di MARIA CRISTINA GULLÍ – Un grande segnale di speranza per la cura contro il coronavirus arriva dal Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria. I primi risultati di una semplice, quanto rivoluzionaria, terapia a base di un comune farmaco antivirale, sono sorprendenti: su 14 pazienti trattati in 120 ore, 13 hanno reagito positivamente, confermando l’efficacia dell’intuizione dell’equipe specialistica del Gom guidata dal dottor Pierpaolo Correale, Direttore dell’Unità Operativa di Oncologia, e il dott. Sebastiano Macheda, Direttore dell’Unità Operativa di Rianimazione. Lo studio, confortato da seri riscontri clinici, si configura come un trattamento efficace del danno polmonare acuto legato a Covid19 mediante una tecnica innovativa, basata sulla somministrazione del farmaco per via aerosol, adottata proprio per evitare effetti collaterali. Adesso si attende il via libera dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) per la sperimentazione e lo studio clinico sulle tecnica utilizzata a Reggio: in questo momento, in attesa del vaccino, vanno percorse tutte le strade possibili alla ricerca delle cure necessarie per salvare vite umane. La ricerca del formidabile team di cui il Grande Ospedale Metropolitano va fieramente orgoglioso, per la competenza e la capacità dei suoi componenti, sarà brevettata come modello e troverà spazio in un’importante pubblicazione scientifica. L’aspetto ulteriormente interessante è che questa tecnica che ha utilizzato l’aerosol al 21% di ossigeno per la somministrazione del farmaco potrebbe avere implicazioni anche al di fuori dell’epidemia Covid in situazioni di danno infiammatorio polmonare, aiutando a risolvere altre gravi patologie polmonari non legate all’emergenza coronavirus.
«Sicuramente un’idea originale – ha detto il dott. Macheda – nata da uno scambio di vedute e un confronto col dottor Correale che si occupa da molto tempo di immuno-oncologia. Da esperto di immunologia mi ha manifestato in uno dei tanti incontri la possibilità di utilizzare l’adenosina, questo farmaco noto a noi come potente antinfiammatorio. E noi l’abbiamo messo in atto per via inalatoria, che non è quella utilizzata abitualmente: in genere si usa la via venosa, prevalentemente in cardiologia. Come antinfiammatorio ci siamo riferiti ai dati sperimentali sugli animali fatti soprattutto dal prof. Sitkovsky a Boston. Abbiamo quindi avuto la possibilità con un’idea mia e dei miei collaboratori di utilizzare il farmaco per via inalatoria. Questo ci ha consentito di non avere effetti collaterali che purtroppo si hanno per la via endovenosa e allo stesso tempo di vedere dei risultati, a nostro avviso positivi»
A questo proposito, il dott. Macheda ha detto che lo studio è stato presentato all’Aifa: «Speriamo dia esito positivo per cui sarà fatto uno studio in più centri clinici, uno studio multicentrico sperimentale, per verificare se questa azione, sia antinfiammatoria, quindi di risoluzione del quadro clinico, sia anche antivirale perché c’è una negativizzazione del tampone, è reale o meno. Noi l’abbiamo vista, a noi sembra esserci, però i dati vanno confermati con metodo scientifico».
Il dott. Correale ha illustrato come si è giunti a sperimentare questa tecnica assolutamente innovativa: la terapia ha permesso di risolvere 13 casi di danno polmonare acuto, con presenza di infiammazione che «non si manifesta solo per il CoVid-19 ma anche a seguito di ischemia, in presenza di infezione da virus di influenza, o in caso di febbre. In un primo momento – ha detto il dott. Correale – si manifesta una polmonite interstiziale cui segue una tempesta infiammatoria dove ci troviamo tutta una serie di cellule e sostanze che, mentre prima agivano in maniera coordinata, ora agiscono in maniera totalmente scoordinata e tendono a peggiorare il caso. Esistono per questa fase già diverse sperimentazioni. In questa situazione il paziente ha bisogno di ossigeno. Una circostanza che pone grossi problemi perché mette fuori gioco i meccanismi di sicurezza autonomi del nostro organismo. Quando le cellule muoiono liberano nell’organismo, in maniera massiva ATP dando così un segnale di pericolo. Si tratta di utilizzare un metodo con un farmaco naturale che è adibito a spegnere il sistema immunitario o altre indicazioni mediche mediante il quale stimoliamo il recettore dell’adenosina che è il più potente immunosoppressore, antagonizzando gli effetti pro-infiammatori dell’ossigeno. La terapia è stata capace di ridurre l’infiammazione in molti dei pazienti in un tempo molto breve, circa 120 ore e ha dato il via alla presentazione di uno studio clinico razionale che è poi sfociato nella ricerca presentata all’Aifa».
«Abbiamo trattato – ha dichiarato il dott. Massimo Caracciolo del reparto di Terapia Intensiva post-operatoria del G.O.M. – 14 pazienti con questa nuova metodologia, non solo con il farmaco, e i risultati sono stati incoraggianti: in 13 pazienti abbiamo ottenuto risultati positivi sia in termini di riduzione dell’infiammazione e quindi di miglioramento del quadro radiologico e, quello che era inaspettato, anche sulla negativizzazione del virus o sull’abbassamento importante della carica virale. Un solo paziente ha avuto degli effetti collaterali – ha avuto un broncospasmo – per cui non è stato possibile continuare la terapia. Noi ci aspettavamo dalla somministrazione di questo farmaco una possibile influenza sul ritmo cardiaco: in realtà, durante tutto il periodo della somministrazione non abbiamo avuto alterazioni della frequenza cardiaca e questo è un elemento molto importante».
La ricerca è stata condotta in collaborazione con il dott. Michail Sitkovsky, della Northeastern University di Boston, il prof. Antonio De Lorenzo del Department of Biomedicine and Prevention, dell’Università di Roma Tor Vergata, il prof. Federico Bilotta del Department of Anesthesiology, Critical Care and Pain Medicine del Policlinico Umberto I dell’Università La Sapienza di Roma, il prof. Michele Caraglia Department of Precision Medicine, dell’UniversitàVanvitelli di Napoli. Nella ricerca sono stati coinvolti, oltre a Correale e Macheda e Caracciolo, gli altri medici e specialisti del Gom: Eleonora Iuliano e Rocco Giannicola di Oncologia Medica; Antonella Morabito dell’ Uoc Farmacia; Giuseppe Foti e Carmelo Mangano di Malattie infettive; Antonio Armentano, Nicola Arcadi e Carmela Falcone dell’Uoc Radiologia; Marco Conte di Microbiologia, Corrado Mammì di Genetica Medica e Giuseppe Romeo dell’Uosd Laboratorio di Tipizzazione Tissutale, tutti affiancati dai rispettivi team.
Grande soddisfazione è stata espressa dal Commissario straordinario del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio, l’ing. Iole Fantozzi: «Il Gom ha reagito con grande professionalità, tempismo e coerenza davanti a quella che si temeva potesse essere una pandemia disastrosa». La Fantozzi, nel corso di un incontro con la stampa, ha tenuto a ringraziare tutti coloro che con vari ruoli, hanno lavorato assiduamente affinché tutto funzionasse per il meglio. Dagli «infermieri ai dirigenti, sanitari, medici, amministrativi, tecnici, tutti, con uno spirito di squadra che non si era mai visto – ha detto – si sono uniti per portare un contributo determinante alla gestione dell’epidemia».
A conferma della validità del modello adottato, il Gom ha voluto pubblicare un compendio ragionato di tutte le misure, le procedure ed i protocolli adottati dall’Ospedale di Reggio Calabria per fronteggiare con efficienza l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Un lavoro frutto di équipe, coordinato dallo stesso Commissario Fantozzi. Il libro, pubblicato da A.L.E. edizioni e i cui proventi saranno interamente devoluti all’Unità Operativa di Oncoematologia Pediatrica del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio, si caratterizza per una duplice valenza: quella antologica, perché raccoglie tutte le attività del Gom in relazione al Covid-19, e quella di programmazione e prevenzione, nell’eventualità di dover fronteggiare una nuova emergenza dello stesso tipo. Per questa ragione, sarebbe opportuno considerare questa pubblicazione come la piattaforma di un piano pandemico. (mcg)