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Successo per la presentazione del libro "Il Brigante e il generale" di Carmine Pinto

COSENZA – Successo per la presentazione del libro “Il Brigante e il generale” di Carmine Pinto

di ANNA MARIA VENTURADalla collaborazione fra la Commissione Cultura del Comune di Cosenza e l’Associazione culturale AIParC Cosenza è nato un evento culturale che ha lasciato il segno nel mondo culturale cosentino e non solo: la presentazione del libro di Carmine Pinto Il Brigante e il generale. La guerra di Carmine Crocco e Emilio Pallavicini di Priola, Editore Laterza, novembre 2022. L’evento si è svolto a Cosenza il 20 Gennaio 2023, nella splendida sala Quintieri del Ridotto del Rendano.

Un successo di emozioni e di personalità importanti, hanno reso vincente la presentazione. Ore trascorse in un luogo magico, dove si è respirata aria di cultura mescolata ad avvenimenti storici di un passato che riguarda non solo il Sud, ma l’Italia intera. Un posto dove la storia è riuscita a trasformarsi in una piacevole, ma intensa emozione. 

All’evento hanno collaborato l’Associazione Unuci, l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano (Comitato provinciale di Cosenza) e l’Icsaic (Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea). 

Indubbiamente ha dato lustro alla manifestazione la presenza dell’autore Carmine Pinto. Ordinario di Storia contemporanea nell’università degli studi di Salerno e direttore dell’Istituto per la storia del Risorgimento di Roma è uno degli studiosi più attenti del processo di unificazione nazionale e di quanto accadde nel Mezzogiorno d’Italia prima e dopo la caduta dei Borbone. Studioso di caratura internazionale, come dimostrano le sue pubblicazioni e i numerosi premi, fra cui il Premio Basilicata, il Premio Fiuggi, il Premio Sele d’Oro, il Premio Rende Book Festival 2019.

Il suo ultimo libro è “Il brigante e il generale”, in cui racconta con la perizia dello storico raffinato le vicende che videro contrapposti negli anni del brigantaggio Carmine Crocco ed Emilio Pallavicini di Priola. Un brigante, il primo, uno dei capi di quelle bande criminali che avevano radici profonde nel Sud già molto prima dell’arrivo di Garibaldi e dei Savoia, e imperversavano nelle campagne napoletane e meridionali: Carmine Crocco divenne il capo del brigantaggio filo-borbonico dopo il 1860. Un nobile genovese, il secondo, generale dell’esercito sabaudo, una lunga esperienza internazionale come la guerra di Crimea: Emilio Pallavicini di Priola, l’aristocratico del Nord al quale venne affidato il compito di debellare il brigantaggio meridionale.

Pinto coglie in questo libro la società meridionale nel definitivo crollo della dinastia borbonica e nell’affermarsi di quel pensiero libertario che a partire dal 1799 e poi ancora nei moti del 1820 e del 1848 aveva scosso la monarchia borbonica. Con sperimentazioni di momenti repubblicani e forti restaurazioni, ponendo fine in ogni caso al feudalesimo. Le bande di briganti diventano il braccio armato che i filoborbonici utilizzano per contrastare il processo unitario. Ne nasce una guerra, la prima guerra italiana come propone Pinto, ma anche l’ultimo conflitto interno tra i ceti meridionali, cioè tra quanti da Sud sognavano l’Unità d’Italia e il liberalismo e quanti difendevano il regno borbonico e le posizioni consolidate.

Ritornando alla presentazione del libro, ha aperto i lavori Domenico Frammartino, Presidente della Commissione Cultura del Comune di Cosenza, anche coordinatore dell’incontro.  Con eleganza, cultura e raffinato eloquio ha porto i saluti di rito ed ha illustrato le finalità della Commissione. Prioritaria è quella di avvicinare le persone alle Istituzioni al di fuori del Palazzo, nei luoghi della cultura, di cui la città è dotata. E poi le rassegne.

La prima mirata ad approfondire e far conoscere la storia della città, partendo dai quartieri. Un’altra a saldare il debito con le “eccellenze cosentine”, che, costrette ad espatriare, hanno dato altrove il meglio della loro professionalità. Una terza indirizzata a giovani scrittori con il loro sogno nel cassetto, affinchè venga data loro la possibilità di esprimersi e farsi conoscere attraverso l’arte. Una quarta dedicata allo sport e ai suoi campioni. Il Presidente Frammartino si è  poi soffermato sul libro oggetto della presntazione e sull’ argomento trattato, ponendo le domande. “È stata una guerra civile o di conquista? I briganti sono stati malfattori? Va ridimensionato il giudizio sulle figure risorgimentali?” E ancora: “Occorre gettare un fascio di luce per portare la verità. Ed è quello che cercheremo di fare questa sera”. Ha preso poi la parola la Presidente AIParC, Tania Frisone, che, dopo aver salutato tutti i protagonisti della manifestazione e il numeroso pubblico attento e interessato, ha ringraziato la Commissione Cultura della bella e fattiva collaborazione, esprimendo il suo compiacimento per la sede prestigiosa, in cui l’evento si è svolto, un luogo quale il Teatro Rendano, ricco di fascino e di arte. Ha concluso il suo intervento con la frase di Socrate “Il sapere rende liberi, è l’ignoranza che rende prigionieri”. 

 Giuseppe Di Martino, Capo di Gabinetto della Prefettura di Cosenza, ha portato i saluti del Prefetto Vittoria Ciaramella. Il Generale Giovanni De Luca, Presidente Unuci Cosenza, si è soffermato sull’importante e significativo contributo dato dai Bersaglieri italiani in tutte le guerre che si sono combattute in Italia dal 1863 al 1945.

Entusiasmante, esaustiva e chiara la relazione di Giuseppe Ferraro, insignito di recente del Premio per la ricerca storica “Giorgio Palmieri”, ideato e organizzato dall’Istituto regionale per gli Studi Storici del Molise “Vincenzo Cuoco“, per il recente saggio Vincenzo Padula e i briganti. Storiografia e discorso pubblico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2021.

Giuseppe Ferraro, originario di Longobucco, professore di Storia nei Licei è uno studioso ricercatore ed appassionato esperto di Storia, che ha già conquistato larga fama con le sue pubblicazioni, che evidenziano  lo spessore storiografico dell’autore, un meridionalista che guarda all’Italia e all’Europa, ma anche alle esigenze formative del sistema scolastico e universitario. Dirige l’Istituto per la storia del Risorgimento italianoComitato provinciale di Cosenza e l’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea. È socio onorario AIParC Cosenza. Ha collaborato e collabora con diverse università e centri di ricerca.

Le sue pubblicazioni riguardano la storia del Risorgimento, la Prima guerra mondiale, il fascismo, la Resistenza, si occupa anche di formazione docenti. Alla ricerca storica da anni affianca la promozione della didattica della storia nelle scuole e nelle università, in questo settore coordina la commissione didattica dell’Icsaic ed è membro nazionale della commissione scuola e didattica dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri. Numerosi riconoscimenti e premi confermano che i lavori di Ferraro sono divenuti un significativo punto di riferimento nel panorama italiano degli studi storici e storiografici.

Ferraro ritiene che l’opera di Pinto ha dietro un progetto di strategia culturale, che, nel rispetto della verità storica, pur guardando al mondo accademico, si apre ad una discussione pubblica, coniugando rigore scientifico e divulgazione. Frutto di un lavoro di scavo archivistico, il libro, secondo Ferraro, penetra diversi mondi, fa conoscere persone e luoghi.

Ogni capitolo è introduzione ad un mondo che si apre su altri mondi. Due, in particolare, si confrontano e si scontrano: un passato con una società fondata sul privilegio e un presente che guarda verso una prospettiva nuova. Ci sono diverse guerre, quella al brigantaggio, quella politica e civile, ma tutto è visto in funzione della costruzione dello Stato nazionale, nella quale è coinvolto anche il Sud.

Interessanti e coinvolgenti le parole del Colonnello Francesco Ferrara, Comandante del Primo Reggimento Bersaglieri di Cosenza, che ha ringraziato l’autore per aver parlato in questo libro dell’esercito, dei bersaglieri e della Calabria.

Caratterizzato da grande forza oratoria,  ha catturato un forte interesse nel pubblico l’intervento dell’autore, che ha esordito  “Io non credo alla retorica del passato, ritengo che l’uso retorico del passato nel tempo presente finisce col fare un torto sia al presente che al passato”. 

Parlando del libro ha poi sostenuto che protagonista è il “nazionalismo”, a mio avviso, riferendosi a quel movimento politico e ideologico, sorto e diffusosi in quasi tutti i maggiori stati europei tra la fine del sec. XIX e l’inizio del XX, volto a rivendicare per una nazione, generalmente divisa fra più stati o inglobata in uno stato plurinazionale, il diritto di costituire uno stato autonomo. Le strutture sociali, ha continuato l’autore, a partire dalla fine della repubblica romana, erano basate su monarchie di derivazione divina, che detenevano poteri assoluti.

Fino alla Prima Guerra Mondiale l’Europa centro-orientale e orientale era occupata da tre grandi entità politico-amministrative che comprendevano numerosi popoli con differenti etnie e tradizioni: l’Impero austro-ungarico, l’Impero russo e l’Impero turco- ottomano. L’Italia e la Germania rientravano per lo più nell’area di influenza dell’Impero austro-ungarico e il loro territorio era suddiviso in tanti piccoli Stati. Solo nella seconda metà del XIX secolo, in seguito a lunghe e complesse vicende storiche e militari, diventarono indipendenti, rispettivamente nel 1861 e nel 1871.

Il libro parte dall’idea che lo Stato debba coincidere con la nazionalità politica. L’idea di nazione ha trionfato. Ha costruito un mondo in cui Stato e comunità politica coincidono. Secondo l’autore il nazionalismo italiano è stato così potente fra gli anni quaranta e settanta dell’800 da distruggere un sistema statuale plurisecolare basato sui poteri papale , asburgico e borbonico e costruire una grande nazione, che ancora oggi è fra le dieci potenze economiche mondiali.  La nascita dello Stato nazionale in Italia si è basata sul liberalismo costituzionale, sul romanticismo e sul politicismo. Il liberalismo ottocentesco ha fondato regole chiare affinchè le libertà non debbano mai essere messe in discussione. Il romanticismo ebbe la capacità di trasformare un nazionalismo politico in sentimenti e passione.

La politicizzazione avviene quando si verifica una frattura nella società che costringe a diventare politici molti individui che naturalmente non farebbero mai politica. Il brigantaggio è stato un fenomeno irrilevante rispetto ai grandi eventi che consentirono la formazione dello Stato unitario, eppure i due protagonisti del libro sono la dimostrazione di come in momenti cruciali della storia, quando avviene una frattura nella società, ci si trova a svolgere un ruolo politico, pur non essendo politici. Vivono una serie di esperienze che fanno in modo che le loro vite diventino politiche. Carmine Crocco e Emilio Pallavicini di Priola, al di là delle loro storie individuali, interpretano il passaggio dall’epoca degli Stati “divini” allo Stato nazionale, facendo la loro parte nella scomparsa di una società. Due uomini che diventano soggetti politici. La loro storia è emblematica non soltanto del brigantaggio post unitario, ma anche della costruzione dell’edificio nazionale italiano. Apprezzati gli interventi musicali di Ferdinando Autiero, che ha eseguito brani della tradizione popolare contadina della nostra terra, suscitando nel pubblico intense emozioni. 

 Un evento destinato ad entrare nello scrigno storico di un antico teatro, cuore pulsante della cultura cosentina, il teatro “Alfonso Rendano”, teatro di tradizione della Calabria. (amv)