di FRANCO BARTUCCI – Dopo il grande clamore registratosi alle Terme Luigiane, con l’azione forzosa unilaterale predisposta dai sindaci di Acquappesa e Guardia Piemontese sull’area della sorgente termale e del vecchio stabilimento San Francesco, pur in assenza di una regolare autorizzazione, prevista a norma di legge da parte di un’autorità giudiziaria, la Sateca sta procedendo in questi giorni a liberare la palazzina sede degli uffici amministrativi e di servizio di accettazione delle pratiche dei curanti.
Quanto è avvenuto il 5 febbraio va classificata come un’azione illegittima in quanto compiuta, in mancanza di un provvedimento giudiziario di un magistrato, alla presenza delle forze dell’ordine. Un precedente unico, che stravolge il senso della legalità, in quanto le stesse autorità istituzionali sapevano e nessuno è intervenuto per impedirlo e condurre il tutto nei giusti canali della correttezza democratica e delle regole che esistono in materia.
Può mai un proprietario di un immobile sfrattare un inquilino senza il dovuto documento di sfratto emanato da un magistrato? È quanto tutti si chiedono con l’aggravante che i sindaci, attraverso dichiarazioni pubbliche emanate mediante note di corrispondenza riservata e di comunicazioni mediatiche, sapevano ed erano a conoscenza della disponibilità da parte della Sateca di consegnare, senza alcun intervento forzoso, il vecchio stabilimento termale e quanto altro non utile alla erogazione delle cure termali. I sindaci, quindi, sapevano e nulla hanno fatto per impedire quanto è accaduto a tutela dello stato occupazionale dei lavoratori e contestualmente a tutela del diritto di quei 22mila curanti abitudinari ed affezionati ad usufruire annualmente dei benefici delle cure termali delle Terme Luigiane.
Per loro era importante che la Sateca accettasse la data del 30 novembre 2021 per la riconsegna dei beni termali e portare a compimento la gara per la ricerca del concessionario, con il quale stabilire la nuova forma contrattuale a tempo determinato come stabilito dal d.lgs 152/2006 e successivamente dalla legge regionale n.40/2009, non accettando quanto raggiunto con l’accordo sottoscritto dalle parti, presso la prefettura di Cosenza l’8 febbraio 2019, e cioè fino “all’effettivo subentro del nuovo concessionario”, giudicato dagli stessi molto “aleatorio”.
Per un non nulla si è arrivati a determinare uno scontro conflittuale, con l’azione unilaterale forzosa e con le reciproche querele che ne sono scaturite subito dopo, le quali andranno ad incidere in un rallentamento del percorso stabilito per il concorso finalizzato alla ricerca del gestore delle acque termali. Sarebbe bastato raggiungere un bonario accordo in fase contrattuale che stabiliva tale chiarimento e cioè che: «la Sateca poteva continuare a gestire i servizi termali fino al 30 novembre 2021 e comunque in caso di impossibilità fino all’effettivo subentro del nuovo concessionario nella gestione del servizio», come veniva stabilito nell’accordo sottoscritto presso la Prefettura di Cosenza nel 2019.
«Il compendio termale e le Luigiane – hanno dichiarato i due sindaci dopo il prelievo forzoso – sono un bene pubblico e qualcuno dovrà iniziare a capirlo subito».
Proprio il fatto che le Terme Luigiane sono un bene pubblico in senso generale e non espressamente delle sole comunità dei due comuni avrebbe dovuto spingere i due sindaci ad essere prudenti e a tenere in alta considerazione tale valore, annullato dalla loro azione di acquisizione con la forza del vecchio stabilimento e della sorgente.
Adesso, con il contenzioso legale, il tutto passa nelle mani degli organi giudiziari che non si sa quando si potrà avere un giudizio di merito, incidendo sulle procedure del concorso per la ricerca del nuovo sub concessionario.
«Il tempo e la Giustizia – hanno dichiarato i dirigenti della Sateca – stabiliranno chi, in questa vicenda, è stato dalla parte della ragione e chi del torto, ma la gestione della cosa pubblica dovrebbe rispondere ad altri canoni e non a pulsioni di odio immotivato».
Tutto questo, nel silenzio inquietante della regione Calabria, pur essendo proprietaria delle acque, sia da parte del presidente f.f. Nino Spirlì, che dell’assessore di competenza Fausto Orsomarso, intervenuto con dichiarazioni generiche e confuse, e ancor più grave dei consiglieri di minoranza, tra i quali, Carlo Guccione, firmatario della proposta di legge regionale che nel 2015 diede carta bianca ai due comuni di curare la gestione delle acque tramite la presentazione di un progetto funzionale allo sviluppo delle Terme stesse.
Un progetto presentato e mai approvato dalla stessa Regione per non conformità della documentazione progettuale, portando, comunque, il presidente Mario Oliverio, con ordinanza n° 16199 del 18 dicembre 2019, ad affidare ai due comuni la concessione per un periodo di trent’anni a partire dalla data fissata dalla legge 152/2006.
Alla luce degli eventi sopra descritti, a differenza degli attuali consiglieri regionali che continuano a mantenere una posizione di totale disinteresse, tranne che nel consigliere di maggioranza Pietro Molinaro inascoltato, intervenuto sul presidente Spirlì per una risoluzione del problema, il presidente Oliverio sollecitato ci ha fatto conoscere alcune sue considerazioni: «Quello che sta accadendo è un delitto, e anche il segno dei tempi che si vivono in Regione. Quello di affidare ai Comuni la delega in materia è stata una sciocchezza, escogitata e proposta dal consigliere Guccione al Consiglio regionale che l’ha approvata senza rendersene conto».
«Ora – ha aggiunto – in assenza di una guida ed un riferimento in Regione, si rischia davvero quanto tu dici (la chiusura a tempo indeterminato delle Terme). Sarebbe il caso che i lavoratori ed i sindacati risollevassero con forza la questione senza perdere tempo. Anche se, devo dirti, che per la situazione che si è determinata in Calabria nessuno (dei consiglieri ed autorità governative) è disponibile ad assumere iniziative che possano essere interpretate male o utilizzate per incorrere in vicende giudiziarie».
A questo punto, chi può essere colui o istituzione che può sbloccare tale contrasto e dare continuità occupazionale ai 250 lavoratori attraverso una regolare funzionalità delle Terme Luigiane? Che fine faranno tutte quelle attività commerciali, anche degli ambulanti e degli affittuari di appartamenti, alberghiere e di ristorazione che gravitano nell’area con la sua chiusura in assenza di altri beni materiali ed immateriali?
Ma, soprattutto, si può mai impedire ai curanti delle Terme Luigiane, il cui numero, al di fuori dello scorso anno condizionato dall’effetto della pandemia, si è vista una presenza attorno alle ventiduemila unità per oltre cinquecento mila cure, di soddisfare le loro esigenze curative sanitarie? Chi può mai dare una risposta esauriente a tali quesiti necessari ad avere una risposta immediata?
Probabilmente, con l’assenza totale della Regione ed alla luce delle preoccupazioni finali espresse dal presidente Oliverio, la salvezza potrebbe arrivare dalla magistratura su sollecitazione della Procura della Repubblica di Paola. È quanto in tanti si chiedono in questi momenti, a cominciare dai lavoratori e dai curanti. (rcs)