REGGIO – Con gli Amici del Museo si è parlato delle Acque Termali di Reggio

Interessante il quarto incontro organizzato dall’Associazione Amici del Museo di Reggio Calabria che, nell’ambito del ciclo di conversazioni I preziosi del MArRC  e la Storia di Reggio Calabria, hanno parlato delle Acque termali di Reggio Calabria.

Hanno relazionato il prof. Carroccio e il prof. Arillotta.

Nel Museo Barberini di Roma è conservata una lapide funebre, con testo in greco, datata al II sec. d.C., sulla quale Agapomene ricorda il figlio Atimeto, morto in giovane età, e dice di essere originario di Ρηγιον “ricca di acque”. Nella famosa Tavola Peutingeriana, su cui si sono riportati tutti i territori dell’Impero Romano, Reggio è segnalata con un simbolo che rappresenta una struttura termale.

Il geografo arabo Idrisi, nella sua descrizione del mondo all’epoca conosciuto, scritta per incarico del re normanno Ruggero II, nel 1154 parlando di Reggio (il che conferma l’importanza che la nostra città ha sempre avuto in tutti i tempi), la definisce “piccola ma ricca di frequentati mercati e bagni”.

Lo storico romano Varrone, vissuto all’epoca dello scontro tra Ottaviano e Sesto Pompeo, racconta che il mitico Oreste, figlio di Agamennone, uccisore della infedele madre Clitennestra, per purificarsi del delitto commesso, doveva immergersi in sette fiumi distinti fra di loro ma aventi la stessa scaturigine. Questa caratteristica orografica, secondo Varrone, Oreste la trovò nel territorio reggino, riuscendo così a liberarsi delle Erinni che lo perseguitavano. 

Effettivamente, nell’area oggi occupata dal centro storico cittadino è attestata la presenza di numerosi corsi d’acqua che, scaturiti dalla collina del Trabocchetto che sta alle sue spalle, si scaricano, dopo un percorso sostanzialmente breve, nel mare dello Stretto.

Alla fine del III secolo a.C., quando la città ormai inglobata nella potenza romana, Reggio conia una particolare serie monetale, raffigurante sul recto Asclepio, dio della medicina, e sul verso la figlia lgea, che offre al “serpente sacro” una coppa di acqua, evidentemente salutare.

Tutta questa evidenziazione di un rapporto diretto tra il territorio reggino e presenze idriche particolari, trova preciso riscontro nelle scoperte archeologiche fatte nello stesso territorio: ben otto impianti termali sono stati messi in luce nel corso dei secoli dando precisa conferma di una caratterizzazione urbanistica direttamente legata allo sfruttamento di acque per scopi termali. Parliamo della terma esistente sotto il palazzo della Banca d’Italia, della terma di scoperta nella realizzazione dell’Auditorium San Paolo, della terma di via Cimino, della terma presente nelle fondazioni del palazzo Trapani Lombardo, della grande terma i cui resti si possono ammirare sul Lungomare e che si estendeva fino a comprendere l’area dell’istituto scolastico “Raffaele Piria” e la sede della Stazione. Sperimentale e delle Essenze. Le strutture di questa terma erano talmente possenti che furono inglobate nella cinta muraria medievale della città. Così come “insigni” vengono definite quelle dell’edificio sottostante la Banca d’Italia.

E che non si tratti di semplice acqua potabile, ce lo dicono i risultati delle analisi a suo tempo fatte sull’acqua sgorgante dal pozzo del Monastero di Sales nelle cosiddette “Tre fontane”, analisi che rivelò la significativa presenza di magnesio. Ed il reggino Cristofaro Musco, autore ottocentesco di una “Memorie di storia reggina”, ricca di notizie di vita cittadina nell’età a lui contemporanea, ci parla di un pozzo realizzato nel 1835 nell’area oggi occupata dal palazzo della Città Metropolitana, pozzo che presentava acqua dall’inconfondibile odore e sapore di “solfuro” che, egli ricorda, appestava l’aria” tanto che dopo solo un anno esso fu chiuso”. Si trattava, quindi dirittura, di una falda di acqua solfurea.

In particolare, il prof. Carroccio, titolare di Numismatica all’università della Calabria, ha illustrato aspetti tecnici e scientifici della moneta di Esculapio, mentre il prof. Arillotta, dopo aver richiamato gli elementi documentali sopra riferiti, ha fatto riferimento alle affinità strutturali ben evidenti esistenti fra il cosiddetto Ninfeo di Minerva medica esistente a Roma, ed il Ninfeo scoperto nel 1810 e riscoperto da Orsi nel 1912, esistente sotto l’attuale Palazzo della Prefettura.

In conclusione, si è auspicato che vengano programmate iniziative opportune per la realizzazione di impianti di utilizzazione di una così importante ricchezza naturale, che renderebbe Reggio Calabria un’inedita ma allettante “città termale”. (rrc)

REGGIO – Successo per la presentazione del libro di Filippo Arillotta

Grande successo, a Reggio, per la presentazione del libro Storia fantastica del Bergamotto di Reggio Calabria di Filippo Arillotta, organizzata dall’Associazione Amici del Museo di Reggio, nell’ambito degli incontri culturali Vediamoci Domenica.

Per l’occasione, nella sede spettrale di via della Giudecca, soci e simpatizzanti del sodalizio reggino si sono incontrati con l’Autore, interessati a conoscere i risultati delle sue ricerche su questo autentico mistero della Natura. Ed egli ha ripercorso con loro i momenti salienti delle indagini condotte in forma virtuale presso biblioteche ed archivi italiani, tedeschi, francesi, inglesi ed americani. In questo modo, reso fortunatamente possibile dalla moderna tecnologia, egli ha potuto attingere ad oltre un centinaio di pubblicazioni di grande valore scientifico, nelle quali, a partire dalla metà del XVII secolo, si parla della coltivazione dell’albero di bergamotto e della utilizzazione della sua essenza, ma anche del succo del frutto, chiamato, al suo primo apparire, “pera bergamotta” per la sua somiglianza con l’omonima, profumata, ‘pera’. 

Ne è scaturito, così, un vasto panorama di testimonianze assolutamente inedite, talvolta anche inaspettate, che parlano di questo agrume veramente prezioso. Sulla sua comparsa nel campo della Aromataria, i documenti fin qui acquisiti attestano una sua presenza solo a partire dagli ultimi decenni di quel secolo. Sulla sua nascita, come ibrido forse voluto, le tracce portano verso Firenze, nella grande tenuta ‘la Fonderia del Granduca’ di Cosimo II dei Medici, a Poggio a Caiano, dove si eseguivano audaci esperimenti innovativi in agricoltura. 

Lo studioso ha, infine, evidenziato l’ulteriore mistero costituito dalle particolarità della coltivazione a Reggio Calabria e sulla sua costa ionica, con le sue caratteristiche di assoluta originalità ed esclusività, a livello mondiale. 

Ne è seguito un ampio conversare con i presenti, tutti particolarmente interessati alla vicenda veramente ‘fantastica’ di quello che è stato giustamente indicato come ‘L’oro verde di Reggio Calabria’. (rrc)

 

 

REGGIO- Successo per il trekking urbano archeologico degli Amici del Museo

Successo per il trekking urbano archeologico sul Lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, organizzato dagli Amici del Museo di Reggio Calabria, in occasione della 18esima Giornata nazionale degli Amici dei Musei.

L’iniziativa ha consentito di far apprezzare il gran numero di testimonianze storiche, artistiche, naturalistiche che fanno del nostro Lungomare una struttura urbana veramente eccezionale, suggestiva e coinvolgente. 

I partecipanti, cui hanno fatto da guida il presidente Francesco Arillotta ed il consigliere Roberto Crupi, sono partiti dalla spianata di Calamizzi, sulla quale è collocata la statua che ricorda lo sbarco dei Calcidesi e dei Messeni nell’VIII secolo a. C.

Dopo questo luogo dove, secondo la tradizione, ebbe inizio il periodo magnogreco di Rhegion, tappa alle mura magnogreche. Costruite nel IV secolo a.C., sono state portate alla luce da Paolo Orsi. Evidenziato il ruolo che questa solida cinta muraria ebbe nella difesa della città anche contro Annibale, ed evocato il mistero della collocazione della Rhegion dell’VIII secolo a.C. Illustrato anche il cippo in pietra dedicato ad Augusto, scoperto nelle fondamenta del palazzo del Banco di Napoli.

Ci si è soffermati, quindi, davanti alla elegante colonna binata romana, trovata nelle fondamenta del Palazzo della Provincia (oggi della Città Metropolitana), e, a suo tempo, significativamente dedicata al famoso latinista reggino Diego Vitrioli, per poi sostare dinnanzi al recinto che protegge le vestigia della terma romana.

Di questa che doveva essere una struttura imponente, molto vasta, sontuosamente decorata anche con affreschi, purtroppo resta solo un brandello, che fa rammaricare di tutto quello che si è perduto. Illustrate con questo approccio le numerose ‘presenze’ che si incontrano camminando «sopra», si è fatto riferimento anche a quelle archeologiche che giacciono «sotto», tuttora sepolte, a cominciare dal cimitero ebraico. 

Il trekking si è concluso davanti il monumento a Corrado Alvaro, sul Largo Cristoforo Colombo.  (rrc)

REGGIO – Giornate Amici del Musei, il trekking urbano archeologico

Domani mattina a Reggio, dalle 9, è in programma il trekking urbano archeologico organizzato dall’Associazione Amici del Museo di Reggio Calabria.

L’iniziativa è stata organizzata nell’ambito della 18esima Giornata nazionale degli Amici dei Musei, e prevede – dopo il raduno nell’area del Tempietto – una passeggiata sul Lungomare Falcomatà, con soste nelle aree storico-archeologiche e illustrazioni a cura di Francesco ArilottaRoberto Crupi.

Con l’arrivo a Piazza Indipendenza, si prenderà il pullman turistico scoperto Atam per ritornare nell’area del tempietto. Si seguirà Corso Matteotti, dove Renato Laganà illustrerà i palazzi storici di quell’arteria.

Chiude l’evento, alle 12.30, un pranzo sociale. (rrc)

Fondazione Mediterranea e Amici del Museo scrivono a Franceschini per il restyling di Piazza De Nava

Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea per l’Area dello StrettoFranco Arilotta, presidente dell’Associazione Amici del Museo di Reggio Calabria, hanno scritto una lettera aperta al ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, in merito al restyling di Piazza De Nava.

«Le scriventi organizzazioni culturali di Reggio Calabria, Fondazione Mediterranea per l’Area dello Stretto e Associazione Amici del Museo – si legge nella lettera – al cui interno opera una qualificata selezione della cittadinanza reggina, recepito l’orientamento di altre strutture associative e culturali oltre che di quella comunemente definita come società civile, si permettono di disturbarla per una questione che, pur a prima vista periferica e marginale, a loro avviso è di fondamentale importanza per un Paese “antico” come l’Italia e per un Ministero, come il suo, che questa antichità intende tutelare e proteggere per una sua ottimale fruizione anche attraverso interventi di restauro e riqualificazione». 

«Questa premessa è d’obbligo – continua la lettera – perché a Reggio Calabria è stato programmato, proprio dalla Segreteria regionale Mibact, un intervento che, impropriamente definito come di “restauro e riqualificazione”, nella realtà dei fatti collide con la mission ministeriale in maniera tanto plateale quanto suscettibile di sanzionamenti da parte dell’autorità giudiziaria, alla quale si adirà ove la nostra richiesta non venga presa in considerazione. L’antico di cui si parla, nella città di Reggio, non è solo quello relativo alle vestigia dei suoi antichi fasti greci e romani ma, avendo subito nel 1783 e poi ancor più nel 1908 devastanti terremoti che ne hanno stravolto la struttura primaria, è anche quello della sua ricostruzione in stile liberty e razionalista della prima metà del trascorso secolo, basato sullo schema urbanistico illuminista di fine Settecento». 

«Le sue strade e le sue piazze del centro – continua ancora la lettera – come quella intitolata a Giuseppe De Nava, che della seconda ricostruzione fu uno dei principali mallevadori, rappresentano un unicum urbanistico che, pur in parte devastato dalla speculazione edilizia degli anni Sessanta e dall’inettitudine amministrativa di una classe politica non all’altezza dei suoi compiti, mantiene comunque una sua coerenza ed eleganza. La citata piazza De Nava, antistante al Museo Archeologico Nazionale del Piacentini e chiusa da un palazzo d’epoca di Camillo Autore, è stata concepita nel Ventennio, con una sua esemplare razionalità di corredo e raccordo tra i palazzi e le strade con il loro caratteristico basolato lavico. Il tutto costituisce un insieme coerente e concluso che ne fa un salotto cittadino, per come anche elogiato nel 1936 dallo scultore Francesco Jerace, autore della statua che vi troneggia». 

«La Segreteria regionale del Mibact – viene spiegato – spaccia per restauro un intervento demolitivo che della struttura originaria della piazza non lascia assolutamente nulla, radendo a zero e spianando tutto ad eccezione della statua del De Nava, e chiama il suo intervento “Piazza De Nava – Restauro e riqualificazione per l’integrazione tra in Museo Archeologico Nazionale e il contesto urbano”. A testimonianza che questa lettera non deriva da un atteggiamento integralista o dogmaticamente orientato, si ricorda che: la piazza è un bene culturale da tutelare e conservare ai sensi del codice dei beni culturali di cui al DL n. 42 del 22 gennaio 2004; è stata fatta pervenire all’Amministrazione Comunale e alla Conferenza dei Servizi una serie di modifiche che, mantenendo le finalità di “riqualificazione e integrazione …”, facciano divenire il progetto realmente di “restauro” anziché di demolizione, termine esplicitamente usato dai tecnici contrattati dal Mibact». 

«A sostegno delle nostre tesi – proseguono Arilotta e Vitale – si evidenzia che: non esiste un solo testo di architettura e urbanistica che avalli un simile concetto di restauro; dopo gli anni Sessanta in Italia è stato lo stesso Mibact che si è opposto a simili interventi; che proprio la Segretaria regionale del Mibact si è opposta a un progetto sulla medesima piazza, proposto dal Comune nel non lontano 2007.  Non ci si dilunga ulteriormente in questa sede, rendendosi ampiamente disponibili a produrre atti e documenti per chiarire nel dettaglio tutti gli aspetti di questa mortificante esperienza, ma si ribadisce comunque: la richiesta di un suo intervento per valutare se la Segreteria regionale calabrese del Mibact, come da noi ipotizzato, abbia avallato progettualità che collidono con la mission ministeriale; l’intenzione di intraprendere le opportune azioni giudiziarie a tutela della storia della città e della memoria dei suoi cittadini, certi che comunque vi sia un insanabile contraddizione tra il titolo “restauro” e la demolizione prevista nel progetto». (rrc) 

La proposta degli Amici del Museo: Un percorso di trekking tra i 21 siti archeologici di Reggio Calabria

Realizzare un percorso di trekking tra i 21 siti archeologici della città di Reggio Calabria. È la proposta avanzata dall’Associazione Amici del Museo di Reggio Calabria, guidato da Francesco Arilotta per «rendere più consapevoli i primi (i reggini) e più compiaciuti i secondi (i forestieri), dell’effettiva dimensione del patrimonio archeologico di Reggio Calabria».

«Reggio Calabria, infatti – ha spiegato Arilotta – presenta, nell’ambito del suo territorio comunale numerosi luoghi –ventuno, per l’esattezza – nei quali si possono osservare testimonianze archeologiche che sono venute alla luce, nel corso degli anni, particolarmente significative del nostro passato. Eppure, questa ricchezza non ha mai goduto di molta fortuna, sotto il profilo della sua valorizzazione; càpita spesso che, quando si hanno in cassaforte tanti preziosi gioielli, se ne trascura il valore». 

«Stiamo parlando – ha spiegato – di necropoli magnogreche, di edifici termali romani, di una chiesa normanna. Un patrimonio storico notevole, che altre città meridionali, altrettanto illustri come Reggio Calabria, non posseggono; patrimonio che potrebbe costituire, invece, una grossa pedina di base per una intelligente ed accattivante qualificazione anche della nostra offerta turistica. A cominciare dall’area Trabocchetto-Mati, la più grande area archeologica annoverata sul suolo cittadino, che è “aperta” a tutti, fuorché a studiosi, scolaresche e turisti». 

«E ancora – ha proseguito – il Parco Archeologico di Occhio di Pellaro, che, per qualche tempo, è stato affidato alla cura della giovanile ‘Associazione Garibaldina’ di Motta San Giovanni, che ne aveva fatto un gioiello culturale, e che oggi, per pastoie di varia natura, è tornato ad essere impraticabile; e gli appassionati volontari di quell’Associazione ci hanno rimesso anche le spese fatte per l’acquisto della necessaria attrezzatura… Sulla via Luigi Aliquò Lenzi, nell’ambito della prospiciente area strutturata ad arena, c’è una caratteristica tomba a volta, di età ellenistica, con accanto un pozzo, già oggetto di studio e di rilievi accurati da parte dell’équipe studentesca della professoressa Fragomeno; ma, per renderla fruibile da eventuali visitatori, bisognerebbe lavorare sodo per liberare il complesso da ogni sorta di rifiuti accumulatisi nel tempo». 

«Poco lontano, sulla via 25 luglio 1943 – ha detto ancora Arilotta – ci sono i diffusi resti di una particolare struttura agricola extra-urbana, datata come di età romana, che è, ormai, coperta da fitta boscaglia.  Al lato opposto della, città, oltre la Fiumara Calopinace, al capo del ponte di Sant’Anna lato Sbarre, nell’estate del 2004, a diversi metri di profondità, durante la costruzione di un importante  complesso edilizio, furono scoperte una quarantina di tombe, anch’esse di età ellenistica, cioè tra il IV ed il II secolo avanti Cristo, facente parte di un sistema di piccoli insediamenti presenti anche sul terrazzo quaternario di Petrillina e del costone nel Rione Modena attraversato dalla strada che va verso Cardeto. Nove di queste tombe, del tutto intatte, furono, al momento della scoperta, ritenute caratteristiche per le loro particolari tecniche costruttive, e furono avvolte in solide strisce di tela gessate, e quindi staccate dal terreno. L’intenzione era di inserirle successivamente in una consona struttura museale, appositamente realizzata al margine del complesso residenziale, per accordi intercorsi tra l’impresa costruttrice, la Soprintendenza Archeologica della Calabria ed il Comune di Reggio Calabria. La struttura esiste, ma non abbiamo notizie delle nove tombe, e, comunque, il mini-museo è vuoto».

«Ci sono, anche – ha proseguito – i settantacinque metri della imponente murazione della nuovaRhegin del IV sec. a.C. messi in luce un secolo fa da Paolo Orsi, che venti e piogge stanno lentamente… levigando. Della struttura ipogea di Piazza Vttorio Emanuele, del podium di Piazza Giuseppe Garibaldi e dell’Area Sacra Griso Laboccetta con i resti del tempietto dedicato forse a Cerere scavato da Alfonso de Franciscis, e delle sue fornaci per i vasi “calcidesi”, si è già parlato a lungo. Per quest’ultima situazione, dovrebbe esserci da alcuni anni un progetto elaborato dai tecnici della vecchia Amministrazione Provinciale, oggi Città Metropolitana, che comportava la sistemazione di tutto, e il successivo afffidamento di gestione alla Sezione reggina di Italia Nostra; progetto di cui si è persa la memoria».

«Nei seminterrati del palazzo dell’ex Genio Civile, oggi Palazzo Zani, lato mare – ha spiegato Arilotta – ci sono alcuni ambienti, uno dei quali è anche mosaicato, che si ipotizza facessero parte di un ampio impianto mercantile romano. E per concludere – ma non per esaurire – l’argomento,  nei cantinati del bel Palazzo Laface, in Piazza Duomo, ci sono due pozzi con rivestimento cilindrico scavati dai nostri antenati magnogreci; uno dei quali ancora pesca acqua». (rrc)