C’è chi ancora non ci crede e chi – ottusamente – contesta l’agevolazione riservata soltanto ai territori meridionali: da oggi, 1° ottobre, è legge la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, ovvero la riduzione del 30% dei contributi sociali e assicurativi dovuti dalle aziende per i propri dipendenti e, soprattutto, per i nuovi assunti. È un’opportunità seria per incentivare nuova occupazione e aiutare le imprese delle regioni meridionali da troppo tempo dimenticate e messe in ginocchio dall’emergenza coronavirus.
È una vittoria – bisogna giustamente riconoscerne il merito – del ministro per il Sud e la Coesione sociale Peppe Provenzano: l’aveva promesso si è battuto con la forza e la caparbietà di tutti i meridionali (è siciliano) e l’ha spuntata. «La riduzione dei contributi – spiega una nota del ministro Provenzano – beneficerà, inizialmente, del temporary framework della Commissione europea in materia di aiuti di stato. Al momento il Governo è impegnato in un dialogo con la Commissione Europea per estendere la misura fino al 2029. Dalle prime interlocuzioni con Bruxelles è emersa la disponibilità a considerare la proposta grazie al suo inserimento nel più vasto quadro di riforma previsto dal Piano Sud 2030. È fondamentale infatti che un sostegno di questo tipo sia duraturo, e non solo temporaneo, per permettere una pianificazione più efficace delle scelte di investimento e riorganizzazione delle imprese».
Nel Sud, infatti, la crisi da Coronavirus si abbatte su un sistema produttivo che ancora non ha recuperato quanto perso durante la Grande Recessione, aggravando la carenza strutturale di opportunità di lavoro e gli ampi divari con il resto del Paese e dell’Europa. Nell’anno in corso il lavoro sarà duramente colpito, in particolare al Sud. Le ultime stime diffuse dalla SVIMEZ segnalano nell’area un calo dell’occupazione di circa il 6%, a fronte del 3,5% al Centro-Nord. Sono i primi segnali dell’asimmetria territoriale con la quale, ripetendo l’esperienza della crisi precedente, si produrranno le ripercussioni economiche e sociali. Va scongiurato, inoltre, che al crollo senza precedenti dell’occupazione nell’anno in corso segua nei prossimi anni il rischio di una jobless recovery nelle regioni meridionali, che minerebbe la capacità di riavviare un processo di sviluppo forte, durevole e sostenibile. Per supportare, in tempi rapidi, la domanda di lavoro nelle regioni meridionali è stato dunque necessario un taglio del costo lavoro, che non passi attraverso un calo delle retribuzioni dei lavoratori, già compromesse da un decennio di stagnazione salariale. Il taglio dei contributi a carico dei datori di lavoro inserito nel “D.L. Agosto” sosterrà al Sud la domanda di lavoro delle imprese, senza erodere il potere d’acquisto delle famiglie e le prospettive reddituali dei più giovani.
La fiscalità di vantaggio per il lavoro, oltre all’effetto diretto di rilancio della domanda di lavoro e di incremento della competitività del Mezzogiorno, consentirà altri due principali effetti indiretti: contrastare il lavoro nero favorendo l’emersione e intercettare il fenomeno del back-reshoring fornendo un rilevante vantaggio competitivo alle attività produttive che con la pandemia rivedono le proprie scelte localizzative, che in passato le avevano portate fuori dall’Italia.
«Questo intervento – afferma il ministro per il Sud – costituisce parte di una strategia complessiva di sviluppo del Mezzogiorno, che prevede un’azione di rilancio degli investimenti pubblici e privati, facendo leva sull’attuazione del Piano Sud, oggi parte integrante del Piano Nazionale di Riforma. Sul fronte impresa e lavoro, diverse sono le misure già attuate. Sono stati messi in campo crediti di imposta per gli investimenti, potenziandoli nelle Zone Economiche Speciali legate ai porti e rafforzando per tutto il Sud quelli in ricerca e sviluppo; è stato avviato il Fondo “Cresci al Sud” per accompagnare la crescita dimensionale delle imprese e istituito una linea di intervento specifica per le imprese meridionali con il Fondo Nazionale Innovazione.
Secondo Provenzano, «La priorità al Sud resta il rilancio degli investimenti, per garantire i diritti di cittadinanza e infrastrutture degne del 2020, e per promuovere l’innovazione e la sostenibilità, come previsto nel Piano Sud 2030, una strategia che ora verrà fortemente rafforzata nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Fiscalità di vantaggio per il lavoro serve a moltiplicarne gli effetti in termini di ripresa occupazionale, perché il Sud ha bisogno di lavoro buono. E questo serve all’Italia intera».
Proprio stamattina il Corriere della Sera ha ospitato una lettera del ministro Provenzano in cui si rispondeva alle posizioni del giornale che in questi giorni «ha presentato nel migliore dei casi come un’illusione» la fiscalità di vantaggio per il Sud «(secondo il vice direttore Daniele Manca) o peggio, nell’editoriale di Francesco Giavazzi, come l’esempio di una strada che non aiuta le future generazioni e che addirittura “potrebbe avvicinare il Mezzogiorno al Vietnam”».
Provenzano spiega al Corriere che questa misura straordinaria nasce «Da una constatazione: fare impresa e lavorare al Sud costa di più, per un deficit di produttività legato a un progressivo disinvestimento di lungo periodo nel contesto formativo, infrastrutturale e istituzionale, aggravato dalle politiche di austerità seguite alla crisi precedente, di cui ancora attendiamo i famosi effetti espansivi previsti da Giavazzi. Se lo Stato, a ogni livello di governo, non ha investito in infrastrutture e servizi adeguati al Sud, in una P.A. efficiente, e tutto questo incide sui fattori di produttività, perché a pagarne il costo devono essere gli imprenditori e i lavoratori?»
«La “fiscalità di vantaggio per il lavoro” – dice il ministro Provenzano nella sua lettera al Corriere della Sera –, in questo quadro, è dettata dalla necessità di evitare un possibile collasso dell’occupazione nella crisi, che allargherebbe i già drammatici divari che separano il mercato del lavoro del Sud dal resto del Paese, per l’elevata incidenza di lavoratori precari, soprattuto tra quei giovani, dei quali Giavazzi giustamente si preoccupa, che già in molti casi non si sono visti rinnovare i contratti a tempo determinato. L’estensione fino al 2029, sepuur decrescente, serve a evitare quanto accaduto negli ultimi anni al Sud, una ripresa debole e senza lavoro (jobless recovery), e soprattutto a moltiplicare gli effetti occupazionali delgi investimenti (è quanto emerge da analisi di Banca d’Italia) che, nel 2021-2017, raggiungono una mole senza precedenti».
Il ministro conclude la sua lettera facendo notare che «a differenza di epoche passate, questa misura non è alternativa agli investimenti, è anzi il tassello di una strategia mai così ampia, ed è esattamente ciò che in sede europea viene apprezzato e che aiuterà, io credo, a rivedere gli orientamenti del recente passato… In Italia, purtroppo, è un costume poco diffuso anche tra le cosiddette élite, e forse è la ragione per cui si ripetono da decenni le stesse ricette economiche, con l’aggiunta di uno scetticismo (a volte giustificato) e una ostilità (spesso inaccettabile) per i provvedimenti destinati a sanare la frattura tra Nord e Sud. Liberare il potenziale di sviluppo dei territori, di tutti i territori, è la principale via per rilanciare lo sviluppo nazionale». (rp)
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