di BRUNO TUCCI – Potrebbe sembrare assurdo, ma non lo è: in Calabria c’è un Sud nel sud. Parliamo dell’alta fascia jonica che da Sibari va verso la Basilicata: paesi che si chiamano Villapiana, Cerchiara, Trebisacce, Amendolara, Roseto, Montegiordano, Rocca Imperiale.
In questo lembo di terra, ma anche in altre cittadine che si affacciano su questo mare (tranne rare eccezioni) il tempo sembra essersi fermato.
Non è andato al passo con i tempi, è rimasto a guardare, non certo per colpa della popolazione che continua a elencare i guai che la perseguitano. La responsabilità è altrove: in parte dei sindaci, senza però dimenticare Roma che al Mezzogiorno dedica poca attenzione.
Chi scrive è originario di uno di questi paesi, Amendolara, dove trascorre le sue vacanze estive in luglio e agosto (qualche volta fino a settembre).
Elenco subito quali sono le maggiori pecche che questa fascia dello Jonio deve sopportare.
Il mare, innanzitutto: è bello, azzurro, con l’acqua che ti invita a fare i bagni. Però, ecco la prima incuria: molte spiagge sono abbandonate, non vengono curate come si dovrebbe e pure in estate lasciate sporche senza la minima preoccupazione.
Come si può fare turismo se questa è la situazione? Pensate, nella sola fascia Jonica che da Reggio arriva fino a Rocca Imperiale ci sono oltre 400 chilometri.
Se si fosse pensato in tempo qual era la vera ricchezza della Calabria, forse oggi non saremmo considerati il Sud nel sud. Invece, tanti anni fa, circa il 1970, si decise diversamente.
La Calabria doveva industrializzarsi.
I contadini abbandonare in parte la campagna per essere impiegati in lavori meno pesanti. Così in provincia di Reggio doveva nascere il quinto centro siderurgico (quando già il quarto era in crisi), doveva però lasciare a Catanzaro il pennacchio del capoluogo e a Cosenza una università moderna, tipo collegio americano.
È chiaro che in queste condizioni come avrebbe potuto svilupparsi il turismo? Come avrebbe potuto crescere e diventare ricca una regione nella quale le scelte erano state completamente sbagliate? Pensiamo per un momento alla costiera Adriatica, dove pochi chilometri di mare (non bello come lo Jonio) hanno fatto la fortuna di centinaia di migliaia di persone.
Non è solo il mancato turismo ad aver penalizzato questa terra. Un esempio?
Bene: dall’estremità della provincia di Cosenza (Rocca Imperiale) per arrivare a Reggio ci vogliono poco meno di sette ore in treno.
Si fa prima a raggiungere Roma. Di recente, fortunatamente, un frecciarossa parte da Sibari con una freccia rossa del Sud che ti porta per arrivare a Termini quattro ore più tardi.
Se ti ammali nel paese di cui sono originario diventa un guaio serio. Il primo ospedale è a Rossano (50 chilometri della 106, da dimenticare) oppure trasferirsi a Policoro in Basilicata, stesso percorso, ma arteria meno complicata. Fino a qualche anno fa finalmente a Trebisacce era nato un ospedale che aveva aiutato non poco la gente che abitava pure nei paesi vicini. Prima, è stato retrocesso a pronto soccorso, adesso non ha più alcuna attività di vera e propria medicina. Ci si va solo se cadi o ti sei fatto male (non molto) lavorando in campagna.
Perché Sud del sud che, con qualche ironia, mi si diceva durante la rivolta di Reggio dove ero andato per il mio giornale che era allora Il Messaggero? Soggiornavo al nord della Calabria ed ero quindi al loro confronto uno svedese. Magari, l’alto Jonio fosse idealmente idealmente a Stoccolma!
Si pagherebbero volentieri le tasse fino all’ultimo centesimo se lo Stato non fosse così lontano com’è oggi.
Che cosa si può fare? Tanto, moltissimo, se se ne sentisse la necessità.
Ad esempio: la statale 106 che è ancora oggi considerata la strada più pericolosa d’Italia, solo in alcuni tratti è stata rinnovata, ragione per cui se tu vuoi andare in macchina fino a Reggio per goderti lo spettacolo del mare deve impiegare un arco di tempo indecifrabile. Dipende dal traffico e dalle continue interruzioni.
Con il governo Meloni si fa un gran parlare del ponte sullo Stretto: un’opera che potrebbe impiegare migliaia di persone.
Se ne discute dai tempi in cui io ero un giovanotto, cioè una sessantina di anni fa.
Speriamo che questa sia la volta buona: che voglia dire un impegno diverso da parte di Roma.
Un impegno che dia la possibilità ai ragazzi calabresi di oggi di essere un giorno signori senza i tanti grattacapi economici. (bt)