravoso dal punto di vista economico e probabilmente la stessa Europa non lo avrebbe consentito.

Le condizioni necessarie per attrarre investimenti sono poche ma impegnative. Riguardano  un territorio ben infrastrutturato dà un punto di vista della mobilità, senza criminalità organizzata, con un cuneo fiscale favorevole in modo da avere un costo del lavoro contenuto e competitivo, ed infine con una tassazione sugIi utili  di impresa limitata, per rendere attrattiva la localizzazione.

Si capisce bene come estendere queste condizioni ad una realtà che ha il 40% del territorio italiano sarebbe stato estremamente complicato. Infatti per esempio il cuneo fiscale che con una normativa troppo estesa è stato consentito a tutto il Mezzogiorno sarà facile che venga abrogato, considerato il suo costo.

Così come pensare di avere un territorio come la Sicilia esente da criminalità organizzata è estremamente complesso, mentre se le aree sono limitate nelle loro dimensioni si potrebbero attuare meccanismi di controllo molto sofisticati che rendano le aree individuate “criminal free”.

Purtroppo nell’individuazione delle aree è prevalso l’interesse della classe politica dominante estrattiva, molto presente nelle regioni meridionali, che ha preferito aumentare le aree per dare un contentino ai propri clientes già insediati. In tal modo le Zes invece di diventare uno strumento per attrarre investimenti dall’esterno dell’area sono diventate aree a facilitazioni ampie per le aziende già esistenti, tradendo in modo totale la motivazione della loro esistenza.

Per questo vanno assolutamente ripensate le aree, facendole individuare invece che alle Regioni al Ministero per il Sud, in maniera che abbiano veramente le caratteristiche per essere attrattive e che non succeda quello che è accaduto recentemente a Catania con la Intel, che pare non abbia avuto le dimensioni di ettari necessari per l’insediamento. Non si capisce perché in quel caso non sia subentrato lo Stato, per evitare di attuare quell’esproprio a favore di Verona, che comprenderà adesso anche un trasferimento di ingegneri e di professionalità che in Veneto non sono a disposizione.

È indispensabile pensare alle Zes, considerato che alternativa ad esse non ve ne sono, perché non vi è altro modo di creare i posti di lavoro che servono al Sud in tempi sufficientemente contenuti, in modo da renderle operative e veramente attrattive. Bisogna assolutamente dare ai commissari  straordinari del Governo,  che si sono insediati nelle otto Zes create, degli obiettivi precisi in termini di attrazione di investimenti e di posti di lavoro da creare,  con una normativa stringente che nel caso in cui gli obiettivi non saranno raggiunti preveda che essi saranno immediatamente dimessi, come accade a un allenatore di una grande squadra quando si capisce che non è più all’altezza di mantenere i ritmi necessari.

Ogni Zes dovrebbe attrarre nei prossimi cinque anni di Governo della destra, per arrivare agli obiettivi stabiliti dei 2 milioni di posti di lavoro, un numero preciso di aziende multinazionali. L’obiettivo sono 400.000 occupati l’anno, 50.000 posti di lavoro per ogni Zes, il che vuol dire 10/15 grandi aziende in ognuna di esse.

Un traguardo ambiziosissimo come lo è un cambio di passo nello sviluppo del Mezzogiorno. Un impegno che dovrebbe riguardare tutto il Governo centrale e che certamente porterebbe risultati importanti in termini di crescita del Pil nazionale e nella migliore delle ipotesi, anche nel caso che la meta non fosse raggiunta, potrebbe in ogni caso attuare un impegno poderoso che potrebbe iniziare un cammino di grande interesse. 

Se poi a fianco ad esso si facessero nascere quelle zone turistiche, con una normativa analoga, che potesse far accelerare lo sviluppo delle presenze turistiche, attraendo i grandi operatori internazionali che non aspettano altro che di potersi insediare nel Mezzogiorno se le condizioni burocratiche, di sicurezza ma anche di tassazione vantaggiosa si avverano.

Se poi si comincia a lavorare perché i porti del Mezzogiorno possano andare a regime, visto che adesso sono assolutamente sotto utilizzati, a cominciare da Augusta frontaliere di Suez, allora forse le problematiche relative all’esigenza che le aree più ricche continuino ad aiutare quelle più povere e che i diritti di cittadinanza siano uguali in tutto il Paese, senza che nessuno debba assistere qualcun altro, saranno risolte, senza arrivare a forme larvate di secessione che in realtà non fanno altro che indebolire il nostro Paese.

Un libro dei sogni quello proposto, come si attiene al grande progetto che dovrebbe riguardare il Mezzogiorno e che se tutti i tasselli vanno al loro posto, a cominciare della alta velocità Salerno / Reggio Calabria / Augusta /Palermo, del ponte sullo stretto di Messina, del completamento delle autostrade a cominciare da quella ionica che colleghi Reggio Calabria a Bari, allora quello che oggi sembra un libro dei sogni potrebbe risultare invece un programma operativo realizzabile.

Questa è la vera scommessa che dovrebbe fare la Presidente Meloni se vuole rimanere nella storia di questo Paese come colei che ha risolto il vero problema che dall’unità d’Italia è ancora aperto e ha salvato l’Italia dal diventare una nuova frammentata Jugoslavia. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

DOCUMENTO: scarica da qui il Piano Strategico Calabria dell’Agenzia di Coesione: Piano-Strategico-Calabria_(Calabria.Live)