SOTTO GIOCO DEL DECRETO CALABRIA BIS
I CALABRESI SOGNANO LA SANITÀ FUTURA

di GIACINTO NANCIIl governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, nonché commissario al piano di rientro sanitario, chiede e ottiene dal governo la proroga del Decreto Calabria che manterrà i calabresi sotto il giogo del piano di rientro sanitario per altri sei mesi.

Per capire quanto il piano di rientro sanitario e i commissariamenti della sanità calabrese (oltre al commissariamento della sanità regionale la Calabria ha commissariate tutte le 5 Asp e i tre maggiori ospedali regionali) non solo sono inutili ma perfino dannosi per i calabresi, basti dire che esso è stato ideato nel lontano dicembre 2009 e da allora ad oggi per la prima volta nella storia della Calabria le aspettative di vita alla nascita invece di aumentare sono diminuite, ciò vuol dire che un bambino che nasce adesso in Calabria sa che vivrà meno dei suoi genitori. Lo ripetiamo è la prima volta che avviene nella storia della Calabria.

Inoltre dal 2009, anno di inizio del piano di rientro, chi si ammala in Calabria, a parità di patologia, e ancora di più di patologia oncologica, vive di meno che non nel resto dell’Italia. Ancora, dopo 14 anni di piano di rientro la spesa delle cure dei calabresi fuori regione è perfino triplicata, arrivando a circa 300 milioni di euro, spesa che aggrava ulteriormente il disavanzo della spesa sanitaria calabrese, senza contare il disagio di chi deve emigrare per potersi curare. Alla luce di quanto detto ci sembra che se dopo 14 anni di piano di rientro questi sono i risultati, chiedere un ulteriore sua proroga da parte del governatore-commissario Occhiuto ci sembra la peggiore decisione che poteva prendere che è lontanissima dai bisogni dei malati calabresi.

Il piano di rientro è stato imposto alla Calabria nel 2009 perché noi calabresi siamo stati considerarti cattivi amministratori perché spendevamo in sanità più di quanto ricevevamo dalla Conferenza Stato Regioni. Il piano di rientro e i commissariamenti dovevano rimettere i conti in ordine in breve tempo per come si conviene per ogni tipo di commissariamento. Se ciò dopo 14 anni non è avvenuto dovrebbe far sorgere anche nella testa del nostro governatore Occhiuto il dubbio che ci deve essere qualche altro motivo per il disavanzo della spesa sanitaria calabrese. E il motivo c’è, è conosciuto dal Governo e dalla Conferenza Stato-Regioni ed è il fatto che la Calabria è la regione che per la sua sanità riceve meno fondi pro capite rispetto alle altre regioni, specialmente del nord, nonostante che è la regione che ha più malati cronici che non nel resto d’Italia.

Da quasi 30 anni tutti sanno che il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni è ingiusto e condiziona non soltanto le sanità regionali ma l’intera economia delle regioni in quanto la spesa sanitaria corrisponde al 70% del totale della spesa pubblica regionale. E sempre, da quasi 30 anni, tutti sanno che la Calabria insieme alle altre regioni del sud riceve meno fondi per la sua sanità mentre dovrebbe essere il contrario perché il criterio scelto dalla Conferenza Stato-Regioni in applicazione dell’art.1 comma 34 legge 23/12/1996 n. 662 è stata quella del calcolo della popolazione pesata.

Questo criterio che da pochi fondi pro capite per la giovane età (Sud) e molti più fondi per la popolazione anziana (Nord) ha favorito le regioni del nord che hanno avuto e hanno una popolazione più anziana. La Conferenza Stato-Regioni per ripartire i fondi sanitari alle regioni non ha mai tenuto in conto i criteri epidemiologici (cioè la numerosità delle malattie presenti nelle regioni) pur contenuti nella sopra citata legge. L’epidemiologia ci dice che nelle regioni del sud ci sono molti più malati cronici e che quindi è qui che si dovevano concentrare le maggiori risorse.

Prova di ciò è il Dca n. 103 del lontano 30/09/2015 a firma dell’allora Commissario al piano di rientro sanitario calabrese ing. Scura e vidimato per come prevede lo stesso piano di rientro prima dal Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute, (della serie tutti sapevano e sanno) nel quale Dca alla pag. 33 dell’allegato n. 1 si legge: «Si sottolineano valori di prevalenza più elevati (almeno il 10%) rispetto al resto del paese per diverse patologie». E siccome il Dca è fornito di dettagliate tabelle è stato facile calcolare che nei circa due milioni di abitanti calabresi c’erano allora (e oggi ancor di più) ben 287.000 malati cronici in più rispetto ad altri due milioni circa di altri italiani. Nonostante ciò la Calabria è la regione che, da quasi 30 anni a questa parte, riceve in assoluto meno fondi pro capite per la sua sanità. Le altre regioni del Sud sono, anche se con meno criticità, nella stessa situazione della Calabria sia per la maggiore presenza di patologie che per il fatto di essere le regioni che ricevono meno fondi per la loro sanità.

Ma ancora più eloquente è ciò che avvenuto nel 2017 quando per bocca dell’allora presidente della Conferenza Stato-Regioni Bonaccini è stata annunciata una “parziale” (per come dichiarato dallo stesso Bonaccini) modifica dei criteri di riparto dei fondi sanitari non più solo sul calcolo della popolazione pesata che, a detta dello stesso Bonaccini “penalizza alcune regioni” (leggi Sud) bensì su quella della “deprivazione” in rispetto sempre della legge 662. Ebbene nel 2017 grazie a questa parziale modifica alle regioni del sud sono arrivati ben 408 milioni di euro in più rispetto al 2016, ovviamente la modifica fatta non è stata ne ampliata ne riproposta negli anni successivi. Se la modifica invece di parziale fosse stata intera e in rispetto della legge 662 la cifra di 408 milioni di euro si sarebbe dovuta moltiplicare per 4 e ogni anno da 30 anni a questa parte.

Per capire quanto il criterio di riparto fino ad ora seguito è “fuorilegge” basta ricordare che il 10/06/2022 la regione Campania tramite il suo governatore De Luca ha fatto un ricorso al Tar proprio perché ritiene ingiusti i metodi di riparto dei fondi sanitari alle regioni. Ma ancora più significativo è il fatto che il governo aveva promesso che sarebbero stati rivisti i metodi di riparto dei fondi e sarebbe stato applicato il criterio della deprivazione (bisogni reali delle popolazioni) e non quello demografico (popolazione pesata), e lo ha fatto ancor prima della pronuncia (ancora non avvenuta) del Tar immaginando che il ricorso è giusto e il Tar lo accetterà sicuramente.

Le regioni del Sud a questo punto devono far sì che nella prossima Conferenza Stato-Regioni sia applicato il criterio epidemiologico, cioè più fondi alle regioni che hanno più abitanti con patologie croniche e non come è stato fino ad adesso: meno fondi alle regioni con più malati. Allora il nostro governatore per difendere i malati calabresi invece di chiedere la proroga del piano di rientro dovrebbe prima di tutto fare anche Lui ricorso al Tar, attivarsi per riunire i governatore delle regioni del sud e i sindaci (che sono i massimi responsabili della sanità pubblica), delle grandi città meridionali per poter poi battere i pugni sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni, che è l’organo che ripartisce i fondi sanitari alle regioni, per imporre che la ripartizione dei fondi sanitari alle regioni sia fatta in base ai reali bisogni dei malati presenti nelle varie regioni. La richiesta della proroga del Decreto Calabria è invece l’esatto contrario dei reali bisogni dei malati calabresi. Di Decreto Calabria e di pluricommissariamento si muore. (gn)

[Giacinto Nanci è medico dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia a Catanzaro]

La sottosegretaria Nesci: Si deve rendere operativo il Dipartimento regionale della Salute

Per la sottosegretaria al Sud, Dalila Nesci, «serve ancora dare maggiori risorse di personale al Commissario ma anche, e nessuna giunta lo ha fatto, rendere operativo il Dipartimento regionale della salute».

«Da ormai molti anni – ha spiegato – ho individuato le disfunzioni strutturali della sanità calabrese ed il problema del commissariamento reiterato a causa del mancato intervento della Regione Calabria nella presentazione di un nuovo piano di rientro e programma operativo».

«Ne ho fatto una battaglia sin dalla scorsa legislatura – ha spiegato ancora – proprio perché è necessario intervenire con una riforma dell’intera normativa sui commissariamenti. Oggi la Corte Costituzionale si è pronunciata sul commissariamento ultra decennale della sanità calabrese. Lo Stato, dunque, non è intervenuto ‘troppo’, bensì non abbastanza. Infatti, viste le difficoltà della Regione Calabria a rendere efficiente il Dipartimento della Salute, bisognava fornire ulteriore personale amministrativo».

«La Sanità calabrese – ha sostienuto la Sottosegretaria del M5s – può invertire la rotta e ripristinare un processo virtuoso. Se fosse un’azienda privata dovrebbe essere immediatamente liquidata. Invece, per fortuna, è un servizio primario e un diritto essenziale e deve essere messa in condizione di tornare a funzionare bene. Su questo il Governo sta “dando supporto con mezzi e personale, anche sulla ricognizione del debito che supereremo definitivamente. Se per la Corte Costituzionale l’attuale Struttura dovrà avere ulteriore sostegno, glielo daremo».

«La sentenza di oggi – ha concluso Dalila Nesci – va in questa direzione». (rrm)

Sanità Calabria, Saccomanno (Lega): Accertato fallimento dei Governi e dei commissariamenti

Il commissario regionale della LegaGiacomo Saccomanno, in merito alla sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità di alcuni articoli del Decreto Calabria Bis, ha sottolineato come tale decisione «ha accertato che lo Stato non ha supportato l’azione del commissario impedendo conseguentemente un vero risanamento e progetto virtuoso, non evitando, tra l’altro, quella commistione con gli uffici regionali che hanno indotto il Governo ad applicare i poteri sostitutivi».

«Dopo oltre dieci anni – ha detto – vi è, ancora una volta, la certificazione di un fallimento annunciato che ha prodotto ingentissimi danni a carico dei calabresi. Un deficit che non è stato eliminato e dei servizi sanitari che latitano, tanto da costringere il popolo calabrese a rivolgersi a strutture di altre regioni, aumentando, così, i costi e impoverendo il sistema sanitario. Non vi è un solo motivo per proseguire in tale direzione, se non la coltivazione di un sistema clientelare che ha devastato la nostra regione. Si afferma di una riduzione del deficit nell’ultimo periodo, ma questo è un dato falso per la semplice ragione che negli ultimi tempi a causa del Covid le persone hanno rinunciato a servirsi del sistema sanitario e, comunque, vi è stata una pesante riduzione dei servizi in danno del popolo».

«In sostanza – ha proseguito Saccomanno – un vero fallimento che ha ulteriormente distrutto il già precario sistema sanità calabrese e che sta contribuendo a negare ai cittadini la possibilità di curarsi. È fondamentale, pertanto, che si metta fine a questo sistema di provato tracollo e che non solo non ha portato nulla di buono ai calabresi, ma, da una parte, ha aumentato il deficit complessivo, e, dall’altra, ha distrutto quello funzionale esistente».

«Se il Governo non dovesse prendere atto di tali evidenti e comprovate deficienze strutturali – ha concluso – appare più che evidente che i calabresi dovranno assumere una posizione forte e definitiva per stroncare un sistema che appare, allo stato, solo clientelare e con nomine sempre degli stessi soggetti che hanno ridotto la sanità calabrese peggio di quella dei paesi del terzo mondo. Una reazione che sarà sostenuta dalla Lega in ogni luogo, in ogni tavolo, in ogni piazza, pur di riportare la normalità in una terra che è stata fortemente devastata dalla ‘ndrangheta e da un forte e profondo sistema clientelare e di malaffare, spesso sostenuto anche dalle istituzioni per le evidenti omissioni e mancati controlli». (rcz)

Sanità, la Corte Costituzionale dichiara illegittime alcune parti del ‘Decreto Calabria Bis’

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune parti del Decreto Calabria Bis, bocciando, in parte, il Commissariamento. Nello specifico, sono stati dichiarati illegittimi l’articolo 1, comma 2, del decreto legge varato lo scorso novembre inerente le Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario.

Questo perchè, lo Stato «non può limitarsi a un «mero avvicendamento del vertice, senza considerare l’inefficienza dell’intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato» si legge nella sentenza, secondo cui  è incostituzionale non avere previsto che al prevalente fabbisogno della struttura di supporto del commissario ad acta debba provvedere «direttamente lo Stato» con personale esterno, nonché avere imposto alla Regione di mettere a disposizione un contingente «minimo» anziché «massimo» di 25 unità di personale regionale.

Nella riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, osservano i «giudici delle leggi» nella loro sentenza, il riconoscimento del valore delle autonomie territoriali è in «prospettiva generativa» e, quindi, occorre dare «la prova concreta della realizzazione di determinati interessi essenziali», la cui tutela spetta allo Stato quale «garante di ultima istanza»: questo potere sostitutivo dello Stato, tuttavia, deve essere «utile» e, quindi, si giustifica solo se garantisce effettivamente le esigenze unitarie della Repubblica invece compromesse dalla Regione, altrimenti si «rischia di produrre, a causa dell’impotenza cui si destina il commissario, un effetto moltiplicatore di diseguaglianze e privazioni in una Regione che già sconta condizioni di sanità diseguale».

Pertanto, spiega Palazzo della Consulta, occorre «un intervento che comporti una prevalente sostituzione della struttura inefficiente con personale esterno altamente qualificato e fornito direttamente dallo Stato, in modo da evitare anche ogni possibile condizionamento ambientale».

Con la stessa pronuncia, la Corte ha anche dichiarato l’illegittimità dell’articolo 6, comma 2, del decreto, nella parte in cui non prevede, per l’assegnazione del contributo triennale di solidarietà di 60 milioni di euro, in alternativa al piano di rientro presentato dal Commissario per il periodo 2022-2023, l’approvazione di un nuovo piano di rientro presentato dalla Regione: quest’ultimo assolve, infatti, affermano i giudici costituzionali, «la medesima funzione del programma operativo predisposto dal commissario ad acta e pertanto, qualora riconosciuto idoneo dal Consiglio dei ministri», dimostrerebbe la volontà della Regione di intraprendere un cammino per uscire dalla lunga situazione di stallo.

Il senatore di Italia Viva, Ernesto Magorno, ha dichiarato che «non ci sono particolari commenti da fare se non ricordare un dato: io non ho votato questo provvedimento che non tutela gli interessi dei cittadini calabresi».

Roberto Occhiuto, capogruppo di Forza Italia e candidato alla presidenza della Regione, ha ribadito come «sostengo, da tempo, l’inutilità di un commissariamento – con la struttura guidata da figure che spesso poco hanno a che fare con la sanità – che in dodici anni non ha risolto alcun problema, che non ha fatto nulla per sanare i debiti, che non ha migliorato ospedali e prestazioni».

«È giunta l’ora – ha aggiunto – che la sanità in Calabria sia gestita dai calabresi, dal governo regionale, e comunque da professionisti adeguati per vincere questa grande sfida».

«Sarà uno dei primi dossier – ha concluso – che affronterò una volta diventato presidente della Regione».

Anche il senatore di Forza ItaliaMarco Siclari, è intervenuto in merito alla sentenza della Corte Costituzionale, ricordando come «già durante la campagna elettorale delle politiche del 2018 avevo indicato come l’unica strada, per una sanità calabrese dignitosa, fosse quella di mettere fine al commissariamento attraverso l’azzeramento del debito».

«In tal senso – ha proseguito – ho proseguito una volta eletto Senato della Repubblica, intervenendo in aula del Senato giorno 5 giugno 2018 in occasione della fiducia al primo Governo Conte, con la conferenza stampa organizzata dal sottoscritto nel Palazzo del Consiglio Regionale nel dicembre 2018, con la manifestazione che ho organizzato a Roma in piazza Montecitorio il 18 giugno 2019 con oltre 300 cittadini arrivati dalla Calabria, con gli emendamenti presentati al decreto Calabria del 2019 e al Decreto Calabria 2020, sposati da tutto il partito di Forza Italia, presentati in conferenza stampa alla sala Nassirya da Annamaria Bernini e Mariastella Gelmini il 14 maggio 2019».

«Ho continuato a chiedere – ha spiegato – la fine del commissariamento con l’azzeramento del Debito Sanitario Calabrese  in commissione Salute durante l’ audizione, da me richiesta, del commissario Scura e del presidente Mario Oliverio. Adesso che tutti si accorgono quanto da me sempre denunciato, cioè il fallimento certo dello strumento commissariale per la Calabria, anche i massimi organi costituzionali, più che la soddisfazione personale per la confermata validità e necessita della mia proposta, mi dispiace che si siano persi ulteriori anni per restituire il diritto alla salute alla Calabria».

«Il 17 marzo 2021 – ha concluso – ho reiterato la richiesta al ministro Roberto Speranza, in audizione congiunta in commissione salute Camera e Senato, ho chiesto di azzerare il debito pubblico delle due Regioni Commissariate Molise e Calabria. Con il concorso istituzionale di tutte le forze in campo è arrivato il momento di procedere nel senso ormai evidente a tutti e che la Consulta ci impone». (rrm)