IL SUD HA TANTA FAME DI INFRASTRUTTURE
SI INIZI RILANCIANDO LA CALABRIA JONICA

di ORLANDINO GRECO – La stagione estiva appena conclusa ha fatto registrare un’impennata nel settore turistico con un ritorno ai livelli pre pandemia, e secondo l’Osservatorio Confturismo-Confcommercio, sta avendo un colpo di coda notevole, con circa 12 milioni di italiani in viaggio tra settembre e ottobre e un aumento significativo dei turisti stranieri. 

Ciò porta ad una riflessione seria sul settore turistico-ricettivo che ha oggi bisogno di grosse iniezioni di capitali, ed è un settore importante che necessita di investimenti mirati e non più trascurabili o rinviabili.  E se da una parte si chiede al privato di adeguarsi alla domanda di un mercato sempre più attento e, quindi, esigente, migliorando la qualità dei servizi e alzando il target di riferimento, puntando sempre di più a un turismo di lusso, dall’altra ci sono realtà, come al Sud, che tardano ancora a partire per le inefficienze legate alle infrastrutture e alla mobilità.

Un Meridione dai grandi patrimoni, che fa a gara a produrre e proporre brand e prodotti che hanno una forte connotazione e unicità ma che si scontrano, ancora, con le grandi difficoltà legate ai collegamenti aerei, ferroviari e marittimi. Un divario sempre più pesante e che ha inciso fortemente sulla crescita e sullo sviluppo dei territori e che, oggi, si ripercuote, in maniera determinante, sui progetti di sviluppo, che devono necessariamente prima fare i conti con quel gap. 

Basta soffermarsi sugli investimenti per infrastrutture e mobilità destinati al Mezzogiorno dal Pnrr che ammontano a 33,8 miliardi su un totale di 61,4 miliardi, rappresentano cioè il 56% delle risorse, anche se il condizionale è d’obbligo e i dubbi sull’effettivo rispetto delle indicazioni poste dalla Comunità europea sono sempre più pressanti e direttamente proporzionali alle pretese delle regioni del nord. Si riconosce, cioè, al Sud una inefficienza strutturale che ha bisogno di ulteriori anni per mettersi al pari del resto del Paese e quindi dell’estero. 

Calabria e Sicilia si dimenano tra la richiesta dell’alta velocità e progetti proposti che non rispondono in alcun modo alle esigenze reali dei territori, una totale mancanza di visione per le grandi opere, come il Ponte sullo Stretto o semplicemente il potenziamento e la realizzazione di quelli che possono essere i porti turistici che richiamano un mercato, quello dei diportasti, sempre più in aumento. La Basilicata non soltanto ha un’accessibilità attraverso i mezzi pubblici fortemente limitata, rimane l’unica regione d’Italia che non ha alcun aeroporto.

Senza infrastrutture pienamente funzionanti ed efficiente è impensabile immagine un qualsivoglia sviluppo di questa parte del Paese che possiede grandi patrimoni, bellezze inestimabili, a cui manca la possibilità di esprimere le proprie potenzialità. 

Calabria e Basilicata condividono il Parco del Pollino che con i suoi circa 200mila ettari è considerata l’area protetta più estesa d’Italia e che offre una vastità di prodotti turisti dallo slow all’esperienziale, dallo sport allo storico-culturale, ma su cui pesa sempre quella mancanza di mobilità che ne limita, nonostante i grandi investimenti da parte delle due Regioni e dall’Ente Parco Nazionale, le potenzialità.

E ancora se ci focalizziamo su quella che è considerata da molti la porta del Mediterraneo, cioè la fascia ionica calabrese, si palesa il totale fallimento di una politica inetta che non ha saputo trovare soluzioni e dare compimento alle diverse proposte avanzate da più parti. Sono sempre stato un grande sostenitore della realizzazione di una stazione aeroportuale nell’area della Sibaritide, un territorio dalle grandi potenzialità turistiche de economiche che meriterebbe una valorizzazione all’altezza della sua storia e del suo patrimonio culturale e naturale.

 L’aeroporto della Sibaritide sarebbe destinato ad assurgere quale volano di sviluppo non solo per l’area territoriale di riferimento, già di per sé ampia e articolata, bensì per l’intera Calabria. Mentre per l’AV, RFI propone un non proprio chiaro progetto, realizzabile per il 2032!

Ma in fondo penso che, dopo 175 anni, basta guardare la cartina delle Ferrovie del Paese per rendersi conto che quel disegno di sviluppo unitario non solo è stato disatteso ma nel tempo l’azione politica ne ha invertito i paradigmi concentrando al nord crescita, sviluppo, innovazione, velocità grazie ad una rete ferroviaria che ha accorciato le distanze ed ha avvicinato i territori, rendendoli attrattivi e ricchi. (og)