di SANTO STRATI – Si può fare una proposta di legge per salvaguardare un tramonto? Sì, si può, soprattutto se il tramonto riguarda Stromboli ma coinvolge la Costa degli Dei: un fenomeno che si ripete solo quattro giorni all’anno (il 26-27-28-29 agosto) e si osserva dal lato calabrese del Tirreno. La cultura, quella che salverà la nostra Calabria, è anche nella bellezza di un tramonto, che, osservato dalla costa calabrese, fa vedere il sole “inghiottito” dal cratere. In realtà, la proposta di istituzionalizzare questo tramonto (a firma di Vittorio Sgarbi) è venuta fuori in un ambito ben più significativo, durante il bell’incontro sui “Mediterranei invisibili” e lo Stretto promosso dall’architetto Alfonso Femia, originario di Taurianova e oggi archistar mondiale, che ha lanciato già da alcuni anni l’idea di una Biennale che unisca le due sponde. Lo Stretto come pretesto e motivazione per un’operazione culturale di altissimo prestigio e livello: un’idea che è piaciuta molto a Sgarbi, il quale si è prodigato a far ospitare il convegno nell’esclusiva Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto (dove ha sede, tra l’altro, la Commissione Antimafia della Camera dei Deputati), coinvolgendo il ministro del Turismo Massimo Garavaglia. L’incontro a Sam Macuto è stato quindi l’occasione per mettere insieme con un parterre di relatori di grande rilievo (Francesca Moraci dei UniMediterranea, il direttore del Museo Archeologico di Reggio Calabria Carmelo Malacrino, Patrizia Giancotti antropologa dell’Accademia di Belle Arti di Reggio, Maria Fedele, assessore Turismo del Comune di Taurianova e il ministro Garavaglia, moderati da una brillante Francesca Agostino che è anche una delle animatrici del progetto sul Tramonto di Stromboli). È stato un incontro che dovrebbe avere molti seguiti: parlare del territorio, delle sue potenzialità soprattutto alle nuove generazioni, significa non solo aprire alla curiosità e stuzzicare l’interesse di giovani e future risorse, ma anche tracciare marcatori di sviluppo. Sgarbi che ha confessato di annoiarsi abitualmente ai convegni ha voluto sottolineare di aver trovato, invece qui, molti motivi di coinvolgimento: lo Stretto rappresenta – ha detto – la civiltà e la cultura europea che, cominciando a Vienna, a Londra, prima di arrivare nel nuovo continente finisce in Sicilia. L’idea di una Biennale dello Stretto può diventare il luogo che testimonia le tante cose che lì vengono create e non hanno modo di farsi conoscere. Ci sono tanti eventi al Nord (si pensi a Venezia, alla Triennale di Milano), al Meridione nulla». Per questo, questo tipo di incontri può essere da stimolo per individuare risorse che mandino avanti un progetto grandioso come una esposizione internazionale che emuli al Sud la Biennale di Venezia.
Intanto, in attesa del Ponte (in ferro, se mai si farà), l’idea di costruire un ponte ideale tra Sicilia e Calabria è suggestiva e vede protagonista lo Stretto di Messina nella proposizione di una Biennale (sul modello veneziano) che va a sconfinare al Sud. L’obiettivo – sostiene l’architetto Femia – è di conoscenza e di coscienza per arrivare alla consapevolezza: lo Stretto come omphalos di cultura e civiltà. Il progetto è stato avviato da tempo: «Il percorso che ci porta qui – ha detto Femia – è nato quattro anni fa: un team di architetti, artisti, fotografi, giornalisti ha esplorato i luoghi e gli aspetti più invisibili del Mediterraneo. Attraverso le direttrici geografiche individuate per ogni viaggio è stata costruita una mappa con riferimenti essenziali (infrastrutture, paesaggio, ambiente urbanizzato) su cui orientare le risorse e sviluppare in termini progettuali iniziative e interventi».
Se come dice Sgarbi al di sotto di Napoli c’è un’altra realtà anche in campo artistico, allora l’idea di una Biennale dello Stretto assume un ulteriore significato tutt’altro che divisivo: significa coinvolgere città e borghi in una ricerca che vuole esaltare il territorio e le sue specificità, oltre a persone e personalità artistiche in grado di lasciare un segno distintivo. Un racconto del territorio che diventa bene comune, dove – afferma Femia – «arte, architettura e politica possono cooperare per una crescita collettiva dei luoghi. La Biennale chiama a raccolta l’immaginazione, la progettualità, la ricchezza intellettuale del territorio». Sono stati indagati l’Area Grecanica con Amendolìa e Gallicianò, la Costa Viola, Rosarno, Scilla, Gerace per arrivare fino a Messina dove risaltano antiche fortificazioni passando dalla Rada di San Francesco, l’area portuale di Tremestieri, la passeggiata a mare della Batteria Masotto.
«Il progetto – secondo l’arch. Femia – è il primo passo nella direzione di sinergie e collaborazioni tra cittadini, istituzioni e amministrazioni. Mutando lo sguardo, lo Stretto, storicamente letto come divisivo tra Messina e Reggio, tra Calabria e Sicilia, diventa connessione che unisce i territori». È un luogo straordinario il Mediterraneo e l’idea di sconfinare a Sud acquista il sapore non di una provocazione, quanto dell’acquisita consapevolezza che il territorio racchiude una forza e una ricchezza ai più sconosciute. Ma Femia non parla al singolare, semmai allarga il campo, guarda ai Mediterranei Invisibili: «Viviamo una società che è figlia negli ultimi venti-trent’anni della schiavitù della velocità e abbiamo volto lo sguardo a oriente e ad altri mondi dimenticando, invece, questo luogo che è molto più ampio di come può sembrare e che può ancora ci può insegnare tantissimo, il Mediterraneo. E dalla nostra riflessione nasce l’esigenza di guardare al plurale, i Mediterranei, per indicare il luogo più importante, storico nei millenni dell’umanità, che ci ha raccontato la storia del mondo a tutti i livelli, artistici, economici, sociali, culturali, politici. Abbiamo coinvolto più di 80 artisti, scrittori, giornalisti, architetti, designer, fotografi per rispondere e reagire emotivamente quasi emotivamente a questa duplice riflessione». Il progetto è stato presentato alla Biennale di Venezia nel 2018 e successivamente a Città della Pieve per dare centralità all’idea per poi decidere che il luogo più significativo dove concentrare questa ricerca fosse lo Stretto.
«Avevo aperto un dialogo sulla sensibilità attraverso la proposizione dei Mediterranei invisibili, motivato dalla necessità di non volgere lo sguardo altrove: lo Stretto, alla fine, è diventato il baricentro di questa ricerca, è il magnete del Mediterraneo. Oggi che siamo tutti connessi è facile costruire un percorso che metta in gioco il tempo: per tre-quattro anni abbiamo scandagliato, anche emotivamente, le coste dello Stretto, tra Reggio e Messina intuendo la potenzialità dello Stretto come laboratorio permanente. Il viaggio come strumento di dialogo. Due parole racchiudono il senso di questo progetto: responsabilità, nell’azione presente, e generosità nel rapporto col futuro di ogni nostra azione. E la cultura come motore operativo è l’elemento più straordinario che oggi si possa immaginare».
Dunque, il progetto della Biennale dello Stretto può divenire il punto di raccolta della centralità del Mediterraneo tra arte, cultura e interscambio di conoscenze con i popoli che vivono il Mediterraneo in quanto si affacciano su di esso. E il Mediterraneo, anche dal punto di vista della crescita e sviluppo della Calabria, trova, per esempio, con il Porto di Gioia Tauro un ruolo di centralità che lo pone come motore e propulsore di iniziative economiche che fanno da preludio a interventi di natura sociale sul territorio. Lo Stretto è importante ma nessuno le mette al centro del dibattito politico e culturale. L’iniziativa di Alfonso Femia, dunque, merita attenzione e sostegno da una parte e dall’altra dello Stretto, perché come – sottolineato la prof. Francesca Moraci – «va condiviso il percorso di un codice di futuro diverso qui nell’area dello Stretto, dove la diversità riesce a fare sistema» e il territorio magico di entrambe le sponde è il respiro del Mediterraneo che rigenera la relazione in un mare che divide e unisce. E a supporto di tale progetto, anche il meraviglioso tramonto stromboliano (da osservare dalla Calabria), diventa un’ulteriore suggestione e un contributo ad attrarre attenzione sul territorio. Ricco, importante, ancora tutto da scoprire e valorizzare. (s)