L'ANNUNCIO DEL VESCOVO ATTILIO NOSTRO: AVVERRÀ IL 23 AGOSTO PER I 100 ANNI DELLA MISTICA;
LA CHIESA DI PARAVATI SARÀ SANTUARIO: UN ALTRO "MIRACOLO" DI MAMMA NATUZZA

LA CHIESA DI PARAVATI SARÀ SANTUARIO:
UN ALTRO “MIRACOLO” DI MAMMA NATUZZA

di PINO NANO«Natuzza è la prova che Dio non si distrae, che Dio ha un progetto per ciascuno di noi. E tutti noi che l’abbiamo conosciuta, che abbiamo avuto modo di vederla, di ascoltarla, siamo stati colpiti da questa sollecitudine. Potremmo riassumere così il senso del suo messaggio. “Tu non sei solo”. “Dio è accanto a te”. “Dio ti conosce”. “Dio non si è sbagliato con te”».

Credo di poterlo scrivere senza ombra di smentita, ma questa è la frase più bella e più completa che un “servo di Dio” potesse pronunciare su Natuzza Evolo. Natuzza Evolo non si poteva raccontare meglio di così, e ogni qualvolta io rileggo questa frase mi rendo conto di quanto il mistero di Natuzza sia in realtà molto più grande di quanto nessun cronista abbia mai saputo raccontare.

«Natuzza è la prova che Dio non si distrae».

Dentro queste parole, pronunciate da Mons. Attilio Nostro il giorno del suo primo arrivo a Paravati, la sua prima uscita pubblica da Vescovo in Calabria, c’è il senso profondo del rispetto che la Chiesa riserva alla mistica calabrese. C’è una considerazione di fondo che travalica ogni altra analisi scientifica e che vede in Natuzza un riferimento fondamentale della storia della nostra Pietà Popolare.

Ci sono stati momenti della mia vita in cui mi sono avvicinato a Natuzza con grande scetticismo, e ci sono momenti in cui ho persino provato a non credere in tutto quello che l’evidenza mi poneva sotto gli occhi, ma quando rileggo sul mio diario di lavoro le cose dette in quel lontano 1° novembre del 2001 dal giovane Vescovo appena arrivato a Paravati, allora mi fermo a riflettere e vado in crisi. 

Se un “Uomo di Chiesa”, autorevole come lui, severo, attentissimo alla forma e al linguaggio, documentatissimo e pieno di mille certezze, ci dice che “Natuzza è la prova che Dio non si distrae”, allora forse si capisce meglio il senso delle sue ultime dichiarazione ufficiali, quello che mons. Attilio Nostro dice il giorno della Festa della Mamma dall’altare che era tanto caro a Natuzza, e da dove annuncia al suo popolo che presto la Chiesa di Paravati diventerà Santuario Mariano.

Emozionante. 

Emozionante anche per me, che di Natuzza avevo quasi paura. Paura che un giorno mi potesse dire, come faceva ai tanti che andavano a trovarla, «Figlio mio, fatti vedere da un medico, vedo che forse hai qualcosa che non mi piace».

Paura che Natuzza potesse leggere il mio pensiero, e quindi potesse carpire i miei dubbi e le mie incertezze su quanto le avrei chiesto. 

Paura di sentirmi dire «Sai ho visto tuo padre, che è ancora in attesa del paradiso». O peggio ancora, «Ma perché scappi in continuazione?». 

Paura che potesse leggere ed entrare nella mia vita privata “«Perché l’angelo che hai alle spalle mi dice che…».

Ecco allora che mi viene in aiuto la voce di don Attilio.

«Natuzza per noi è stato un segno profetico, di quale è la strada che noi siamo chiamati a percorrere. Ecco perché la nostra presenza non è soltanto rappresentanza, o numero. Ma è elemosina. È chiedere a Dio: “Signore riempi il mio cuore, perché senza di te è vuoto”. E si riempirà di mille spiriti inutili, che non danno ragione. Donami la Grazia Signore della tua presenza. Donami la Grazie di essere fedele a questo domani».

Il carisma di un Vescovo è anche questo. È questa capacità della sintesi, questa consapevolezza di doversi spiegare, di dover essere capito da tutti, ma anche questa certezza di dover dare al suo gregge un messaggio forte e preciso.

«Quello di oggi – dice quel giorno mons. Nostro – è un giorno che segue altri giorni, nel quale sono venuto qui pellegrino, mendicante, pieno di dubbi o di presunzione. In altri due incontri con Natuzza, avevo discusso di quanto potesse essere difficile essere sacerdote, non avrei mai immaginato che sarei diventato il suo vescovo. E quindi, per me è una ragione di enorme grazia poter dire a questa serva di Dio tutto l’amore, in risposta all’amore con il quale sono stato da lei accolto. Spero che la sua sollecitudine, e questa carità fraterna che mi ha voluto manifestare possa trovare nella mia vita, ma soprattutto nel mio ministero una saggia e adeguata risposta. Noi oggi siamo qui per ricordare la solennità di tutti i Santi, e per ricordare i giorni in cui lei ha compiuto questo pio transito da questa terra al cielo, ma in realtà questa unione con Dio è già cominciata in lei e nella sua vita sin dal momento in cui è stata chiamata attraverso il battesimo».

Come si fa a non credere? Come si fa a non dubitare che tutto quello che di negativo nel silenzio della tua redazione hai magari pensato non sia poi così vero?

Don Attilio quel giorno diventa il mio grillo parlante, quasi un tarlo che incomincia a insinuarsi nella mia mente. 

«Io spero che varcando quella porta – con la mano don Attilio indica la porta della Grande Chiesa di Natuzza – quella porta che indica la misericordia di Dio, la gente possa uscire di là dicendo “Il Signore ha parlato al mio cuore».

Tre anni dopo quel giorno, don Attilio sceglie la Festa che a Natuzza era più cara, la Festa della Mamma, per quello che sarà un vero e proprio annuncio storico. Per i cento anni dalla nascita di Natuzza Evolo, quindi il prossimo 23 agosto, l’attuale Basilica di Paravati diventerà Santuario Mariano.

Cosa vuol dire tutto questo?

Vuol dire prima di tutto che il legame profondo, intimo, è vero mai palese, mai dichiarato prima, che c’è sempre stato tra la Chiesa di Papa Francesco e la realtà di fede che si respira a Paravati, prende oggi corpo sostanziale. 

Vuol dire che la Chiesa di Francesco ritiene che questa Basilica abbia tutti i numeri per diventare Santuario. Vuol dire che la Chiesa ufficiale fa propria la scelta originaria di Natuzza, che per tutta la vita non ha fatto altro che pregare per poter dare «Alla madonna una casa degna di Lei».

Ricordo che quando per la prima volta Natuzza mi disse questa cosa «Io lavoro per dare alla Madonna una casa più bella di questa, e questa casa io già la vedo…», per un attimo pensai che quella donna vaneggiasse.

30 anni dopo la Chiesa era diventata una realtà fisica, e quando Natuzza morì, e la sua bara, venne deposta ai piedi del grande sagrato esterno della Basilica, capimmo tutti che da quel giorno la storia di Natuzza Evolo sarebbe diventata una leggenda.

«Pregate non solo per me- dice ancora don Attilio nella sua prima uscita pubblica davanti alla Chiesa di Natuzza- ma anche per questa meravigliosa opera (il riferimento è alla Chiesa) che è un’altra figlia di Natuzza. Pregate perché presto questa Chiesa possa essere consacrata al culto. Pregate perché il Signore possa imporsi nel mio cuore, e nel cuore di coloro che collaboreranno con me per questa intenzione. Perché questo santuario possa diventare ciò che era ed è nel cuore di Dio. Un posto dove le anime possano trovare rifugio. Un posto dove gli assassini possano riconciliarsi con Dio, pentirsi, ravvedersi, confessare. Un posto dove i delinquenti possano capire che esiste una alternativa al delinquere. Un posto dove marito e moglie si possano riconciliare. Un posto dove i ragazzi possano lottare per un mondo nuovo. Un mondo dove anche i sacerdoti possano ritrovare la propria vocazione, la radice di quell’amore che li ha portati a rinunciare a tutto per Dio».

Oggi, dunque, l’annuncio ufficiale che questa “Chiesa di Natuzza” sta per diventare Santuario. 

Questo significa meta di nuovi pellegrini. Questo significa tempio di nuove adunate. Questo significa una nuova oasi di preghiera e di fede. Ma questo significa, soprattutto, che la Calabria avrà un Santuario Mariano, come tanti altri sparsi per il mondo, nato qui per volere di Natuzza Evolo.

Tutto questo, in attesa che Natuzza stessa possa ora essere riconosciuta Beata. Il processo di Beatificazione a suo carico va avanti, non si è mai fermato, anzi oggi ha ripreso più vigore che mai. È vero, la Chiesa ha i suoi tempi, a volte anche lunghissimi ed estenuanti, ma è giusto che sia così. Chi vivrà vedrà. 

Ma era già tutto scritto? 

Non lo so, non credo, ma di quella prima uscita pubblica del nuovo Vescovo di Mileto a Paravati mi torna ancora in mente, prepotente, il riferimento bellissimo che don Attilio fece ancora su Natuzza.

«In quella storia che non riesci a capire, in quel passato che non riesci a perdonare, ma come fa un cuore a non riconciliare? Come fa un cuore che non è nella pace? Come fa un cuore che non è perdono, che non è misericordia, ad amare? Ecco perché noi, difronte a questa nostra incapacità, ci dobbiamo mettere in ginocchio, unire le nostre mani, e pregare. Ecco perché Natuzza per noi è stato un segno profetico, di quale è la strada che noi siamo chiamati a percorrere. Ecco perché la nostra presenza non è soltanto rappresentanza, o numero. Ma è elemosina. È chiedere a Dio: “Signore riempi il mio cuore, perché senza di te è vuoto”. E si riempirà di mille spiriti inutili, che non danno ragione. Donami la Grazia Signore della tua presenza. Donami la Grazie di essere fedele a questo domani. E allora questa pagina di vangelo, bellissima, che il Signore ci dona, vede anche noi come Beati».

Mi chiedo allora, ma come si fa a non credere che prima o poi, presto o tardi che sia, Natuzza sarà Beata? 

I presupposti fondamentali perché Natuzza possa diventare Beata oggi ci sono ormai già tutti. Questo lo dicono teologi di chiara fama internazionale. E se la Chiesa ufficiale ha formalmente deciso di innalzare la Basilica di Paravati a Santuario, allora qualcosa vorrà anche dire. Se non altro, qualcosa di veramente importante, dopo la morte di Natuzza, a Paravati torna a muoversi. E la certezza che tutto andrà per il meglio, credo sia proprio lui, don Attilio Nostro, questo giovane Vescovo illuminato, intellettuale e sacerdote cresciuto e formatosi alla Lateranense a Roma, “battezzato” sacerdote da Papa Giovanni Paolo Secondo, e mandato in Calabria da Papa Francesco a rimettere ordine nei “cassetti dei ricordi” di Paravati.

Ora serve solo aspettare. Anche se per la verità, per la gente comune, “Natuzza è già Santa”. (pn)