di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – L’11 di giugno, ogni anno, si ricorda la morte di uno dei più grandi scrittori italiani del ‘900, Corrado Alvaro. Nel 1956, Alvaro, consumato da un brutto male, moriva nella sua casa romana, lontano dalla Calabria, dalla quale, nonostante tutto, non aveva levato mai lo sguardo.
L’aspromontano, l’uomo del mondo. Il padre di “Gente in Aspromonte”, il figlio del maestro Antonio.
Se solo Antonio Alvaro, non fosse stato un maestro elementare, forse suo figlio Corrado non sarebbe diventato uno scrittore. La Calabria ha spesso accoppiato il destino dei figli a quello dei padri, e con Alvaro non si è affatto risparmiata. Ha reso, anzi, alla letteratura mondiale, il suo più grande riconoscimento, consegnandogli un grande genio delle lettere.
In Aspromonte, la montagna dei pastori e dei torrenti, Antonio Alvaro aveva fondato una scuola serale per contadini e analfabeti, e proprio da lui, il figlio ricevette la prima istruzione. Corrado doveva imparare dai libri, e acquisire conoscenza e capacità dallo studio. Dalla sua formazione sarebbe dipesa la sua vita. E Antonio, che l’Aspromonte lo aveva sofferto e anche sopportato, lo sapeva bene. Gli studi andavano dunque approfonditi. Portati decisamente a termine.
Concluse le scuole primarie, a soli dieci anni, il piccolo Alvaro intraprende il primo grande viaggio della sua vita. Una partenza che diviene assoluta metafora, dell’ancora tanto attuale viaggio che i giovani calabresi intraprendono oltre regione per garantirsi quel futuro che, da allora ad oggi, la Calabria non è ancora in grado di promettere a nessuno. Antonio vuole che Corrado continui gli studi. L’istruzione impartitagli, non era che il punto di partenza, di un percorso che, nel giovane figlio, avrebbe dovuto innestare il processo necessario atto alla crescita forte, dell’uomo che si accingeva a diventare.
A Frascati, nel Lazio, vi era un prestigioso collegio gestito dai Gesuiti. Un centro di studi prestigioso, in grado di garantire al giovane Corrado ciò che suo padre Antonio sperava e sognava per lui.
Il Collegio Mondragone, era un realtà d’eccellenza nel panorama scolastico italiano. Dal 1865, ospitava studenti. Anche Corrado Alvaro, che al collegio Mondragone deve l’approfondimento della sua formazione.
Ma quanto e cosa si conosce della vita di Alvaro ai tempi di Mondragone? Chi frequentava Corrado? E cosa rappresentò per lui quell’esperienza?
Ci sono alcuni aspetti inediti della vita dello scrittore sanluchese, risalenti all’epoca collegiale, che rendono omaggio soprattutto al giovane Corrado e alle sue prime tenere amicizie. Aneddoti sconosciuti fino ad ora, ma che testimoniano quanto, a Mondragone, Corrado Alvaro visse, nonostante la nostalgica lontananza dal pese, un periodo felice e indimenticabile della sua vita.
Il collegio che ospitò Alvaro, oggi non esiste più. L’attività di Mondragone cessò nel 1953. Ma a Frascati, vive Emanuela Bruni (giornalista e scrittrice, prima donna capo del cerimoniale di Stato – Presidenza del Consiglio dei Ministri), che insieme alla sua famiglia, è custode di tracce importanti, della presenza di Corrado Alvaro tra gli studenti di Mondragone.
L’incontro con Emanuela è capitato. Non ci siamo cercate, ma ci siamo trovate. Trovate e parlate di Alvaro. Il giovane che per anni frequentò la casa della sua famiglia, a Frascati.
Emanuela vive a tutt’oggi, nei luoghi di alvariana memoria. E in lei riaffiorano spesso i ricordi custoditi nei racconti familiari con cui le veniva narrato il rapporto tra il giovane Alvaro e la famiglia Ambrogioni-Celli.
Alvaro, come egli stesso scrive in un articolo del Corriere della Sera del ’54, a Mondragone era un semplice convittore. Egli infatti frequentava il collegio esclusivamente nelle ore scolastiche, e soggiornava poi nel palazzo di fronte la casa di Maria Ambrogioni, bisnonna di Emanuela, la quale avrà un ruolo affettivo importante nella vita del giovane calabrese.
Antonio Alvaro, essendo a conoscenza dei rapporti che il figlio, aveva soprattutto con la signora Maria, si mostrò sempre riconoscente agli Ambrogioni-Celli. In una lettera, risalente circa al 1909, egli stesso ringrazia Maria per il trattamento riservato al figlio, e per essere stata per Corrado, e per altri figlioletti studenti come lui, quasi una madre.
Emanuela, di quegli incontri così datati con il giovane Alvaro, certamente non è testimone diretta, ma i racconti che dalle figlie di Maria, le venivano narrati, quando era bambina, l’hanno sempre resa partecipe di questa storia. Seppure le prozie, sorelle della nonna, compagne di gioco di Corrado Alvaro, quando Emanuela era bambina, oramai anziane, andavano mano mano morendo.
Di tracce del rapporto di Alvaro con i giovani e le giovani di casa Ambrogioni-Celli, ne esistono ancora. Alcune risalgono all’incirca al 1936/1937. Allora, Alvaro, inviò al suo amico Gaetano Celli, figlio di Maria, e prozio di Emanuela, uno scritto breve (che la famiglia Celli conserva ancora) in cui si dice molto dispiaciuto per la perdita della cara signora Maria, alla quale Alvaro si sentiva molto affezionato.
Ma c’è una storia nella storia che, nonostante tutto, Emanuela non dimentica, e porta impressa nelle sua mente. Un racconto fatto proprio dalle sue prozie, e confermato poi anche dalla nonna. Tramandato a tutti come la leggenda di casa Ambrogioni- Celli.
Il giovane Corrado si era perdutamente innamorato di una delle figlie di Maria. La giovane si chiamava Ester. A ella, lo studente di Mondragone, scriveva spesso lettere molto innamorate. Di un amore puro e fanciullo, libero e liberale. Un’infatuazione di cui Alvaro lascia anche traccia, in una delle sue opere letterarie più importanti. Ne L’Età Breve infatti, Alvaro, narra di una giovane ragazza di cui si innamora a distanza e idealmente, e a cui manda diverse lettere, in cui però a essere riportate non sono esplicite dichiarazione di affetto, ma versi di bellissime poesie, molte delle quali di poeti francesi.
Ma che fine hanno fatto le lettere che il giovane Corrado scriveva a Ester Celli?
Emanuela questo lo sa bene. Di questa seconda parte della storia infatti, seppur bambina, è attiva protagonista.
Quando morì Ester, Emanuela aveva solo 10/11 anni. Troppo piccola forse per comprendere bene certe cose, ma grande abbastanza per ricordarne altre. Che se l’inizio della leggenda di casa Embrogioni-Celli, le venne raccontato, il finale, lo racconta lei stessa.
Ester, prima di morire, aveva affidato le sue ultime volontà alla governante di casa. Una donna molto umile e sincera. E di cui ella si fidava molto. Era stata chiara con lei. – Alla mia morte – le aveva detto – dovrai dar fuoco e incenerire tutti i miei documenti. E purtroppo, tra quelle carte, vi erano anche lettere di Corrado Alvaro.
Emanuela ha assistito personalmente al rogo, con la stessa curiosità dei bambini della sua età, ovviamente. Ma c’è un cruccio, che quasi la tormenta. Avrebbe potuto trattenere almeno le lettere che Alvaro aveva scritto a Ester, ma solo se a quell’età non fosse stata ignara di ogni valore storico, culturale e letterario che quegli scritti rappresentavano.
L’amore nella vita dell’uomo può avere tanti volti e tanti nomi. Nella vita di Alvaro ora sappiamo che ebbe anche il volto e il nome di Ester Celli. Magari un passaggio veloce, un sentimento breve, di quelli che ti sfiorano appena, ma che comunque lasciano traccia.
Mondragone resta dunque il luogo della formazione totale di Corrado Alvaro. È qui che si sviluppa l’uomo. In un luogo che non si fa soltanto meta di studi, ma si pone soprattutto come evoluzione di affetti. E se per gli amanti di Alvaro, i critici, gli studiosi, Mondragone, resterà per sempre il luogo appassionato degli studi dello scrittore, da oggi, per noi, sarà anche lo sfondo della storia d’amore, tra la bella Ester e il giovane Corrado.
Ci sono storie intime, come questa, che poterle condividere è bellissimo. E ancora, diventano tracce importanti che sottopongono a nuove analisi critiche i suoi protagonisti Specie quando si tratta di uomini o donne, che hanno fatto la storia dell’Italia.
Corrado Alvaro, scrisse un pezzo importante della storia del paese. Raccontò la Calabria, l’Europa, ma anche l’uomo nelle sue più assolute necessità, la guerra, il bisogno, la fame, la società, la politica. Ragioni che impongono la conoscenza della sua vita, ma soprattutto della sue opere. Ognuna delle quali, risulta profondamente intrisa di valori, strategie di sopravvivenza, tradizioni, identità.
Corrado Alvaro scriveva che per conoscere l’Italia, bisogna conoscere l’Italia Meridionale. E oggi, a 65 anni dalla sua morte, da scrittrice e da calabrese, mi piace ricordare, con questo racconto, a me e a voi, che per conoscere la storia e la letteratura italiana, bisogna conoscere Corrado Alvaro.
Ricordare Alvaro, nella quotidianità della vita che scorre e avanza inesorabilmente, in Calabria e anche altrove, è un atto di coraggio, ma soprattutto un’autentica presa di coscienza. Un dovere che va oltre ogni esigenza.
Mai finirò di ringraziare Emanuela Bruni per aver voluto, in via esclusiva, dare a me e a voi, lettori di CalabriaLive, l’occasione di conoscere, questo passaggio inedito straordinario della vita di Alvaro, di cui la sua famiglia ne è preziosa custode.
La vita dei grandi uomini è sempre piena di sorprese, anche lì dove non te le aspetti. Quando pensi di conoscere tutto. Corrado Alvaro ha lasciato al mondo tanto di sé. Da oggi anche il suo fanciullo amore per la bella Ester. (gsc)