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CASALI DEL MANCO (CS) – Lectio magistralis del professor Romeo Bufalo

di ANNA MARIA VENTURA – Le parole si fanno vita. Le parole attraversano spazio e tempo per incontrarsi in un “luogo”, dove passato e presente si annullano ed esiste solo una dimensione: quella dell’arte, che diventa mito, poesia, musica, ma anche filosofia. Arte come bellezza ed armonia, in cui ha tregua l’eterna lotta fra il bene ed il male.

Un “luogo” che perde materialità, fisicità, un “luogo altro” dove è possibile cogliere un attimo di infinito, che si dilata per consentire una riflessione sui dolori del mondo, le ansie del presente, il fragore delle bombe nei campi di battaglia, la forza del male che colpisce brutalmente persone indifese, in quel mondo distorto, rovesciato, malato, dove il sentimento chiamato “amore”, diventa “morte”. Questo luogo è la Biblioteca Gullo, a Macchia di Casali del Manco, nella storica dimora, oggi Casa-Museo, di Fausto Gullo. Il passato sono i libri, che dagli alti scaffali parlano dei secoli trascorsi, il presente sono le parole del Prof. Romeo Bufalo, Professore di Estetica all’Unical; che tiene una conversazione sul tema “Orfeo e Apollo. Considerazioni sul rapporto fra musica e poesia”. È il 23 Novembre 2023. Un convegno già programmato da almeno un mese, ma per gli elevati contenuti, ben si inserisce nei dibattiti di questi giorni sulla violenza di genere e sul tema dell’educazione ai sentimenti, rivolta ai giovani. Rappresenta un contributo alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 Novembre.

Le due figure di Orfeo ed Apollo, dice Romeo Bufalo, simboleggiano nella mitologia classica, rispettivamente, l’attrazione irresistibile del canto e della musica in genere, che si rivolge ai sensi ed alle passioni e la luminosità apollinea, per l’appunto, della ragione e del sapere filosofico. L’idea, che sviluppa l’oratore con le sue parole appassionate e coinvolgenti, è che la musica, nonostante il fondo dionisiaco da cui sorge (v. Nietzsche), non rappresenta affatto l’irrazionale, l’alogon. Certamente, essa non è “semantica”, cioè fornita di “significati” perfettamente definiti, ma tuttavia, con la sua capacità di armonizzarsi ed intonarsi a ciò che le sta di fronte, costituisce un’esperienza esemplare della sensatezza del mondo. In tal senso, la musica scandisce, come diceva Schopenhauer, il ritmo fondamentale dell’universo e va al di là dei significati che caratterizzano la sfera della finitezza umana perché cerca di attingere la dimensione in-definita del sovrasensibile.

E l’illustre oratore narra il mito di Orfeo, figura mitologica greca, che si identifica con la musica stessa, capace con il suo canto di incantare anche le belve. Non dimentichiamo che nei miti e nelle fiabe gli animali rappresentano le tensioni pulsionali, le pressioni istintuali.

La musica, quindi, non provoca solo il semplice piacere, ma è qualcosa in grado di agire, qualcosa che “trasforma”.

La musica consente ad Orfeo di penetrare nelle tenebre, nel nulla degli inferi, nel luogo in cui la speranza non è ammessa, tra i morti, e a tentare di riportare tra i vivi l’amata Euridice, che il morso di un serpente ha strappato alla vita.

Infatti, alla notizia della morte dell’amata, Orfeo non si scoraggia e affronta la discesa tra i morti, supera le resistenze di Caronte e Cerbero, fino ad arrivare al cospetto di Ade e Proserpina. Qui ottiene dal dio degli Inferi, commosso dal suo canto, il permesso di riportare Euridice alla luce del sole a patto di non voltarsi a guardare dietro di sé la sposa che lo segue. Ma Orfeo non resiste e, proprio verso la fine de suo viaggio, si volta a guardarla e la perde per sempre. Disperato torna nel mondo dei vivi trovando conforto solo nella musica.

Con la lira il cantore intratteneva gli dei, incantava le belve, ma anche gli elementi della natura, al punto che le fronde degli alberi si avvicinavano quando sentivano il canto di Orfeo, e le montagne lo seguivano mentre passeggiava sulle pianure della Tracia.

Sotto la protezione di Apollo, simbolo del Sole, della bellezza, dell’ordine, dell’equilibrio, Orfeo diviene, tuttavia, sacerdote di Dioniso, l’oscuro fratello, il dio del vino, dei culti orgiastici, nonché delle passioni oscure e turbolente. È proprio con la lira di Apollo che Orfeo canta i misteri dionisiaci a simboleggiare che solo la musica rasserena e permette di prendere distanza dal fondo oscuro e turbolento delle emozioni, che, invadendo la coscienza possono sopraffarla: le passioni più feroci si ingentiliscono e possono essere espresse senza agire immediatamente in modo distruttivo.

Apollo è il suonatore di cetra, simbolo, come scriveva il filosofo Liebniz, «di una inconsapevole matematica spontanea che la nostra anima applica quando sente la musica», di una geometrica armonia e un gusto spontaneo di un calcolare inconscio: un sentire il ritmo che è fondamentale per il nostro essere nel mondo,
Dioniso e Apollo rappresentano due entità diverse, due modi diversi di intendere la musica. Essi trovano nel mito di Orfeo una sintesi armonica e forniscono tuttora un terreno fecondo per la speculazione filosofica sottolineando quanto strettissimo sia il legame tra le due discipline.

Questo perché il mito di Orfeo, afferma Bufalo, è tra i numerosi miti greci quello che maggiormente simboleggia il potere della musica, il suo rapporto con le passioni, con la morte, la sua capacità di accompagnare l’uomo nel suo viaggio verso l’individuazione delle forme della bellezza, sicché ciò che Orfeo estrae dalla sua lira è una potenza che sovverte le leggi naturali, che può riconciliare in unità gli opposti principi su cui sembra reggersi la natura: vita/morte; male/bene; bello/brutto. Queste antinomie vengono sciolte nel canto di Orfeo dalla potenza magico-religiosa della musica.

L’educazione alla musica è, dunque, per i motivi che Bufalo ha ben delineato, educazione ai sentimenti. Musica che i giovani amano, in tutte le sue forme. Attraverso di essa si può raggiungere il loro animo e far germogliare gentilezza e sensibilità, per poi innestarvi il seme della cultura e costruire la casa comune dei valori.
E’ quanto sta facendo la Biblioteca Gullo. L’ottima Direttrice Carolina Cesario, nel portare avanti il ciclo di incontri “In Biblioteca… non solo per leggere”, inaugurato nel mese di Settembre, ha programmato una serie di eventi culturali, che si svolgeranno fra Novembre e Dicembre. Il primo è stato, appunto, quello del 23 Novembre, che ha visto protagonista il Prof. Romeo Bufalo.

Gli incontri sono stati definiti “Conversazioni a Macchia”, nel senso che ha dato Lankes al termine, ma anche per ricordare il titolo dell’opera narrativa “Conversazione a Macchia” (Edizioni Periferia, 1991) di Luigi Gullo. Nel libro l’illustre autore riporta una conversazione immaginaria con Leone Trenk, il suo alter ego, avvenuta a Macchia, proprio nello studio della casa di famiglia, che oggi ospita la Biblioteca. Libro prezioso per le notizie autobiografiche, ma anche per le riflessioni di natura politica economica e sociale sulla storia d’Italia nel cinquantennio compreso fra il 1935 e il 1985.

Le “Conversazioni” in programma vedranno protagonisti intellettuali e filosofi, scrittori di bellezze antiche, di biografie di grandi personaggi e storia di Calabria. Gli argomenti spazieranno dalla filosofia alla musica e alla poesia, senza trascurare temi sociali e di stretta attualità. La finalità è molto elevata e, forse, ambiziosa, ma “audentes fortuna iuvat” (il destino favorisce chi osa). La finalità, dicevo, è quella di promuovere un “Nuovo Umanesimo” e costruirne le basi insieme ad un numero sempre crescente di persone, che potranno sentirsi coinvolte e desiderose di fare questo percorso culturale, per cercare insieme risposte alle domande di senso, in un mondo privo di valori, sconvolto da guerre, disuguaglianze, ingiustizie e violenze efferate.

Molta attenzione sarà rivolta ai giovani, soprattutto a quelli disorientati, che la povertà educativa fa vivere in mondi virtuali, sempre più lontani dalla realtà.

Oggi si parla molto di un nuovo Umanesimo. E non è un caso: perché l’Umanesimo ritorna attuale ogni volta che si determinano per l’umanità condizioni storiche che generano insicurezza, precarietà e frantumazione nell’uomo, che inizia a porsi interrogativi sul senso della vita e sul suo destino.

Viviamo tempi in cui è in crisi il vecchio mondo, e non sappiamo che caratteri avrà quello che sta faticosamente nascendo. È in questo contesto, di crisi di valori e di trasformazione, che il problema dell’uomo e del suo destino ridiventa centrale. È possibile oggi un nuovo Umanesimo, un nuovo Rinascimento? Sarà possibile solo se si comprende l’importanza di una nuova battaglia ideale per una riforma morale e intellettuale, che coinvolga tutti, ma, in primis, le nuove generazioni. Molti sono i compiti cui saranno chiamati i giovani di oggi nel loro immediato futuro, i danni che dovranno riparare, in un mondo frantumato e guasto. Almeno sforziamoci di fornire loro gli strumenti per farlo. Armiamoli di cultura! La sola arma che consente di conquistare consapevolezza, dignità e libertà di pensare ed agire.

Ed esempi ne abbiamo di uomini e donne che potremmo, a mio avviso, definire umanisti contemporanei. Mi piace citare Ermanno Olmi, grande regista, scomparso nel 2018. Egli era solito ricordare che quando l’uomo prende consapevolezza di certe problematiche, in quel momento diventa responsabile di ciò che avviene.
E Salvatore Veca, grande filosofo, scomparso nel 2021, riteneva che c’è oggi un evidente rischio di perdere la nostra umanità a causa di tre fenomeni: l’eccesso della tecnologia e l’uso non etico dei suoi apparati, la potenza dei grandi poteri culturali e mediatici globali e le pratiche sociali distruttive.

«Si vuole cancellare dalla lavagna dell’avventura umana quella straordinaria piattaforma delle diversità che è l’umanità». Ha dichiarato in un’intervista.

Ma non ha creduto a questa prospettiva. Anzi con forza ha sempre sostenuto che «Dobbiamo ricordarci, in modo umile, ironico – l’ironia è la consapevolezza dei nostri limiti – e in modo fraterno, che siamo tutti nello stesso campo. Quello che per me è vitale è che vigano relazioni. Libertà e cura: relazione».

Un’altra bella figura è quella della scrittrice e giornalista Silvia Vegetti Finzi. «La mia riflessione – ha dichiarato – è stata soprattutto sul venir meno delle passioni, su questo mondo spassionato, freddo, calcolante…penso che invece una ragione umana attenta alle emozioni possa essere più vicina ai bisogni della società e degli individui…La ragione riguarda tutte le componenti della nostra mente: quella affettiva, quella razionale e anche quella irrazionale».

Insomma abbiamo tanti maestri cui ispirarci per un “Nuovo Umanesimo”. Fra questi ben figura Romeo Bufalo. (amv)