AUTONOMIA, IL “RICATTO” DI LEGA VALE
DI PIÙ DEI DIRITTI DEI CITTADINI DEL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTANei prossimi giorni la Camera dovrà esaminare il decreto legge sull’autonomia differenziata. Il percorso va avanti senza intoppi malgrado dal Paese e in particolare dal Sud si levino voci di dissenso rispetto ad una riforma che  è definita “Spacca-Paese”. 

A nulla sono valse le tante perplessità sollevate da diverse prestigiose Istituzioni. La Banca centrale  ha invitato a procedere «con la necessaria gradualità» sulla strada dell’autonomia differenziata, «diversamente, vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti» . 

La Svimez rafforza il pensiero «l’Autonomia differenziata non solo penalizzerà i cittadini del Sud ma indebolirà anche le regioni del Settentrione». È una visione, quella dell’Associazione che guarda all’intero Paese.

Luca Bianchi, direttore di Svimez (l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), demolisce così la riforma portata avanti dal ministro Roberto Calderoli, che arriva adesso alla  Camera per essere approvata a tappe forzate. 

Si sono anche dimessi quattro esperti dall’organismo tecnico voluto dal ministro leghista  per individuare i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), necessari per attuare l’Autonomia differenziata. Nomi “pesanti” visto si tratta di Giuliano Amato e Franco Gallo, ex presidenti della Corte Costituzionale, Alessandro Pajno, ex Presidente del Consiglio di Stato, e Franco Bassanini, ex Ministro della Funzione pubblica, che hanno annunciato il passo indietro con una lettera inviata al Ministro del Carroccio e al Presidente del Comitato di esperti sull’Autonomia differenziata, Sabino Cassese

Ma si è mobilitata anche l’intellighenzia meridionale con una 24 ore di interventi per raccogliere firme contro. 

«Il Coordinamento per la democrazia costituzionale (Cdc), presieduto dal professore Massimo Villone, esprime grande soddisfazione per avere raggiunto e largamente superato le firme necessarie (ne bastavano 50mila, ne sono giunte oltre 65mila), in anticipo rispetto alla conclusione della campagna per la presentazione della legge costituzionale di iniziativa popolare – per la modifica in particolare degli articoli 116, terzo comma, e 117, primo, secondo e terzo comma del Titolo V della Costituzione – contro l’autonomia differenziata voluta dal Governo e da alcune Regioni del Nord». 

Infine la manifestazione recente, fonte di tante polemiche, a Roma, per iniziativa di Vincenzo De Luca ha mobilitato molti sindaci «L’autonomia calpesta e offende il Sud». È un’accusa durissima quella lanciata dai Sindaci del Meridione, scesi in piazza a Roma per protestare contro l’autonomia differenziata. 

Circa un migliaio i primi cittadini convocati in piazza Santi Apostoli dal Governatore della Campania e dall’Anci campana per dire no alla riforma. Una mobilitazione ampissima di un Sud che comincia a capire cosa rischia con questa riforma mentre, come un bulldozer,  il ministro va avanti con questa riforma che possiamo chiamare secondo porcellum. Questo excursus per dimostrare come le voci contrarie sono tante e molto autorevoli. 

Malgrado ciò si continua in un percorso che viene approvato perché il ricatto della Lega di far cadere il Governo pesa sulla maggioranza. 

Il Presidente del Veneto Luca Zaia avverte gli alleati: «l’accordo sull’autonomia è uno dei pilastri di questa maggioranza, insieme al presidenzialismo e alcune altre riforme. Se non passasse verrebbe meno l’oggetto sociale della maggioranza. E oggi non ho nessuna ragione di pensare che con serietà non si affronti il tema», dice il Governatore leghista.  

Fra l’altro la riforma viene nascosta dietro una esigenza di efficienza, ma é invece chiaro che il tema di fondo è quello di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, spostando il diritto costituzionale di avere le stesse risorse per ogni cittadino alla prevalenza dei territori, che si fanno piccoli  Stati e che trattengono le risorse che vengono prodotte nella Regione interessata. 

Il vecchio progetto di Bossi che partiva dalla secessione e che adesso si attua invece tenendosi la colonia ben stretta ma con diritti di serie B. È una vera e propria fuga con un bottino, che tutto il Paese ha contribuito a creare. Prodromico alla formazione di una macroregione del Nord, che avrebbe il suo Sud nella Toscana, Umbria forse e che, a parere dei leghisti, ma anche dei politici dell’Emilia Romagna, adesso formalmente pentiti, potrebbe competere meglio con il cuore produttivo europeo della Baviera e d’Ile  de France. 

I dati dimostrano invece che aver puntato solo sulla locomotiva del Paese ha portato a crescite molto contenute e assolutamente meno rilevanti di quelle di Francia, Germania e persino Spagna. 

Il tema, che sopratutto Fratelli d’Italia deve porsi, vista la sua vocazione unitaria, é se si può consentire ad una Forza, che rappresenta poco meno del 9% degli elettori e poco meno del 5% degli aventi diritto al voto, di costituzionalizzare la spesa storica e mettere le basi per una possibile divisione del Paese senza ritorno, per un mero calcolo politico degli altri partner governativi. 

In una realtà comunitaria che ha bisogno invece dell’Italia, uno dei Paesi fondatori, e del suo contributo per una progressiva maggiore  forza dell’Unione, in una situazione sempre più complessa, che vede una Federazione Russa protesa a mire espansionistiche che bisogna bloccare, anche con un esercito comune. Siamo molto lontani dalle visione  di Altiero Spinelli, ma che va recuperata e che è l’unica con un futuro. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

AUTONOMIA, COLPO DI GRAZIA SU SCUOLA
TRA DIRITTI MANCATI E GAP INSUPERABILI

di GUIDO LEONELa domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: nei molti divari che sono tornati a separare la società meridionale dai livelli economici, sociali, culturali raggiunti in questi anni dall’Italia del Nord la scuola c’entra qualcosa?

Esiste una questione meridionale e se sì, quali sono i suoi tratti distintivi? E in quali termini si presenta la questione scolastica nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia? Se il grande analfabetismo di massa, il mero saper leggere scrivere e far di conto è stato sconfitto si può ignorare il fatto che da Napoli in giù i tassi di abbandono scolastico, di evasione dell’obbligo sono tra i più elevati?

Si può ignorare che in Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna più della metà degli studenti sono ad un livello inferiore a quello richiesto dalle indicazioni nazionali e si registrano, cosa ancora più inquietante, differenze fortissime fra scuola e scuola? Si può ignorare che da queste parti  il 40% per cento degli studenti è al di sotto della sufficienza, in italiano e in matematica.

Campania, Calabria, Sicilia, Puglia occupano i primi  posti della triste classifica della povertà educativa in Italia. Regioni in cui bambini e ragazzi sono maggiormente privati delle opportunità necessarie per superare ostacoli e condizioni di svantaggio iniziali. L’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del sud va ben oltre la media nazionale (12,7%), con le punte di Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%), e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%). 

Non sembrano esserci soluzioni a portata di mano per pareggiare i conti col Nord e dunque per arrivare ad una equa spartizione di risultati; ma questi numeri avrebbero dovuto mettere da tempo  in allarme, serio, innanzitutto i governatori e le loro giunte regionali, subito dopo il Ministero dell’Istruzione e quindi i Governi che in questi anni si sono avvicendati.

E invece lo smantellamento progressivo dell’istruzione pubblica rischia di  farle perdere il suo carattere nazionale.

La regionalizzazione sta compiendo il suo percorso che porterà cambiamenti sostanziali. Per capire la posta in gioco basta considerare uno tra gli effetti più importanti di una simile manovra sulla scuola. Non avremmo più un unico sistema nazionale di istruzione, ma tanti sistemi regionali.

L’autonomia differenziata sancirà gli squilibri che già esistono e li renderà definiti e insuperabili. Il gap di servizi, nella scuola, nella sanità, negli asili diventerà “legittimo”, un privilegio etnico- territoriale immodificabile. Insomma chi all’interno della stessa nazione abita in territori particolari e benestanti ha più diritti di chi invece ha avuto la sventura di abitare in territori disgraziati.

L’istruzione deve rimanere statale e nazionale con pari livelli delle prestazioni, senza condizionamenti di natura politica e quindi fuori da qualunque percorso di autonomia differenziata.

C’era una volta un Paese dove la scuola era pubblica e le finalità e gli obiettivi li decideva lo Stato nell’interesse di tutti. Quella scuola rischia di non esserci mai più. Certa politica non ha cambiato verso alla scuola pubblica. L’ha semplicemente piegata, immiserita. Il Mezzogiorno ha bisogno sul piano sociale, oltre che economico, di eserciti di maestri e professori. Di buone scuole e buone università. Di baluardi della conoscenza che siano, al di là di tutto il resto, il simbolo della presenza dello Stato unitario sul territorio. (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

 

Al Consiglio comunale di RC mozione contro l’autonomia differenziata

La maggioranza in Consiglio comunale di Reggio Calabria ha presentato una mozione sull’autonomia differenziata.

Il testo, presentato dal consigliere Filippo Quartuccio e approvato dall’aula, impegna il sindaco e la Giunta municipale a promuovere un Consiglio Comunale aperto alla cittadinanza attiva per avanzare proposte alternative, coerenti con i principii costituzionali e con la garanzia di unità nazionale, a partire dal dibattito parlamentare e con nuovi pronunciamenti delle assemblee elettive locali.

E, ancora, a «condividere le iniziative da adottare, compresa l’indizione di una manifestazione di protesta pacifica che coinvolga studenti, liberi cittadini, le parti sociali, associazioni e forze politiche che si oppongono alla scellerata riforma e per la difesa dell’autonomia locale; a sollecitare l’immediata definizione dei Lep, slegandoli dai criteri di spesa storica, e degli altri strumenti perequativi e di eliminazione delle attuali diseguaglianze, come già previsti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente, a partire dai criteri per il riparto del fondo sanitario nazionale».

Nel testo viene ricordato come «il disegno di legge sulla autonomia differenziata proposto dal governo e già approvato dal Senato della Repubblica è sbagliato, ingiusto e incostituzionale perché apre grandi varchi per chi intenda consolidare i divari e creare nuove disuguaglianze in un paese già segnato da profonde disparità territoriali, bisognoso invece di ricuciture e coesione».

«Il Disegno di legge, che traduce quanto disposto dall’articolo 116 comma 3 della Costituzione – si legge nel testo – fuori da procedimenti di revisione costituzionale e per l’ampiezza delle funzioni esercitate dello stato trasferibili alle singole Regioni, è in contrasto con i principii costituzionali di solidarietà e eguaglianza e le garanzie di sussidiarietà e perequazione; la riforma proposta non garantisce il rispetto dei principii di cui all’articolo 119 della Costituzione, poiché deresponsabilizza le regioni avvantaggiando alcuni territori, quelli più ricchi, che avranno in più ingenti risorse fiscali proprie, sottratte agli introiti dello Stato, da usare per integrare il finanziamento standard delle funzioni aggiuntive, per coprire inefficienze o garantire nuove prestazioni senza affidarsi allo sforzo fiscale».

«I diritti sociali e civili, per soddisfare i quali ancora devono essere fissati livelli essenziali delle prestazioni – si legge ancora – non saranno garantiti nel tempo per la voluta indeterminatezza della riforma, ma, anzi, saranno ulteriormente lesi e compressi; il Disegno di legge varato dal governo espropria il Parlamento delle sue prerogative e rafforza il neocentralismo regionale contro l’autonomia locale assegnando ai presidenti delle Regioni poteri pressoché illimitati».

La mozione ritiene, inoltre, «inaccettabili i rischi di un arretramento di diritti universali sanciti dalla Costituzione, di presidi fondamentali per l’identità culturale nazionale e di funzioni statali che garantiscono l’unità del paese e che devono essere preservate: il servizio sanitario nazionale; la scuola e l’istruzione a tutti i livelli; il lavoro e la previdenza; le infrastrutture materiali e immateriali di rilievo nazionale e di valenza strategica; la sicurezza energetica del paese».

La mozione ha preso atto che «non sono state ascoltate le critiche delle rappresentanze sociali, di tante forze della cittadinanza attiva e della cultura; quelle dei comuni, delle province e città metropolitane espresse nelle mobilitazioni spontanee molto partecipate indette dagli amministratori locali; quelle che motivano la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare promossa per la modifica degli articoli 116 c. 3 e 117; Considerata la particolare urgenza, attesa l’avvenuta approvazione da parte del Senato della Repubblica del D.D.L. Calderoli e l’imminente calendarizzazione alla Camera».

Il testo è stato inviato «alle rappresentanze parlamentari e regionali, agli altri Comuni della Città Metropolitana, alle principali rappresentanze sociali e associazioni che esprimono la cittadinanza attiva e a tutti gli organi d’informazione».

In seguito all’approvazione della mozione è intervenuto in aula l’assessore Domenico Battaglia che, relazionando sulla delibera per l’efficientamento del sistema delle riscossioni, ha stigmatizzato il comportamento dell’opposizione che proprio in occasione della presentazione del testo sull’autonomia differenziata ha inteso abbandonare i lavori del civico consesso.

«Dispiace che la minoranza in questo momento non sia in aula», ha affermato Battaglia.

Al punto successivo una parte dei consiglieri di centrodestra sono rientrati tra i loro banchi in aula Battaglia. (rrc)

LA QUESTIONE DEL MEZZOGIORNO NON SI
RISOLVE CON UNA “PAROLACCIA-INSULTO”

di MIMMO NUNNARISe del “grido” di 700 sindaci del Sud davanti a Palazzo Chigi sede del Governo sbarrata come mai resta solo quell’insulto dal “sen fuggito” al presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, significa che il Governo Meloni ha messo il rullo con i titoli di coda sul Mezzogiorno. Porte aperte a Calderoli con l’Autonomia differenziata – una secessione mascherata – porte chiuse agli amministratori del Sud – quasi mille – che avevano qualcosa da dire.

È un vero peccato che di quella manifestazione di Roma sia rimasta solo quella parolaccia [str… za] rivolta alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni dal “sen fuggita” al vulcanico politico; e purtroppo si sa che  “Vóce del sén fuggita Pòi richiamàr non vale” (Cioè, la parola detta non sa tornare indietro) come scriveva Metastasio, nell’opera Ipermestra. Politici, uomini di Governo, giornali solo di quell’insulto hanno parlato; delle ragioni del “viaggio” a Roma dei sindaci, guidati da De Luca, niente. Anzi, qualche ipocrita interpretazione si è avuta: «il Sud è così perché, non ci sa fare».

La stessa presidente Meloni seduta nel salotto di Porta a Porta di Vespa Ospite di Bruno Vespa non ha perso l’occasione per lanciare un attacco all’indirizzo di De Luca, accusandolo di finanziare, con i fondi che reclama, sagre di paese e feste varie. Non ha mai trovato il tempo, però, la presidente, per spiegare come sia stato possibile tagliare con un tratto di penna, nella manovra di bilancio, il fondo simbolo immaginato per contro bilanciare l’autonomia differenziata, che era pari a 4,4 miliardi di euro. Forse anche questo i sindaci e De Luca avrebbero voluto chiedere al Governo se avessero incontrato qualcuno. Peccato, dunque, che del grido dei sindaci sia rimasta solo quella parolaccia-volgarità. Non certo la peggiore che in questi ultimi anni abbiamo sentito pronunciare dai politici.

Va detto, comunque, nel caso di De Luca, che non è scusabile, che l’ insulto – “rubato”  in un anticamera di Montecitorio – non era pronunciato per arrivare a destinazione. Tuttavia, quella parolaccia, conferma che l’aggressione verbale è diventata il linguaggio comune della comunicazione pubblica e che è pratica non cominciata certo l’altro giorno, col presidente della Campania. La storia è lunga: inizia con Bossi, che inaugurò la stagione politica della Lega Nord mostrando il dito medio e poi seguito’ con la sua personalissima interpretazione della sigla Spqr (“Senatus popolusque romanus”) che – secondo lui – voleva dire: «Sono porci questi romani».

Da allora la politica ha cominciato a vivere una delle fasi peggiori della sua storia contemporanea, caratterizzata da quella che l’ultimo leader democristiano, il mite bresciano Mino Martinazzoli, definiva “una sorta di continua e permanente trivialità”: che è fatta di insulti, attacchi personali, diffamazioni e sofisticatissime criminalizzazioni. La volgarità, compagna di strada dell’insulto, meriterebbe un capitolo a parte. Tanto per fare qualche esempio, è indimenticabile il Calderoli leghista del Nord che definisce “orango” il ministro Cécile Kienge ed è indefinibile il suo collega Vito Comencini, che raggiunge l’apice col vilipendio del presidente della Repubblica Mattarella: «Questo presidente della Repubblica, lo posso dire? Mi fa schifo».

Di insulti politici, di questa moda frutto di una subcultura che ha distrutto e liquidato la politica, se ne occupò a suo tempo anche il grande Umberto Eco, scrivendo un divertente stelloncino dal titolo esplicativo “Insulti politici”, pubblicato su la Repubblica, più di dieci anni fa. Ecco l’incipit: «I giornali registrano, da parte degli uomini politici, insulti da carrettiere”. In quell’occasione, il semiologo e filosofo di origini piemontesi, sdoganò, profeticamente, proprio la parola “stronzo” – che ora è al centro della polemica che si è sollevata con De Luca – pur con qualche necessario avvertimento: «È vero che io avevo tempo fa rivendicato il diritto di usare la parola stronzo in certe occasioni in cui occorre esprimere il massimo sdegno, ma l’utilità della parolaccia è appunto data dalla sua eccezionalità».

Eccezionalità che, francamente, pur comprendendo l’ira di De Luca, per quel “vadano a lavorare”, detto dalla presidente Meloni, non è possibile riscontrare nel sui caso specifico. Di quella giornata romana, di De Luca, con settecento sindaci che manifestavano contro il disegno del governo di autonomia differenziata e contro il blocco del Fondo sviluppo e coesione, purtroppo resta solo la parolaccia e non il senso di una legittima battaglia di amministratori del Sud che sollecitavano i fondi per ambiente, trasporto transeuropeo, efficienza energetica e energie rinnovabili.

Anzi, come si diceva, media nazionali, politica, e anche la stessa presidente Meloni, hanno approfittato per dare un’immagine di Sud che è così [arretrato] perché non ci sa fare. Sono chiaramente tutte accuse (false) e ipocrisie che servono solo a intorbidire il dibattito che De Luca e i 700 sindaci volevano invece aprire, con la manifestazione di Roma, dove – a differenza degli agricoltori con i trattori – hanno trovato le porte chiuse. Personalmente non ricordo mai il portone di Palazzo Chigi sbarrato, come quel giorno in cui è andato a bussare De Luca a nome del Sud. Forse aveva ragione il sociologo Domenico De Masi, che, nella sua ultima intervista, sul tema del Mezzogiorno, disse: «Il Sud finora è stato fin troppo paziente, dovrebbe invece avere il coraggio di perderla la pazienza».

Resta l’amarezza per l’ennesima occasione sprecata nella storia controversa del rapporto difficile tra lo Stato [il Governo pro tempore] e il Sud dell’Italia. (mnu)

Braga (PD): Calabria tra le regioni che rischia di più con l’autonomia differenziata

«La Calabria è una di quelle regioni che rischia di essere più colpita da questo disegno pericoloso voluto dalla destra che spacca il Paese, che aumenta le disuguaglianze e che rischia di condannare dei territori a una situazione di fragilità, soprattutto le persone più in difficoltà». È l’allarme lanciato da Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera dei Deputati, nel corso dell’iniziativa a Cosenza.

«Questo disegno non prevede nessuna risorsa per garantire i livelli essenziali delle prestazioni e non prevede risorse per assicurare a tutti i cittadini l’accesso a servizi fondamentali, a partire dalla sanità pubblica, il diritto all’istruzione e il trasporto pubblico», ha aggiunto Braga nel corso del dibattito, a cui hanno preso parte anche i parlamentari Nico Stumpo e Nicola Irto.

Sono stati, poi, affrontati anche i temi legati al collegamento delle aree interne, alla transizione ecologica e al potenziamento delle funzioni degli enti locali che devono costituire le vere sfide per il Pd e per il rilancio del Sud.

«Le aree interne rappresentano in Calabria la stragrande maggioranza dei territori e il punto sul quale fare leva per impostare una ripresa autentica – ha detto il consigliere regionale del PD, Mimmo Bevacqua –. Il Pnrr è centrato sulla transizione ecologica e sull’economia sostenibile, ma sarà impossibile calarlo nelle nostre realtà finché non ci saranno infrastrutture e servizi adeguati per queste aree che l’autonomia differenziata vuole invece spazzare via per sempre».

Quella cosentina è stata l’ultima tappa di una doppia iniziativa dei dem: la mattina, infatti, a Lamezia Terme, si è tenuto un dibattito incentrati sul Libro Bianco del Pd e sulla costruzione dell’alternativa del Centrodestra. Nell’occasione, la parlamentare era stata accompagnata da Bevacqua, Franco Iacucci, Amalia Bruni, Raffaele Mammoliti e Giovanni Muraca. Presenti anche gli altri capigruppo di minoranza in Consiglio Davide Tavernise (M5s) e Antonio Lo Schiavo (Misto), proprio nell’ottica dell’allargamento della coalizione. 

Braga che ha sottolineato il lavoro “prezioso” messo insieme dal gruppo dei consiglieri regionali e racchiuso nel Libro Bianco ha indicato la rotta: «Dobbiamo cominciare a costruire l’alternativa a questa destra che governa il paese e anche in Calabria sta producendo una serie di danni». (rcs)

Irto (PD): L’autonomia causerebbe desertificazione umana del Sud

«L’autonomia differenziata produrrebbe l’impoverimento e la desertificazione umana del Mezzogiorno, come sa benissimo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che però nega l’evidenza per ammansire la Lega». È l’allarme lanciato dal senatore del Pd, Nicola Irto, nel corso del confronto pubblico al Teatro Rendano di Cosenza promosso dal sindaco Franz Caruso.

L’evento, moderato dal giornalista Arcangelo Badolati, oltre al senatore Irto, ha visto la partecipazione del sindaco cittadino Franz Caruso, dell’arcivescovo della diocesi locale, monsignor Giovanni Checchinato, del presidente della Svimez, Adriano Giannola, e del presidente dell’Anci nazionale, Antonio De Caro.

«È falso – ha precisato Irto – che l’autonomia differenziata aiuti a distinguere i buoni amministratori da quelli cattivi. Il presidente Roberto Occhiuto sa perfettamente che i livelli dei servizi regionali dipendono anche da una burocrazia capace e che, dunque, serve una nuova dirigenza pubblica del tutto a prescindere dall’autonomia differenziata. A tale riguardo, ricordo, per esempio, che non c’è ancora alcuna chiarezza sui debiti e sui bilanci degli ospedali e delle Asp del Servizio sanitario calabrese, cui mancano i nuovi Atti aziendali e da cui i medici scappano via, come avvenuto di recente nella Pediatria dell’ospedale di Crotone».

«Allora – ha sottolineato Irto – il dovere della politica, di là da bandiere e appartenenze, è mettere il Sud in condizioni di parità con il resto del Paese, perché, come hanno ammonito i vescovi calabresi, sono enormi le diseguaglianze fra cittadini meridionali e settentrionali riguardo ai diritti. È immorale – ha detto ancora il senatore dem – spaccare l’Italia con l’autonomia differenziata, sospinta da un partito fondato sulla secessione che, con il silenzio e la complicità dei propri alleati di centrodestra, sta raggiungendo l’obiettivo originario».

«Ho votato convintamente contro l’autonomia differenziata – ha ricordato –. Lo abbiamo fatto come gruppo del PD,  perché è un provvedimento inaccettabile, che divide l’Italia, tanto che lo abbiamo richiamato “Lo spacca Italia”.  È, soprattutto, inaccettabile che ci siano parlamentari calabresi che abbiano votato  a favore e provano a fare delle diversificazioni nei commenti».

«La verità è che si sono adeguati, perché – ha proseguito – è un provvedimento voluto dalla Lega, portato avanti con un baratto politico con Fratelli d’Italia e con la Meloni; baratto politico di governo su altri provvedimenti, penso  al premierato. Siamo, così, davanti ad un DDL che questo  che ammazza il Mezzogiorno e che ammazza la Calabria».

«Non c’è un euro di risorse per i Lep – ha detto ancora – non c’è una perequazione infrastrutturale, non c’è un investimento per il Mezzogiorno. Anche  la venuta della Meloni in Calabria è stata senza alcuna risposta nel merito. La presidente del Consiglio dei Ministri ha fatto solo slogan, ha firmato un patto sbloccando delle risorse che già spettavano alla Calabria. Per cui, bene la visita della Meloni,  ma non c’è stato alcuno sviluppo, nessun impegno né su Gioia Tauro, ne sull’Alta Velocita, né sulla 106 o su altri interventi strutturali che servono alla Calabria».

«Insomma, con il Governo Meloni e con il Governo Regionale del presidente  Occhiuto – ha concluso – completamente supino alle scelte romane, si rischia, con l’autonomia differenziata, di dare un colpo mortale al mezzogiorno ed alla Calabria. Bene quindi l’iniziativa di oggi, bene continuare a stare con la gente e tra la gente per ribadire il No a questo disegno di legge».

Mons. Cecchinato, nel suo intervento, ha ricordato come «la presenza della Chiesa dove si promuove  la persona è un obbligo. Essere dove questo valore è visibilmente riconosciuto, tanto meglio».

«Questa proposta di autonomia differenziata – ha spiegato – ha elementi di base e di sfondo, che ci sembrano contrari all’idea di una comunità che cammina insieme. È grande la paura che chi è povero continui ad essere ancora più povero. Questa paura  purtroppo  ha  delle  fondamenta per poter essere paventata. Ecco perché della presa di posizione forte, per un futuro che ci riguarda come cittadini della Calabria, ma come cittadini, in tutti i casi, totalmente italiani». (rcs)

 

L’OPINIONE / Fausto Cordiano: Autonomia, tra cavalli di Troia e nuovo colonialismo

di GAUSTO CORDIANO – Non c’è bisogno di essere principi del foro per sapere come la premeditazione sia considerata un aggravante anche se capiamo che il ruolo di piccoli cavalli di Troia, sparsi nel nostro territorio per agevolarne la conquista, imponga il linguaggio della premeditazione mascherata da ragionamenti fuorvianti e offensivi dalle intelligenze dei cittadini.

Non poteva essere diversamente se pensiamo alla grave premeditazione che su questa legge grava come un macigno. Progetto pensato e seguito, anche con ogni strumento di ricatto politico, utilizzando quella parte di sinistra che finalmente ci auguriamo, ha capito non solo dove questa legge ci porterà ma dove ci ha già portati.

L’inferno non è quello che sarà, ma quello che già stiamo abitando quello che stiamo già vivendo, con il federalismo fiscale, tappa concreta di quella premeditazione. Non ci tocca di capire se chi si sente paladino di altri interessi economico-politici e geografici, sappia o volutamente ignora cosa siano e cosa vogliono dire parole come residui fiscali, spese consolidate, spesa storica, fondi perequativi. In fondo i piccoli cavalli di Troia, non sono mandati per capire le ragioni dei cittadini, ma per aprire le porte alla loro dominazione. In fondo, pensiamo senza allegria, sono solo servi di altri interessi.

Evidentemente si, se credono di convincere amministratori e cittadini che i Lea, che avevano già mostrato il loro diseguale successo, possono essere sostituiti da i Lep che altri non sono un semplice elenco di prestazioni; una banale tabella di prestazioni come quelle fornite dalle assicurazioni e che, con una delega al governo saranno poi definiti entro 24 mesi. Intanto in Calabria vengono distribuiti, in un silenzio allarmante, oltre i 180 milioni per foraggiare la sanità privata a cui si aggiungono oltre 300 milioni per la migrazione sanitaria.

Forse non sanno costoro, senza polemica ce lo chiediamo, cosa vuol dire amministrare quando bisogna fare i conti con trasferimenti sempre più bassi perché il calcolo che si fa per quantizzarli è relativo alla spesa storica. Ma come si fa, come si può essere uguali tra diseguali!

 Si chieda ai sindaci, in maniera trasversale, si chieda al presidente Anci Calabria. Vorremmo ridere, se non fosse così tragica perché sembra che l’attacco a chi non avrebbe capito, i Sindaci di sinistra, sia in realtà l’attacco a quella stessa parte politica che non intende però accettare supinamente quanto nel decreto Calderoli viene compiutamente deciso: colonizzare ancora una volta e in maniera definitiva un territorio splendido e martoriato che i proclami di questi nuovi cavalli di Troia ulteriormente mortifica deviando sentimenti e la dignità dei cittadini.

Non ci fermeremo e non ci fermeranno questi Signori. Ci impegneremo sempre di più a informare compiutamente i cittadini di quanto sta avvenendo e si, anche di quanto sarà più difficile vivere questa terra dopo l’approvazione di tale sciagurata legge. Intanto però si stornano fondi ingenti ed energie non per distribuire servizi ma pensando… al Ponte sullo Stretto. (fc)

[Fausto Cordiano è presidente del Consiglio comunale di Cinquefrondi]

COSENZA – Domani l’incontro pubblico “No all’autonomia differenziata”

Domani pomeriggio, a Cosenza, nella Sala Quintieri del Teatro Rendano, si terrà l’incontro pubblico No all’autonomia differenziata. Sì all’Italia Unita dei Comuni, promossa dal sindaco di Cosenza, Franz Caruso.

«A seguito dell’approvazione in Senato del Ddl Calderoli ho ritenuto necessario tentare di imprimere una svolta alla battaglia che, con tanti colleghi sindaci, stiamo portando avanti a difesa dell’unità del Paese, dei nostri territori e dei nostri cittadini», ha spiegato il primo cittadino, che vedrà al suo fianco il presidente di Anci nazionale e sindaco di Bari, Antonio De Caro, l’arcivescovo della Diocesi Cosenza-Bisignano, mons. Giovanni Cecchinato, il presidente della Svimez, Adriano GiannolaNicola Irto, senatore del Pd.

Parteciperanno, per un loro contributo, le organizzazioni sindacali e di categoria e i sindaci con indosso la fascia Tricolore.
«Sarà un momento importante e significativo – ha evidenziato Caruso – per dar vita ad una riflessione congiunta su quelle che saranno le conseguenze di questo sciagurato disegno di legge per i nostri Comuni, già alle prese con problemi strutturali, sociali e finanziari, nel malaugurato caso in cui lo stesso dovesse trovare definitiva approvazione nel passaggio alla Camera dei Deputati».
«Al contempo – ha aggiunto – sarà anche una occasione utile per individuare nuove e più determinate azioni comuni da mettere in campo per far sentire forte la voce dei Sindaci e di quanti, fuori da schemi politici e di appartenenza, ritengono giusto opporsi ad un disegno secessionista che dividerà l’Italia, disgregando quell’unità nazionale che, pur nelle diverse opportunità date, ha fatto crescere la nostra Nazione, garantendo servizi comuni a tutti i cittadini».
«Uniti, dunque, dobbiamo saper individuare – ha concluso – una serie di iniziative sempre più stringenti a salvaguardia ed a tutela dei principi di solidarietà politica, economica e sociale sanciti nella nostra Carta Costituzionale, dicendo a chiare lettere che non smetteremo mai di lottare per l’uguaglianza di tutti gli individui e il superamento dei divari, contro una riforma, dunque, che va invece nella direzione opposta, rischiando di dividere l’Italia in 20 Repubblichette». (rcs)

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: La sinistra scende in piazza contro autonomia senza vera motivazione

di GIACOMO SACCOMANNOFinalmente cade la maschera dei sindaci di sinistra e di quelli che non hanno compreso il vero percorso della proposta di legge sull’Autonomia differenziata. Tanto schiamazzo per poi affermare candidamente che si tratta di una contestazione di quello che dovrà ancora avvenire!

In sostanza, non si contesta la struttura del disegno di legge, approvato solo al Senato, e che potrà sempre essere sempre migliorato, se ognuno fa la sua parte con competenza e professionalità, ma la esistenza delle risorse economiche per la parificazione del divario esistente tra il nord ed il sud. Ebbene, è di evidenza colossale che una volta approvato il disegno di legge anche alla Camera e, quindi, definito il percorso parlamentare, ci sarà una delega al Governo che dovrà definire, entro 24 mesi, i Lep e trovare le risorse. Se ciò non accadrà il percorso si fermerà. Ed allora dov’è il problema? Quale spaccatura dell’Italia? L’autonomia differenziata, voluta dalla sinistra nel 2001 e prevista nella nostra Costituzione, è uno strumento che dovrà eliminare il gap esistente tra nord e sud e non, sicuramente, per aumentare l’attuale situazione di estremo degrado esistente nel mezzogiorno. Situazione creata dalla incapacità amministrativa e da una “questione meridionale” mai risolta.

Uno spreco di risorse per il Sud che spesso sono state restituite o, comunque, utilizzate malissimo: basta verificare le centinaia di opere mai completate ed abbandonate. Ed allora di cosa parliamo? I sindaci di sinistra e quelli che cercano di cavalcare il malcontento, adeguatamente montato da chi non ha idee e alternative, oltre ad aver sempre più aggravato la situazione del sud, avendo amministrato l’Italia, affermano cosa non vera e creano una situazione di “allarme sociale”, che deforma quanto statuito nel disegno di legge.

Un modo di fare politica che dimostra l’assoluta carenza di idee politiche e, comunque, di vera incapacità amministrativa. Invece di cercare di migliorare tale proposta, la sinistra non fa altro che creare, veramente, una inutile “tensione sociale”. E molti, certamente in buona fede, cadono in questa palese trappola mediatica! Ci auguriamo, per il bene dell’Italia, che invece di perdere tempo in “strada”, le tante intelligenze esistenti si mettano dinnanzi ad una scrivania, leggano il disegno di legge e collaborino per il possibile miglioramento. Ma, forse non ne sono capaci! (gs)

[Giacomo Saccomanno è commissario regionale della Lega]

L’OPINIONE / Giusy Iemma: Sit-in sindaci contro autonomia dimostra compattezza e sensibilità

di GIUSY IEMMA – La presenza numerosa di sindaci e amministratori al sit-in davanti la Prefettura di Catanzaro, indetta dall’Anci regionale in tutti i Capoluoghi di provincia in segno di protesta contro l’autonomia differenziata, ha confermato il livello di attenzione e di sensibilità bipartisan che i territori stanno esprimendo su un tema così complesso e delicato.

Nel mio doppio ruolo di vicesindaco e di presidente dell’Assemblea regionale Pd, ho voluto testimoniare personalmente la necessità di far arrivare al Governo nazionale la preoccupazione di chi rappresenta la voce e i sentimenti della comunità calabrese. Timori che più volte, negli ultimi mesi, hanno trovato una cassa di risonanza nelle diverse sedi politiche e istituzionali. La presenza oggi di sindaci di diversi schieramenti che hanno risposto all’appello dell’Anci dimostra come su un argomento così complesso ci sia bisogno di fornire adeguate garanzie e di blindare le risorse che spettano al Sud, prima ancora di immaginare possibili interventi che rischiano di mettere a rischio i fondamentali diritti civili e sociali. Superare la spesa storica e finanziare i Lep è, quindi, la risposta primaria che ci aspettiamo dal Governo nazionale, al fine di mettere al sicuro quei livelli minimi di servizi che per troppo tempo sono stati calpestati alimentando divisioni e gap profondi tra Nord e Sud.

Questa è l’unica strada possibile da percorrere se si vuole rispettare il dettato costituzionale: lo confermano anche i dati della Fondazione per la finanza e l’economia locale dell’Anci secondo cui, senza Lep e senza autonomia, la distanza tra i Comuni del Nord e quelli del Sud è aumentata del 12 per cento in pochi anni.

Gli enti più ricchi hanno visto crescere la propria capacità di spesa, al contrario di quelli più poveri, finendo per superare la distanza di 800 euro sulla spesa ad abitante tra Nord e Sud. Il sit-in di oggi ha rappresentato, quindi, l’ulteriore presa di consapevolezza su una riforma dai contorni molto ambigui e su cui gli amministratori calabresi non intendono abbassare la testa. (gi)

[Giusy Iemma è vicesindaca di Catanzaro]