“La rana e lo scorpione. Ripensare il Sud per non essere né emigranti né briganti”, questo il titolo dell’ultimo libro del prof. Pietro Massimo Busetta, statistico ed economista tra i più apprezzati nel panorama nazionale.
Il libro del professore siciliano è stato presentato martedi 27 giugno a Sellia Marina, all’interno del resort “Costa Blu”. Diversi gli ospiti all’evento moderato dal direttore di Calabria Live Santo Strati, tra questi l’ex deputato Mario Tassone e l’accademico pontificio Mauro Alvisi.
Un appello alla mobilitazione civile e democratica, quello del professor Busetta, per evitare che l’Italia si spacchi ulteriormente, allargando il divario tra nord e sud.
Padrone di casa dell’evento l’imprenditore Giuseppe Nucera, presidente del movimento “La Calabria che vogliamo” e già presidente di Confindustria Rc.
Secondo Nucera, «la Calabria deve tornare in mano ai calabresi, basta con i manager che arrivano da fuori regione e soprattutto basta con un sud schiavo e succube del nord, impossibilitato a progettare e costruire un futuro diverso, più vicino alle proprie potenzialità».
«“La questione Sud” è rimasta irrisolta, immobile. Le tanto attese risorse del Pnrr andranno spese entro il 2026, poi saremo chiamati tutti a pagare il conto e restituire all’Unione Europea quanto ricevuto. La quota spettante al Mezzogiorno – ha evidenziato Nucera – è scesa dal 70% al 40%, una perdita devastante per il nostro territorio, decisamente bisognoso di risorse che le spettavano di diritto. Ringrazio il prof. Busetta per la sua presenza e la sua opera, una sorta di “sentinella” rispetto alle necessità del Mezzogiorno e le differenze oramai datate tra Nord e Sud. Il cambiamento – ha sottolineato l’ex presidente di Confindustria Rc- sono gli uomini a realizzarlo, soprattutto chi è ai posti di vertice».
«Negli ultimi anni abbiamo avuto una classe politica, di destra e di sinistra, incapace di affrontare e risolvere i problemi della Calabria. E’ arrivato il momento di dire basta, ricostruendo una classe politica e dirigenziale capace di abbinare a capacità, competenze e visione a un sentimento di sincero attaccamento al territorio che solo chi è nato in Calabria può avere», ha concluso Nucera.
L’accademico pontificio Mauro Alvisi ha posto l’attenzione sulla mancanza di un modello che impedisce al Sud di costruire un futuro differente e accorciare le distante rispetto al Nord.
«Per tornare al titolo scelto dal prof. Busetta, la rana non ha ancora capito come si tratta lo scorpione. Il problema è tutto qui, senza un modello capace di imprimere una visione forte e chiara del Mezzogiorno che si vuole costruire, il Sud non riuscirà mai a crescere e resterà condannato», ha spiegato Alvisi.
Di un partito immaginario dal nome “Pon” (Partito Unico del Nord) ha parlato l’economista Matteo Olivieri.
«Quando i meridionali si trovano intorno ai tavoli che contano spesso non sono in grado di esprimere un punto di vista comune. Gli interessi sono quelli di industrializzare ancora di più il Nord, magari non esiste concretamente un Pon ma di certo il settentrione è poco interessato allo sviluppo del Sud. In economia parliamo di “white elefants” in presenza di investimenti talmente costosi che diventano improduttivi e causano povertà. Quando abbiamo avuto l’ultimo Ministro allo sviluppo economico meridionale? La chiave è qui, nella potenza e gli interessi del Nord al cospetto della debolezza del Sud», ha concluso Olivieri.
L’on. Tassone, più volte deputato ed ex Sottosegretario con delega al Mezzogiorno, ha parlato di un’assunzione di responsabilità da parte della classe politica meridionale, che prima di guardare alle possibili ingiustizie provenienti dal Nord deve guardarsi allo specchio e fare un esame di coscienza.
«Bisogna fare camminare le idee. La corruttela esiste ma va combattuta e tenuta a bada, il problema è di carattere culturale e di sensibilità. Alcune operazioni assolutamente dannose le abbiamo fatte noi meridionali o la classe politica del Nord? Serve una riflessione tra di noi, per capire se c’è ancora entusiasmo, una fiammella di speranza. Sull’autonomia differenziata – ha evidenziato Tassone – servirebbe una lotta feroce. Io sono amico del Ministro Calderoli ma il suo dl è davvero una repubblica federale che affosserebbe definitivamente il Mezzogiorno».
Chiusura di evento affidata alle conclusioni di Busetta. L’autore del libro evidenzia del legame tra la formazione di una classe dirigente all’altezza e la scuola a tempo pieno, «è importante avere una cultura adeguata. Bisogna ripartire da una consapevolezza collettiva, solo cosi potremo cambiare la situazione. Se non possiamo essere briganti non vogliamo nemmeno essere migranti ma ancora oggi purtroppo lo siamo. I nipoti oramai tornano al Sud solo per i funerali dei nonni, questa è una ferita al cuore e non deve più accadere».
Busetta, da attento economista e statistico, ha snocciolato una serie di dati che hanno aiutato a cristallizzare la situazione con ancor più chiarezza.
«Gli ultimi dati relativi all’occupazione raccontano di un rapporto occupati di 1 a 2 per l’Emilia Romagna e di 1 a 4 per la Calabria. Questi numeri fanno capire che il problema del Mezzogiorno è enorme. Con 20 milioni di cittadini, il Sud è il sesto paese europeo e rappresenta il 33% dell’Italia. Siamo dentro la lampada ma abbiamo bisogno di qualcuno che la strofini, è un sistema che sta affossando tutti. Il capitale umano utilizzato altrove è sprecato, Bankitalia lo dice chiaro: se investi 1 euro al nord ne hai indietro 1, se investi 1 euro al sud ne hai 4. Per rilancio del Sud servirebbe 1 milione di posti di lavoro altrimenti non usciremo mai dal tunnel. Come si potrebbe intervenire? Tanti gli strumenti, una completa detassazione al Sud uno di questi. Le Zes in teoria rappresentano un’importante occasione ma non in questo modo. In Campagnia e Puglia funzionano, in Calabria e Sicilia invece sono ferme. Noi siamo unitari – ha concluso Busetta lanciando un allarme futuro – ma forse qualcuno potrebbe pensare che stare insieme non è utile. Ci sono nazioni europee che si sono completamente rilanciate dopo la divisione, penso alla Slovacchia ad esempio».
Un’analisi lucida e a tratti spietata, che non risparmia dure critiche e che con la metafora che dà il titolo al libro evidenzia l’harakiri che il Nord perpetua verso sè stesso ancor prima che nei confronti del Sud.
Tra passato, presente e futuro, il libro mette in evidenza come l’approccio verso le problematiche del Mezzogiorno sia stato sempre “leggero”, con le storiche problematiche del sud che rimangono irrisolte. (rcz)