NELL'ATTUALE CRISI DEGLI SCENARI POLITICI, DAI CONGRESSI DI FORZA ITALIA VENGONO SEGNALI INEQUIVOCABILI;
Giusi Princi, Roberto Occhiuto, Antonio Tajani e Francesco Cannizzaro al Congresso azzurro di Reggio

QUANT’È AZZURRA LA CALABRIA: MODELLO
PER LA VOGLIA DI CENTRO CHE HA IL PAESE

di SANTO STRATI – I congressi provinciali di Forza Italia che si sono svolti nei giorni scorsi in Calabria confermano una forte voglia di centro (moderato) e assegnano alla regione un ruolo importante nello scenario politico attuale. Che la Calabria fosse la regione più azzurra d’Italia si era già notato alle elezioni del 2022: se Forza Italia ha conquistato 22 seggi alla Camera (8,11%) e 9 al Senato (8,27%) lo deve soprattutto al sorprendente risultato calabrese: 16,25% al Senato e 15,64% alla Camera. Per intenderci, in Lombardia alle stesse elezioni il partito-non partito di Berlusconi superava di poco il 7%.

Cosa è che ha fatto diventare così “azzurra” la Calabria? Ma soprattutto come ha fatto questa terra, troppo spesso trascurata e dimenticata dal Nord ricco e opulento, a dare nuovo impulso a una formazione che, alla scomparsa di Berlusconi, sembrava inevitabilmente destinata all’estinzione? Pensateci bene: alla morte di Berlusconi gli osservatori politici più attenti presagivano una vera e propria fuga di parlamentari verso gli altri due partiti della coalizione, Fratelli d’Italia e Lega. Al contrario, non solo la fuga non c’è stata, ma l’ottimo lavoro di Antonio Tajani (su cui nessuno scommetteva un centesimo) ha fatto in modo di far ritornare l’orgoglio azzurro dei primi tempi dell’ex cavaliere, conquistando nuove simpatie nell’elettorato di centro destra.

Il segnale più evidente di questi congressi nelle cinque province calabresi, che hanno puntato sul territorio e hanno espresso nuovi – motivati – segretari provinciali, è la manifesta voglia di centro che l’elettorato (non solo calabrese) sta esprimendo, in un momento storicamente fallimentare per le politiche di partito alla vecchia maniera. Non è vero che non ci sia la voglia di fare politica, di partecipare, impegnarsi, ma i riscontri e le indicazioni (negative) che ogni giorno arrivano da maggioranza e opposizione, decisamente, scoraggiano ogni ardimento. Soprattutto i giovani, che mostrano più degli anziani una innata curiosità verso la politica, rischiano di venirne allontanati da atteggiamenti e polemiche giornaliere che sono una terribile cartina di tornasole per misurare la crisi della politica.

Intanto, c’è da dire che la tradizionale dicotomia destra-sinistra non ha più molto senso: negli ultimi trent’anni, dopo “Mani pulite”, la crisi della politica, intesa come schieramenti opposti ma in grado di dialogare, è esplosa in maniera irreversibile. Il risultato si tocca con mano guardando le percentuali del cosiddetto partito del non-voto. Scoramento, noia, rabbia hanno prevalso sulla passione politica e invitato gli elettori a disertare le urne. Con il governo di centrodestra della Meloni la sinistra (ma c’è ancora?) sta mostrando una debolezza estrema e l’incapacità di cogliere i segnali che arrivano dal territorio. La sinistra è diventata una sorta di partito d’élite che ha dimenticato le nobili origini e si diletta in abominevoli quanto inutili polemiche su chi (e non cosa) è “meglio” . Lo scontro dialettico ha lasciato il posto a insulti a volte velati e spesso mistificati da poco sottili ironie, senza poter offrire un minimo di contributo costruttivo. Il Paese va a rotoli (soprattutto per quanto riguarda i giovani, le donne, il lavoro – nonostante i tiepidi segnali di ripresa) ma si discute di aria fritta e si polemizza su qualunque cosa offra il pretesto per accusarsi a vicenda. Le cosiddette “armi di distrazione di massa”.

Il Paese non subisce né ha subito un governo di centro-destra: gli elettori hanno scelto democraticamente da chi volevano farsi governare, ma l’attuale momento con i fuochi di guerra che vanno dall’Ucraina al Medio Oriente meriterebbe un lavoro di squadra e non bisticci sul sesso degli angeli. Certo, allo stato, è solo utopia pensarlo, ma il Paese non vuole promesse e chiacchiere, ma provvedimenti seri in grado di cavalcare la crisi.

Questo governo, poi, va a corrente alternata: prima pensa di tassare i superprofitti delle banche, poi fa marcia indietro. Si ascrive una politica di welfare e per le famiglie, ma aumenta le tasse su pannolini e assorbenti (quindi penalizzando donne e famiglie). Annuncia roboanti misura per la crescita infrastrutturale, ma si perde nei vortici della burocrazia (la Zes unica che doveva partire il 1° gennaio è slittata – salvo nuovi impedimenti – a marzo) penalizzando imprese e deprimendo nuovi investimenti. Ma a queste defaillances della destra soprattutto meloniana (che ancora non ha deciso cosa farà da grande) non ci sono proposte serie, concrete, non si notano iniziative da parte dell’opposizione. E lo scenario della conservazione delle poltrone e del rispetto delle tradizionali cambialette elettorali (ancora in pagamento) si ripercuote sul Paese. Basti guardare alla scelta dei candidati per le Regioni che andranno al voto a breve. Una rissa continua, da una parte e dall’altra. Per non parlare, poi, della squallida messinscena della Giunta comunale di Reggio Calabria dove Falcomatà ha, alla fine, vinto la sua personale scommessa di potere sul suo stesso partito (il PD) che lo voleva fuori dai giochi. La partita – nonostante le accuse di antidemocraticità – gravissime, vista la provenienza – mosse dalla segretaria cittadina del PD, si è ricomposta non certo nel nome di un “volemose bene” a favore della città, bensì di una reciproca garanzia del mantenimento – fino a fine consiliatura – delle ricche prebende per assessori e consiglieri comunali. Scusate, ma bisogna dirlo: e quando gli ricapita?

In tutto questo, l’inaspettato segnale che arriva dalla Calabria, come Forza Italia, diventa un elemento cardine per gli scenari futuri: è stato presente a tutti i congressi provinciali il segretario nazionale nonché ministro degli Esteri Antonio Tajani il quale – è opportuno sottolinearlo – ha ben capito che dal Sud, anzi dalla Calabria, verranno indicazioni utili per una rigenerazione politica di un centro moderato. La cui guida – è ovvio – spetterebbe, con grave disdoro di Salvini e Meloni – a Forza Italia. È un segnale inequivocabile, quello della voglia di un centro moderato, non troppo vicino a nostalgie destrorse e a sogni leghisti di autonomia differenziata a danno del Sud.

Non dimentichiamoci che il presidente Occhiuto è di Forza Italia ed è un consumato politico, come di larga esperienza risulta il coordinatore regionale Francesco Cannizzaro. Se sanno cogliere l’occasione, saranno loro due i protagonisti di un crescendo importante dell’elettorato (azzurro) di centro. Per guidare la Calabria a diventare un modello centrista cui il Paese (quello che va a votare e non ama la sinistra) possa ispirarsi. (s)