Il Comune di San Pietro Apostolo è, tra i primi in Italia, a chiede e a ottenere che, in occasione del progetto di risparmio energetico della scuola comunale, simile al più noto Ecobonus 110%, venga eseguito un monitoraggio della presenza di gas radon da parte dell’Arpacal.
Tale monitoraggio, infatti, deve essere effettuato sia prima che dopo le opere, al fine di garantire la salubrità dei locali in cui accedono alunni, assistenti e corpo docente.
Tale richiesta è stata formulata dal Sindaco di San Pietro Apostolo, Raffaele De Santis, aderendo alla proposta tecnico-scientifica che l’agenzia ambientale calabrese, anche coinvolgendo nei mesi scorsi gli ordini professionali della provincia di Catanzaro, ha voluto presentare per attenzionare su una criticità ambientale potenziale che potrebbe derivare proprio dalle opere rientranti nell’ecobonus.
L’Arpacal, infatti, ritiene che si debba fare una attenta valutazione dell’impatto che le tecniche usate in edilizia per l’efficientamento energetico, tra cui il cosiddetto “cappotto termico”, possono avere nei confronti della mitigazione del rischio dalla presenza del radon, gas radioattivo naturale che in Italia è la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo.
Sulla base di questo impulso, il comune di San Pietro Apostolo ha chiesto quindi l’intervento del dr. Salvatore Procopio, fisico del Laboratorio “E. Majorana” del Dipartimento Arpacal di Catanzaro, che cura il monitoraggio e mappatura del gas radon a livello regionale, per posizionare i dosimetri al fine di misurare la presenza “ex ante” di radon e, quindi, seguire l’andamento delle opere per giungere, a conclusione delle stesse, alla consegna di un report che attesti l’eventuale variazione dei valori precedentemente misurati.
«Ciò conferma – ha concluso il direttore generale dell’Arpacal, dott. Domenico Pappaterra – che la nostra agenzia, come da ruolo istituzionale che è chiamata ad assolvere, garantisce la propria collaborazione tecnico-scientifica per guidare gli enti pubblici verso un corretto percorso di efficientamento che sia finalizzato anche alla prevenzione e protezione dell’ambiente». (rcz)
Il caso del rinvenimento da parte dei tecnici Arpacal di sorgenti radioattive occultate sotto il manto stradale dell’area industriale del Vibonese e procedure per la bonifica radiometrica messe in atto dai tecnici Arpacal, saranno discusse agli Incontri Mediterranei, in programma il 25 e 26 novembre a Siracusa.
Come è noto, l’indagine relativa al ritrovamento delle sorgenti radioattive nella zona industriale del vibonese scattò grazie ad una procedura di contenimento del rischio radiologico potenziale, applicata alle attività di campionamento e sopralluogo in aree prive di conoscenze ambientali, conosciuta con l’acronimo Bonrad (Bonifica radiometrica) che i tecnici dell’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria) mettono in azione sistematicamente ogni qualvolta sono chiamati ad operare, appunto, in aree per le quali non ci sono dati ambientali chiari ed univoci sulla pericolosità radiologica.
La scoperta, in occasione di un controllo nell’area industriale di Vibo Valentia su un abbanco di rifiuti stoccati in un capannone per il quale era necessaria una complessiva opera di caratterizzazione, fu fatta dai tecnici dr. Salvatore Procopio, fisico del Laboratorio “E. Majorana” del Dipartimento Arpacal di Catanzaro e ing. Pietro Capone del Dipartimento di Vibo Valentia.
Con una comunicazione scientifica (“Il rinvenimento di 226Ra in un’area industriale con l’applicazione di una procedura preventiva di gestione del rischio radiometrico senza l’ausilio dei portali radiometrici o dei collaboratori di giustizia” – S. Procopio, P. Capone, F. Borrello, P. Chiodo, P. Casaburi, M. Iannone) l’Arpacal continuerà a tenere acceso un riflettore sulla necessità di procedere sempre a controlli radiometrici sui territori nei quali sono chiamati ad operare i tecnici delle Arpa, non solo per garantirne la salute ma soprattutto ai fini della ricerca di potenziali contaminanti nascosti
Negli Incontri Mediterranei organizzati dall’Aidii – dopo che nelle precedenti edizioni sono state dedicate ad argomenti monotematici – in questa edizione, prendendo spunto dalle recenti direttive europee 2019/130/Ce e 2019/983/Ce, si intende proporre alla comunità scientifica, un’occasione di approfondimento e confronto sulla tematica dell’esposizione a cancerogeni negli ambiti di lavoro e di vita, nell’intento di offrire spunti di riflessione e esperienze nell’ambito della valutazione dei rischi e del monitoraggio ambientale e biologico per tale tipologia di agenti, che hanno un impatto importante sulla salute dei lavoratori e della popolazione generale. (rrm)
I risultati di una ricerca sulla presenza delle microplastiche nei mari che bagnano la Calabria sono stati oggetto di un articolo scientifico pubblicato dall’International Journal of Environmental Research and Public Health (Giornale internazionale di ricerca ambientale e salute pubblica), prestigiosa rivista internazionale della piattaforma open Mdpi.
La ricerca, realizzata con la collaborazione dell’Arpacal con i dati del Centro regionale strategia marina diretto dal dr. Emilio Cellini, è frutto di una efficace collaborazione con l’Università della Calabria – Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra ed il Dipartimento di Farmacia, scienze nutrizionali e Salute, confluito nella tesi di dottorato del dott. Alessandro Marrone.
«Abbiamo segnalato – riferiscono i ricercatori autori della pubblicazione – un confronto tra le due coste calabresi, fornendo la caratterizzazione di una grande differenza in concentrazione di microplastiche tra versante tirrenico e ionico (87% vs. 13%, rispettivamente), probabilmente per la complessa circolazione marina e atmosferica, che rendono il versante tirrenico un’area di accumulo di materiali provenienti anche da luoghi lontani».
«Dimostriamo – hanno proseguito – una grande differenza di concentrazione di microplastiche tra costa tirrenica e ionica calabrese, fornendo una caratterizzazione completa ed evidenziando che l’inquinamento da microplastiche è influenzato sia da rilascio locale e sia dall’idrografia delle aree».
Questo studio ha analizzato, quindi, la composizione polimerica, la distribuzione granulometrica, la forma e il colore delle piccole particelle di plastica, raccolte dalla superficie del mare in sei stazioni nel centro del Mar Mediterraneo.
È stata descritta anche la diversa distribuzione di microplastiche dalle zone costiere fino a 12 miglia nautiche al largo. L’analisi della composizione delle microplastiche ha mostrato che il materiale più abbondante era il polietilene (69%), seguito dal polipropilene (24%).
Arpacal, con il suo Centro Regionale Strategia Marina effettua dal 2015 il campionamento delle microplastiche in sei transetti costieri regionali spingendosi sino a 6 miglia nautiche dalla costa. I dati acquisiti dall’Arpacal, infatti, sono periodicamente trasmessi nella banca dati del Ministero della Transizione Ecologica, già ministero dell’ambiente, ed interessano uno dei moduli con cui è composto il piano operativo d’azione del Programma Strategia Marina.
Gli studi si concentrano sui frammenti di plastica presenti in mare con dimensioni inferiori ai 5 mm, praticamente invisibili ad occhio nudo. Questa minaccia galleggiante viene prelevata con un retino chiamato “Manta Trawl”, costruito appositamente per navigare nello strato superficiale della colonna d’acqua e campionare quindi entro lo strato superficiale interessato dal rimescolamento causato dal moto ondoso. L’utilizzo della rete permette di campionare grandi volumi d’acqua, trattenendo le microplastiche.
I campioni prelevati vengono poi sottoposti ad analisi quali-quantitativa in osservazione allo stereo microscopio, suddividendo le microplastiche per colore e forma. La concentrazione di microplastiche viene espressa come numero di oggetti per metro cubo d’acqua di mare campionata. L’elaborazione dei dati è di estremo interesse nella fase valutativa dello stato di qualità dell’ambiente marino-costiero calabrese. (rrm)
L’Arpacal ha aderito, formalmente, al Tavolo tecnico regionale permanente per il coordinamento dei soggetti istituzionalmente preposti alla mitigazione del fenomeno dell’erosione costiera in Calabria, istituito dalla Regione Calabria su proposta dell’assessore regionale alle Infrastrutture, Domenica Catalfamo.
L’istituzione del tavolo tecnico regionale si inserisce nel più ampio quadro nazionale regolamentato dal Protocollo d’intesa per la redazione di linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti climatici tra il Ministero della Transizione Ecologica (già Ministero dell’Ambiente) e le Regioni costiere, con il quale è stato istituito il Tavolo Nazionale sull’Erosione Costiera.
Il tavolo tecnico al quale ha aderito l’Arpacal, su delibera del direttore generale Domenico Pappaterra, è considerato uno strumento indispensabile per sviluppare un coordinamento tra la Regione, gli altri enti competenti e i principali portatori di interesse economico lungo le coste. Lo scopo è di individuare sistemi comuni per una corretta e sostenibile gestione della fascia costiera e per fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Come è noto, l’intendimento della Regione è di procedere alla difesa del litorale dei comuni calabresi come obiettivo strategico, nell’ottica di fornire protezione e un grado sufficiente di sicurezza nel tempo alle strutture, alle infrastrutture ed ai beni storico-culturali e ambientali presenti a ridosso della linea di spiaggia.
Priorità alle aree attualmente classificate nel piano di Assetto idrogeologico della Regione Calabria a pericolosità elevata, puntando alla salvaguardia della spiaggia in quanto difesa naturale primaria dalle mareggiate, indicatore di qualità ambientale del territorio e motore per l’economia, fondata in prevalenza sull’attività turistica.
Nello specifico delle competenze riconosciute dalle legislazioni nazionali e regionali in materia, l’Arpacal intende proseguire nel proprio contributo di supporto tecnico-scientifico al sistema degli enti territoriali calabresi, in questo caso guidati dalla Regione Calabria, e nel dettaglio dall’assessorato alle Infrastrutture, Lavori pubblici e Mobilità. (rcz)
Sono devastanti, che fanno capire quanto sia grave la situazione degli incendi, le immagini acquisite dallo spazio dall’Arpacal sull’evoluzione dei roghi sull’Aspromonte nell’arco temporale che va da metà giugno fino alla metà di agosto, che è stata realizzata su richiesta dalla Direzione scientifica dell’Arpacal dal geologo LuigiDattola del Centro Regionale Geologia e Amianto.
Il report fotografico, sarà trasmesso alla Regione ed agli enti territoriali competenti come elemento conoscitivo utile per le pianificazioni territoriali future visto che, in base alla legislazione nazionale, i Comuni interessati dagli incendi, nella loro pianificazione territoriale, dovranno interdire da qualsivoglia attività urbanistica, per molti anni, le aree interessate dal fuoco. Ciò non solo per pianificare una riqualificazione del territorio incendiato, ma anche per evitare speculazioni urbanistiche future.
«Grazie alla visualizzazione di ampie porzioni di territorio con buona risoluzione spaziale – ha commentato il geologo Luigi Dattola – i satelliti sono ormai ampiamente utilizzati per il monitoraggio del territorio. Tali capacità hanno reso possibile, in tempi molto rapidi anche se non in tempo reale, la visualizzazione dell’evoluzione che hanno avuto gli incendi in Aspromonte nella prima metà di agosto. Utilizzando i satelliti Sentinel 2, facenti parte del progetto Copernicus, programma Esa per l’osservazione della terra, si è elaborata una sequenza di immagini che va dal 18 giugno al 12 agosto».
La sequenza mette in evidenza la rapida evoluzione degli incendi in particolare nella settimana che va dal 5 al 12 agosto, nella quale, oltre la perdita di vite umane, sono state devastate aree vegetate per una superficie stimata di circa 5400 ettari, considerando esclusivamente l’area più vasta interessata dal fuoco.
«Le immagini – ha concluso Dattola – raffigurano bene la tragica sequenza degli eventi e permettono una rapida visualizzazione del fronte reale del fuoco e della sua evoluzione nel tempo. Ulteriori elaborazioni, basate sulla bande dell’infrarosso, permettono una rapida visualizzazione delle aree percorse dal fuoco tramite il calcolo dell’indice “NBR (Normalized Burn Ratio)”, in tali rappresentazioni si può riconoscere, a primo colpo d’occhio, come gli incendi si siano propagati interessando aree sempre più ampie». (rcz)
Il Collegio dei geometri di Catanzaro ha avviato e concluso, in collaborazione con il dipartimento Arpacal di Catanzaro, la formazione di sessanta ore che ha certificato la competenza di 30 geometri del Collegio, i primi in Calabria e tra i pochi in Italia, alla verifica e agli interventi di risanamento dal radon di edifici pubblici e privati.
Docenti della formazione, che si è svolta in modalità mista e con sopralluoghi e rilievi dal vero, sono stati i fisiciSalvatore Procopio e Fiorello Martire, l’ingegnere Pietro Capone, la dottoressa Valentina Nastro.
«Una prima parte della formazione si era conclusa a settembre 2020 – ha dichiarato il Presidente del Collegio, Nando Chillà – posizionando i nostri tecnici tra i primi ad essere autorizzati alla certificazione del radon presente negli edifici. Ad oggi, concludiamo la formazione diventando tecnici specializzati per il monitoraggio e la bonifica».
«Un traguardo importante – ha continuato Chillà – grazie alla rete virtuosa che coniuga le nostre competenze con quelle dei professionisti del dipartimento Arpacal di Catanzaro, dotata del più importante laboratorio del meridione per l’analisi del radon».
«La salubrità degli edifici – ha concluso il presidente dei geometri – ha una ricaduta diretta sulla salute personale e sociale ed è necessario un continuo processo di monitoraggio per innescare la cultura della prevenzione, grazie all’ analisi di dati e risultati, per questo proporremo di monitorare in forma gratuita almeno due edifici pubblici della nostra provincia».
La transizione ecologica passa anche per le professioni tecniche specializzate e per la bonifica degli edifici dal gas Radon.
La sostenibilità e la sicurezza sono canoni di riferimento che sempre più si accostano alla salubrità dei contesti urbani riconducibili alla salute degli edifici pubblici e privati e ai luoghi di vita e di lavoro.
Secondo uno studio dell’Istituto superiore di Sanità, riportato dalla Fondazione Veronesi nel maggio 2021, il «Radon è responsabile del 10 per cento dei tumori del polmone che si registrano in Italia». Dalla stessa fonte si evince che «Studi effettuati in 11 Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno evidenziato un aumento di rischio di tumore del polmone pari a circa il 16 per cento ogni 100 Bq/m3 (Becquerel – unità di misura del radon – per metro cubo) di concentrazione di radon per un periodo di esposizione di 25-35 anni.
Se si è esposti a una concentrazione di circa 600 Bq/m3 si corre il doppio del rischio di tumore del polmone di una persona non esposta» e che «per abbattere la presenza di radon si possono effettuare diversi interventi di risanamento, come aumentare la pressione atmosferica nell’abitazione per contrastare la risalita del gas dal suolo oppure aspirare l’aria dal suolo per poi espellerla all’esterno, possibilmente sigillando le vie di ingresso. Tali azioni di bonifica vanno pianificate e seguite da persone esperte nel settore. Per le nuove costruzioni vanno utilizzati criteri antiradon con un’attenta progettazione dell’edificio per impermeabilizzare l’edificio al radon e favorire la ventilazione naturale del suolo».
Questo dato si incrocia con quello evidenziato grazie alle misure indoor dell’ Arpacal che dal 2008 ha iniziato a studiare e così classificare il territorio calabrese a rischio radon sopra la media nazionale e in linea con le regioni alpine, ricche di granito e rocce uranifere. (rcz)
In Calabria, nell’ultimo anno, «le coperture artificiali hanno sostituito il suolo per 86 ettari, con un incremento dello 0.11% rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente, facendo registrare un totale di suolo consumato pari a 76116 ettari, corrispondente al 5.05% dell’intero territorio regionale». È quanto è emerso dal Rapporto sul “Consumo di Suolo in Italia” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, presentato da Arpacal, in cui viene segnalato che «dai dati risulta che la provincia con maggiore suolo consumato è quella di Cosenza con quasi 29.000 ettari al 2020, mentre la provincia con minore suolo consumato risulta Crotone con 6.461 ettari».
Il rapporto, pubblicato con cadenza annuale, rappresenta il quadro aggiornato delle trasformazioni della copertura del suolo, permettendo di valutarne l’impatto sul paesaggio e su quelli che vengono definiti “Servizi Ecosistemici”, ovvero quei servizi che gli ecosistemi possono fornire al genere umano come il supporto alla vita (formazione del suolo, produzione primaria ecc.), l’approvvigionamento (produzione cibo, acqua ecc.), la regolazione (clima) e i valori culturali.
Tornando ai dati calabresi, per quanto riguarda il suolo consumato a livello comunale al 2020, ossia la quantità complessiva di copertura artificiale che si sostituisce al suolo, nella Top3 si registrano Tropea con 35% sul totale, Villa San Giovanni 28% e Soverato +27%. In riferimento, invece, al consumo di suolo, ossia l’incremento annuale di copertura artificiale che si sostituisce al suolo, la Top3 regionale vede San Ferdinando che ha registrato un aumento di 6 ettari, Lamezia terme 5 ettari e Crotone 4.
A livello nazionale, le colate di cemento non rallentano neanche nel 2020, nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, e ricoprono quasi 60 chilometri quadrati, impermeabilizzando ormai il 7,11% del territorio nazionale. Ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento (erano 160 negli anni ’50). L’incremento maggiore quest’anno è in Lombardia, che torna al primo posto tra le regioni con 765 ettari in più in 12 mesi, seguita da Veneto (+682 ettari), Puglia (+493), Piemonte (+439) e Lazio (+431). La Calabria registra un modesto incremento di +86 ettari.
«L’andamento del consumo del suolo – ha commentato il direttore generale dell’Arpacal, dott. Domenico Pappaterra – ci dà la restituzione plastica dell’emergenza che, nelle diverse matrici ambientali, stiamo vivendo e siamo chiamati ad affrontare. Sostituire il suolo con coperture artificiali, infatti, determina un effetto a cascata, penso all’impermeabilizzazione e quindi agli effetti prodotti sulle falde nonché sulla sicurezza idraulica, che ci sta pericolosamente portando ad un punto di non ritorno».
Sono stati presentati, in Cittadella regionale, i risultati del progetto Sic-Carlit, assegnato dalla Regione all’Arpacal, che riguarda 14 Siti di importanza comunitaria (Sic) marini della Calabria.
Presenti l’assessore regionale all’Ambiente, Sergio De Caprio, i sindaci dei Comuni interessati, il direttore generale Arpacal, dott. Domenico Pappaterra, il dirigente del settore Parchi e aree naturali della Regione, Giovanni Aramini, il direttore del Centro regionale di strategia marina dell’Arpacal, Emilio Cellini, e il professor Pierfrancesco Rende, in rappresentanza dell’Ispra.
Il progetto I Siti di Importanza Comunitaria (SIC) Marini della Calabria è un programma di monitoraggio degli habitat e delle specie marine all’interno dei SIC, finanziato dalla Regione Calabria attraverso i fondi Por Fesr-Fse 2014-2020 per la Tutela e la Valorizzazione del Patrimonio Ambientale e Culturale.
Con il progetto denominato “I Siti di Importanza Comunitaria (SIC) Marini della Calabria – Stato delle conoscenze e implicazioni nelle strategie di monitoraggio, gestione e conservazione. valutazione dello stato ecologico delle acque marino costiere della Calabria” la Regione Calabria ha, infatti, inteso sostenere progettualità volte a studiare, tutelare e valorizzare il patrimonio di biodiversità marina della Calabria, utilizzando tecniche innovative di acquisizione dei dati, per contribuire alla riduzione e controllo delle pressioni umane che ne costituiscono una minaccia; il fine ultimo è quello di favorire un uso economico ed una fruizione sostenibili della risorsa mare a beneficio delle attuali e future generazioni.
Lungo le coste calabresi, che si estendono per circa 740 km, sono stati infatti istituiti 14 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) marini e 5 Siti SIC Costieri. La loro distribuzione è pressoché continua e interessa tutti i tratti costieri lungo le cinque province calabresi. La presenza dei S.I.C. marini in Calabria coincide largamente con la distribuzione delle praterie di Posidonia oceanica.
Con l’aumento recente di attività antropiche che insistono lungo la costa diventa urgente l’utilizzo di metodi rigorosi per quantificare la vulnerabilità degli habitat, in modo da sviluppare piani di gestione efficaci e avviare studi di impatto e di mitigazione impostati correttamente.
Ecco che sulla base di tali premesse, la Regione Calabria – Assessorato all’Ambiente – ha finanziato la proposta progettuale redatta dall’Arpacal attraverso il suo Crsm (Centro Regionale Strategia Marina), diretto dal dr. Emilio Cellini, demandandone il raggiungimento degli obiettivi tecnici fissati dalle norme di settore. Il Crsm ha coordinato a tal fine una rete di enti di ricerca (l’ISPRA, il CNR IGAG e l’Università della Calabria con i Dipartimenti Dimeg e Dibest ) tutti concentrati sul medesimo obiettivo di progetto.
«Questa ricerca è un modo per far capire all’Europa che cos’è la Calabria e creare maggiore consapevolezza. Proporre il turismo in questa regione è strettamente collegato alla necessità di proteggere l’ambiente e il mare prima di tutto» ha dichiarato l’assessore regionale De Caprio, aggiungendo che «questo progetto è arricchito dalla stella marina “Claudia”, una tecnologia avanzata realizzata dall’Arpacal, in collaborazione con l’Ispra e le Università della Calabria. Si tratta di un percorso virtuale in 3D dei 14 siti marini di interesse comunitario, fiore all’occhiello del Parco marino della Calabria».
«È una giornata particolare per la Calabria perché – ha affermato Pappaterra – presentiamo i risultati di una ricerca straordinaria, realizzata nel solco del programma operativo sulla strategia marina, che deriva da una direttiva europea e da una legge nazionale».
«La Calabria – ha proseguito – è stata protagonista, mettendo in campo un’azione di coordinamento di tutta l’area ionica del bacino del Mediterraneo, così come la Regione Liguria è capofila per l’area tirrenica e l’Emilia Romagna per quella adriatica. Con le professionalità messe in campo, siamo riusciti a costruire non solo le attività istituzionali di monitoraggio, previste dalla direttiva, ma, attraverso questo progetto, fortemente sostenuto dalla Regione Calabria e dall’assessorato all’Ambiente, abbiamo messo in campo delle ricerche molto importanti, che hanno dato vita a un sistema multimediale, la stella marina “Claudia”, all’interno del quale ognuno potrà esplorare e vivere il nostro mare e conoscere a fondo la sua biodiversità».
«Ringrazio Arpacal – ha sottolineato Aramini – per il grande contributo dato. Il progetto si colloca all’interno di una strategia regionale. I siti calabresi, in totale, sono 178. Oggi si tratta di un approfondimento che ci porta all’avanguardia dal punto di vista scientifico nel panorama nazionale».
Claudia, la stella marina rossa digitale, è un plastico di 3.5 mt di raggio che riproduce in scala una Echinaster sepositus, nome scientifico della comune stella marina rossa che popola i fondali del Mediterraneo, dotata di un sistema parlante. A corredo, negli incavi delle 5 braccia, sono posizionati 5 visori 3D con joystick controller che, indossati da altrettanti utenti, rendono in visione tridimensionale una serie di contenuti riferiti ai 14 SIC marini ed all’ecosistema Posidonia oceanica.
Si tratta di una suggestiva visione del fondale accompagnata da una voce narrante che ne descrive i contenuti dando all’utente la possibilità di interagire, attraverso l’uso del controller, negli spostamenti come se si fosse realmente in immersione subacquea. [Guarda la demo per conoscere l’esperienza che l’utente vive indossando il casco 3D].
Ma il vero vantaggio di Claudia la Stella Marina Rossa sta nell’essere una struttura scomponibile, carrellabile e, quindi, trasportabile ovunque. Da qui l’idea del dr. Emilio Cellini, direttore del Centro Strategia Marina dell’Arpacal: non solo rendere pubblici i risultati del progetto in un viaggio itinerante per tutti i 14 Comuni che in cui si trovano i SIC in Calabria ma, soprattutto, raggiungere i reparti di pediatria degli ospedali calabresi o le associazioni che tutelano giovani con disabilità, che aderiranno all’invito dell’Arpacal, per dare ai piccoli ospiti e pazienti dei momenti di svago e di divertimento uniti all’apprendimento. Non dimenticando la piena fruibilità del progetto nelle scuole calabresi che si interfacciano con Arpacal nei diversi percorsi di educazione ambientale.
«I risultati del Progetto SIC-Carlit – ha spiegato Cellini – rendono evidenti le caratteristiche chimico-fisiche e bioecologiche che caratterizzano i 14 siti marini di interesse comunitario presenti in Calabria, analizzando l’ambiente marino nelle sue svariate matrici di studio: acque, sedimenti, biocenosi presenti, morfologia dei fondali, ed altro, valutando inoltre le pressioni esercitate e gli impatti antropici. L’importanza dei risultati ottenuti è certamente riconducibile alla implementazione della banca dati regionale ed all’aggiornamento della stessa rispetto alle norme cogenti di settore (Direttiva Habitat – Rete nauta 2000). A conclusione del progetto, tuttavia, risultava imprescindibile che tutta questa conoscenza venisse condivisa non solo con gli attori istituzionali, ma soprattutto con la collettività. Ecco la necessità di uno sforzo comunicativo in grado di “tradurre” il linguaggio scientifico in informazioni di facile comprensione ed accessibili al vasto pubblico». (rcz)
L’Arpacal offre supporto a 108 comuni costieri calabresi un supporto nelle attività di comunicazione, con un poster informativo, per meglio far comprendere quali siano gli aspetti essenziali della campagna di balneazione, su impulso del direttore generale dell’Arpacal, dott. DomenicoPappaterra, e del direttore scientifico, dr. MichelangeloIannone.
Nello specifico, si tratta delle modalità di prelievo, tempi di analisi e di risposta, eventuali ordinanze di divieto di balneazione e revoca delle stesse. I comuni che aderiranno potranno affiggere nei luoghi di maggiore frequenza di turisti sulla costa questi manifesti informativi che al tempo stesso, contenendo un QRcode, permetteranno, attraverso lo smartphone, di collegarsi al sito del ministero della Salute per consultare gli ultimi dati della campagna di balneazione del luogo ove essi si trovano.
Come è noto, il ruolo dell’Arpacal nell’ambito di tale campagna di monitoraggio è specificamente individuato nelle fasi di prelievo, analisi, refertazione dei campioni prelevati negli oltre 800 km di costa calabrese nonché, per conto della Regione Calabria, popolamento del data-base regionale che contribuisce alla comunicazione dei dati ufficiali al ministero della Salute. Dati ufficiali che, utili per la campagna di balneazione dell’ annualità successiva, sono comunque consultabili in tempo reale attraverso il sito del ministero all’indirizzo www.portaleacque.salute.gov.it.
«Quest’anno la Direzione scientifica, d’intesa con la Direzione generale e l’Assessorato regionale alla Tutela dell’Ambiente – ha spiegato Iannone – ha voluto condividere con tutti i Comuni costieri della Calabria, un semplice ed efficace prodotto di comunicazione per far comprendere meglio ai bagnanti presenti sulle coste calabresi come si svolge la campagna di balneazione, quali sono le procedure, quali sono i contatti da poter considerare nell’eventualità si volessero acquisire ulteriori informazioni. Ulteriori perché, a mente della normativa vigente, la cartellonistica è un obbligo che il Comune deve comunque assolvere annualmente ed in autonomia».
«Da diverse annualità – ha proseguito – l’Arpacal al fine di migliorare la comunicazione di pubblico servizio alla collettività che si trova sulle coste calabresi, cittadini residenti ma anche turisti forestieri, informa attraverso il sistema dei media la collettività intera, anche sui social-media, degli esiti delle refertazioni analitiche compiute sui punti di balneazione qualora essi siano sfavorevoli. Ciò al fine di garantire un’immediata notizia, nell’attesa che ciascun Comune, per come previsto dalla normativa nazionale vigente, provveda ad emettere il consequenziale divieto temporaneo di balneazione con ordinanza del sindaco».
«Allo stesso tempo – ha concluso – nel momento in cui i dati dovessero ritornare nella normalità dei limiti di legge, Arpacal comunica, stessi mezzi, l’esito positivo del ritorno alla balneabilità». (rcz)
Arpacal e Cesram – Centro Studi e Ricerca Ambiente Marino di Soverato, hanno rinnovato la collaborazione per proporre, ai cittadini, durante la stagione estiva, una serie di attività dedicate all’educazione ambientale, con l’obiettivo di avvicinare i cittadini alle scienze marine tramite attività ludico-ricreative che abbracciano la sfera dell’educazione ambientale e poter aumentare cosi la consapevolezza verso la tutela e la valorizzazione del territorio.
Il Cesram, con sede a Soverato e con una sede operativa a Copanello di Stalettì, sempre in provincia di Catanzaro, e presieduta da Maria Assunta Menniti, è un’associazione no profit composta per la maggior parte da biologi e naturalisti che hanno capito, nel corso dei loro studi e delle loro esperienze lavorative, che l’ambiente ha bisogno di persone che “lavorano con passione e amore” affinché le sue meraviglie non vengano perdute per sempre.
«Il nostro sostegno alle associazioni – ha dichiarato il direttore generale dell’Arpacal, dott. Domenico Pappaterra – prosegue sempre sulla stessa direttiva: sostenere chi si occupa della diffusione delle conoscenze ambientali, facendo rete tutti insieme per condividere esperienze e pratiche su tutto il territorio regionale». (rcz)
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