LA VIA DELLO SVILUPPO PASSA DA SALINE J.
E SI CHIAMA OFFICINA GRANDI RIPARAZIONI

di ALBERTO PORCELLIC‘è un’area industriale gigantesca, ormai ex, abbandonata dalle Ferrovie a Saline Joniche, a pochi km da Reggio Calabria e c’è una realtà industriale  nella zona Sud della città, l’Hitachi Rail, che avrebbe necessità di allargare la produzione (Trenitalia ha già firmato con il gruppo giapponese una commessa miliardaria per la fornitura di 40 Frecciarossa ETR1000).

Molti ci domandano “ma vi siete mai confrontati con i proprietari dell’Hitachi Rail di Reggio Calabria per proporre l’eventuale spostamento alle Officine Grandi Riparazioni di Saline Joniche? Al momento, l’areaè  totalmente abbandonata alle ortiche e utile solo a rappresentare una cattedrale nel deserto al pari della vicina Liquichimica o del confinante porto, costruiti ma mai entrati in funzione.

Le Officine Grandi Riparazioni delle FFSS sono state chiamate “Grandi” non a caso, ma piuttosto perché il sito che li ospita ha una estensione di mq 470.000 mentre l’attuale polo industriale occupato dall’Hitachi, a ridosso dell’abitato sud di Reggio Calabria, ha un’estensione di circa mq 40.000 (quarantamila) e nessuna possibilità di ampliamento.

Qualcuno forse più ottimista di altri e con la vista lunga si spinge anche ad ipotizzare  che certamente i Giapponesi, attenti più agli investimenti che non ai sentimentalismi, baceranno le mani a chi avrà la fortuna di prospettare loro tale possibilità.

Ma la triste realtà è che nessuno ha avuto l’ardire di bussare anche timidamente alle porte dell’Hitachi o di chiedere di poter conferire con i vertici della società.

Qualcuno in passato si è offerto di intervenire ma poi, forse non riuscendo a comprendere la lingua giapponese o forse temendo reazioni negative da parte dei propri concittadini o dei sindacati ci ha rinunciato.

L’economia mondiale ci insegna che quando un’operazione commerciale si rivela “interessante” si costruiscono ponti d’oro e si sollecitano tutte le istituzioni pubbliche ad intervenire per realizzare quello che si rivela utile sia per gli operatori commerciali che per la comunità, e questa idea, per quanto fantasiosa ed irta di ostacoli nel lungo periodo consentirà a tutti di uscirne vittoriosi

L’Hitachi, nella nuova location potrebbe aumentare le proprie esistenti linee di produzione, ma potrebbe anche produrre batterie, climatizzatori, proiettori, televisori, software, utensili elettrici e del tutto macchine movimento terra, ampliando così notevolmente i propri interessi commerciali.

Se ciò dovesse avvenire e se l’Hitachi dovesse manifestare la propria disponibilità ed interesse, non mancheranno certamente gli incentivi governativi, stante il prevedibile rilevante incremento di impiego di unità lavorative.

Ma i soliti detrattori si chiederanno a cosa serve tutto ciò, ritenendo che sia prioritario nella nostra città chiudere le buche presenti sulle strade o raccogliere i rifiuti sparsi un po’ dovunque o altro ancora, anche se tali aspetti hanno la loro innegabile importanza.

Ai ben pensanti desideriamo invece spiegare che tutto ciò potrebbe servire anche a destinare l’attuale sede Hitachi di via Padova, dopo il trasferimento dello stabilimento a Saline, per i servizi aeroportuali, ospitando la nuova aerostazione del Tito Minniti. L’attuale aerostazione, anche ristrutturata e rivestita d’oro, non avrà mai un significativo incremento di traffico perché non agevolmente raggiungibile sia dai messinesi che dagli abitanti della stessa città metropolitana.

La nuova aerostazione, se riqualificata con saggezza e maestria, da progettisti di chiara fama (a livello di Renzo Piano e altri archistar), potrebbe divenire un’opera d’arte, posta a sette metri dalla stazione ferroviaria ex O.ME.CA e a pochi metri dal mare dove si potrebbe realizzare un adeguato attracco per mezzi navali veloci, utili a garantire il collegamento con Messina, Taormina e con le Isole Eolie.

Questa possibilità di sviluppo, indurrebbe certamente le compagnie aeree a rivedere le condizioni di utilizzo dell’aeroporto, stante la possibilità di poter avere una movimentazione di circa 800.000/1.000.000 passeggeri. Numeri che porterebbero certamente all’incremento dei voli  e, soprattutto, a un auspicabile abbattimento del costo dei biglietti, ormai quasi inavvicinabili per i viaggiatori da e per lo Stretto sulle rotte di Roma e Milano (le uniche attualmente attive).

È importante comprendere che nessuna perdita di tempo ci potrà essere in quanto l’Hitachi di via Padova si trasferirebbe solo dopo aver riadattato i nuovi locali acquistati direttamente (“pochi spicci per il colosso ferroviario”) oppure eventualmente concessi in uso da un Ente territoriale lungimirante (Regione, Comune o Città Metropolitana) che con i propri fondi potrebbe provvedere all’acquisizione dalle Ferrovie dello Stato, odierne proprietarie. Le Ferrovie richiedono la modica cifra di € 4.500.000,00, pari a circa € 13,00 al mq, che comprende oltre all’intera superficie libera anche circa 75.000 mq di costruito.

In questo scenario, subito dopo il rilascio dell’area si potrebbe dare seguito ai lavori di riadattamento dei manufatti esistenti sulla base del progetto che nelle more sarà redatto, ragionato, valutato, approvato, etc, consentendo così alla città di Reggio di poter avere un aeroporto di tutto rispetto, raggiungibile velocemente con il treno, evitando così di utilizzare l’autovettura da lasciare poi in parcheggio a pagamento. 

Un aeroporto accessibile in tal modo anche ai messinesi dopo la realizzazione del ponte che favorirà il passaggio veloce dei treni, ma costituirà anche importante ed utile trampolino di collegamento  con  i paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo, nonché base logistica per le isole Eolie e  per Taormina, da cui deriverebbe un  innegabilmente un forte incremento per il derelitto turismo di tutta l’area dello Stretto. (ap)

VERSO LA RINASCITA DEL PORTO DI SALINE
AL VIA I PRIMI INTERVENTI DI RIPRISTINO

di FRANCESCO CANGEMI – Spiragli di futuro per l’abbandonato Porto di Saline Joniche. Si avvia, infatti, verso la fase operativa l’importante azione di programmazione e progettazione condotta dalla Autorità di Sistema portuale dello Stretto (Adsp), in collaborazione con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, per la messa in sicurezza del porto di Saline Joniche e la realizzazione dei primi interventi di ripristino della funzionalità dell’infrastruttura.

Nei mesi scorsi l’idea progettuale per una parziale rifunzionalizzazione è stata sottoposta all’esame del Consiglio superiore dei lavori pubblici che ha ritenuto gli interventi eseguibili, sia pur in assenza di un Piano regolatore portuale di cui il porto non è mai stato dotato, in quanto finalizzati ad una prima messa in sicurezza dell’infrastruttura che altrimenti rischia un progressivo totale declino.

Nei giorni scorsi il dipartimento Diceam, sulla scorta della convenzione stipulata con l’Autorità di sistema portuale dello Stretto, ha consegnato gli elaborati definitivi degli studi meteomarini al largo e sotto costa per il porto di Saline Joniche, finalizzati al ripristino della funzionalità del porto stesso e della gestione dei sedimenti, elaborati da un gruppo di ricerca sotto la guida del prof. Felice Arena.

«Questi studi hanno consentito alla società Wevenergy.it Srl di Reggio Calabria, incaricata dalla stessa Adsp dello Stretto della prima fase di progettazione, di completare il progetto di fattibilità tecnico economica che ora è pronto per l’esame in conferenza di servizi al fine di ottenere l’acquisizione di tutti i pareri necessari. Si procederà poi con la verifica finale e l’indizione della gara di appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori».

Il progetto prevede i seguenti interventi: il dragaggio per il ripristino parziale del canale di accesso dell’imboccatura portuale; il rifacimento del cassone cellulare con messa in sicurezza della testata del molo di sopraflutto e collocazione di fanale di segnalazione; la realizzazione di un pennello “trappola” con massi artificiali per bloccare il trasporto di materiale solido che causa l’insabbiatura portuale; il rifacimento dell’impianto elettrico di alimentazione fanale e di illuminazione del molo di sopraflutto; la collocazione di un fanale di segnalazione sul molo di sottoflutto e di mede elastiche di segnalazione del canale di accesso portuale; la predisposizione di impianti per l’erogazione di acqua alla radice del molo di sopraflutto.

Attraverso tali interventi si otterrà un miglioramento strutturale, ambientale e una nuova operatività seppur parziale del porto fermo da oltre dieci anni ed in stato di abbandono totale. Il dragaggio parziale dell’imboccatura, infatti, consentirà di dare nuova operatività alla struttura portuale consentendo l’accesso ad imbarcazioni da diporto e similari che potranno essere ormeggiate, a ridosso del molo di sopraflutto, in appositi pontili galleggianti che saranno realizzati da uno o più concessionari che l’Adsp individuerà a lavori ultimati.

Un’altra importante previsione del progetto è il riutilizzo del materiale dragato (stimato in circa 110.000 metri cubi di sabbie), previa verifica della compatibilità ambientale ed a seguito delle necessarie autorizzazioni, per ripascimenti puntuali lungo la costa reggina finalizzati a contrastare l’erosione costiera in siti da individuare d’intesa con la Città metropolitana e con la collaborazione dei Comuni interessati.

Il costo stimato è di 11.000.000 di euro con fondi che potrebbero derivare da specifici finanziamenti regionali o statali, che potranno essere individuati una volta attestata l’immediata cantierabilità dei lavori, ovvero da risorse proprie dell’Adsp.

Il presidente della Adsp dello Stretto, Mario Mega, ha così commentato la conclusione di questa prima fase di progettazione e l’avvio della conferenza di servizi: «Non è stato un percorso facile perché era necessario prima aggiornare tutti gli studi meteomarini e verificare l’efficacia degli interventi ipotizzati per non correre il rischio di realizzare interventi destinati ad essere compromessi da nuovi insabbiamenti. Gli studi condotti dall’Università di Reggio Calabria e le valutazioni positive del Consiglio superiore dei lavori pubblici ci confortano, confermando che ci sono tutte le condizioni per mantenere in piena operatività l’imboccatura che sarà parzialmente ripristinata».

«Ovviamente questo è solo il primo passo perché, non appena sarà approvato definitivamente il Dpss – ha continuato – si potrà avviare anche per il porto di Saline la redazione del nuovo Piano regolatore portuale che è la condizione posta dal Consiglio superiore dei lavori pubblici per realizzare tutti gli altri interventi di recupero delle infrastrutture di protezione e di banchina che sono state compromesse negli anni».

«In più potremo dare una prima risposta ai diportisti ed ai pescatori del territorio assicurando ormeggi che, a regime, – ha concluso —saranno comunque conservati sia pure in altra zona del bacino, atteso che l’obiettivo primario resta quello di recuperare il porto soprattutto per la funzione commerciale per lo sviluppo di traffici di merci alla rinfusa, in colli e su rotabili». (fc)

ZES UNICA, VEDI IL MODELLO CALABRIA
TRA PERPLESSITÀ E UN PO’ DI OTTIMISMO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Per la Calabria possiamo fare un bilancio che è estremamente positivo»: è quanto ha dichiarato Giosy Romano, commissario straordinario della Zes Calabria e Campania, nel corso della presentazione dello studio sulle esperienze italiane, nel più ampio contesto delle Zes in Europa, di The European House – Ambrosetti.

Calabria e Campania, infatti, si sono piazzate al primo posto tra le otto Zes italiane per la distribuzione degli investimenti del Pnrr. Dati importanti, che confermano l’importanza, il ruolo e l’impatto delle Zes sull’economia italiana. Se tutte le Zes del Sud Italia performassero come quella campana, «complessivamente sarebbero in grado di attivare – in via diretta, indiretta e indotta – circa 83 miliardi di Euro, pari al 23% del Valore Aggiunto complessivo del Sud Italia».

«Bisogna tener conto, in questa valutazione del Bilancio – ha aggiunto Romano – di qual era lo stadio di partenza e qual è lo stadio di arrivo perché considero quello che oggi andiamo a certificare una sorta di arrivo rispetto ad un percorso che era stato intrapreso. Con una missione strategica dello sviluppo della regione che muove dalla presa d’atto e dalla coscienza di quello che era lo stato dell’arte quindi un impianto industriale per certi versi un po’ abbandonato a sé stesso».

Assieme a Romano, alla tavola rotonda La Zona Economica Speciale (ZES). Campania e Calabria, risultati raggiunti e sfide aperte hanno partecipato anche il Coordinatore della Segreteria Tecnica, CAIE – Comitato Attrazione Investimenti Esteri, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Amedeo Teti, del Presidente aggiunto della Corte dei Conti, Tommaso Miele, dell’Head of Corporate Italy di Unicredit, Luisella Altare, dell’Executive Director Sales & Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo, Anna Roscio, del Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale e Vice Presidente di Confindustria Vito Grassi, del Componente di Giunta di Presidenza con delega sulle ZES di Confapi, Raffaele Marrone, della Responsabile Affari Istituzionali, Baker Hughes, Barbara del Sala e del CEO & Founder Tea Tek, Felice Granisso.

La Tavola Rotonda ha consentito di stimolare un confronto di rilievo nazionale sull’efficacia della Zes come strumento di attrattività per gli investimenti in tutto il Sud Italia, e di favorire una consapevolezza sugli indirizzi di policy che è opportuno prevedere per il futuro, soprattutto in vista della nascita – dal 1° gennaio 2024 – della Zes Unica per il Mezzogiorno, che ingloberà Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

In Calabria, l’attenzione e le azioni del Commissario Zes sono state indirizzate, invece, alla rapida implementazione delle opere infrastrutturali e alla messa in sicurezza delle aree industriali, con l’impiego di fondi e investimenti per 19,9 milioni di euro. In particolare, è stato perseguito l’obiettivo di rafforzare le condizioni di legalità mediante il programma operativo “Legalità” FESR/SE 2014/2020, con interventi di miglioramento del sistema di trasporto delle merci, l’attivazione di sistemi di videosorveglianza e controllo accessi, l’implementazione di sistemi di monitoraggio dei siti industriali, infrastrutture per monitoraggio dei dati e un centro di controllo e sala crisi. 

La Zes Campania, invece, dal suo avvio è riuscita ad attrarre investimenti per circa 900 milioni tramite l’autorizzazione Unica e 1,1 miliardi con lo strumenti del credito di imposta. Somme di cui hanno beneficiato in particolare i settori dei servizi di logistica e della farmaceutica e ha generato una ricaduta positiva sull’occupazione locale stimata di oltre 8.000 persone. Ancora più rilevanti, gli effetti positivi generati dalle attività delle filiere in totale (sommando effetto diretto, indiretto e indotto). Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, gli investimenti attratti dalla Zes Campania attiveranno 23 miliardi di euro in termini di Valore Aggiunto e oltre 20.000 posti di lavoro.

I dati di Campania e Calabria, per Cetti Lauteta, head of scenario Sud di The European House – Ambrosetti, non lasciano dubbi: la Zes è uno strumento di attrazione degli investimenti.

«Su questo, l’esperienza della Campania non lascia dubbi: nonostante le numerose complessità che caratterizzano il Sud e il poco tempo di effettiva operatività, lo strumento della Zes dimostra la sua validità per sostenere la crescita economica di questa parte importante di Paese, che merita strumenti e risposte dedicate», ha detto Lauteta, sottolineando come «il passaggio alla Zes Unica dovrà essere affrontato garantendo che non ci siano discontinuità nei trend positivi che stiamo registrando, con un perfetto coordinamento tra centro e periferie».

Per il commissario Romano, i dati sono «straordinariamente significativi e fonte di grande soddisfazione: 2 miliardi di euro e 73 autorizzazioni uniche in poco più di un anno in Campania, con una previsione di circa 20 mila nuovi posti di lavoro, sono numeri da record. Se si aggiunge la Calabria, le autorizzazioni uniche salgono a 84. Scegliere di fungere direttamente, nel rispetto della previsione normativa, da stazione appaltante ha consentito di aggiudicare tutte le gare affidateci quale soggetto attuatore».

Tornando all’esperienza in Calabria, Romano ha ricordato come «in ragione delle lunghe vicissitudini degli enti preposti al governo del territorio per le aree produttive.  E così siamo riusciti a determinare in un arco temporale assolutamente risicato, che è di circa un anno dal mio insediamento, gli strumenti operativi per poter addivenire ai risultati e, quindi muovo dalle infrastrutture e siamo partiti in questa visione strategica di politica industriale nel realizzare dapprima le infrastrutture immateriali. Penso allo sportello del commissario di governo che ha, comunque, permesso di sviluppare e di sveltire una serie di autorizzazioni che erano in qualche modo incancrenati in cui si è trattato, in prima battuta, di tenere conto degli investimenti che volevano essere realizzati ma che non trovavano lo strumento per realizzarsi. E penso ai casi di Callipo e Baker Hughes che cito come emblematici nello sviluppo del territorio, ma si è pensato anche a realizzare le infrastrutture materiali che potessero recepire gli ulteriori insediamenti produttivi così da rimettere in pista il tessuto produttivo della regione almeno in termini uguali a quello delle altre regioni».

«Perciò abbiamo con forza – ha rimarcato – con caparbia ricercato un finanziamento comunitario che permettesse la realizzazione di infrastrutture nelle aree industriali a muovere da quella della realizzazione delle opere di vigilanza sulle aree industriali stesse anche sotto il profilo ambientale e abbiamo bandito la procedura di evidenza pubblica che troverà a giorni la sua attuazione con questa realizzazione di un impianto di videosorveglianza che cuba circa venti milioni di euro e che permetterà a quelle aree della Calabria di riuscire a recepire ulteriori insediamenti con una peculiarità che sono poste le basi per riuscire a sveltire i processi anche in un’epoca successiva».

«Faccio un esempio banale che è quella che nei primi giorni dall’introduzione dello strumento dello sportello digitale coloro che davano credito a questo strumento erano davvero pochi, si contavano sul palmo di una mano. Ad oggi è continuo l’accedere allo sportello da parte delle imprese – ha spiegato – e abbiamo in corso almeno una trentina di conferenze di servizi che genereranno altrettante nuove autorizzazioni. Insomma si è finalmente compreso quanto lo strumento potesse riuscire a rendere sotto il profilo operativo».

Per quanto riguarda la Zes Unica, The European House – Ambrosetti ha elaborato tre direzioni su cui ci si dovrà concentrare. 

Prima di tutto, «la nuova direzione di governance della ZES Unica dovrà mantenere un approccio radicato al territorio, fungendo da cabina di regia per identificare una strategia di sviluppo armonica in tutto il Sud. A questo fine, si suggerisce di mantenere attive le strutture operative regionali, che avranno il compito di relazionarsi con investitori, erogare le autorizzazioni uniche e laddove possibile – garantire l’attuazione degli investimenti del Pnrr, delegando l’azione strategica alla nuova struttura di missione Zes presso la Presidenza del Consiglio dei ministri».

«Le diverse revisioni ai meccanismi di incentivazione fiscale – viene rilevato – generano un elevato livello di incertezza che scoraggia gli investimenti. Per questo motivo, ad oggi una linea di intervento dovrebbe riguardare l’allineamento degli incentivi fiscali al valore massimo ammissibile dalla normativa sugli Aiuti di Stato europea».

«Ad oggi – ha rilevato The European House – Ambrosetti – la nuova Zes unica ha una connotazione «generalista», in quanto ricadente su tutto il territorio meridionale e senza alcun indirizzamento sulle specializzazioni produttive (spesso complementari) che connotano le singole Regioni. Questo – unitamente alle oggettive difficoltà a mappare le aree effettivamente disponibili per gli investimenti – può ridurre l’incisività delle Istituzioni nazionali e regionali nelle attività di promozione. Si popone, dunque, di destinare alcune aree delle regioni meridionali allo sviluppo di filiere a maggior potenziale industriale/manufatturiero, promuovendo la creazione di cluster e l’insediamento di aziende riconducibili ad alcuni settori e ambiti ad altro potenziale di crescita».

Infine, Ambrosetti propone di realizzare, in seno alla Cabina di Regia centrale, «un team dedicato all’attività di monitoraggio volta a: analizzare le tempistiche di rilascio delle Autorizzazioni Uniche e identificare eventuali colli di bottiglia; mappare progettualità e investimenti di rilievo nella ZES Unica; stimare gli impatti generati dai nuovi investimenti, al fine di indentificare quelli a maggior contributo prospettico e indirizzare la programmazione di attrazione degli investimenti di medio e lungo periodo».

Una proposta nata in quanto, ad oggi, «gli investimenti autorizzati, con le relative specifiche, dalle Zes italiane non sono sistematizzati all’interno di un unico database, a causa dell’assenza di un’attività di monitoraggio centralizzato. Questo rende difficile, anche in ottica di creazione della Zes Unica, la condivisione di best practice e l’accountability nella gestione della richiesta degli investimenti e di rilascio delle autorizzazioni». (ams)

 

I DUBBI DI OCCHIUTO

Il Presidente della Regione ha evidenziato come «estendere la Zes a tutto il Mezzogiorno è un’opportunità» ma «sono preoccupato un po’ per la governance».

Occhiuto, dicendosi soddisfatto «del lavoro svolto dalle Zes Calabria», ha ricordato come «abbiamo dato autorizzazioni in pochissimo tempo ma le ma le Zes restano comunque uno strumento, poi ci vogliono sempre le persone giuste per far funzionare gli strumenti».

Da qui la perplessità sulla governance della Zes unica, in cui Occhiuto auspica che «il governo trovi un meccanismo di equilibrio di queste aree che consenta di ottenere la stessa efficacia dei risultati finora ottenuti. L’attrazione degli investimenti è utile a generare un tessuto di opportunità che consente alle regioni del Sud di crescere».

Alla domanda sul futuro e le sfide aperte Occhiuto ha aggiunto: «io sono un sognatore. Credo che le regioni del Sud, a ridosso del Mediterraneo, possano vivere oggi quello che le regioni del nord vicine al polo manifatturiero europeo hanno vissuto in passato, quando consolidarono il loro sviluppo».

«Il Mediterraneo in questo periodo – ha sostenuto il presidente della Regione Calabria – vive un momento di grande complessità per il conflitto recente ma i Paesi che si affacciano sulla sponda sud del bacino dovranno essere stabilizzati, e sicuramente cresceranno con un tasso superiore a quello europeo. Rispetto a questo quadro Calabria e Sicilia, tutto il Sud, possono essere un hub per garantire l’attrazione di maggiori investimenti». (rrm)

C’È VOGLIA DI RESTARE AL SUD, MA IL 28 %
DEI DIPLOMATI VA A STUDIARE AL NORD

di PIETRO MASSIMO BUSETTAUno studente universitario fuori sede tra tasse, alloggio, pasti, trasporti, materiale didattico, sport e salute spende in media In un anno 17.490 euro. Ma che arrivano a 19 mila euro se ha scelto una sede universitaria al Nord, 17.343 se ha optato per un ateneo al Centro Italia e 14.209 euro se al Sud.

I dati sul caro studio universitario sono stati presentati nel corso di una conferenza  stampa alla Camera organizzata da Udo e Federconsumatori e vogliono mettere in evidenza come in realtà il costo della formazione universitaria sia particolarmente elevato e provoca una selezione che consente la frequenza dell’università solo alle classi più abbienti.    

In un Paese che ha pochi  laureati e che deve competere con i Paesi più avanzati, per mantenere i livelli di esportazioni attuali e quote di mercato in crescita, avere  un capitale umano di eccellenza  diventa indispensabile. E serve  non solo  avere  una classe dirigente con livelli di istruzione adeguati molto ampia, ma anche  sceglierla tra una base più ampia possibile. 

Perché tra coloro che vengono esclusi per mancanza di possibilità economiche, potrebbero esserci anche  premi Nobel della fisica,  per esempio, dei quali fare a meno significa una perdita difficilmente valutabile. Purtroppo con i pochi aiuti esistenti in questo momento per frequentare le università e con i costi, in crescita, riportati é facile che molti di coloro che potrebbero dare risultati brillanti possano essere esclusi dall’alta formazione. 

In una situazione pessima come quella descritta si aggiunge che una percentuale ampia degli studenti meridionali vanno  a frequentare le Università del Nord.

Un antico proverbio siciliano recita: “cu nesci, arrinesci”. Che tradotto vuol dire chi riesce ad emigrare avrà successo. In questa massima sta tutta la mancanza di autostima del popolo meridionale. Negli anni più recenti peraltro la qualità del processo formativo delle università meridionali è migliorata  notevolmente tanto che alcune sono in moltissimi settori considerate delle eccellenze nazionali. 

L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) ha reso nota la classifica dei migliori dipartimenti delle università italiane, inserendone nell’elenco dei primi 350 anche quattro calabresi: due sono all’Università della Calabria (Ingegneria meccanica, energetica e gestionale e Ingegneria civile), uno alla Mediterranea di Reggio Calabria (Ingegneria dell’Informazione, delle Infrastrutture e dell’Energia Sostenibile) e uno alla Magna Graecia di Catanzaro (Giurisprudenza, Economia e Sociologia).

E lo stesso discorso potrebbe essere fatto per molti dei dipartimenti della Federico II, piuttosto che dell’Università di Palermo. Per quanto attiene i trasferimenti  l’ultimo Rapporto AlmaLaurea registra che le migrazioni per motivi di studio sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro-Nord: il 28 per cento dei giovani del Sud decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord.

Per questo al di là di alcune eccellenze che hanno già iniziato il precorso, bisognerebbe  capire che è molto importante potenziare il sistema universitario al Sud. Infatti scorrendo le tabelle dell’ultimo rapporto Anvur, che ha selezionato i 180 dipartimenti di eccellenza degli atenei statali per il quinquennio 2023-2027, si vede bene che l’unica grande università del Sud e Isole sopra la media è la Federico II di Napoli, che da qualche anno ha intrapreso un percorso molto virtuoso. 

E tale evidenza incide sull’emigrazione dei ragazzi che abbandonano i loro territori fin dalla Universitá e che è un fenomeno che recentemente si é  amplificato. E che ha origine da molte motivazioni: la prima principale è quella che le professionalità di livello più elevato hanno difficoltà, in una realtà che manca del settore manifatturiero, a trovare lavoro che rispecchi il loro livello di formazione e che preveda un percorso di carriera tale da permettere gli avanzamenti temporali normali. Parlo di ingegneri elettronici, di chimici, di geologi che per trovare immediatamente lavoro e possibilità di crescita preferiscono frequentare una università del Nord. 

Il secondo motivo è relativo all’esistenza di un pregiudizio da parte di molte aziende localizzate  nel Nord, che ritengono il livello di formazione medio dell’università meridionale più basso di quelle più titolate, come la Bocconi o la Luiss, che fa il paio con la terza ragione che prevede una sorta di mancanza di autostima delle genti meridionali che ritengono qualunque attività fatta nel nord del Paese, dalla sanità all’università, di livello più elevato, per definizione, rispetto a quella che si può svolgere in un ospedale piuttosto che in una università meridionale. 

Alcune volte il giudizio corrisponde alla realtà, molte altre si tratta solo di un pre-giudizio dovuto ad una comunicazione complessiva distorcente la realtà. Quella stessa che troviamo nel film Benvenuti Al  Sud e che con grande senso dell’umorismo Claudio Bisio e Alessandro Siani hanno dipinto in modo eccelso. 

Il danno di un tale percorso ha diverse facce: una prima è quella relativa al fatto che le migliori intelligenze non servono allo sviluppo del Mezzogiorno ma a quello di altre parti del Paese spesso anche di nazioni straniere. Una seconda riguarda il fatto che comincia un trasferimento di risorse dopo la scuola media superiore che si completa con l’acquisto spesso della casa da parte dei genitori nelle aree di accoglienza, che vedono aumentare il valore del loro patrimonio immobiliare a scapito di quello del Sud. 

Ribaltare tale andazzo non è semplice, recuperare l’orgoglio dell’appartenenza dopo 160 anni e più di svilimento dell’identità meridionale, che trova la sua sintesi nella copertina di Der spiegel, che in realtà guardava a tutto il Paese, che ritraeva un piatto di spaghetti con  una pistola sopra, non è certamente facile anche se il processo è iniziato e un impeto  di orgoglio di molti meridionali sta venendo fuori. 

Un esempio per tutti la napoletanità che da che era un marchio indelebile da museo lombrosiano sta diventando un valore aggiunto. In tale percorso diventa fondamentale il ruolo dei media  che il Quotidiano del Sud contribuisce a svolgere da parecchi anni. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia]

RIVITALIZZARE I BORGHI DELLA CALABRIA
IL MODELLO VIRTUOSO DEI LIONS CLUB

di ARISTIDE BAVABorghi antichi e la loro rivitalizzazione sempre più all’attenzione dei Lions club calabresi. Una delle ultime iniziative finalizzate alla (ri)scoperta e alla valorizzazione dei centri storici calabresi è da ascrivere al Lions Club di Polistena Brutium. Grazie all’iniziativa di questo club presieduto da Rosalba Sciarrore e all’attività operativa di Monica Minì, che si è prioritariamente occupata della accurata organizzazione, si è svolto domenica scorsa un interessante service finalizzato proprio alla conoscenza e alla valorizzazione dei borghi antichi. Il service è stato allargato anche alla partecipazione dei soci Lions di altri club della circoscrizione ed ha avuto un notevole successo.

Tra gli altri hanno preso parte attiva all’iniziativa il presidente del club di Locri, Tony Zuccarini, Maria Corica del club di Taurianova Vallis Salinarum e, finanche, il responsabile distrettuale del service, Achille Morcavallo, che ha guidato una delegazione di altri soci del club di Cosenza Castello Svevo.

Il service prevedeva  una visita conoscitiva verso il Borgo di San Floro con tappa anche al Castello di Squillace, poi al sito archeologico di Borgia e, infine, nel comune di Pizzo, ben noto per alcune vicende storiche oltre che per il “suo” ben noto “tartufo”, un gelato decisamente di qualità.
Insomma una bella iniziativa di notevole impatto sociale indirizzata alla conoscenza di alcuni siti calabresi di particolare importanza  proprio nell’ottica della auspicata valorizzazione dei borghi antichi.

E, per i partecipanti è stato un bel vedere affacciarsi dagli antichi ruderi del Castello di Squillace e camminare tra anfiteatri e necropoli dell’immenso parco archeologico Scolacium cosa che riesce realmente a rinfrancare lo spirito per l’immane bellezza di cui si può godere.

L’intera giornata, ancora estiva, ha armonizzato l’amicizia tra i club e si è conclusa tra le passeggiate dei gelsi di San Floro, alla scoperta della rinnovata tradizione della produzione della seta e le vie incantate di Pizzo.
La rivitalizzazione dei borghi antichi sta diventando un service “fiore all’occhiello” dell’associazione Lions e certamente è doveroso evidenziare la bella iniziativa del Lions club Polistena Brutium. L’iniziativa arriva in un momento in cui la Calabria, e in particolare la provincia reggina stanno vivendo il prolungamento del periodo estivo con molta gente che, ancora, sta frequentando la spiaggia non disdegnando di fare il bagno.

È la conferma che la stagione turistica potrebbe essere notevolmente allungata e far vivere ulteriori periodi di presenze di forestieri se solo si sviluppassero iniziative finalizzate a promuovere meglio il territorio che, a parte, la sua riviera densa di spiagge è anche ricca di grandi potenzialità storiche, turistiche e culturali che proprio i borghi antichi possono dare, questi centri storici aspettano solo di essere maggiormente valorizzati e, soprattutto, ripopolati.

La stessa Regione Calabria ad inizio della stagione passata  si era occupata della necessità del ripopolamento degli splendidi borghi presenti nel territorio calabrese evidenziando quanto importante sia questo grande patrimonio dell’intera  Calabria e della Locride in particolare, dove lo sfruttamento ai fini turistici di questi siti è ancora latente. Eppure l’interesse dei forestieri per questi luoghi pieni di fascino continua ad aumentare e, adesso, nei centri interni del territorio calabrese si vedono continuamente piccole comitive di turisti e forestieri che confermano,  ancora una volta, anche se ormai questo è del tutto scontato, che i borghi antichi esistenti sono un patrimonio turistico di immenso valore.

Se a ciò si aggiunge, appunto, che anche i mutamenti climatici consentono di avere giornate “estive” anche in questo periodo appare evidente che bisognerebbe programmare ipotesi progettuali che tengano conto anche di questo.
Uno degli aspetti più importanti legato alla necessaria “valorizzazione” di questi luoghi è il fatto che il periodo estivo contrariamente a quanto si possa pensare , non è l’unico periodo ottimale per la “frequenza” di questi siti anche se, ovviamente, il periodo estivo garantisce, grazie alla presenza di più forestieri,  numeri maggiormente consistenti. Ma la verità è, però, che proprio una loro adeguata valorizzazione potrebbe garantire presenze altrettanto numerose, anche durante altri periodi dell’anno, bisogna insistere perchè ciò avvenga. (ab)

GRANDE COSENZA: IL SÌ MA CON DISTINGUO
DEL BATTAGLIERO SINDACO FRANZ CARUSO

di FRANCESCO CANGEMI – «Sono per il sì alla città unica, ma il mio è un convinto no al metodo, a una legge che, lo dico senza peli sulla lingua, ritengo illegittima, antidemocratica e fascista». È quanto ha detto il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, a proposito del progetto della Città Unica (che prevede la fusione del capoluogo con Rende e Castrolibero).

Una presa di posizione forte quella del primo cittadino, che si oppone al metodo con cui la Regione vuole arrivare a realizzare la “Grande Cosenza”.

Un obiettivo a cui il primo cittadino vuole arrivare, tanto da aver portato, nell’audizione della Commissione consiliare regionale, dei propri emendamenti a riguardo.

Il nemico numero uno di Franz Caruso è la Legge Omnibus soprattutto quando questa afferma di voler rendere consultivo il referendum comunale sulle fusioni. Su questo il sindaco bruzio proprio non ci sta. «Bisogna essere legislatori per apportare modifiche alle leggi, e quando si legifera bisogna essere obiettivi, non si può essere di parte – dice –. Ritengo, invece, questa legge illiberale e antidemocratica. Difatti, in questo modo, si impone una procedura che toglie ai Comuni la libertà di autodeterminarsi e un percorso che esclude il confronto con gli organi democratici e con i cittadini».

«Ciò che percepiamo è che l’interesse sia quello di sciogliere i Comuni esistenti – ha spiegato –, più che crearne uno unificato. E su questo non può esserci alcuna condivisione». E a questo Caruso proprio non ci sta.

Il sindaco di Cosenza analizza poi il fatto che i tre Comuni hanno situazioni finanziarie diverse e, in particolare, quella della città che amministra è particolarmente delicata. «Il Comune di Cosenza è in situazione di dissesto, e questo si ripercuote negativamente su tutto il resto del territorio. Vorrei ci fosse un intervento altrettanto determinato da parte della Regione e del Governo per aiutare a risolvere il problema economico e finanziario della città. Aiutateci ad uscire dal dissesto, a risolvere il problema strutturale che la aggredisce. Pensare di mettere insieme comuni in situazioni completamente diverse significa non voler fare un qualcosa di utile per il territorio».

Caruso, poi, tratta il tema dei servizi integrati, che poi così integrati non sono. «Cosa ha fatto la Regione che tanto vuole la città unica? Ha cancellato la metropolitana leggera, che rappresentava l’unico vero strumento per unire il territorio». E ancora: «Nella direzione di unificazione è andata ogni nostra scelta, compresa la delibera di realizzazione del nuovo ospedale a Vaglio Lise, che è un punto strategico di congiunzione di tutto il territorio».

Cosa farà dunque Caruso? Propone un documento dal titolo: Le proposte del sindaco di Cosenza, Franz Caruso, di emendamento al Disegno di Legge a firma dei consiglieri regionali di centro destra: “Istituzione del nuovo comune derivante dalla fusione dei comuni d Cosenza. Rende e Castrolibero”. E quali sono le proposte? Eccole di seguito: uno studio di fattibilità, il parere della Corte dei Conti, il referendum popolare, un’assemblea cittadina e il contributo finanziario regionale.

A Caruso ha risposto, prima dell’audizione, la consigliera regionale di Fdi e presidente della 1° Commissione Affari Istituzionali della Regione, Luciana De Francesco. «Leggo con stupore le dichiarazioni del sindaco di Cosenza, Franz Caruso, relativamente al progetto di legge regionale sulla città unica. Perplessità, contrarietà e, meglio ancora, emendamenti, sono atteggiamenti politici più che legittimi. Meno legittimo è aggettivare con toni poco istituzionali un disegno di legge che recupera una necessità e una domanda presente nella comunità cosentina da 50 anni. Così come ci si dimentica che la commissione sta lavorando al progetto da ben sei mesi, accogliendo i contributi e le proposte di tutte le componenti politiche, delle associazioni, degli ordini, senza mai censurare alcun dissenso».

«In altri contesti – continua De Francesco – anche calabresi, e in altri territori nazionali, la sinistra ha approvato leggi di conurbazione su territori che non avevano nemmeno l’omogeneità geografica di Cosenza. Nessuno potrà dire che abbiamo lavorato a colpi di maggioranza, avendo ascoltato tutti i suggerimenti e le proposte. Il sindaco di Cosenza sa benissimo, essendo un soggetto politico, che in ogni assemblea legislativa il lavoro finale è sintetizzato dalla volontà dell’Aula, legittimata dal voto popolare. Scambiare un iter legislativo così partecipato e democratico per una forzatura è un atto di disobbedienza istituzionale che un sindaco di una città così importante poteva risparmiarsi».

«Lo aspetteremo in Commissione con il rispetto che merita la sua carica e senza alcun pregiudizio, categoria concettuale che appartiene per definizione a chi genera sospetti inesistenti. La Commissione ha svolto un lavoro di assoluta terzietà, come possono testimoniare tutti i suoi componenti. Fare accostamenti storici inappropriati è una sgrammaticatura che non favorisce quel confronto che io ho sempre favorito e alimentato».

Nel dibattito è intervenuta Rosaria Succurro, sindaca di San Giovanni in Fiore, presidente della Provincia di Cosenza e presidente di Anni Calabria, ascoltata sul progetto di unificare Cosenza, Rende e Castrolibero in un’unica città.

«Io credo nel sogno della città unica, che non è affatto una forzatura», ha detto Succurro, premettendo nel proprio intervento che «c’è un dibattito sano e democratico che potrà illuminare i consiglieri regionali e, soprattutto i singoli elettori dei tre Comuni interessati, chiamati ad esprimersi sulla città unica mediante referendum».

«Da tanti anni – ha sottolineato la presidente della Provincia di Cosenza e dell’Anci Calabria – i territori dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero sono strettamente conurbati tra di loro. Rende, Cosenza e Castrolibero sono complementari, territorialmente e culturalmente: a nord l’Università della Calabria e il centro storico di Rende, a sud il centro storico di Cosenza e l’ospedale dell’Annunziata, che diventa policlinico universitario grazie alla scelta lungimirante della nuova facoltà di Medicina proprio all’Unical. Si aggiunge, poi, la presenza di infrastrutture viarie e ferroviarie principali: l’asse autostradale A2 del Mediterraneo, la statale 107 Silana-Crotonese e la linea ferroviaria Cosenza-Paola, di collegamento diretto con quella nazionale e speriamo presto parte integrante della linea ad alta velocità. In sintesi, i comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero, rappresentano già un agglomerato urbano fisicamente continuo, caratterizzato anche da uno sviluppato sistema di servizi amministrativi, socio-sanitari e culturali».

«Altro dato di fatto – ha continuato Succurro – è che, sin dalla nascita della conurbazione, i nuovi residenti si sentivano parte di una città nuova ed unica, di cui coglievano e colgono tutte le complessive utilità. Oggi ci si divide solo sul come gestire in maniera soddisfacente per tutti i cittadini interessati questa realtà, di fatto già unitaria».

«Opportunamente, il disegno di legge regionale in discussione – ha ricordato Succurro – affida a tutti i cittadini dell’area urbana la scelta del nome del nuovo Comune unico. Vi sono importanti motivi a favore dell’unificazione amministrativa del territorio: la gestione dei trasporti, la sua sostenibilità economico-finanziaria, i vantaggi di una pianificazione urbanistica unitaria. La verità, comprensibile dal punto di vista umano ma non da quello istituzionale, è che la fusione dei tre Comuni non è ritenuta conveniente da singoli operatori politici locali, perché – ha contestato Succurro – vi sarebbe maggiore difficoltà a essere eletti con pochi voti ma sicuri. Sarebbe invece il caso di essere più ottimisti e di non tenere lo sguardo basso».

Sul tema della Città Unica, lo scorso 4 novembre una rappresentanza del Comitato Cittadino di Rende costituito in merito alla questione della Città Unica Cosenza-Rende-Castrolibero, è stata ricevuta dal Sindaco di Cosenza Franz Caruso presso il Municipio di Piazza dei Bruzi.

«È stato un incontro molto cordiale – viene spiegato in una nota – nel corso del quale abbiamo espresso, al primo cittadino di Cosenza, la nostra posizione sulla Proposta di Legge Regionale, illustrando il percorso da noi avviato con la prima Assemblea Popolare e consegnando il documento approvato nel corso della stessa, contenente anche la relazione tecnico-giuridica del prof. D’Ignazio».

«Con il sindaco Caruso – continua la nota – ci siamo trovati d’accordo sulla totale contrarietà al percorso legislativo prospettato dal Governo Regionale, a condivisione delle nostre medesime perplessità in merito ad un disegno privo di linearità e gradualità, in cui sono evidenti i deficit di democraticità della proposta di Legge».

«In chiusura dell’incontro – conclude la nota – abbiamo convenuto di mantenere alta l’attenzione dei cittadini sul tema e, se necessario, di porre in essere ogni azione utile a tutelare i legittimi interessi delle nostre comunità». (fc)

IL RITORNO DEL “BON TON” ISTITUZIONALE
OCCHIUTO-FALCOMATÀ: ORA LE DELEGHE

di MIMMO NUNNARIForse il degrado della politica e il chiassoso cicalio del dibattito odierno, a livello nazionale e locale, ci hanno disabituati alle buone maniere e al confronto civile, certo è che le parole garbate, cordiali, del presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto dopo la decisione con cui la Cassazione ha annullato la condanna al sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà nell’ambito del processo ‘Miramare’, hanno fatto tirare un sospiro di sollievo a chi detesta il linguaggio volgare e approssimativo della politica  di oggi.

Ha detto Occhiuto: «Nonostante le distanze politiche che esistono tra di noi, sono umanamente felice per Falcomatà, che con questa sentenza archivia un calvario giudiziario durato a lungo e che ha inciso nella storia della città di Reggio Calabria».

A stretto giro è arrivata la risposta dello stesso tono di Falcomatà: «Percepisco un elemento politico nelle sue parole, la volontà di stabilire un dialogo istituzionale tra la Regione Calabria e la città metropolitana di Reggio Calabria, e questo per me è un qualcosa dal quale non si può prescindere. Io ho apprezzato le parole ufficiali del presidente, che mi ha anche telefonato. Nei prossimi giorni gli chiederò un incontro, non soltanto per risalutarlo da sindaco reinsediato, ma anche per affrontare alcune questioni che per la città metropolitana sono di preminente importanza».

Le parole di Occhiuto e quelle di Falcomatà, fanno bene alla buona politica e consentono di fare una riflessione sul valore originario dei princìpi su cui si basa oggi il nostro lessico politico, negli ultimi tempi scaduto verso la chiacchiera banale, perfino volgare e molesta.

Gli esempi non mancano e come sappiamo quelle parole pronunciate nel confronto politico e nel dibattito si esauriscono quasi sempre in quel complesso gioco finalizzato al raggiungimento di uno sperato misero punto in più di consenso, lasciando fuori sostanza e  concretezza degli argomenti trattati.

Espressioni di  facile effetto, che attirano like e condivisioni sui social; parole, che i politici hanno imparato a maneggiare e piegare alle loro esigenze propagandistiche, sono preferite all’argomentare e alle discussioni sui contenuti e sulle idee orientate al bene comune; ad un linguaggio rispettoso e non ostile.

Se la Calabria, che non è estranea al “linguaggio viziato” della politica, con l’aggravante di un tasso elevato di conflittualità tra territori, alimentato da amministratori locali con una visione a volte provinciale del futuro, cambiasse, adottando toni e stili pragmatici, nei confronti e nei dibattiti, ne guadagnerebbe l’intera regione, che ha bisogno di convergenze e solidarietà, per affrontare le dure battaglie che l’attendono.

Di Calabria, percepiamo che si discute di più negli ultimi tempi, e in positivo. Molte cose si muovono, in una pluralità di campi: dall’impresa alla scuola e all’università, dalla sanità alla cultura, ma quel che continua a difettare è ciò che si può definire “l’incrocio virtuoso”  tra poche appropriate, ben finalizzate, ottimamente condotte in tempi certi, operazioni progettuali e sistematiche del Governo centrale, da connettere con i piani di sviluppo regionale.

Si vince, sappiamo, con una narrazione diversa della Calabria, ma si vince se nel racconto incide un linguaggio rinnovato della politica che, fuori da dualismi, conflitti, talvolta rancore, sappia mettere insieme impegno, risorse, azioni efficaci, coesione sociale, nell’interesse dell’intera regione e non di una o di un’altra parte. Occorre una virata, che può arrivare anche col cambiamento del linguaggio. Ecco perché, le parole di Occhiuto e quelle di Falcomatà, sono da salutare come l’inizio di un possibile cambiamento di confronto nella politica calabrese.

La Calabria ha bisogno di unità, di riconciliarsi col resto del Paese e prima di tutto al suo interno. E le parole, quelle “giuste”, possono essere determinanti. Il potere del linguaggio è immenso, può tanto compiere gesti positivi quanto discriminare, rafforzare stereotipi e rapporti di potere.

Se impariamo a usarlo bene e a stare uniti possiamo vincere.

«Dove c’è unità, c’è sempre la vittoria», diceva un antico filosofo.  (mnu)

SERVE IL CONFRONTO E UN PATTO SOCIALE
LA RICETTA CISL PER RIPARTENZA E PNRR

di TONINO RUSSOIl tema del lavoro, e del lavoro dignitoso resta centrale nella nostra regione per i tanti precari, per i giovani costretti a lasciare la Calabria, per chi perde l’occupazione, per le famiglie. Ci aspettiamo parole chiare al “Tavolo regionale per i servizi e le politiche del lavoro” convocato per il 13 novembre alla Regione Calabria.

Ad ogni livello del confronto, dal Governo alle Regioni, nel dialogo con le associazioni datoriali la Cisl è impegnata con senso di responsabilità a cercare soluzioni condivise secondo una precisa linea di azione che è nel nostro Dna e si riassume in tre parole: concertare, contrattare, partecipare. Si riassume nello stare ai tavoli senza stancarsi; nell’agire non come partito politico, ma dialogando con tutti e facendo valere le proprie ragioni senza fare sconti a nessuno.

Perché quando le nostre richieste non vengono ascoltate, come sta avvenendo con il Governo in tema di pensioni, in relazione alla legge di bilancio che speriamo venga corretta in Parlamento, questo non ci sta affatto bene. Il Segretario Generale Luigi Sbarra ha, con tutto il Comitato Esecutivo nazionale, messo in evidenza luci ed ombre della manovra finanziaria. La Cisl propone con determinazione, anche in tema di unità nell’azione sindacale, “la via che porta a un nuovo Patto sociale per far ripartire investimenti e riforme, difendere il potere d’acquisto e i risparmi di lavoratori e pensionati, realizzare una nuova politica dei redditi, innalzare e redistribuire la produttività, sbloccare le infrastrutture materiali, energetiche, digitali e sociali guadagnando il Sud allo sviluppo e alla coesione, estendere in senso universale tutele e diritti dei lavoratori, abbassare le tasse sui ceti medi e popolari, affrontare in modo efficace le crisi aziendali azzerando morti e infortuni sul lavoro, rilanciando le politiche industriali, valorizzando la contrattazione e sostenendo il target strategico di una più forte partecipazione dei lavoratori alla vita e agli utili delle aziende”.

Per queste ragioni la Cisl “auspica la più ampia convergenza delle Parti Sociali e delega la Segreteria Confederale a verificare la disponibilità di Cgil e Uil a sostenere questa strategia con una manifestazione nazionale unitaria, per indicare il sentiero di un Progetto-Paese fondato sulla piena attivazione delle energie, delle responsabilità e delle competenze sociali nella costruzione del futuro”. Questa posizione  la Cisl calabrese l’ha condivisa all’interno dell’Esecutivo nazionale e la fa propria qui, nel nostro territorio. Mai come oggi è possibile attingere a risorse importanti, come quelle del Pnrr, quelle del Fondo Sviluppo e Coesione di cui l’80% va al Sud e la spesa è molto rallentata, per intervenire in vari ambiti, per rilanciare la crescita, per creare lavoro finalizzato alla realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali. Risorse del Fondo sviluppo e coesione e Zes unica devono far diventare attrattivi i territori del Sud, a partire dai sistemi portuali. Abbiamo giudicato positivamente lo stanziamento di 3 miliardi per la S.S. 106: ora si tratta di mettere a terra gli investimenti e realizzare le opere, aprendo i cantieri, ma anche ultimando gli interventi.

Per queste ragioni urge il confronto con Regione, Anas, Rete Ferroviaria Italiana, sugli interventi programmati, per fare chiarezza su cronoprogrammi, percorsi e tempi di realizzazioni. Per queste ragioni è necessario un confronto serrato sui temi del lavoro dignitoso, sicuro, stabile, orientato verso lo sviluppo. Per queste ragioni tutti gli interventi sul sistema sanitario devono essere orientati verso il miglioramento del servizio, il dare dignità al personale che vi opera tra mille difficoltà, la qualificazione dell’offerta, la riduzione di liste d’attesa ed emigrazione sanitaria.

La tutela dell’ambiente e la messa in sicurezza del territorio necessitano di una più attenta ed oculata riflessione sugli interventi necessari ad evitare tragiche sciagure. A valorizzare le tante ricchezze naturali che la Calabria offre, a partire dalla risorsa mare, per incentivare il mercato turistico.  Le tante vertenze aperte negli enti strumentali della Regione Calabria richiedono immediati tavoli di confronto utili a migliorare la qualità dei servizi erogati e ad evitare mortificazioni al personale che vi opera, spesso insufficiente e sottodimensionato.

La Cisl crede nella partecipazione, come testimonia anche la raccolta di firme in corso per la presentazione della legge popolare sul coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese, impegno che stiamo portando avanti anche qui in Calabria. È un segnale di speranza, di novità, una proposta che porteremo in Parlamento perché sia finalmente attuato l’art. 46 della Costituzione per una più matura democrazia economica che veda protagonisti i lavoratori. ν

(Tonino Russo è il segretario generale Cisl Calabria)

CALABRIA, DENATALITÀ E SPOPOLAMENTO
LA SFIDA FERMARE IL DECLINO ANNUNCIATO

di DANIELA DE BLASIOLa Calabria affronta una crisi demografica sempre più preoccupante. Il declino della popolazione ha conseguenze significative sull’economia, il benessere sociale e la sostenibilità della regione: per questo motivo è una sfida che richiede una seria attenzione e interventi urgenti da parte delle Istituzioni.

Sono vari i fattori che contribuiscono al declino demografico della Calabria, a partire dal tasso di natalità molto basso, come certifica l’Istat sulla base dei dati del Censimento permanente, infatti la popolazione residente nella regione al 31 dicembre 2021 era pari a 1.855.454 residenti, in discesa a -0,3% rispetto al 2020 (-5.147 individui) e -5,3% rispetto al 2011. 

Si tratta di dati sconfortanti, sicuramente da attribuire alle difficili condizioni economiche e sociali ed alle scarse politiche di sostegno alla maternità e alla famiglia che caratterizzano la regione e che possono influire sulla decisione delle famiglie di avere figli. Infatti, la mancanza di servizi adeguati per la cura dei bambini, carenza di scuole e strutture sanitarie di qualità, nonché la scarsità di opportunità per le donne di conciliare famiglia e lavoro sono fattori che rendono il contesto poco favorevole alla natalità.

Ma il calo demografico in Calabria è anche un fenomeno aggravato dall’emigrazione giovanile e dalla mancanza di opportunità di lavoro per i giovani. Le statistiche Eurostat sul mercato del lavoro ci indicano il tasso di disoccupazione in Calabria come uno dei dati peggiori in Ue.

Mancano le occasioni di occupazione stabile e ben remunerata, mancano le possibilità di crescita e realizzazione personale e queste carenze hanno portato molti giovani calabresi a lasciare la loro terra per cercare opportunità di vita e di lavoro migliori.

Nonostante gli sforzi compiuti, volti a promuovere l’occupazione, la Calabria perde in maniera continua ed inarrestabile risorse umane preziose, nonché la possibilità di sviluppare nuove attività economiche e possibilità di attrarre capitali.

La presenza limitata di grandi imprese, la scarsa diversificazione economica e la mancanza di investimenti infrastrutturali rendono difficile la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti per le giovani generazioni. Settori strategici come l’innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sostenibile sono praticamente inesistenti, con la conseguenza che le occasioni di crescita e sviluppo professionale, sono irrisorie.

Inoltre, la mancanza di meritocrazia e la corruzione dilagante sono problemi che esasperano i giovani calabresi che si sentono demotivati, frustrati e sfiduciati nei confronti di chi non ha pensato al loro futuro ed a quello del proprio territorio.

La mancanza di rispetto per il merito, infatti, demotiva ulteriormente i giovani a rimanere nella regione, in quanto le opportunità di carriera sono spesso basate su relazioni personali  piuttosto che sulle capacità e competenze. Questa situazione li spinge altrove in cerca di una meritocrazia più imparziale.

La diminuzione del numero di persone attive nel mercato del lavoro ha gravi conseguenze economiche e sociali, in quanto innesta un circolo vizioso che inevitabilmente porterà nel breve periodo ad una riduzione della forza lavoro, all’invecchiamento della popolazione con l’aumento delle fragilità sociali ed un conseguente incremento di spese sanitarie, all’impoverimento culturale, alla contrazione delle dinamiche sociali ed ad un allontanamento da parte della società civile alla partecipazione attiva per costruire una nuova cittadinanza, oggi sempre più ai margini delle scelte calate dall’alto.

Per questi motivi, rendere la Calabria un luogo più attraente invertendo questa tendenza è il terreno su cui le Istituzioni devo cimentarsi al fine di garantire un futuro per la Calabria adottando politiche mirate, interventi adeguati e sostenibili che affrontino le cause sottostanti al declino demografico.

Solo così sarà possibile superare questa crisi e promuovere lo sviluppo con la prospettiva di costruire per le generazioni future una Calabria migliore. (ddb)

BUONA CRESCITA DI IMPRESE IN CALABRIA
MA SI DEVONO SUPERARE RITARDI ATAVICI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Rilanciare e sviluppare, ulteriormente, il sistema produttivo calabrese. Una sfida che non è impossibile, ma che ha bisogno di un aiuto concreto e, soprattutto, corale.

Come è emerso da uno studio condotto dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa San Paolo, «l’economia calabrese, negli ultimi anni, ha mostrato un’evoluzione peggiore rispetto alla media italiana. Più fattori hanno condizionato la dinamica economica della regione. Tra questi spicca la bassa propensione a investire che in prospettiva vincola il potenziale di sviluppo di questo territorio».

«Grazie a una recente indagine condotta sulla rete territoriale di Intesa Sanpaolo che ha coinvolto più di 120 gestori attivi in Calabria – continua lo studio – è stato possibile individuare le priorità per il tessuto produttivo del territorio: spiccano gli investimenti in fonti rinnovabili, l’efficientamento dei processi produttivi, l’ottimizzazione dei contratti di fornitura di energia, l’intensificazione dei rapporti di filiera, la digitalizzazione e il capitale umano. Sempre da questa rilevazione sono emerse interessanti indicazioni di cambiamento: nel corso del 2022, infatti, le imprese calabresi hanno mostrato un’accelerazione degli investimenti in autoproduzione e in efficientamento dei processi produttivi».

«È, inoltre – si legge – evidente una buona attenzione all’adozione di misure dirette a ridimensionare l’impatto ambientale: tra queste spicca la riduzione dei consumi di acqua, implementata dal 47% delle imprese calabresi con almeno 3 addetti, più della media italiana che si ferma al 40%; è poi diffusa la gestione dei rifiuti finalizzata al contenimento e al controllo di inquinanti (41,7% vs 38,8% Italia) e il risparmio del materiale utilizzato nei processi produttivi (38,2% vs 35,2% Italia). Al pari di quanto osservato in ambito italiano, è ancora basso l’uso di materie prime seconde (15,6% vs 14,2%)».

«Anche in Calabria emerge la centralità delle filiere produttive, particolarmente diffuse nel settore agro-alimentare – continua ancora lo studio –. In Calabria sono 39 le produzioni DOP/IGP, di cui 20 cibi e 19 vini. In particolare, spicca la Cipolla Rossa di Tropea che è tra i primi dieci prodotti ortofrutticoli italiani DOP e IGP per valore della produzione (14 milioni di euro nel 2021). Il territorio calabrese primeggia in Italia anche nella produzione di olive (25% del totale nazionale, seconda regione dopo la Puglia per ettari) e agrumi, in particolare arance (il 26% del totale italiano), clementine (70%), mandarini (39%), bergamotto (100%). Grazie a queste eccellenze, l’export agroalimentare della Calabria è più che raddoppiato dal 2008 al 2022, passando da circa 120 milioni di euro a quasi 290».

«Nei primi sei mesi del 2023 ha superato i 160 milioni di euro – conclude lo studio – con una crescita del 19% a prezzi correnti rispetto allo stesso periodo del 2022. In prospettiva, la regione deve superare almeno in parte i suoi ritardi nel digitale e nell’innovazione, dove occupa le ultimissime posizioni in ambito italiano. Va poi affrontato il tema del capitale umano: ogni anno la Calabria perde giovani laureati che vanno a lavorare in altre regioni italiane o all’estero. Tra il 2012 e il 2021 sono stati complessivamente persi 20.564 giovani laureati tra i 25 e i 34 anni che hanno cercato opportunità lavorative altrove. La percentuale di NEET, inoltre, tocca punte molto elevate in Calabria ed è stata di poco inferiore al 30%».

Da questi numeri è stato presentato l’accordo sottoscritto tra Intesa San Paolo e Confindustria, proprio sul tema della sostenibilità, della transizione energetica e della digitalizzazione delle Pmi. L’accordo mette a disposizione 1,5 miliardi di euro per le imprese calabresi, nell’ambito dei 150 miliardi di euro del plafond nazionale.

Ad aprire i lavori, i saluti di Aldo Ferrara, Presidente Unindustria Calabria, Giuseppe Nargi, Direttore Regionale Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo, e Domenico Vecchio, Presidente Confindustria Reggio Calabria.

Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, ha analizzato le prospettive dello scenario economico italiano e della Calabria; Anna Roscio, Executive Director Sales & Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo, ha illustrato i contenuti dell’accordo nell’ambito del percorso congiunto tra banca e associazione a favore delle imprese. Emanuele Orsini, Vice Presidente per il Credito, la Finanza e il Fisco di Confindustria, e Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, si sono confrontati nel dibattito conclusivo su competitività, innovazione e sostenibilità. Sono i tre driver indicati dal protocollo nazionale per promuovere anche sui territori l’evoluzione del sistema produttivo in coerenza con le linee guida del Pnrr, ponendo al centro della collaborazione azioni a supporto delle aziende calabresi in ambito di digitalizzazione e innovazione, rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale, potenziamento delle filiere e sostenibilità.

Inoltre, con il programma ‘Motore Italia Transizione Energetica’, Intesa Sanpaolo ha approntato una serie di iniziative per incentivare gli investimenti in energia da fonti rinnovabili e favorire i processi di autonomia energetica delle imprese italiane aumentandone la competitività e generando benefici economici, ambientali e sociali.

Per Orsini, «lo scenario economico è in forte rallentamento, con un PIL che, secondo le previsioni del Centro Studi Confindustria, crescerà dello 0,7% nel 2023 e dello 0,5% nel 2024. Pesa in particolare l’attuale stallo degli investimenti che nel 2022 segnavano un +9,7% – trainando la crescita del Paese – e che invece nel 2023 sono scesi a +0,5%, con una stima di ulteriore peggioramento nel 2024 (- 0,1%), bloccati, tra gli altri fattori, dal forte aumento dei tassi, che frena la domanda di credito e dall’incertezza normativa».

«Ma gli investimenti sono cruciali – ha rimarcato – per affrontare e completare la transizione sostenibile e digitale in atto. Per questo è essenziale che la manovra di bilancio oggi in discussione contenga misure mirate realmente in grado di favorirli, per promuovere competitività e crescita delle imprese italiane. Vanno in particolare confermate e rafforzate le garanzie pubbliche per Pmi e midcap, occorre una riforma dell’IRES tesa a premiare gli investimenti e serve varare un grande piano Transizione 5.0, finanziato dal Pnrr. Si dovrà poi assicurare un efficace e tempestivo funzionamento della Zes unica del Mezzogiorno, che potrà giocare un ruolo determinante per trainare lo sviluppo dell’economia meridionale. La partnership tra Intesa Sanpaolo e Confindustria rappresenta, in questo quadro, un volano essenziale per supportare investimenti, ineludibili per agganciare le transizioni e sostenere la crescita delle imprese».

Barrese, invece, ha ribadito la necessità di «valorizzare le potenzialità del Sud Italia, che rappresenta la settima area europea nel comparto manifatturiero e ospita un quarto delle filiere del Paese. Confindustria e Intesa Sanpaolo condividono questa esigenza e offrono soluzioni concrete e modulabili per le nuove necessità delle Pmi calabresi».

«Il rinnovato accordo con Confindustria punta a garantire un accompagnamento congiunto e il sostegno finanziario necessario per realizzare piani di crescita, di innovazione e di transizione energetica nell’ottica della sostenibilità – ha concluso –. Gli elementi alla base di questo accordo rientrano nell’ambito del nostro impegno complessivo ad attivare, nell’arco del Pnrr, erogazioni a medio-lungo termine per oltre 410 miliardi di euro, di cui 120 destinati alle Pmi».

Il presidente di Confindustria RC, Domenico Vecchio, ha evidenziato come «l’attenzione che le banche rivolgono alla città metropolitana di Reggio Calabria, deriva dal fatto che, in ballo ci siano importanti risorse, perlopiù assegnate per la transizione ecologica e sostenibile, ma anche perché, le stesse banche, rivolgono sempre particolare attenzione agli industriali aderenti a Confindustria Reggio Calabria, che hanno il polso della situazione, frutto di tanta esperienza, lungimiranza e conoscenza di questo territorio».

«Abbiamo più volte detto che la soluzione per far ripartire l’Italia sia far partire il Sud – ha ricordato –. Intesa Sanpaolo, anche in virtù dell’accordo sottoscritto con Confindustria, si sta attivando per instaurare rapporti di collaborazione importanti, con gli imprenditori dell’area metropolitana. Noi ci faremo trovare pronti, per recitare a dovere il nostro ruolo».

«L’attenzione e il sostegno della Banca all’economia calabrese sono costanti, sia sul fronte del supporto alle famiglie che sulle azioni di sviluppo e crescita del tessuto imprenditoriale», ha ribadito Giuseppe Nargi.

«Infatti abbiamo già accompagnato oltre 1.000 imprese clienti della Direzione Regionale ad aggiudicarsi bandi del Pnrr. Continueremo a sostenere gli investimenti in progetti all’avanguardia nel Sud e a favorire la crescita sostenibile dell’industria turistica e gli insediamenti produttivi nella Zona Economica Speciale – ha concluso –. Intesa Sanpaolo ha infine costruito, grazie al contributo dei due Innovation Hub meridionali, una rete di relazioni territoriali con imprese, incubatori, centri di ricerca e università che ne ha consolidato il ruolo di principale banca per il Mezzogiorno».

Ma non sono solo gli industriali e Intesa Sanpaolo a guardare al futuro delle Pmi. Nei giorni scorsi, infatti, l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Rosario Varì, ha presentato l’avviso per sostenere gli investimenti produttivi, rafforzare la competitività delle nostre imprese e creare posti di lavoro.

«Iniziamo quindi – ha specificato Varì – a spendere le risorse del Programma regionale Calabria 21/27, le risorse comunitarie, a vantaggio delle imprese. Il Bando pubblicato oggi, ‘sostegno agli investimenti in impianti e macchinari delle Pmi’ consentirà alle imprese calabresi di ampliare e rinnovare attrezzature ed impianti, renderli innovativi e conformi alle esigenze dettate dalla transizione ecologica e digitale. Ha una dotazione di 25 mln di euro e ogni impresa potrà effettuare investimenti tra 30 e 500 mila euro con possibilità di ottenere un fondo perduto tra il 50 ed il 60%».

Stesso discorso per la BCC Mediocrati. La banca, infatti, ha erogato 15 milioni di euro per 600 pratiche di microcredito. Numeri emersi nel corso del Piccolo Festival della Microfinanza di Fuscaldo, in cui sono stati snocciolati dati importanti: Con il percorso gratuito di formazione all’autoimpiego “Yes I Start Up” sono state finanziate 840 attività. 1960 imprese sono nate, invece, grazie all’intervento dell’Ente Nazionale per il Microcredito (ENM). Per quanto riguarda Resto al Sud, in totale, sono stati 47mila i progetti presentati, 6800 in Calabria. Di questi ne sono stati approvati 2250, il 44% nella provincia di Cosenza.

Il microcredito rappresenta, dunque, uno strumento di sviluppo economico che permette l’accesso ai servizi finanziari alle persone in condizioni di povertà ed emarginazione. Nell’ultimo rapporto Istat sulla povertà aumentano le famiglie in condizione di disagio in Italia e in Calabria, più che altrove, sale vertiginosamente la soglia della povertà assoluta. La microfinanza può diventare, pertanto, uno degli strumenti per emanciparsi, per raggiungere autonomia economica, per crearsi un lavoro e soprattutto può essere un’occasione per i giovani.

«Lo spopolamento è il dramma dei nostri paesi – sottolinea la portavoce e ideatrice del Piccolo Festival della Microfinanza, Katia Stancato che proprio per questo sceglie come location della kermesse piccoli centri come Fuscaldo – a questo dramma rischia di sommarsi una desertificazione del talento. Senza questo non ci può essere leadership, né imprese in attesa. Se ci lasciano i giovani non è solo un danno produttivo, ma anche un danno creativo. Il Mezzogiorno non solo deve restare, ma deve anche progettare. L’auspicio è costruire insieme un Mezzogiorno che ama il Mezzogiorno. La nostra piccola manifestazione vole essere un tassello di cambiamento per i nostri territori». (ams)