L’AUTONOMIA FA A PUGNI COL PREMIERATO:
NON CONCEDE COMPETENZE MA SOVRANITÀ

di NINO FOTIQuesto disegno di legge ci traghetta verso una subdola rottura della Costituzione con la creazione di un Grande Nord in opposizione ad un Piccolo Sud, e la creazione dunque di una specie di due Stati all’interno della Repubblica senza bisogno di alcuna secessione, esattamente al contrario di quanto ci ha richiesto l’Europa con il Pnrr, ovvero la riduzione delle disuguaglianze e l’aumento della coesione sociale, anche e soprattutto nel Mezzogiorno, grazie al prestito di 200 miliardi. 

Non vedere tutto questo, ovvero ciò a cui ci stiamo pericolosamente avvicinando, significa essere miopi o corresponsabili di una strategia confezionata dalla Lega dato che, dopo l’approvazione al Senato, è previsto che il provvedimento vada in Aula alla Camera il 29 aprile p.v. con un presunto accordo, non scritto, che non prevede che la maggioranza possa fare emendamenti di modifica. Lo Stato italiano inconsapevolmente non sta per cedere competenze, ma sovranità in totale contraddizione paradossalmente con il Ddl costituzionale del Governo sul premierato.

L’aggiramento della Costituzione, che il Ddl “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata…” vorrebbe mettere in atto, parte dall’elusione del vincolo dei Lel previsti dall’articolo 117. Esso trova il suo inganno nell’art. 4 del Ddl, specificamente nei due commi che disegnano un’insana meccanica per cui se dapprima (comma 1), con retorica ostentazione di difesa costituzionale, si afferma che nessuna intesa tra Stato e Regione (se non dopo loro definizione) possa assoggettare le funzioni che prevedono il rispetto dei Lep, in totale contraddizione, immediatamente dopo nel comma 2, si consente l’immediata stipula di intese circa le altre materie a legislazione elencate nell’art. 117, oltre al trasferimento di tutte quelle funzioni, con annessi e connessi, “nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente all’entrata in vigore della presente legge”.

In questo quadro, dunque, queste intese, siglate dalle singole Regioni, soprattutto del Nord, e lo Stato, diventano irrevocabili ed inemendabili, e conseguentemente la spesa storica non solo non può più essere cambiata, ma viene costituzionalizzata! Una costituzionalizzazione, di fatto, della eliminazione della legge del 34% di investimento della spesa pubblica nel Sud – che poi non è mai stata rispettata -, per cui ognuno sarà portato a tenersi “il suo”, per gli altri “sono affari loro”.

Non a caso il Governo Draghi aveva stanziato 4 miliardi del fondo di perequazione del Mezzogiorno, confermati nella legge finanziaria del Governo Meloni, purtroppo poi ridotti a soli 800 milioni…

Tornando alla questione delle intese, queste non possono essere soggette a referendum perché è come se ciascuna intesa fosse una legge di bilancio, una specie di trattato tra l’Italia e la Germania per cui non è possibile nemmeno sottoporlo a referendum. In aggiunta, le Regioni con una legge regionale, senza che lo Stato possa dire niente, creano organismi comuni, un parlamento, per gestire interessi comuni, le intese appunto. E quali sono le materie interessate?

Il rapporto con l’estero, i rapporti con l’Europa, la legislazione sulla sicurezza del lavoro, la valorizzazione dei beni culturali, i musei, le autostrade, in teoria c’è tutto… Oltretutto, la Regione più ricca potrà attivare incentivi agli investimenti molto più alti di una regione più povera. Altro che politiche dello sviluppo, queste sono politiche di sottrazione delle risorse! È chiaramente una manovra per eludere la Costituzione ed attuare il 116 comma 3 come elusione della Costituzione, non come adempimento della Costituzione… Ed è proprio in quell’articolo 4 comma 1 e comma 2 dove è insito una specie di imbroglio!

Ad avvalorare la poca, se non del tutto assente, genuinità della riforma attualmente all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera, vi è la preoccupazione espressa da Bankitalia che ha sottolineato come già dall’art. 11 si vada delineando una corsia preferenziale per quelle regioni, come Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, che, guarda caso, si erano già preventivamente attivate con delle intese nel 2018 (quindi prima della proposta di legge attuale).

Intese ed accordi che, a mio avviso, sanno di anti democraticità e anti costituzionalità poiché si basano su un insano principio per cui i cittadini italiani abbiano bisogni e necessità diverse a seconda di dove vivano, e soprattutto che l’italiano ricco nella regione ricca, paradossalmente, abbia bisogni e necessità maggiori in ogni ambito, semplicemente perché “più utile”, “più produttivo”.

L’unica differenziazione allora consisterà nel fatto che le “Regioni povere”, scevre da ogni intesa, potranno contare meramente su Lep calcolati su criteri della spesa storica totalmente inadeguati ai costi reali… In effetti, però, tutto questo si incardina in un sistema in cui non vi è una volontà lungimirante di concedere Lep uguali per tutti, anche e soprattutto per ragioni di insostenibilità di costi (la spesa ammonterebbe a 100-120 miliardi annui, come calcolato da Banca d’Italia, Svimez, Confindustria e Commissione Cassese).

Questa riforma, se definitivamente approvata, non potrà che condurre ad un terremoto costituzionale, le cui conseguenze, inevitabili, non potranno che portare ad una legalizzazione della disparità e discriminazione dei cittadini italiani, sulla base della loro Regione di provenienza. (nf)

[Nino Foti è presidente della Fondazione Magna Grecia]

Foti (Fondazione Magna Grecia): Preoccupati per l’autonomia differenziata

«Ci preoccupa l’approvazione dell’autonomia differenziata perché, da quel momento, viene ‘Costituzionalizzata’ la spesa storica e il Paese viene diviso in due». È la denuncia di Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, nel corso del convegno Zes unica, una grande opportunità per il Mezzogiorno? di Palermo.

«In caso di approvazione della riforma – si è chiesto Foti – a cosa servirà il Pnrr se nel frattempo si sta svolgendo un’attività che di per sé sposterà ingenti somme economiche e finanziarie verso le aree del nord? Non dimenticate che tre intese erano già state fatte per il governo Gentiloni, per cui non è solo un problema di destra o di Lega».

«Anche la Zes unica – ha aggiunto – è fondamentale ma va nella direzione opposta della riforma dell’autonomia differenziata. Sappiamo che c’erano otto Zes che hanno lavorato con commissari straordinari, mentre adesso ci sarà una cabina di regia unica, un commissario chiamato delegato di missione».

A fargli eco, in video collegamento, il direttore della Svimez, Luca Bianchi, ribadendo come «l’autonomia è, per noi, un tema di interesse e preoccupazione e la nostra posizione è di forte contraddizione alla riforma che sta circolando. Fra due giorni avremo una audizione nella quale esprimeremo i nostri dubbi».

Per Bianchi la riforma dell’autonomia differenziata e quella che ha portato a una Zes unica «sono due modelli incompatibili: da un lato – ha spiegato – c’è un accentramento delle istanze territoriali e dall’altro una autonomia che rischia di spaccare e frammentare le politiche pubbliche».

Bianchi, poi, ha ribadito come «la posizione dello Svimez rispetto all’ipotesi di autonomia differenziata che sta circolando è di forte contrarietà. L’autonomia, infatti, rischia di spaccare e frammentare ulteriormente le politiche pubbliche nel nostro Paese».

Per il direttore della Svimez, infatti, la creazione delle otto Zes in Italia è stata ‘«una buona idea ma con grandi difficoltà attuative. Questa riforma delle Zes interviene dopo diversi anni di attuazione e si sottolineano i rischi di un possibile rallentamento che la Zes unica ha comportato in questi primi mesi del 2024».

«Adesso con la Zes unica si parla di un nuovo modello di approccio. Io parlerei di una zona economica Sud, un intervento più generale. Comporta dei rischi ma anche enormi vantaggi», ha detto Bianchi, sottolineando la necessità di «realizzare piani strategici identificando i settori nei quali intervenire, da fare rientrare negli interventi di investimento sostenuti dal credito di imposta».

«Una mossa – ha proseguito – che può funzionare solo se accompagnata dalla semplificazione amministrativa fatta a livello centrale. Le risorse per politiche speciali e investimenti non sono tanto un problema oggi quanto avere un quadro strategico che recupera la dimensione industriale del Sud».

«Funzionerà? – si è chiesto Bianchi – Se pensiamo di fare interventi buoni per tutti non riusciremo ad attivare gli interventi, se il piano strategico ha la capacità di individuare tre o quattro assi strategici, avremo un cambio di passo».

Per Saverio Romano, presidente della Commissione bicamerale sulla Semplificazione, «se l’autonomia differenziata dovesse andare in porto così com’è in parte il Sud rischierebbe di essere penalizzato».

«Cosa ne penso della Zes unica? – ha chiesto –. Proprio perché non c’è non deve essere contrapposizione tra il Nord e il Sud, quando abbiamo approvato la Zes unica, solo per il Mezzogiorno, non ci sono stati da parte parlamentari o esponenti del Nord proteste, proprio perché sono convinti che oggi il Mezzogiorno necessita di una spinta maggiore affinché possa essere, insieme al resto del Paese, motore in Europa anziché zavorra».

«Noi andiamo in questa direzione – ha proseguito – per fare in modo anche attraverso la semplificazione, si possa accorciare la distanza tra gli utenti, le amministrazioni e lo Stato. Con la Zes unica, questo processo, anche attraverso l’accentramento dei poteri per accorciare la filiera, è in corso. Sapete meglio di me che laddove ci sono tanti passaggi si annida anche la corruzione, laddove ci sono pochi passaggi trasparenti è più difficile: la Zes unica semplifica i processi di investimento er le imprese che lo vogliono fare».

«Non tanto in ordine ai livelli essenziali di prestazione – ha aggiunto – che saranno rinviati ad altra data, ma agli accordi tra le Regioni, che dovrebbero essere definiti in maniera più chiara e ampia».

Dario Lo Bosco, presidente di Rfi, ha evidenziato come «la Zes unica valorizza il ruolo della Sicilia, che è piattaforma strategica nel Mediterraneo».

«Si tratta di armonizzare le reti infrastrutturali e, finalmente – ha aggiunto – come diceva già il libro bianco 2001 dell’Unione Europea, realizzare per il trasporto delle merci una intermodalità virtuosa. Bisogna puntare quindi a far crescere le ferrovie e le vie del mare, a una connessione con i porti, ma anche con gli aeroporti, perché ci sono delle merci che viaggiano con sistema a cargo».

«Con la regia del governo Meloni – ha proseguito –, con il ministro Fitto e con il ministro dei trasporti Salvini è quindi importante ottimizzare questa rete infrastrutturale, perché una rete infrastrutturale ha un valore che cresce al quadrato con il grado di interconnessione dei nodi».

Il presidente di Confindustria Palermo, Giuseppe Russello, ha evidenziato come «il tema della Zes unica si innesta sulle Zes precedenti sulle quali possiamo esprimere un giudizio assolutamente positivo perché in questo brevissimo periodo in cui sono entrate in vigore le imprese ne hanno tratto grande giovamento».

«C’è da capire –ha aggiunto – la parte operativa della Zes unica, come si cala e come si trasferisce all’interno dell’operatività delle aziende. Probabilmente una struttura periferica di contatto diretto con le aziende avrebbe agevolato».

«Cercheremo di capire nelle prossime settimane i decreti attuativi ma soprattutto l’organizzazione di questa nuova struttura come possa impattare con le nostre imprese – ha proseguito –. Il tema delle Zes è un elemento di grande qualificazione dei territori, probabilmente bisognava stare più attenti in una perimetrazione che avrebbe dovuto e potuto orientare scelte di politica industriale, tema che attiene al governo nazionale».

«Aspetterei ancora qualche settimana – ha concluso – per capire come adesso si declina la struttura di tipo centralistico sul territorio. Poi c’è il tema delle risorse e lì qualche dubbio sul piano personale lo nutro perché soltanto 1,8 mld di euro per l’intero Sud è qualcosa che alimenta delle perplessità».

il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani, ha ricordato come «ho condiviso, col ministro Raffaele Fitto, l’ipotesi di una Zes unica, cioè tutto il Mezzogiorno».

«Parcellizzare gli interventi su micro aree – ha spiegato – avrebbe complicato sempre di più la possibilità di investimenti grazie a una pressione fiscale più ridotta. Adesso abbiamo un quadro più completo. La scommessa è, però, di essere coerenti con la tempistica, quindi la riforma teoricamente va bene, occorre però calarla in una velocizzazione delle procedure, perché altrimenti avremmo fallito. Ma non è nell’intenzione del Governo e neppure del governo regionale, che farà la sua parte».

Per il Governatore della Regione Siciliana «la Zes unica sicuramente può essere un’opportunità e lo sarà, l’importante è che vengano abbreviati, accorciati tutti quei termini che sono strategici per la velocizzazione delle procedure. Lì è la scommessa. Ho condiviso con Raffaele Fitto l’ipotesi di una Zes unica, cioè tutto il mezzogiorno. Parcellizzare gli interventi su micro aree avrebbe complicato sempre di più la possibilità di investimenti».

«Adesso abbiamo un quadro più completo – ha evidenziato –. La scommessa è quella, però, di essere coerenti nella tempistica. Quindi, la riforma teoricamente va bene, occorre però calarla in una velocizzazione delle procedure perché sennò avremmo fallito, ma non è nell’intenzione del governo, né del governo regionale che farà la sua parte».

«Il lavoro che il governo ha fatto con la Commissione europeo è stato molto complesso», ha ricordato il ministro Fitto, sottolineando come «non era scontato che la Commissione autorizzasse le Zes, questa scelta rappresenta una grande opportunità».

«Rappresenta un’area omogenea – ha aggiunto –. C’è da fare una comparazione. Dal primo gennaio abbiamo fatto una proroga». (rrm)

Con Ande Catanzaro opinioni a confronto sull’autonomia differenziata

Si è discusso di Premierato e Autonomia differenziata: pesi e contrappesi, nel corso dell’incontro studio svoltosi alla Camera di commercio di Catanzaro, organizzato dall’Associazione Nazionale Donne Elettrici  – Ande, presieduta dall’avvocato Roberta Porcelli, con la Camera di Commercio CZ-KR-VV e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro.

Il Presidente della Camera di Commercio, dott. Pietro Falbo, ha definito necessaria la discussione perché la stagione delle riforme non finisce mai nel nostro Paese, mettendo in rilievo che bisogna stare dalla parte delle imprese e delle famiglie assicurando uguale assistenza.
Per il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Vincenzo Agosto, il premierato elimina alcune importanti prerogative del Presidente della Repubblica, mentre «con l’autonomia differenziata si va verso una visione non globale della nazione».
La presidente Ande Porcelli ha messo in rilievo il ruolo dell’associazione politica ma non partitica, e l’ottima riuscita delle iniziative finora messe in cantiere.
«Le  riforme – ha puntualizzato Roberta Porcelli – occupano la scena politica e potrebbero avere un impatto importante sul nostro vivere civile. L’Ande, già a febbraio dello scorso anno ha sviscerato, in un pubblico dibattito, il tema dell’autonomia differenziata da un punto di vista giuridico, economico e sociale. Ora vogliamo riprendere il discorso sull’autonomia differenziata da dove lo abbiamo lasciato, analizzando di nuovo il testo della legge nelle parti nel frattempo oggetto di modifica; vogliamo  soffermarci sugli effetti che sortirebbe tale riforma sul nostro sistema costituzionale, se passasse anche la  riforma sul premierato».
«L’autonomia differenziata – ha aggiunto – è forse il “do ut des” per ottenere la riforma sul premierato. Il premierato, e quindi l’elezione a suffragio universale del primo ministro, può considerarsi il necessario contrappeso al sistema previsto dalla riforma Calderoli, che rafforza il potere dei presidenti di regione? Sicuramente se dovessero passare insieme le riforme del premierato e dell’autonomia differenziata, al di là della condivisibilità dei contenuti, ci troveremmo in un altro sistema costituzionale».
Il professore di Diritto costituzionale dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Andrea Lollo, ha subito sottolineato che c’è un filo rosso che lega le due riforme, analizzando, in maniera approfondita, punto per punto tutte le conseguenze e i risvolti che si determinerebbero sotto vari profili. Nella sua accurata relazione tecnica, ha parlato di «esaltazione del capo» e di indebolimento del Parlamento, di princìpi di eguaglianza negletti, del rischio di «meno Parlamento e più esecutivo». E, infine, del rischio di un «capo attorniato da una schiera di cortigiani».
È stato, invece, un intervento politico quello dell’on. Agazio Libero, già Presidente della Regione Calabria, ex ministro. Del premierato ha detto che l’unico Paese che lo ha introdotto è stato Israele, «che poi è dovuto scappare a gambe levate». Ha posto il problema di come verrebbe esautorato il ruolo del Presidente della Repubblica, rimarcando come il nostro Paese sia  molto diviso da sempre.
«Se viene approvato – ha puntualizzato Loiero – al Sud vivremmo in un’Italia minore, senza unità».
L’on. Mario Tassone, già viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti, a chiusura dei lavori ha spiegato che «non è una riforma, stiamo ribaltando la Costituzione. Il Parlamento è diroccato, non c’è sovranità popolare, non c’è un Parlamento libero, il livello in generale della politica si è abbassato».
Tassone ha poi inviato tutti il 10 maggio prossimo, alle Casa delle culture, per un convegno sul tema con Pierino Amato e Valerio Donato.
Collegata da Roma, la prof.ssa Marisa Fagà, Presidente Ande nazionale, che come tutti si è congratulata con Roberta Porcelli per le sue capacità organizzative.
«Le iniziative più significative – ha detto – partono dall’ Ande di Catanzaro». Ha, quindi, augurato che ci siano ripensamenti sulle cosiddette riforme. In programma anche l’intervento della parlamentare della Lega, Simona Loizzo presente.
Ha moderato i lavori Giuseppe Soluri, Presidente dell’ Ordine dei giornalisti della Calabria, che ha introdotto le tematiche di particolare interesse e presentato ciascun relatore, sintetizzando il senso di ogni intervento. Infine, Soluri ha informato i presenti sulle prime notizie diffuse dopo la riunione del Consiglio regionale, che ha approvato a maggioranza un documento proposto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Azzurri insieme ad Azione in cui «ritiene che sia necessario attivarsi, per quanto di competenza, e a vigilare con estrema attenzione, affinché i diritti sociali e civili siano garantiti a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale, assicurando la possibilità di fare intese, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, solo a seguito del preventivo finanziamento integrale di tutti i livelli essenziali delle prestazioni in tutte le regioni». (rcz)

Irto (PD): Che aspetta Occhiuto a respingere progetto dell’Autonomia?

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha chiesto «che cosa deve ancora attendere, Roberto Occhiuto, per respingere senza ambiguità il progetto dell’autonomia differenziata?».

Intervenuto all’iniziativa organizzata dal Pd di San Giovanni in Fiore sui pericoli del regionalismo differenziato previsto dal Dl Calderoli, il parlamentare ha denunciato come «già adesso, con gli effetti del minore finanziamento della sanità regionale, ingiustizia terribile che dura da 25 anni, la Calabria patisce una carenza cronica di personale medico e lo smantellamento incessante e progressivo di ospedali e reparti. Inoltre, le strutture pubbliche sono sempre più sostituite dalle cliniche private, vi sono interi territori privi di servizi essenziali e l’emigrazione sanitaria costa 300 milioni all’anno».

«La nuova rete ospedaliera regionale, poi – ha aggiunto – penalizza oltremodo le aree montane e disagiate come quella di San Giovanni in Fiore, che invece meriterebbe investimenti finalizzati al rilancio dell’ospedale civile di zona, altrimenti destinato a chiudere». «L’autonomia differenziata non ha alcun fondamento».

«La priorità – ha avvertito il senatore dem – è invece modificare i criteri di ripartizione del Fondo sanitario, che hanno messo in ginocchio il Servizio sanitario della Calabria come delle altre regioni del Sud, provocando il Piano di rientro e il successivo commissariamento del governo, rivelatosi fallimentare».

«Noi sfidiamo il centrodestra sui fatti e sulle proposte, che – ha concluso il segretario dei dem calabresi – presenteremo nella Conferenza programmatica del 19 e 20 aprile prossimi, a Soveria Mannelli». (rp)

L’OPINIONE / Carlo Ranieri: Basta ulteriore autonomia per penalizzare il Sud

di CARLO RANIERI –  Questa legge procedurale (rinforzata, non emendabile, ne soggetta  a referendum, quale intesa è modificabile soltanto con la volontà delle due parti), trasferisce sovranità dalla Stato alle Regioni. Non sarà più lo Stato ad essere sovrano ma saranno le Regioni ad essere sovrane o il c.d.  grande Nord. Ma la classe politica che governa si è posta la domanda di quale sovranità resterà all’esecutivo? Quando non avrà poteri nelle regioni frutto d’intese!

Una legge-quadro procedurale irrazionale “folle” che è frutto cogente del declino del Nord, motivata non da efficienza e benessere della collettività, ma dalla volontà di attribuire più poteri e risorse a politici, amministratori e burocrati locali, in particolare delle regioni più ricche al fine di  essere rieletti.

Di fatto il disegno delineato e quello di creare “l’Autonomia dei due tempi”, che metterà mano a quasi obbligati assestamenti territoriali perfettamente costituzionali ai sensi dell’articolo 117 comma 8 del Titolo V, che in perfetta – non casuale – complementarità al 116 comma 3, recita: […] La legge regionale ratifica le intese delle Regioni con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni

Si realizzerà non il federalismo cooperativo, liberale e solidale ma un confedarilismo del “Grande Nord” che farà svanire il fondo perequativo previsto dal 119, terzo comma. In sintesi una  “Piccola Italia” non ancora confederale ma, certamente, sempre più lontana dal vagheggiato federalismo, con una babele di leggi che renderà ingovernabile l’economia e il declino dell’Italia.

Uno stato sovrano ridimensionato spalanca le porte a una simmetrica precisa evoluzione, in virtù della quale ogni Regione “autonoma e sovrana” non realizza affatto la “secessione” bensì – piuttosto – “incarna” la forma di Stato senza vestirne i panni, e senza doverne assumere gli oneri (a partire dalla presa in carico delle quote di debito pubblico) che resterà sulle spalle di tutte le Regioni. Se vogliono il decentramento lo dovrebbero finanziare con nuove risorse regionali, senza intaccare il residuo fiscale che viene ridistribuito quale fondo perequativo nazionale ai sensi del terzo comma del 119 cost.

A questo disegno nordista di contraltare potrebbe esserci la reazione del Sud ad oggi la più grande area di sottosviluppo d’Europa ed il più grande mercato del Nord, creando un “grande Sud” come unica via d’uscita al cospicuo taglio di risorse (verrebbero meno il fondo perequativo interregionale e nazionale).

Il reddito medio delle regioni del Nord Italia  è da circa venti anni in netta discesa rispetto alle Regioni del Nord Europa e tutto ciò porterà un Nord in declino,  con un forte divario in ribasso rispetto al reddito medio mensile del Nord Europa 43.500, Lombardia 19.950 e  Calabria 16.300. I governatori del Nord probabilmente s’illudono di coprire i divari affossando il sud, ma impoveriranno solo se stessi, di fatto aumenterà  a dismisura il già abbondante divario con le regioni del loro nord.

L’illusione della classe politica del “Grande Nord” in forte crisi (basta vedere i dati macro-economici) di essere protagonista del mondo della globalizzazione è solo una chimera. L’economia italiana non è  fondamentale nel mercato europeo e mondiale,  ma è solo parte di un sistema quale sub fornitore di beni di lusso. L’Italia sta scivolando verso la povertà e non per colpa del Mezzogiorno, non è il commercio estero a sostenere il Nord, ma quello meridionale,  che sarà distrutto da un autonomia differenziata, concorrenziale e asimmetrica. 

Materia o ambito di materie che saranno frutto d’intese

  • le materie devolvibili ai sensi dell’art.  116 terzo comma  sono 23; 
  • il comma 3 dell’art. 3 del Ddl, ha previsto per 14 materie la definizione dei Lep (escludendone 9), trasferibili ai sensi dell’art. 4 comma 2, più la Sanità dove esistono già i Lep definiti Lea

I Lep recita la Corte Costituzionale “indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché «il nucleo invalicabile di garanzie minime» per rendere effettivi tali diritti” (Sentenza 220/2021), che una volta identificato con norme non può essere  finanziariamente condizionato (Sentenza 142/2021). La determinazione dei Lep è annoverata tra le materie a legislazione esclusiva dello Stato e a loro tutela, a prescindere dai confini territoriali dei governi locali, possono essere attivati i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 120 della Costituzione. Senza ulteriori spese, vietate dall’art. 9 DDL e dall’art. 81 Costituzioni “3. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.” Sarà impossibile determinare i Lep, ad oggi non è prevista nessuna fonte di finanziamento (vi è anche un patto di stabilità europeo da rispettare), ne viene quantificata la spesa. 

L’articolo 4 comma 2 prevede fin da ora la possibilità di formulare intese nelle materie concorrenti No Lep. Le materie o ambiti di materie vengono trasferiti subito (appena la legge entra in vigore) “quasi al buio” con intese (Governo – Regioni).

Il trasferimento delle materie avviene  “nei limiti  delle risorse previste a legislazioni vigenti”, quindi si costituzionalizza di fatto la spesa storica bypassando il dettato della L. 42/2009 che è l’attuazione del 119, addirittura la riduce rispetto i costi standard. Serve eliminare l’invarianza finanziaria di spesa altrimenti i Lep saranno una beffa.

I veri obiettivi dell’Autonomia differenziata sono le nove materie no Lep (art. 3, comma 3 del Ddl)

L’organizzazione della giustizia di pace (lettera l art. 116 3c. e 117 c.2) la protezione civile; la previdenza complementare e integrativa; professioni (modificate dalla  L. Cost. n. 1/2022); protezione civilerapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; coordinamento della finanza pubblica  e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.


Nel campo “tutela della salute” dove i Lep sono già stati definiti come Lea e dove esistono già ventuno diversi SSR (Servizi Sanitari Regionali).

Rimuovere i vincoli di spesa del personale; Regolamentare l’accesso alle scuole di specializzazione e le borse di studio. Introdurre contratti di formazione lavoro per i medici, il loro inserimento nelle attività assistenziali, il loro accesso alle scuole di specialità; Stabilire il sistema tariffario di rimborso, renumerazione e compartecipazione per i residenti; Stabilire il sistema di “governance” con riferimento  alle forme integrazione ospedale-territorio; Decidere l’inserimento di farmaci nei prontuari terapeutici a carico della Regione dell’equivalenza terapeutica, in caso di latitanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco; Stabilire la introduzione diretta dei farmaci, tramite farmacie ospedaliere e di comunità a pazienti dimessi ed in cura da parte dei servizi distrettuali; Assicurare interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico in un quadro pluriennale certo di risorse; Istituzione  e gestione dei fondi sanitari integrativi da parte delle Regione (Ccdi)…  in questo modo al personale sanitario oltre allo stipendio tabellare nazionale si potrà erogare un altro stipendio quale contrattazione decentrata, che provocherà la spoliazione del personale sanitario del Mezzogiorno d’Italia verso chi paga di più.

Il giudizio complessivo sul Ddl C.1665 è di una disciplina confusa  e contraddittoria, non richiesta dalla Costituzione, per cui non è qualificabile come costituzionalmente necessaria. La normativa  presenta un quadro di regole in parte superflue e d’indubbia legittimità costituzionale.

Si distruggerà: sia lo Stato sovrano che l’economia italiana, ampliando le diseguaglianze sociali nel Mezzogiorno d’Italia. Sarebbe auspicabile una totale bocciatura alla camera dei deputati dov’è calendarizzata il 9 aprile p.v., a meno che la miopia politica dei deputati del sud non antepone (come hanno fatto i 45 senatori) il vincolo di partito al vincolo territoriale, ma in questo caso subiranno gravi conseguenze politiche, per avere ampliato le diseguaglianze socio-economico del Mezzogiorno d’Italia, in particolar modo nel campo sanitario dove le la Calabria dove (Campania – Calabria –  Molise Sicilia e Sardegna) nel monitoraggio dei Lea sono inadempienti. Diversi programmi scolastici regionali, faranno perdere il valore legale del titolo di studio. (cr)

[Carlo Ranieri è un cittadino attivo]

L’OPINIONE / Franz Caruso: L’unità d’Italia barattata con gli interessi delle forze di maggioranza

di FRANZ CARUSO – Non ci voleva certo “zingara per nominare ventura”. In transatlantico si sta profilando quanto ho più volte denunciato in questi mesi: l’unità dell’Italia, voluta e sancita dai nostri Padri Costituenti, è stata barattata con gli interessi delle forze che compongono la maggioranza di centrodestra. Schematicamente la Riforma Calderoli è la rappresentazione plastica della seguente spartizione: la giustizia, con separazione delle carriere, a Forza Italia, l’autonomia differenziata alla Lega ed il premierato alla Meloni. Ecco servita la distruzione del Paese.

Il Ddl sul premierato, con l’accelerazione degli ultimi giorni in Commissione Affari Costituzionali nel tentativo di portarlo in Aula entro fine mese, sta seguendo un iter assolutamente speculare al DDL sull’autonomia differenziata alla Camera. Segno evidente che le due partite si “devono” muovere in parallelo affinché l’una segua l’altra, in una logica a pacchetto con l’obiettivo di zittire le coscienze dei tanti esponenti di Fratelli D’Italia che si sono sempre mostrati più che cauti rispetto alla sciagurata Riforma Calderoli, oltre che di superare le perplessità di Forza Italia.

Ed a questo proposito, condanno con forza l’atteggiamento ossequioso del governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, da poche settimane eletto, peraltro, vicesegretario nazionale di Forza Italia,  così come reputo inaccettabile il voto a favore espresso da tutti i parlamentari calabresi, ad eccezione del Senatore Nicola Irto. Questi atti e atteggiamenti portati avanti dal Presidente Roberto Occhiuto e dai parlamentari calabresi, sostanzialmente consentono di minare l’unità del Paese e di mortificare e tarpare le ali ad ogni possibilità di crescita del Mezzogiorno, della Calabria e quindi del Paese.

Ed, infatti, sono e sarò sempre convinto che l’Italia non cresce se non cresce il Sud. Per cui è necessario prendere coscienza che la battaglia contro l’autonomia differenziata non è solo a difesa del Sud, della Calabria, ma è a difesa dell’Italia, che si sviluppa e progredisce solo se rimane unita. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

L’OPINIONE / Daniela Palaia: Si legga e si rifletta sul documento della Cec sull’autonomia

di DANIELA PALAIA – Sento di dover esprimere pubblicamente una forte e sincera gratitudine alla Conferenza Episcopale Calabra che, nel documento condiviso nella Domenica delle Palme, ha nettamente criticato il progetto di autonomia differenziata, il cui esame è in piena fase di accelerazione con l’approvazione avvenuta al Senato del disegno di legge Calderoli.

Lo ha fatto stigmatizzando la contrarietà di quel progetto ai valori della Costituzione e invitando tutte le comunità diocesane e tutti i territori all’organizzazione di occasioni di approfondimento e di pubblica discussione sul tema per promuovere adeguate forme di mobilitazione democratica, legando solidarietà e giustizia.

La mia profonda gratitudine ai vescovi calabresi deriva non soltanto dalla specifica opposizione alla prospettiva della “secessione dei ricchi”, come la Conferenza Episcopale Calabra definisce l’autonomia differenziata riprendendo la felice espressione coniata dal professor Gianfranco Viesti, ma dalla più ampia riflessione che i vescovi svolgono intorno alla questione meridionale nella prospettiva di un regionalismo cooperativo e solidale. Questa è esattamente la mia visione: territori che si riconoscono e si sostengono adempiendo i doveri inderogabili di solidarietà richiesti dall’articolo 2 della Costituzione, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, come previsto dall’articolo 3.

La riflessione viene espressa richiamando un pensiero che la Cei ha sviluppato fin dal secondo dopoguerra e che trova oggi una definizione puntuale nella conclusione del documento dei vescovi calabresi che riporto testualmente: «non possiamo restare indifferenti. Bisogna trovare vie perché si maturi la consapevolezza che il Paese avrà un futuro solo se tutti insieme sapremo tessere e ritessere intenzionalmente legami di solidarietà, a tutti i livelli»

Forse coloro che non perdono occasione per autodefinirsi portatori e sostenitori dei valori cristiani farebbero bene a leggere e meditare la riflessione contenuta nel documento episcopale, trovando la forza e il coraggio, anche all’interno delle proprie formazioni politiche, per opporsi senza riserve a un disegno fortemente dannoso per le popolazioni e i territori meridionali che pur rappresentano, magari da presidenti di regione e vicesegretari nazionali di partito. (dp)

[Daniela Palaia è consigliera comunale di Catanzaro]

L’OPINIONE / Elena Hoo: Ogni maggiore forma di autonomia deve essere collocata nei principi della Costituzione

di ELENA HOOL’autonomia differenziata permetterà alle Regioni di trattenere un maggior gettito fiscale anziché  versarlo allo Stato per perequare i trasferimenti Stato/Regioni. 

Così le regioni più ricche (tutte al Nord), che hanno già maggiori risorse rispetto a quelle del Sud, avranno anche ulteriori risorse per implementare i servizi e prevedere prestazioni sociali e  sanitarie aggiuntive per i loro cittadini. In questo modo l’esercizio dei diritti e perfino la tutela  della salute saranno tutelate in funzione al reddito e alla residenza. 

Se guardiamo, ad esempio, la tutela della salute, già esistono fortissime disuguaglianze tra Nord e  Sud del nostro Paese. Le conseguenze già le tocchiamo con mano: l’aspettativa di vita al Sud è  inferiore al quella del Nord di ben 4 anni; a Sud c’è una maggior mortalità e una enorme mobilità  sanitaria che ha fatto diminuire le risorse del Fondo Sanitario Nazionale destinate alle regioni del Sud. 

Le regioni in virtù dell’autonomia differenziata potranno gestire in modo libero le ulteriori risorse con l’evidente possibilità di uno spostamento dei servizi verso il privato. 

I diritti civili e sociali assicurati garantiti dalla Costituzione resteranno assicurati solo a livello  formale e anche una definizione precisa dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per garantire i  diritti uguali in tutte le regioni, verrebbe vanificata dall’impossibilità dello Stato a colmare la  differenza della spesa tra Nord e Sud che già ora, ad esempio in campo sanitario, è del 25%. 

È chiaro che si sta procedendo a disegnare il futuro del paese seguendo un puro calcolo di  convenienze delle regioni e dei poteri forti, mettendo a serio rischio l’unità del paese e la coesione  sociale. L’autonomia differenziata non solo non diminuirà le disuguaglianze territoriali, come ci ha invitato a fare l’Europa attraverso i fondi del Pnrr, ma paradossalmente le aumenterà in modo  notevole. 

Auser, a livello nazionale, ha assunto una posizione ben precisa: ogni maggiore forma di autonomia deve essere collocata nel solco dei principi e valori della nostra Costituzione. Questo vuol dire che  alcune materie come la salute, l’istruzione, il lavoro devono restare al centro dell’intervento  pubblico e devono garantire i diritti alla persone in modo universale, su tutto il territorio  nazionale, indipendentemente da dove si nasce e si vive. (eh)

[Elena Hoo è presidente dell’Auser di Rende]

L’OPINIONE / Rosaria Succurro: Per autonomia indispensabili Lep e risorse

di ROSARIA SUCCURRO – Siamo tutti d’accordo: l’autonomia differenziata non può né deve esistere senza la definizione e il finanziamento integrale dei Livelli essenziali delle prestazioni.

Al di là delle appartenenze, siamo meridionali, dunque sappiamo perfettamente che non è possibile competere sulle capacità amministrative, se tutte le realtà territoriali non vengono prima messe nelle stesse condizioni di partenza. Apprezzo i correttivi al disegno di legge in questione, introdotti al Senato grazie ai parlamentari calabresi. Tuttavia, vanno fissate in dettaglio le prestazioni standard e vanno stanziate le risorse che occorrono, avendo conto delle criticità e delle diseguaglianze territoriali già esistenti.

Personalmente, appartengo a quella generazione che cerca e raccoglie le sfide amministrative e politiche. Noi meridionali non abbiamo nulla da invidiare agli altri cittadini e ci riconosciamo parte attiva di un’Europa, rivolta al Mediterraneo, che sa comprendere le esigenze del presente e intuire le opportunità per il futuro. Ogni competizione, però, richiede regole chiare e parità di trattamento. (rs)

[Rosaria Succurro è presidente della Provincia di Cosenza, presidente di Anci Calabria e sindaca di San Giovanni in Fiore]

Pd Calabria: Inaccettabili le parole di Calderoli sul Meridione

Il gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale ha definito «inaccettabili» le parole che il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, ha detto al termine della prima fase di audizioni svolte in Commissione Affari Costituzionali alla Camera.

Il ministro, infatti, «invece di illustrare nel dettaglio le modalità con le quali saranno finanziati i Lep, unico modo per evitare una spaccatura del Paese, il ministro, evidentemente nervoso, si è lasciato andare ad improperi contro i napoletani e i meridionali in generale», hanno spiegato i dem, denunciando come Calderoli si sia scagliato «contro gli stessi soggetti chiamati a svolgere le audizioni, bollati come ‘professoroni che prima di lanciarsi in giudizi avventati dovrebbero mettersi alla prova con elezioni evitando giudizi di analfabetismo costituzionale verso parlamentari eletti, senza avere amministrato mai un condominio’».

«Abbastanza – hanno proseguito i consiglieri dem – per capire quanto sia nervoso e preoccupato Calderoli che si trova a dover difendere un provvedimento sbagliato, iniquo e con profili di dubbia costituzionalità. E, invece di entrare nel merito del provvedimento e delle eventuali osservazioni critiche, il ministro non trova di meglio da fare che nascondersi dietro l’arroganza e le offese, facendo venire fuori l’antimeridionalismo che caratterizza l’azione del governo Meloni, fin dal momento del suo insediamento».

«Come Pd – hanno detto ancora i consiglieri dem – proseguiremo la nostra azione di opposizione per bloccare una riforma sbagliata che vuole cancellare il futuro delle Regioni meridionali e sulla quale chiamiamo nuovamente il governatore Occhiuto al confronto in Consiglio, dopo le sue ultime dichiarazioni pubbliche con le quali ha annunciato che chiederà al suo partito di non votare la riforma senza le risorse per i Lep».

«Pare evidente che le risorse non ci siano e, per questo come gruppo del Pd – hanno ribadito – sottoporremo all’attenzione dei gruppi presenti in Consiglio regionale il testo di una mozione, aperta al contributo di ciascuno, per bloccare una riforma distruttiva per la Calabria e l’intero Mezzogiorno».

«Solo così il centrodestra potrà davvero dimostrare di essere una classe dirigente capace – hanno concluso – competente e autorevole, come ripete spesso il presidente Occhiuto, mettendo fine ad una ambiguità che oggi davvero non ha più senso di esistere e inizia a indispettire, e non poco, l’intelligenza dei tantissimi calabresi orgogliosi della loro identità e storia». (rcz)