PD Calabria: Perché Occhiuto non ha fatto ricorso con le altre Regioni su autonomia?

«Se davvero Occhiuto avesse voluto contrastare l’autonomia differenziata, dopo averla inopinatamente votata, sarebbe stata quella del ricorso l’unica strada da percorrere, affiancando la Calabria alle cinque Regioni realmente contrarie». È quanto ha detto Mimmo Bevacqua, capogruppo del PD in Consiglio regionale commentando le dichiarazioni rilasciate dal Governatore sul Corriere della Sera, sottolineando come  «altre vie, persino scorciatoie mediatiche illustri, non hanno nessun effetto concreto e servono solo a gettare fumo negli occhi dei calabresi, mentre le Regioni del Nord, guidate da Zaia, hanno già appuntamento con Calderoli per ottenere le deleghe sulle materie non Lep».

Per il dem, infatti, «è davvero singolare la posizione mediatica che il presidente Roberto Occhiuto ha assunto in relazione all’autonomia differenziata. Dalle colonne autorevoli del Corriere della Sera invita la sua stessa parte politica di governo a rallentare e prendere fiato, così da non commettere errori dalle gravi conseguenze per il Sud e persino per il Nord. Invitando, inoltre, a non dare sostanza al referendum che, a suo dire, vedrebbe vincere i contrari e provocherebbe danni politici e di tenuta alla maggioranza. E già qui si nota una prima ipocrisia. Occhiuto è più preoccupato delle sorti del governo nazionale o del Sud e della Calabria che amministra?».

«Ma la posizione del governatore sulla riforma voluta dalla Lega è di fatto ambigua sin dall’inizio – ha continuato Bevacqua –. Sin da quando ha votato a favore del decreto Calderoli in conferenza delle Regioni. E nessuno ha mai capitò, né Occhiuto ha mai spiegato quale sia stato il senso di aver dato parere favorevole ad un impianto che il governatore conosceva sin dall’inizio in tutti suoi profili iniqui e contro l’unità del Paese. Una normativa che presenta pesanti vizi di legittimità costituzionale, tanto che ben cinque Regioni, che rappresentano non meno di 20 milioni di italiani, hanno fatto ricorso alla Consulta per vedere dichiarata l’incostituzionalità della riforma». (rcz)

Il presidente Occhiuto: «Sull’autonomia fermiamoci»

«Al governo e alla maggioranza direi: siate prudenti. Congelate gli effetti della legge sull’autonomia in attesa che la riforma sia completa, utilizzate il tempo per ragionare su ogni aspetto e per spiegare all’opinione pubblica cosa succederà e come». È quanto ha detto il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in una intervista di Paola Di Caro per il Corriere della Sera.

Per il governatore «è vero che l’autonomia era uno capisaldi del centrodestra con la riforma della giustizia e il premierato, ma è l’unica su cui si è andati di fretta, di notte, con un’urgenza poco comprensibile. Sul resto si sta agendo con calma. Forza Italia ha fatto un grande lavoro per evitare distorsioni a danno del Sud, ma ancora c’è da lavorare. Prendiamoci tempo. Fermiamoci e ragioniamo. Nemmeno al Nord oggi i cittadini sentono questo tema come un’urgenza».

«Il Centrodestra – ha specificato Occhiuto –  ha solo attuato una riforma che era stata voluta dalla sinistra, che ora attacca anche per ragioni meramente propagandistiche. Ma due ordini di problemi esistono. Il primo è sulle materie che possono essere devolute alle Regioni che le chiederanno solo dopo che si saranno superati i costi storici e definiti i Lep».

Quello dei Lep, infatti, «è un tema molto delicato. Bisogna capire bene come si stabiliscono i Lep. Per fare un esempio: un medico specializzato che deve venire a lavorare in un ospedale calabrese chiederà di essere pagato di più, non di meno, di chi viene chiamato al Nord, magari allettato da offerte anche più alte. Lo stesso vale per la scuola, perché noi paghiamo ritardi storici e culturali e se non stiamo attenti rischiamo di acuirli», ha spiegato Occhiuto, dando ragione al ministro Antonio Tajani, secondo cui «prima di ogni altra mossa bisogna stabilire quali sono i livelli minima di assistenza, anche per quelle materie per cui non sarebbe necessario».

E, proprio su questo per Occhiuto «veniamo al secondo problema», ha detto al Corsera: «non ha senso che ogni regione possa – come oggi in teoria è previsto – sponsorizzare e firmare i propri contratti di export, di promozione, per conto proprio. Che ci mettiamo a fare, la concorrenza sul vino tra Veneto e Calabria? A chi giova? Per tutti è fondamentale che sia il ministro competente per il Paese a garantire il marchio del Made in Italy, non siamo repubbliche indipendenti in competizione».

Il Governatore, poi, parlando del referendum: «temo che si riveli un danno per il centrodestra a livello nazionale, perché stravincerebbe al Sud e al Centro e credo che non basterebbero i voti del Nord per salvare la legge. Lo credo perché oggi non è più come 10 anni fa, l’autonomia non è più sentita come una priorità nemmeno a Nord».

Per questo «ho chiesto – ha ribadito – e chiedo ancor più di oggi una moratoria sulle materie delegabili solo coi Lep».

«Prendiamoci tutti il tempo necessario per definirli al meglio, visto che si parla di spese comunque enormi, quantificate dagli istituti specializzati tra i 100 e i 200 miliardi. Per quelle cosiddette minori, se non c’è urgenza, perché affrettare? La legge sull’autonomia è stata approvata in fretta e furia. Serviva più tempo e maggiori chiarimenti. Anche grazie a FI è una legge che può reggere, ma va spiegata e meglio definita. Fermiamoci», ha concluso Occhiuto. (rrm)

Pd Calabria: Governatori del Nord scorretti nel forzare la mano su autonomia

I consiglieri regionali del Partito Democratico hanno evidenziato la scorrettezza dei governatori del Nord e della Lega che con arroganza vanno a forzare ulteriormente la mano per creare difficoltà amministrative e penalizzare il Sud.

«La Lega ha ormai gettato la maschera – hanno spiegato – e continua ad accelerare sull’autonomia differenziata, nonostante i ricorsi presentati dalle Regioni davanti alla Corte Costituzionale e il milione e trecentomila firme depositate in Corte di Cassazione per il referendum abrogativo, alle quali si sono aggiunti i due quesiti referendari votati dai Consigli regionali di Campania, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana per cancellare lo “spacca Italia”. Nonostante una mobilitazione di tale livello e i dubbi dei costituzionalisti su una riforma pasticciata e iniqua, i governatori del Nord guidati da Luca Zaia hanno iniziato a fissare riunioni operative con il Ministro Calderoli per i primi di ottobre. Obiettivo degli incontri: accelerare l’attribuzione delle materie fuori dai Lep alla Regioni che ne fanno richiesta».

«Un modo di fare incomprensibile – hanno proseguito i consiglieri dem – che per di più si fa beffe della timida posizione critica espressa da Tajani che aveva chiesto di rinviare la discussione delle materie da attribuire all’autonomia delle Regioni al momento della definizione dei Lep. E che dimostra quanto conti Forza Italia all’interno di un governo trainato dall’asse Lega-Fdi. Non solo. Dimostra ancora una volta quanto sia ipocrita la posizione del governatore Roberto Occhiuto che continua a fare finta di non volere l’autonomia differenziata, dopo averla avallata in Conferenza Stato-Regioni, e subisce in silenzio ogni atto amministrativo e ogni iniziativa della Lega».

«Non ha alcun senso mostrare finti muscoli e ostinarsi sul tema del finanziamento dei Lep – hanno concluso –. Temi strumentali che non scalfiscono la pericolosità e l’efficacia stessa del decreto Calderoli. Chi intravede problemi concreti e contingenti davanti all’autonomia differenziata prende la strada maestra e cioè quella del ricorso in Cassazione. E ci mette la faccia proprio come ben cinque governatori hanno fatto. Non è questione di colore politico o partitico. In ballo c’è il destino della gente amministrata dai presidenti stessi e gli interessi dei cittadini dovrebbero essere al primo posto». (rcz)

Baldino (M5S): Autonomia per Calabria significa stipendi più bassi e meno servizi

«Per la Calabria l’autonomia differenziata significa stipendi più bassi e meno servizi». È quanto ha detto la deputata del M5S, Vittoria Baldino, intervistata da Il Quotidiano del Sud, sottolineando come «calcolare  i fabbisogni standard dei Lep in base alle caratteristiche dei diversi territori, quali clima, costo della vita, aspetti sociodemografici della popolazione residente significa affermare il principio delle gabbie salariali».

«Il principio per cui se in Calabria la vita costa meno, è giusto pagare meno i calabresi. O se in Calabria, per fare un altro esempio, nascono meno bambini, visto che i giovani vanno via, non serve investire in nidi e welfare. Si differenziano i diritti in base al territorio in cui vivi», ha detto ancora Baldino, chiedendo «impegni precisi al governo sul finanziamento dei Lep e sulla devolution delle materie non soggette ai Lep, quella che in base alla legge si può fare subito. Perché, voglio ricordano, che su queste ultime quattro Regioni hanno già chiesto di firmare le intese al governo. E non è che l’attuazione dell’autonomia su queste materie faccia meno male al sud, anzi. Se poi aggiungiamo anche che il criterio per finanziare i Lep, nella proposta del Clep, si rifà al principio della territorialità…».

Secco il commento, poi, sulle dichiarazioni del ministro Calderoli secondo cui sui i fabbisogni standard dei Lep saranno scelti dalla politica e non dai tecnici. «Le rassicurazioni di Calderoli non c’hanno mai ispirato fiducia. Figuriamoci ora», ha attaccato Baldino, che non manca di riservare una stilettata finale a Forza Italia e ad Occhiuto.

«Non ce lo vedo Tajani che mette veti a Zaia o agli altri governatori pronti a firmare le prime intese. Lo stesso presidente Occhiuto sconterà per sempre il peccato originale di aver dato il via alla riforma con il voto in Conferenza Stato Regioni, quando ancora si era in una fase preliminare e si poteva fare la differenza. Nessuno nel centrodestra può considerarsi assolto. Non erano loro, la stessa presidente Meloni e lo stesso governatore Осchiuto a definire l’autonomia un’opportunità per il Sud?».

«L’autonomia – ha concluso la pentastellata è in Costituzione si, ma non per dare la spinta alla secessione che si intende attuare. Noi di certo faremmo una inversione a U, riportando innanzitutto la sanità nelle competenze statali. La Costituzione poi va attuata garantendo prima la prevista perequazione e livelli uniformi – non essenziali, perché significa minimi di prestazioni sul territorio. Con questi presupposti, se una Regione chiede forme di autonomia, si può discutere. Nel rispetto sempre dei principi di uguaglianza e solidarietà, previsti nella prima parte della Costituzione. E che prevalgono sul titolo V e sull’autonomia». (rp)

L’OPINIONE / Giuseppe Nucera e Matteo Olivieri: La Calabria ha da guadagnare con l’autonomia

di GIUSEPPE NUCERA E MATTEO OLIVIERIIl clima culturale sviluppatosi intorno al tema dell’autonomia differenziata sta diventando ogni giorno sempre più ostile, e questo scoraggia molte persone dal prendere posizione pubblica a favore. Eppure, una rapida analisi dei “conti pubblici territoriali” dimostra che la Calabria avrebbe tutto da guadagnare dal passaggio all’autonomia differenziata.

Gli ultimi dati dell’Agenzia della Coesione (peraltro incompleti e fermi al 2021) ci informano infatti che la spesa pubblica territoriale viene dirottata quasi interamente nelle regioni a statuto speciale.

Come per magia, le province autonome di Trento e Bolzano ricevono rispettivamente 25 e 23 mila euro per abitante, mentre la Calabria poco meno di 14 mila (Fonte: Agenzia per la Coesione Territoriale).

Un cittadino calabrese vale di meno di uno di Bolzano? La Calabria, che ha quasi 4 volte la popolazione del Trentino A.A., riceve però il 40% in meno di risorse destinate a servizi pubblici, i quali – già oggi – non sono uniformi sul territorio nazionale, con buona pace di quanti si dicono contrari all’autonomia differenziata. Anche cambiando gli indicatori di riferimento, il risultato è sempre lo stesso: la Calabria, che ha una popolazione residente pari al 3% circa del totale nazionale, riceve risorse pubbliche pari a circa il 2,5% delle entrate tributarie erariali, dunque al di sotto della media pro-capite. Al contrario il Trentino A.A., che di popolazione residente ne ha circa l’1,8% del totale nazionale, ottiene la stessa percentuale di risorse della Calabria.

L’attuale meccanismo di finanza pubblica prevede un “doppio binario”: uno per le regioni a statuto ordinario, alle quali viene assegnata annualmente una quota di compartecipazione ai tributi erariali (attualmente intorno al 67%, da ripartire ulteriormente sulla base della media dei consumi triennali rilevati dall’Istat) ed uno per le regioni a statuto speciale. Enormi differenze sussistono tuttavia anche tra le stesse regioni a statuto speciale, visto che – per esempio – in Valle d’Aosta rimane il 100% del gettito Iva prodotto sul territorio, mentre il 90% rimane nelle province autonome di Trento e Bolzano, il 70% in Sardegna, e appena il 36,4% in Sicilia).

Visto che i diritti di cittadinanza garantiti dalla Costituzione devono essere validi su tutto il territorio nazionale, non si capisce perché alcuni territori debbano avere risorse “speciali” destinate a servizi pubblici che invece mancano in altri territori.

Sarebbe sufficiente riequilibrare la spesa pubblica al livello della popolazione per restituire alla Calabria almeno un 20% di risorse che – pur prodotte qui – finiscono altrove e forse, col tempo veder sparire quel debito sanitario da cui la Calabria non riesce ad uscire.

Anche sul lato della spesa esistono numerose iniquità, poiché le regioni a statuto speciale non sono chiamate a contribuire ai programmi di riduzione della spesa pubblica nazionale (salvo una piccola quota forfetaria), a differenza delle regioni a statuto ordinario, dove i tagli alla spesa pubblica sembrano non finire mai. Questa iniqua ripartizione della finanza pubblica, che crea vincitori e vinti, va avanti da almeno un quarto di secolo, e si è ulteriormente accentuata dopo la pandemia, sebbene finora nessuno vi abbia posto mano.

E, benché non esistano studi ufficiali esaustivi sull’argomento, viene spontaneo chiedersi se l’aumento dei divari socioeconomici a livello territoriale tra Nord e Sud sia da attribuire all’attuale assurdo meccanismo di ripartizione della finanza pubblica a livello territoriale, anziché alla solita, stancante tesi del Mezzogiorno vagabondo e inefficiente. Ad uno studio più attento si scoprirebbe che l’attuale meccanismo di ripartizione della spesa pubblica è completamente aleatorio: il calcolo dei “residui fiscali” (ossia la differenza tra entrate e spesa primaria) non è oggettivo ma dipende dalla metodologia adottata, che peraltro differisce nelle rilevazioni di Banca d‘Italia o della Ragioneria Generale dello Stato oppure Istat ecc. Inoltre, il “residuo fiscale” è oggetto di contrattazione politica in seno alla Conferenza Stato-Regioni, e ciò toglie non solo ogni credibilità a tale parametro decisionale, che non è indipendente, ma solleva legittime perplessità sul peso politico della rappresentanza calabrese nei tavoli nazionali.

Il passaggio all’autonomia differenziata cancellerebbe di colpo queste storture, e consentirebbe alla Calabria di usufruire sul proprio territorio di risorse finanziarie che oggi finiscono fuori regione per finanziare la spesa altrui.

A ben vedere, l’autonomia differenziata non contrappone il Nord al Sud, ma aggiunge trasparenza al meccanismo di ripartizione della spesa pubblica (tramite cui garantire i diritti costituzionali), e riequilibra la distribuzione di risorse tra regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale attraverso il superamento della c.d. “spesa storica” e la contemporanea definizione di Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), che lo Stato si impegna a finanziare interamente.

Per questo motivo, la definizione di livelli essenziali di spesa comporterebbe molto probabilmente un aumento (!) delle risorse finanziarie a favore del Meridione, e non invece una sua diminuzione, come invece in molti vanno sostenendo. Un esempio aiuterà a capirci: il numero di asili nido sono stati inclusi nei Lep nella misura del 33% di posti da garantire per i bambini sotto i tre anni entro il 2027. Ebbene, dalle rilevazioni condotte (nota 2) nell’anno educativo 2022/2023, risulta che «i posti disponibili nei nidi, nelle sezioni primavera e nei servizi integrativi pubblici e privati hanno raggiunto sul territorio nazionale una copertura pari a 30 posti ogni 100 bambini residenti fra 0 e 2 anni (14,3 posti per 100 bambini sono in servizi a titolarità pubblica)».

Tutte le regioni del Centro-Nord hanno raggiunto o superato il livello minimo di copertura di 33 posti, con la sola eccezione della Provincia Autonoma di Bolzano, mentre nel Mezzogiorno solo la Sardegna si colloca al di sopra di tale parametro con 35,2 posti. Pertanto, la Calabria si trova “costretta” a raggiungere tale obiettivo minimo entro un tempo prestabilito inderogabilmente, e dunque a poter chiedere ulteriori risorse per raggiungere tale obiettivo. Ciò comporta degli indubbi vantaggi inattesi per la nostra regione, poiché da quest’obbligo consegue pure un maggior potere di controllo del bilancio delle PP.AA. da parte dello Stato e dei cittadini, evitando così che le risorse vengano spese in ambiti clientelari o comunque non prioritari.

L’evidente miglioramento della capacità di monitoraggio della spesa pubblica avverrebbe poi salvaguardando gli equilibri di bilancio statale e regionale, come recita la legge 86/2024. Infatti, le stime fatta dalla Banca d’Italia, secondo cui per il finanziamento dei Lep occorrerebbero 100 miliardi di Euro, non comporterebbero l’assunzione di nuovo debito pubblico (col conseguente paventato rischio di collasso dei conti pubblici) ma semplicemente una nuova modalità di ripartizione di risorse finanziarie già esistenti.

Appaiono dunque infondate le critiche mosse alla legge sulla autonomia differenziata, accusata di voler spaccare l’unità nazionale, di creare un “far-west”, oppure uno “Stato arlecchino” o la “secessione dei ricchi”. A dirla tutta, la legge 86/2024 (“c.d. legge Calderoli”) prevede ampi e adeguati meccaanismi di garanzia contro la rottura dell’unità nazionale: si va dal doppio voto a maggioranza assoluta del Parlamento sulla bozza preliminare di intesa Stato-Regioni e poi sul documento finale, alla possibilità di rivedere ogni tre anni i Lep per adeguarli al mutato contesto socioeconomico, al ritiro unilaterale dell’intesa da parte del Governo qualora ci fossero fondati motivi per ritenere a rischio l’unità nazionale.

Sono dunque auspicabili tante occasioni di dibattito pubblico per spiegare ai calabresi i vantaggi reali della autonomia differenziata, al di là di letture ideologiche, semplicistiche o denigratorie del tema, che purtroppo confondono le menti e inquinano il leale confronto tra posizioni differenti. (gp e mo)

[Giuseppe Nucera è fondatore del movimento La Calabria che vogliamo, Matteo Olivieri è economista]

L’OPINIONE / Franz Caruso: Occhiuto aderisca al Referendum contro autonomia

di FRANZ CARUSO – Ancora una volta il direttore della Svimez, Luca Bianchi,  interviene con fermezza sull’Autonomia Differenziata definendola, per come proposta, “ una truffa”. Una definizione che mi trova perfettamente d’accordo in quanto, per dirla in poche parole, non si prevede neanche un euro per attuarla e colmare il divario tra Nord e Sud. Un’operazione, quest’ultima, per la quale servirebbero, sempre secondo fondi Svimez, circa 80 miliardi di euro.

Il governatore del Veneto ha già avanzato richiesta di maggior autonomia nelle nove materie “non lepizzabili” tra cui, rapporti internazionali e con l’Ue della Regione,  commercio con l’estero, Professioni; Protezione civile; Previdenza complementare e integrativa; Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario che, se confermata, penalizzerà certamente il Mezzogiorno ma contestualmente  avvierà alla disfatta l’intero Paese che vedrà ridotta complessivamente la sua competitività. Aprire, infatti, ad egoismi territoriali significa inevitabilmente venire meno alle politiche di integrazione territoriali e produttive che rispondono ad un modello di sviluppo europeo nonché globale.

Tutto ciò, ovviamente a voler tacere del pericolo oggettivo di veder nascere 20 piccole repubblichette ed al venir meno dei dettami  di solidarietà politica, economica e sociale decantati nella nostra Carta Costituzionale. Per cui, ribadendo che tale tema non può rappresentare terreno di scontro politico/ideologico, tanto meno di contrapposizione territoriale, ritengo che il Governatore Roberto Occhiuto deve ora reagire concretamente, passando dalle parole ai fatti.

Nel mentre altre regioni, tra cui Emilia Romagna e Toscana, hanno chiesto il Referendum per l’abrogazione delle scellerata legge leghista, il presidente Occhiuto deve necessariamente fare chiarezza sulla sua posizione politica. Non basta più esprimere dissenso in qualche manifestazione pubblica, seppur apprezzabile. Oggi è il tempo dei fatti. Aderisca Roberto Occhiuto al Referendum, sarò il primo a rendergliene merito. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

SOTTOVALUTARE IL DISAGIO DEL SUD È DA
SUPERFICIALI: STANCHI DEI DIRITTI NEGATI

di PIETRO MASSIMO BUSETTALa mancanza dei diritti fondamentali, dovuti ad un welfare insufficiente, oltre a quello della possibilità di una occupazione adeguata alle skill possedute da ciascuno, costituisce la ragione fondamentale di un processo emigratorio che toglie al Sud ogni possibilità di futuro.

La spesa storica, che sottrae al Mezzogiorno 60 miliardi ogni anno, e porta a una spesa procapite inferiore,  per cui nascere a Sondrio è un privilegio e a Reggio Calabria una disgrazia, porta ad un welfare totalmente differente  tra le due parti. Per cui in una la sanità pubblica é sufficiente nell’altra devi rivolgerti a quella privata e così di seguito per la mobilità, il possesso di un auto é problema di sopravvivenza, o per la formazione scolastica. Peraltro la stretta  sul reddito di cittadinanza ha portato molte famiglie di nuovo nella povertà assoluta, dalla quale lo strumento li aveva affrancati. 

Anche di questi temi si occupa il mio saggio, che viene distribuito in questi giorni nelle librerie e sulle maggiori piattaforme digitali: “la rana bollita”, che completa un ciclo di quattro volumi che inizia con “il coccodrillo si é affogato”, continua con “il lupo e l’agnello”, poi con “la rana scorpione” per completarsi con “la rana bollita”, tutti editi da Rubettino. 

Lo zoo che ho creato in questi ultimi anni ripercorre i luoghi comuni e i mantra più diffusi che hanno caratterizzato il racconto del nostro Sud.  E propone un’interpretazione assolutamente differente rispetto a quella prevalente, che proviene fondamentalmente da chi ha vinto la battaglia economica. Quel Nord bulimico che ritengo abbia avuto in mano il volante del Paese e che ha fallito nel suo primo obiettivo teorico, che era l’unificazione economica dopo quella politica. 

Con questo nuovo lavoro si completa una ricerca che parte nel 2018. E che si compone di quattro saggi.

Nei tre volumi precedenti esploro alcune tematiche con una chiave di lettura personale e stimolante, su alcuni argomenti, ancora di strettissima attualità, riguardanti il Sud. Il primo lavoro è stato Il coccodrillo si è affogato, pubblicato da Rubbettino nel 2018.

In esso si metteva in evidenza come l’esigenza dello sviluppo del Sud non fosse interesse soltanto dei 20 milioni di meridionali, ma una necessità per tutto il Paese. Perché non era pensabile avere dei tassi di crescita consistenti se si lasciava il 33% della popolazione e il 40% del territorio fuori dai processi di sviluppo che attraversano tutta l’Europa.

Il secondo lavoro della quadrilogia, pubblicato nel 2021, sempre dallo stesso Editore, dal titolo Il lupo e l’agnello, rifletteva sull’idea che la colpa del mancato sviluppo del Sud fosse da attribuire allo stesso Sud che, nella vulgata, era stato dissipatore di risorse che i meridionali avevano sprecato con ruberie, sottrazioni, sprechi e incapacità varie.

La metafora della fiaba mette in evidenza come il racconto  fosse praticamente falso e la dimostrazione più evidente il fatto che l’infrastrutturazione, che evidentemente dipendeva dallo Stato centrale, fosse rimasta al palo.

Si parla dell’Alta Velocità Ferroviaria oltre che dell’Autostrada del Sole, che già nella sua concezione si ferma a Napoli, lasciando tutto il Mezzogiorno isolato con la pretesa poi che si sviluppasse.

Con il lavoro più recente, La rana e lo scorpione, Rubbettino 2023, si è cercata la motivazione per la quale non è stata adottata anche dal nostro Paese una politica economica più lungimirante, che hanno invece impostato molti Paesi dell’Unione. In particolare lo ha fatto la Germania e anche la stessa Spagna, tra i Paesi più grandi, ma in realtà tutti quelli che hanno problemi di aree estese a sviluppo ritardato.

La risposta è stata che in realtà un Nord, alcune volte provinciale e bulimico, governato da forze spesso localistiche e miopi, lontane dalle visioni di De Gasperi o di Pasquale Saraceno, abbia imposto politiche molto egoiste. Vedasi cosa ha fatto la Lombardia e lo stesso Veneto, ma non sono state da meno Emilia-Romagna e Toscana, che hanno portato a una distribuzione delle risorse basata sulla spesa storica, che ha sottratto ogni anno al Mezzogiorno oltre 60 miliardi.

In tale  lavoro si faceva anche una riflessione importante e cioè che la problematica non fosse tecnica, che il tema non fosse più quello di trovare come si potesse sviluppare il manifatturiero, il turismo, e la logistica. Ma forse quello di trovare le forze che fossero in grado di imporre al Governo nazionale di andare avanti senza quegli stop and go che hanno portato il Mezzogiorno a essere sempre una realtà statica che, negli ultimi vent’anni, ha aumentato di poche unità i propri addetti, compresi i sommersi.

Guardare i dati dell’occupazione complessiva ci fa capire quale dramma abbia vissuto questa parte del Paese, nella quale lavora una persona su quattro, che ha bisogno di milioni di posti di lavoro nuovi, e che invece al massimo per qualche mese è stata destinataria di risorse assistenziali come il reddito di cittadinanza.

Ma il progetto politico che portasse ad avere voce è stato interpretato in tanti modi e disperso in mille rivoli, per cui non è riuscito a formare una forza parlamentare adeguata a imporre al Paese una linea che non fosse frammentaria e discontinua.

Con questo nuovo lavoro ci si pone la domanda seguente: come mai una Comunità che è stata maltrattata per anni da un Paese rivelatosi ostile, che ha impostato un progetto di sviluppo che si realizza con le migrazioni di oltre 100.000 tra giovani e adulti ogni anno verso il Nord, verso l’Europa e anche verso i Paesi d’oltremare, non si ribella? Visto che ha a disposizione la possibilità di votare periodicamente e manifestare il suo dissenso e la sua opposizione.

Come mai la mancanza di infrastrutturazione, che prevede che la stessa distanza possa essere percorsa in ferrovia in una parte d’Italia in un’ora e in un’altra in tre, non fa scattare reazioni?

E perché subisce una sanità che costringe quelli che se lo possono consentire, nei casi più delicati, a prendere un aereo per poter avere un servizio di eccellenza e gli altri spesso a subire trattamenti inadeguati? E un processo formativo mancante di asili nido, di lotta alla dispersione scolastica, di tempo pieno, non fa reagire pesantemente? E infine l’ultimo schiaffo in pieno viso, quell’autonomia differenziata le cui conseguenze saranno devastanti.

E il rosario dei diritti di cittadinanza negati potrebbe continuare senza soluzione di continuità tanto da far dire ad alcuni che questa parte del Paese è utilizzata come se fosse una colonia.

Su questo tema ci si intrattiene con  l’obiettivo di capire le dinamiche, svegliare le coscienze ed evitare che la conclusione di tali differenze di sviluppo e le ingiustizie subite portino a una rabbia diffusa che sfoci in una richiesta di separazione, già molto sentita da una parte non marginale della popolazione. Probabilmente l’abitudine a vivere in una realtà degradata progressivamente ha portato a non reagire. Mentre l’individualismo, tipico delle realtà meno sviluppate, ha portato a cercare soluzioni personali piuttosto che ad azioni di ribellioni collettive, mediante l’indirizzamento del consenso o anche con mai augurabili azioni violente. Ma nulla è per sempre e forse sottovalutare il disagio del Sud è da superficiali. Completa il lavoro la prefazione del direttore dello Svimez, Luca Bianchi, la postfazione che viene riproposta a fianco di Giuseppe Savagnone e tre commenti di Francesco Saverio Coppola, di Nino Foti e di Nino Germaná(pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

CON L’AUTONOMIA IN CALABRIA SI RISCHIA
STOP ALL’EXPORT: È UN SETTORE CRUCIALE

di MASSIMO CLAUSI – La frenata decisiva all’applicazione dell’autonomia differenziata, Antonio Tajani l’ha impressa quando si è reso conto che fra le materie che potevano essere trasferite subito alle Regioni c’era il commercio estero, di sua stretta competenza. È stato allora che il segretario nazionale di Forza Italia, nonché ministro degli Esteri e vicepremier, ha intimato l’altolà.

«Bisogna vigilare affinché l’Autonomia differenziata venga ben applicata – ha detto –. Anche oggi se ne parlerà in Consiglio dei ministri, io ribadirò che, per quanto riguarda il commercio estero, c’è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato».

Non sappiamo bene cosa vuol dire “vigilare” visto che la legge è chiarissima. Il commercio estero è fra le materie non soggette all’individuazione dei Lep, quindi le regioni potrebbero chiedere immediatamente il trasferimento di funzioni e al massimo il ministro degli Esteri potrebbe fare solo melina per ritardare il trasferimento. Di più non potrebbe fare a norma di legge.

La questione non è di poco conto perché l’export rappresenta per l’Italia, come ha detto lo stesso Tajani, il 40% del nostro Pil. Il problema è che Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni che, quantomeno in valore assoluto, contribuiscono maggiormente all’export nazionale. Cumulativamente le tre regioni sopra citate nel 2022 hanno realizzato il 53,5 per cento delle esportazioni italiane per un volume d’affari prossimo ai 329 miliardi di euro. Se queste regioni dovessero gestire in autonomia l’export e i suoi proventi, facendo un po’ i conti della serva, il Pil del Paese potrebbe avere una contrazione del 20% circa.

Ma cosa succederebbe alla Calabria? Certamente una brusca frenata all’impennata che sta conoscendo in questi anni nell’export. Il dato assoluto è tutto fuorché positivo. Siamo la regione che pesa di meno sull’export del Paese. In valore assoluto rappresentiamo uno scarso 1%. C’è da dire però che negli ultimi anni le nostre esportazioni stanno crescendo. Il valore totale è passato infatti, secondo i calcoli della Sace, da 411,42 milioni del 2020 agli 879,38 del 2023.Quindi un raddoppio in pochi anni.

Come prevedibile la parte del leone la fanno i prodotti agroalimentari che rappresentano il 33% delle merci esportate per un controvalore nel 2023 pari ad oltre 220 milioni. Seguono i prodotti chimici (26%), tessile e abbigliamento (9%); meccanica strumentale (9%) e a seguire il resto. I principali Paesi verso cui esportiamo sono, per quanto riguarda l’Europa, Germania, Francia e Repubblica Ceca. Extra Ue invece esportiamo soprattutto in Usa, Inghilterra e, a sorpresa, in Iraq (4%). La provincia più dinamica in questo settore è quella di Reggio Calabria che rappresenta il 48% delle nostre esportazioni, seguono Catanzaro (21%); Cosenza (17%); Crotone (8%) e Vibo (6%). Abbiamo messo in fila questi numeri per dire che la Calabria in questi anni ha dimostrato una sua vitalità sull’export. Una spinta che ha, o dovrebbe avere, il suo centro propulsivo in una infrastruttura strategica come il porto di Gioia Tauro. Il problema è che questa vitalità rischia una brusca frenata con l’autonomia differenziata.

I principali fattori di crescita dell’export non risiedono tanto nella qualità dei prodotti, che comunque è importante, ma in due fattori che sonole strutture e il capitale relazionale. Se ogni regione dovesse fare da sé verrebbero meno strutture importanti come ad esempio l’Ice (Istituto per il commercio estero) che aiuta le imprese ad entrare nei mercati come quello statunitense che ha regole sui prodotti agroalimentari molto particolari e molto rigide. Ma anche le varie Camere di commercio estere non si capisce bene che fine faranno. E per assurdo anche la Farnesina verrebbe in parte svuotata del suo ruolo. Come farebbe la Calabria con i pochi mezzi economici che gli derivano dall’export ad arrivare sui mercati esteri? È illusorio pensare che basti partecipare a qualche fiera internazionale.

Infine c’è quello che abbiamo definito il capitale relazionale ovvero i contatti con i buyer interessati al Made in Italy. Su questo ci sono strutture e persone specializzate che favoriscono la domanda e l’offerta. Persone che ovviamente in caso di autonomia differenziata si orienterebbero sulle regioni più forti e con margini di guadagno maggiori. Insomma Tajani se n’è accorto un po’ tardi ma l’autonomia differenziata sarebbe nociva per le regioni più deboli e per tutto il Paese. (mc)

[Courtesy LaCNews24]

L’OPINIONE / Pasquale Amato: Tre ragioni per dire no all’autonomia

di PASQUALE AMATOHo firmato con assoluta convinzione per il Referendum contro l’Autonomia Differenziata spinto da tre ragioni che ritengo fondamentali: Per impedire che, mediante la “spesa storica”, si renda immodificabile il divario Nord-Sud dell’Italia, vanificando qualsiasi futuro tentativo di rompere la spirale perversa creatasi dopo il 1861 e mai risolta. Si condannerebbe il Sud all’eterna condizione di area marginale, alimentando spinte separatiste che porterebbero alla fine della Repubblica italiana.

Per bloccare l’ipotesi nefasta delle venti repubblichette che renderebbero ancora più evanescente il peso dell’Italia nell’ambito della politica europea. Ambito in cui già sta perdendo terreno nella competizione permanente con gli altri Stati, poco disponibili a privarsi di pezzi di sovranità.

Per non indebolire il cammino già tortuoso dell’Unione Europea. Obiettivo sempre più indispensabile nella società globale in cui dominano gli Stati di grandi dimensioni. Uno scenario in cui l’Europa si muove come un gigante dai piedi di argilla per effetto dell’azione frenante dei sovranismi. Un’Italia ridotta a 20 repubblichette, oltre a un disastroso regresso interno che coinvolgerebbe anche le regioni più ricche, contribuirebbe ad affossare definitivamente la costruzione del sogno di Ventotene degli Stati Uniti d’Europa. (pa)
[Pasquale Amato è storico]

Occhiuto: Senza finanziamento Lep stop a tutte le intese su autonomia

«Prima definiamo e finanziamo i Lep e poi facciamo le intese su tutto, sulle materie Lep e su quelle non Lep». È quanto ha ribadito il presidente della Regione, RobertoOcchiuto, nel corso del dibattito sull’autonomia differenziata organizzato con alcuni governatori alla festa delle Cgil Basilicata, in corso a Matera, ricordando che aveva chiesto al Governo una moratoria».

Occhiuto, ricordando che «la legge dice che è possibile fare intese solo dopo la definizione dei Lep, ma ci sono nove materie non ‘lepizzabili’ sulle quali si potrebbe invece procedere subito. Io ho chiesto di fermarci e di aspettare. Ho fatto un esempio, poi ripreso dal mio segretario Antonio Tajani, relativo al commercio estero. Cosa succede agli agricoltori o ai produttori di vino calabresi o campani se cinque Regioni si rendono autonome sul commercio estero? Nessuno lo sa. Allora serve prima una valutazione d’impatto. Qualcuno dice che queste nove sono materie minori. E allora perché dobbiamo fare le intese?».

«Per un governatore di centrodestra – ha detto – aprire una discussione all’interno della sua coalizione su un tema cosi importante come l’autonomia differenziata certamente non è conveniente. Il testo originario di Calderoli non prevedeva la possibilità di differire le intese sino alla definizione dei Lep, quelle sono modifiche che ho fatto introdurre dai parlamentari e dai ministri di Forza Italia, e questo lo rivendico come un merito».

«La legge Calderoli era e rimane una legge che ha due vagoni – ha sottolineato – l’autonomia differenziata, che è una possibilità offerta dalla Costituzione; e i diritti sociali e civili da garantire allo stesso modo in tutto il Paese, questo secondo è un obbligo. Non ho mai cambiato opinione, sin dalla prima Conferenza delle Regioni che ha discusso questo tema: se attraverso la legge Calderoli si ottiene il superamento della spesa storica questo è un grande risultato per il Mezzogiorno».

«Al momento, però, è arrivato in stazione solo il vagone dell’autonomia differenziata. Per la definizione e il finanziamento dei Lep siamo ancora a caro amico. Ma nelle ultime settimane, grazie al dibattito che si è aperto anche nel centrodestra, è cambiato il mood nella coalizione e soprattutto all’interno del mio partito in merito all’autonomia differenziata», ha detto Occhiuto, ricordando che «non tempo l’autonomia: vorrei però evitare, e lo dico alla mia coalizione, di dare una bandierina che non risolve i problemi degli italiani né al Sud né al Nord».

«Questa autonomia differenziata sarà contestata anche al Nord– ha concluso – perché il testo Calderoli non prevede il residuo fiscale, e presto se ne accorgeranno anche i cittadini del Nord». (rrm)