di SANTO STRATI – Maggioranza e opposizione ai ferri corti in Consiglio regionale, ma non sono le schermaglie abituali e – prevedibili – tra chi ha vinto e chi ha perso le elezioni. No, in Calabria si sta verificando qualcosa di insopportabilmente diverso, dove qualsiasi pretesto è buono per attaccare l’avversario (da entrambe le parti) e la lite è continua, a nocumento del bene comune. Ci sono decine, centinaia di problemi che aspettano soluzioni, risposte adeguate, ma l’Aula di Palazzo Campanella sembra diventata non la casa dei calabresi ma la location del film “La guerra dei Roses”, con la differenza che in un film la situazione può anche divertire. Qui, invece, è in gioco qualcosa che deve travalicare gli interessi personali o di parte, occorre trovare un’intesa e avviare leggi e riforme necessarie per garantire sbocchi a crescita e sviluppo che, invece, così facendo, si allontanano sempre di più.
L’ultimo episodio dello scorso venerdì, per l’elezione delle Commissioni e dei rispetti organi dirigenti è la goccia che fa traboccare il vaso. Se la destra ha agito in modo assolutamente discutibile nella proposta e nella scelta dei presidenti, dei vice e dei segretari, l’opposizione ha sbagliato egualmente, preferendo la comoda via dell’Aventino, ovvero l’uscita strategica dall’Aula. Attenzione, il 1924 è lontano, non ricorre alcun riferimento storico, scegliere di fare gli aventiniani di turno è una tecnica che – siamo pronti a scommettere – non piacerà affatto ai già delusi e disorientati elettori del centrosinistra. Occorre presenziare e affrontare la dialettica del confronto, anche battendo i pugni, ove necessario, ma è troppo facile abbandonare l’Aula e contestare ex post le scelte “solitarie” della maggioranza. Le argomentazioni vanno fatte in aula guardando in faccia gli avversari politici, senza insulti e contumelie, ma con la giusta convinzione che si possa alimentare il dibattito, non lo scontro. E, tra l’altro, Palazzo Campanella rimane ancora “vietato” alla stampa, per discutibili ragioni di sicurezza sanitaria.
Pippo Callipo è stato battuto sul filo di Lana dal suo ex compagno di partito Francesco Pitaro che ha presentato prima di lui le dimissioni. Ma le motivazioni del cav. Callipo lasciano un sapore amaro in bocca: «Ho depositato le mie dimissioni irrevocabili da vicepresidente della Commissione speciale di Vigilanza, carica che non ho scelto io ma che mi è stata assegnata dalla maggioranza. Non è accettabile che il centrodestra pretenda di vigilare su se stesso e che voglia far passare come un gesto di rispetto istituzionale l’aver offerto all’opposizione, in una logica di mero scambio di poltrone, la Presidenza dell’altra Commissione speciale, ovvero l’Antindrangheta, evidentemente giudicata “scivolosa” da qualche leader del centrodestra». Sappiamo che Callipo era assente per motivi personali, ma visto che c’erano due rappresentanti di Io resto in Calabria (Anastasi e Di Natale) avrebbe dovuto far sentire in aula le sue ragioni, anche per interposta persona, discutendo e rinfacciando le sue argomentazioni all’assemblea.
Callipo, in una nota, afferma: «Com’è noto, nella seduta del Consiglio regionale dello scorso 12 giugno, dopo otto ore di attesa dall’orario ufficiale della convocazione, la maggioranza ha proceduto, senza la presenza dell’intera minoranza, ad eleggere gli uffici di presidenza delle Commissioni permanenti e speciali indicandomi con un solo voto quale vicepresidente della Commissione di Vigilanza, nonostante non abbia mai fornito la disponibilità a ricoprire tale incarico e nonostante io fossi assente alla seduta per motivi personali preventivamente comunicati. Ma non è tutto. Nell’elezione degli uffici di presidenza delle Commissioni – prosegue il capogruppo di Iric – la maggioranza si è di fatto sostituita alla minoranza eleggendo anche tutti gli altri vicepresidenti che in effetti spetterebbero all’opposizione. La presidenza della Commissione di Vigilanza ha un ruolo di controllo essenziale per la democrazia e non è “sostituibile”, come invece avrebbe voluto fare la maggioranza, con altre Commissioni che hanno ruoli diversi. Per prassi la Vigilanza va all’opposizione perché è evidente che il controllore non dovrebbe mai coincidere con il controllato. L’atteggiamento assunto dal centrodestra – conclude Callipo – è dunque a mio avviso istituzionalmente non corretto e lesivo dei principi etici e democratici, per questo hanno fatto bene i consiglieri regionali di Iric Graziano Di Natale e Marcello Anastasi, come gli altri componenti dell’opposizione, a non entrare in Aula in segno di protesta».
Crediamo che buona parte degli elettori del centrosinistra, già vicini all’orlo di una crisi di nervi, non condividano neanche le motivazioni che hanno spinto tutti i consiglieri dell’opposizione a non restare in Aula. Francesco Pitaro (Gruppo Misto) non ha partecipato per protesta alla alla votazione in aula e ha contestato «aspramente il comportamento tenuto nelle ore immediatamente precedenti l’ultima seduta del Consiglio regionale dalla maggioranza di centrodestra. Dopo 8 ore e mezza di attesa – ha dichiarato Pitaro – non condividendo il quadro politico che si stava delineando e il totale boicottaggio della minoranza siamo andati via. Ciò nonostante, la maggioranza, violando il regolamento, non solo ha eletto i presidenti delle Commissioni ma ha pure proceduto alla elezione dei vice presidenti la cui elezioni spetta alla opposizione. Ma tuttavia se l’opposizione non era in aula è di tutta evidenza che quell’elezione è giuridicamente nulla ed inesistente».
Mimmo Bevacqua (capogruppo Pd), invece, ha spiegato: «ci dimettiamo dalle vicepresidenze, che non ci appartengono, perché sono servite solo a legittimare l’elezione da parte del centrodestra dei loro presidenti. Nei prossimi giorni metteremo in campo altre iniziative forti per dimostrare che la maggioranza ha violato tutti i principi democratici». E i consiglieri regionali dem hanno annunciato il ricorso al Tar: «Lunedì chiederemo il processo verbale dell’ultima seduta del Consiglio regionale e poi valuteremo con i nostri consulenti legali se ci sono le condizioni per ricorrere al Tar sulla vicenda delle commissioni». Come se la Calabria avesse bisogno di ulteriori inghippi burocratici da affidare al tribunale amministrativo.
«Nessuno di noi – ha detto ancora Mimmo Bevacqua – ha chiesto niente se non di rispettare una prassi democratica di assegnare alla minoranza la presidenza della Commissione Vigilanza, perché la maggioranza non può vigilare su se stessa. La mattina del Consiglio apprendiamo della disponibilità della maggioranza di offrire alla minoranza la presidenza della Commissione ‘Riforme’, ma poi si è svelato il vero volto di questa maggioranza, che non esiste, nel senso che ci sono 20 battitori liberi in cui ognuno gioca per se stesso. Dopo 4 mesi dall’insediamento del Consiglio regionale e dopo l’istituzione di una nuova Commissione non sono riusciti a presentarsi con una posizione unitaria e hanno rinviato i lavori per 8 ore. Ma la cosa che più ci scandalizza – ha dichiarato il capogruppo del Pd – è stato l’intervento diretto della leader di FdI Meloni per non avere la presidenza della commissione Antindrangheta in quanto non avevano indicato un profilo adatto. C’è poi da rimarcare il silenzio imbarazzante della presidente Santelli sulla vicenda che ha interessato un suo assessore. Non ci hanno lasciato altra scelta che abbandonare i lavori dell’Assemblea. Avere eletto con un escamotage gli uffici di presidenza delle Commissioni dando una rappresentanza fittizia della minoranza è stato un gesto rispettoso della forma, ma è una grave violazione di ogni principio democratico. Pertanto daremo le dimissioni dalle vicepresidenze che non ci appartengono. In tutto questo, fra l’altro, la funzione di arbitro e garante del presidente dell’Assemblea legislativa – rileva Bevacqua – è stata del tutto assente».
Il presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini ieri aveva espresso preoccupazione per la mancata partecipazione dei consiglieri di opposizione al voto sulle presidenze delle commissioni, augurandosi che possa prevalere «il senso di responsabilità istituzionale che ci ha consentito, appena qualche settimana fa, di correggere con umiltà un errore che rischiava di scavare un solco profondo tra l’Istituzione che rappresentiamo e l’opinione pubblica. La vita del Consiglio regionale – ha detto Tallini – deve andare avanti».
Anche Carlo Guccione (Pd) è intervenuto (dopo e fuori dell’aula) a motivare le ragioni dell’opposizione: «La presidente Santelli – ha detto – non ha speso una parola sulla vicenda che ha riguardato un suo assessore. Sulla questione si continua a tacere, e noi in questo clima non potevamo accettare la presidenza di una Commissione. La forzatura fatta di convocare il Consiglio ed eleggere i vice presidenti di minoranza di fatto è illegittimo: devono ritornare in aula per eleggere l’ufficio di presidenza perché le nostre dimissioni produrranno l’illegittimità degli uffici di presidenza delle Commissioni. Se viene meno uno dei componenti bisogna tornare in consiglio regionale e rivotare».
Il vicepresidente del Consiglio regionale Nicola Irto (Pd) ha lanciato l’auspicio che «il centrodestra torni sui suoi passi e si renda conto di aver fatto un clamoroso autogol, anzitutto agli occhi dei calabresi. Ci sono due temi che camminano assieme: il primo è che non è stato riconosciuto alla minoranza il suo ruolo di controllo, come avviene in tutte le Regioni, il secondo è che il centrodestra, negando la Commissione Vigilanza all’opposizione, fa venire il sospetto che voglia sottrarsi al controllo, e questo è preoccupante».
Non è solo questo preoccupante, però: inquieta tutti i calabresi che al posto di cercare intese per lavorare insieme, anche trasversalmente ove occorra, per il bene della Calabria, continui a prevalere una sorte di lite continua che non porta ad alcun risultato. L’opposizione deve accettare che la maggioranza ha preso più voti, quindi è legittimata a governare; dall’altro lato, la maggioranza deve capire che il confronto dialettico con la minoranza è alla base di qualsiasi progetto di iniziative utili per la Calabria. Se si passa il tempo a litigare, spesso imputando pretestuosamente anche un colpo di tosse o un battito di ciglia dall’una e dall’altra parte, non si va da nessuna parte. I calabresi lo hanno capito da tempo, quanto ci metteranno a comprenderlo anche gli attuali inquilini di Palazzo Campanella? (s)