di SANTO STRATI – È l’unica regione, non solo nel Mezzogiorno ma anche in Italia, ad accusare una flessione del Pil, -0,3% nel 2018: la Calabria è la cenerentola del Paese e, al contrario delle altre regioni meridionali che mostrano timidi segnali di ripresa, rivela la sua ormai cronica debolezza nella crescita. Il Rapporto Svimez 2019 offre una fotografia reale della disuguaglianza Nord-Sud, impietosa nei confronti di chi ci ha governato in questi ultimi dieci anni, spiega come la politica italiana si sia dimenticata del Mezzogiorno. Di come abbia indebolito il contributo del motore interno della crescita, trascurando il Sud e la sua gente. Il risultato è che rispetto al 2018 siamo sotto di dieci punti rispetto ai livelli di dieci anni prima.
Luca Bianchi, direttore dello Svimez, introdotto dal presidente Adriano Giannola, espone con chiarezza e lucida convinzione i dati che, implacabili, le slides del Rapporto mostrano sullo schermo numeri incontrovertibili che segnano inequivocabilmente il cosiddetto divario, non solo territoriale, ma anche sociale tra Nord e Sud. Quello che colpisce di più è la povertà in campo che si registra in campo educativo (300mila ragazzi nel Mezzogiorno si fermano alle III media), preludio alle altre povertà economiche e di crescita sociale.
Non è sufficiente la considerazione che le disuguaglianze fanno sì che possa parlare solo di debole recessione, se non di stagnazione, a livello nazionale, il punto che emerge dall’affollato incontro alla Sala dei gruppi parlamentari della Camera, è che – a politiche invariate – il Mezzogiorno viaggia al 6,1% contro il 21,6 % nazionale della spesa pubblica. Lo scippo continuerà fino a che non sarà riaffermata, in modo univoco, la centralità della clausola del 34% da destinare al Mezzogiorno. Non solo per la spesa corrente, ma per ogni utilizzo di fondi strutturali e di fondi addizionali (di provenienza UE), così da annullare quella che il ministro per il Sud, Peppe Provenzano, ha significativamente indicato come “divergenza”. Ecco, il divario che non è solo territoriale, ma, ben più in profondità, sociale, va colmato con iniziative, investimenti, con progetti di cui andrà valutata non solo l’efficacia ma anche l’efficienza.
Proprio questo aspetto, quello dell’efficienza, mostra la parte debole del discorso investimenti. C’erano a disposizione circa 110 miliardi, il nostro Paese ne ha appena utilizzati 2. Non mancano le risorse finanziarie, manca la capacità di spesa. Viene meno l’efficienza dell’apparato pubblico che non risponde alle esigenze di imprenditori, investitori pubblici e privati, e lascia decadere ogni iniziativa.
L’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, su questo tema, provocatoriamente, ha detto se dobbiamo chiederci se il Sud vuole lo sviluppo. Certo che lo vuole, ma occorre dare una svolta all’abitudine di valutare le iniziative in termini di obiettivi e di strumenti. Il vero elemento di competizione – ha detto Arcuri – è il tempo. Il riferimento alle capacità straordinarie della nostra gente viene da due esempi: l’Autostrada del Sole, costruita in cinque anni (e consegnata con sei mesi di anticipo) e i lavori sul canale di Panama (a matrice italiana): si scopre, poi, che in Italia per fare trenta km di ferrovia ci vogliono vent’anni. La risposta a questo “giallo”, a questo mistero che avvolge la tempistica assurda che caratterizza ogni progetto sta – secondo Arcuri – nella moltitudine di attori interessati alle dinamiche dello sviluppo. Occorre sfoltire in termini di età media la pubblica amministrazione e, soprattutto, fornire ai responsabili la tranquillità di firmare senza il terrore di essere poi perseguiti dalla giustizia contabile per eventuali errori, anche se commessi in buona fede.
Il direttore generale di Confindustria, la calabrese Marcella Panucci, ha insistito proprio su questo punto: la pubblica amministrazione è debole al Sud, va rinforzata e preparata ad affrontare i problemi autorizzativi, con competenza e autorevolezza, ma senza la spada di Damocle di una giustizia amministrativa pronta a richiedere il danno erariale. D’altro canto – ha evidenziato il ministro Provenzano – l’età media nella pubblica amministrazione è di 55 anni: come si può parlare di innovazione se non si svecchia questa classe dirigente inserendo le migliaia di giovani preparati e capaci di captare le trasformazioni e i vantaggi nelle valutazioni che la tecnologia offre?
Il presidente Giannola ha detto che occorre guardare alla storia per capire le problematiche del Mezzogiorno. La crisi non è solo di natura economico-finanziaria: c’è una crisi di natalità, che è il fenomeno più preoccupante – ha rilevato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – che deriva dalla grande disuguaglianza che affligge il territorio. Servono tre milioni di posti di lavoro per il Mezzogiorno, senza i quali si andrà a svuotare ancor di più il nostro Meridione. E Conte, ribadendo il suo ormai abituale ritornello «Se riparte il Sud riparte l’Italia» si è detto soddisfatto delle misure previste dalla manovra a favore del Mezzogiorno e ha annunciato il prossimo varo del Piano per il Sud.
«Un piano per l’Italia – gli ha fatto eco il ministro Provenzano – perché occorre pensare soprattutto ai giovani e alle donne (anche qui il divario in termini occupazionali col Nord è terribile) guardando alla bio-economia, all’agricoltura, all’energia da fonti rinnovabili. Contro la logica della contrapposizione del territorio che indica stupidamente al Sud l’assistenza, al Nord lo sviluppo, bisogna radicalmente cambiare registro. «L’Italia vive della sua unità» ha esordito nel suo intervento il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra: la dispersione scolastica è un problema intollerabile e servono misure che fermino questo inaccettabile gap.
Il lavoro, gli investimenti, nuove progettualità e voglia di innovare. Il presidente Conte è ottimista: le risorse saranno distribuite con la clausola del 34% (che corrisponde alla percentuale degli abitanti del Mezzogiorno). Ma, avverte Conte, non basta stanziare risorse, bisogna saperle spenderle. «Definanzieremo i progetti che non vanno avanti: una task force avrà il compito di controllare e verificare l’attuazione degli investimenti fino al loro completamento». Basterà per il rilancio del Sud? Intanto è una buona base di partenza. (s)