Era giusto un anno fa: il 26 gennaio i calabresi sceglievano la Santelli.

di SANTO STRATI – È passato giusto un anno, non ce ne siamo forse nemmeno accorti. La pandemia ha stravolto le nostre abitudini, ha rivoluzionato la personale misura del tempo che ognuno gestisce in maniera diversa e ineguale, ha tranciato socialità e semplici gesti che oggi non sembrano più banali come apparivano. Il 26 gennaio 2020 i calabresi andavano alle urne per rinnovare il Consiglio regionale e sceglievano Jole Santelli. Prima donna presidente di Regione, in tutto il Mezzogiorno, con una insospettata carica di vitalità e voglia di innovazione che avrebbero stupito anche i più scettici e disorientato qualche avversario politico. La compianta Jole pensava di avere più tempo da dedicare alla sua Calabria, invece ha lasciato un grande vuoto, proprio quando stava conquistando gran parte dei suoi conterranei. Un vuoto, ahimè, malamente coperto in attesa di un voto che s’allontana ogni giorno di più.

Sembra una pellicola d’altri tempi: i confronti verbali, animosi e veementi, tra quattro competitor di cui due, in ogni caso, già fuori gioco prim’ancora dell’apertura delle urne. Una legge elettorale che ignorava il voto disgiunto e non prevedeva la clausola della parità di genere. Quest’ultima norma è stata sanata, prima che ci dovesse pensare il Governo per decreto; è rimasta fuori quella del voto disgiunto che mancherà ancora una volta al prossimo appuntamento elettorale. Una norma che permette di scegliere un Presidente e assegnare a una lista avversaria il voto di preferenza, appunto in maniera disgiunta: chissà se con Pippo Callipo avrebbe funzionato. A proposito, secondo la Regione si vota l’11 aprile, la domenica dopo Pasqua, ma è una data che non trova credibilità vista la situazione della pandemia. ufficialmente l’emergenza è stata estesa a tutto aprile, quindi non si capisce come si possa pensare di allestire i seggi elettorali. La data più probabile rimane quella del 9 giugno destinato a diventare un election-day (si vota per il rinnovo dei sindaci di Roma, Milano, Napoli, etc) a cui si aggiungerà, con buona probabilità la consultazione calabrese.

Per la quale, occorre dirlo, si continua a registrare un’incertezza che lascia perplessi gli osservatori, ma soprattutto stranisce gli elettori. Escludendo l’immediata presentazione delle liste di Carlo Tansi (con capofila quella di Tesoro di Calabria, che aveva già corso – senza successo – lo scorso gennaio) e l’annuncio del sindaco di Napoli, non ancora ex, ma pronto alla sfida calabrese Luigi De Magistris, sia nel centro-destra che nel centro-sinistra tutto tace. Ovvero, non è proprio così, ma il vizio della sinistra divisiva più che mai, che non trae alcun insegnamento dalle batoste passate, rimane in primo piano, quasi allineato al silenzio tutt’altro che magico della destra. Circolano, ovviamente, tanti nomi, si prefigurano scenari insostenibili e fantasiosi, ma allo stesso tempo non si creano le condizioni per offrire agli elettori un quadro di riferimento, una sottospecie di programma – dall’una e dall’altra parte – che aiuti a motivare una scelta di campo.

In questa incertezza e nel disorientamento pressoché totale è ovvio che la posizione di De Magistris, amato e odiato in pari misura in Calabria, trova terreno fertile tra i delusi della politica tradizionale, i fuoriusciti del partitismo sopra tutto, i sognatori e i disgustati delle elezioni: il civismo che Tansi ha lanciato (con buoni risultati a Crotone) può trovare ampia replica a livello regionale e una figura come quella del sindaco di Napoli può rappresentare l’elemento di “rottura” con il passato e un segnale di prospettiva per la nascente nuova consiliatura. C’è l’intesa Tansi-De Magistris? Lo ribadiamo: se Tansi accetta di fare il vice ci sono buone possibilità di raccogliere consensi e i numeri necessari a impensierire destra e sinistra; se Tansi continua a credere che senza di lui c’è solo il diluvio, ci sarà solo una corposa dispersione di voti e la battaglia sarà di nuovo a due e nessuno dei due avrà la maglia arancione.

Sembrano maturi i tempi per una netta affermazione del cosiddetto civismo, ma non bisogna dimenticare che in ogni elezione la differenza la fanno i numeri. Tansi viaggia oggi in una forbice tra il 7 e il 10% di consensi, più o meno le stesse percentuali di partenza che potrebbe vantare De Magistris. Con grande generosità si può ipotizzare un 20% di base, cui aggiungere un 3-4% dei Cinque stelle e un altro generoso 3-4% di liste civiche di supporto: arriviamo al 28%. Se si associano i voti dei democratici, la musica cambia e cominciano i dolori per la destra. Ma gran parte degli elettori calabresi del pd non è detto che abbraccino senza riserve l’ipotesi De Magistris, anzi la tendenza è proprio all’opposto. Di certo De Magistris non potrà contare sui voti dei fedelissimi di Oliverio, il quale non si candida ma – secondo noi – ha un asso nella manica da lanciare al momento opportuno – per sparigliare i giochi nel centro-sinistra. Il candidato ideale Nicola Irto (già presidente del Consiglio regionale e oggi uno dei vice) non trova a Roma lo spazio che meriterebbe e provoca conflittualità continue tra le varie posizioni. L’alternativa sarebbe Antonio Viscomi (già vicepresidente della Regione con Oliverio, oggi deputato) che però non trova consensi nella provincia reggina e nel Catanzarese. E allora? C’è il rischio che De Magistris si trovi a correre (e vincere) per assenza di avversari a sinistra. L’esperienza (infelice) con Callipo dovrebbe, però, far riflettere il Nazareno e gran parte della Direzione dem.

Diversa la situazione in casa del centro-destra. Salvini, con mossa intelligente ha sostituito il suo fedelissimo Cristian Invernizzi, commissario per la Calabria, con un segretario vero, espressione del territorio (l’avv. Gianfranco Saccomanno di Rosarno) e gli ha messo a fianco il sindaco di Taurianova, Roy Biasi, che è stata l’unica gioia per la Lega alle ultime elezioni amministrative del Reggino: non cambierà molto per i numeri che può raccogliere in Calabria, ma almeno non ci saranno mal di pancia tra i candidati che Saccomanno non saprà curare.

Forza Italia che detiene il diritto (?) di avere il presidente ha molti nomi da spendere, ma non ne fa nemmeno uno. Non vuole giocare sulla sorpresa, in realtà sta aspettando di capire cosa succede al Governo. Il Conte Ter, che appare la soluzione più probabile, non cambierebbe gli attuali equilibri politici in Calabria, ma se la situazione – assurdamente – dovesse precipitare e si realizzasse la fine anticipata della legislatura, beh, le cose cambierebbero radicalmente. Non c’è posto per tutti i parlamentari uscenti, ognuno cercherà soluzioni alternative e la Presidenza della Regione diventa, allora, un obiettivo seducente. Il riferimento, per chi non l’avesse capito, è per il deputato Francesco Cannizzaro, attuale responsabile provinciale di Forza Italia, che vanta amicizie trasversali e importanti e non scarterebbe l’idea di correre in prima persona, a dispetto dei vari Roberto Occhiuto, Gianluca Gallo, o della valida alternativa femminile Maria Limardo (attuale sindaca di Vibo Valentia).

La giornata di oggi, con il presidente Conte che presenta le dimissioni a Mattarella e sancisce la fine del suo governo è una giornata che fa dimenticare il 26 gennaio di un anno fa: in attesa di aspettare la notizia del reincarico, il pensiero non può non correre a dodici mesi fa. Eravamo felici e non lo sapevamo: non c’era la pandemia, il ministro per il Sud Peppe Provenzano stava limando il suo fantastico Piano per il Sud da 100 miliardi in dieci anni, e i calabresi andavano a scegliere il nuovo Consiglio regionale. Un anno dopo siamo in emergenza covid, in piena crisi economica, e senza governo. Non c’è da stare allegri. (s)

“Colpaccio” dell’on. Francesco Cannizzaro: destinati 15 milioni di euro al Porto di Reggio

Il deputato azzurro Francesco Cannizzaro ha piazzato un altro dei suoi colpacci a colpi di emendamenti: ha ottenuto 15 milioni di euro da destinare al Porto di Reggio da utilizzare in un triennio (5 milioni l’anno) per ammodernare e rilanciare l’infrastruttura.

«Il risultato che abbiamo ottenuto  – ha commentato l’on. Cannizzaro – non ha precedenti. Dagli scranni della minoranza, da posizione quindi non privilegiata, in un periodo storico in cui per ovvie ragioni i localismi vengono messi in secondo piano, siamo riusciti ad ottenere fondi per un’infrastruttura che negli anni è diventata il simbolo dell’arretratezza e delle potenzialità inespresse di Reggio Calabria: il Porto.

Nel corso della seduta fiume dedicata alla Finanziaria 2021, esattamente alle 4 del mattino, la Commissione Bilancio della Camera ha approvato il mio emendamento all’unanimità, assicurando 15 milioni di euro destinati a migliorare la qualità dei servizi di mobilità. È la prima volta in assoluto che un porto calabrese riesce ad ottenere queste grandi attenzioni da parte del Parlamento.

L’emendamento Cannizzaro 120.21  mira a rendere più agevoli i collegamenti nell’area dello Stretto ed al contempo a rendere più funzionale l’infrastruttura in chiave turistica, crocieristica e diportistica. Tutto ciò proietterebbe Reggio sul grande palcoscenico europeo, sfruttando realmente la sua posizione baricentrica nel Mediterraneo, storicamente oggetto di tante chiacchiere e mai di fatti concreti.

L’obiettivo è migliorare la qualità dei servizi erogati nell’ambito della continuità territoriale di cui si fa carico lo Stato, anche incrementando i livelli di sicurezza dei passeggeri mediante la realizzazione di percorsi pedonali protetti.

Con questo fine, viene autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2021-23 per interventi di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione del porto di Reggio Calabria.

È con lungimiranza e con determinazione che abbiamo portato avanti anche questa battaglia in Parlamento, affinché oggi potessimo esultare insieme a tutti i reggini e calabresi per avere finalmente ottenuto strumenti concreti atti a rilanciare un Territorio che non ha mai usufruito appieno della sua vocazione marittima». (rp)

L’ADDIO A JOLE, GIÀ IN CAMPO LA POLITICA
LA DIFFICILE SCOMMESSA DELLA CALABRIA

di SANTO STRATI – Non si è ancora spenta l’eco del lungo, affettuoso, commosso addio alla presidente Jole, persino inaspettato per la sua vasta eco mediatica, che la politica, spietatamente, si è rimessa immediatamente in moto.

Messo da parte il dolore per la prematura scomparsa di una “guerriera” come poche, i giochi di potere non aspettano neanche un minuto per tracciare il percorso obbligato che rimette tutto in discussione. La facile vittoria del centro-destra (soprattutto in assenza del voto disgiunto) su un candidato fin troppo debole (Pippo Callipo) giusto nove mesi fa non deve ingannare: la partita si riapre con altri scenari in grado di sovvertire qualunque previsione ottimistica.

La Santelli aveva giocato, nella conferma dell’alternanza che ha caratterizzato 50 anni di Regione, un ruolo di ape regina, riuscendo a coagulare una destra rissosa e inizialmente non proprio coesa, col vantaggio di avere come avversario una sinistra divisiva e confusa. Gli sgarbi di Oliverio e a Oliverio, una sinistra che mal digeriva la figura di Callipo a capo della coalizione (e lo ha fatto brutalmente pesare già nelle prime sedute del Consiglio, favorendo l’addio del cavaliere di Pizzo sconfortato e disilluso), una sinistra dalle tante anime che non riusciva nemmeno a creare quel minimo di coagulo necessario per spuntare quanto meno una sconfitta meno clamorosa.

La domanda è: esiste ancora quella sinistra o ci sono le condizioni per ricostruire un percorso che, nel solco riformista, sappia riconquistare i cuori dei suoi elettori scoraggiati e delusi? In verità, il risultato prestigioso delle elezioni reggine (non c’entra Falcomatà, parliamo di liste) ha riacceso gli animi e la speranza che si può risalire la china, a patto che finisca il commissariamento (che più sbagliato con l’incolpevole Graziano non poteva essere) e che si faccia finalmente il congresso regionale. Le condizioni, nel dopo elezioni di Reggio, sembravano ideali per esigere una nuova rotta del Partito democratico in Calabria e, probabilmente, subito dopo Natale si stava individuando una data per riunire i dem e decidere cosa fare da grandi: spettatori o protagonisti?

Andava capitalizzato il vantaggio di Reggio, messa a profitto la pessima figura a Crotone (dove non è stato nemmeno presentato il simbolo), andavano radunate le forze fresche che, a braccetto con la vecchia guardia, potevano marcare la differenza.

Il 15 ottobre è venuto giù tutto. La povera Jole è scomparsa lasciando non solo inebetiti i suoi sodali della coalizione, ma ancor più smarrita l’opposizione che si trova, inevitabilmente, impreparata a gestire una “sede vacante” con lo sguardo obbligato a un futuro troppo vicino.

Questa volta non c’è il tempo di litigare, ma occorre individuare immediatamente la migliore strategia che possa condurre alla conquista della Cittadella di Germaneto. E questo vale – attenzione! – per entrambi gli schieramenti, a destra e a sinistra. Non ci sono le condizioni per un’avventura dal sapore civico – e sappiamo di dare un dispiacere a Carlo Tansi ringalluzzito dal successo crotonese – ma, obiettivamente, manca il tempo per organizzare e strutturare una coalizione di liste civiche in grado di non impantanarsi sotto il quorum capestro che lo statuto regionale impone. Quindi, i calabresi si mettano l’animo in pace e intuiscano da subito che sarà una partita a due, difficile e complicata, molto più della volta passata, perché c’è l’ombra e la minaccia malefica del Covid sulle elezioni e c’è una politica nazionale che non offre grande aiuto. L’unica cosa certa, al momento, è che non ci può essere, almeno formalmente, la rottura dei patti tra dem e cinquestelle, non c’è alcuna possibilità di una crisi di governo (anche se i numeri sono sempre più ballerini, soprattutto al Senato) né di rimpasto, perché quest’ultima (auspicabile) opportunità potrebbe rompere una corda già fin troppo tesa. Ci sono da prendere le decisione sul Mes (e la lite dem-grillini non accenna a placarsi) e c’è da stabilire cosa presentare all’Europa di fronte alle prospettive del Recovery Fund.

E allora, sono cavoli amari, da gestire sì con l’occhio vigile di Roma, per entrambi gli schieramenti, ma le scelte e le indicazioni devono essere prese in Calabria.

In questo momento non si può tentare un risiko di candidature a effetto, tanto per bruciare qualcuno e portare a risultato antipatie e asti remoti, ma occorre individuare lo scenario in cui si svilupperà il confronto.

Se si vuol dar credito alla regola dell’alternanza (una volta a destra, una volta a sinistra) la partita dovrebbe essere della sinistra. Sì, ma con quali candidati? Ce ne sono appena due, spendibili, e di sicuro avvenire: l’ex presidente del Consiglio Nicola irto (che nell’attuale consiliatura è stato vicepresidente) e Franco Iacucci, presidente dell’Amministrazione provinciale di Cosenza, nonché commissario del Pd a Crotone.

Sono due assi con caratteristiche assai diverse. Irto, molto conosciuto e apprezzato in tutta la provincia reggina, in realtà è ancora un “pivellino” della politica, pur avendo svolto con molta diligenza e assoluto rigore il suo ruolo durante la presidenza Oliverio, ma gli manca la presenza sul territorio. Gli basteranno due mesi scarsi per incrociare in lungo e in largo tutta la Calabria, ovvero le due province forti di Cosenza e Catanzaro, per raccogliere consensi? Il tempo è nemico che si rivela spesso imbattibile.

L’altro candidato di rilievo, Iacucci, ha dalla sua una serie di situazioni che lo favorirebbero non poco: conosce perfettamente la macchina regionale (è stato per tre anni nella segreteria di Oliverio) e ha una profonda conoscenza del territorio, ancor più allargata con la presidenza della Provincia cosentina, senza contare che è sindaco ad Aiello Calabro e ha avuto un ruolo da protagonista nell’Associazione dei Comuni italiani, sicché conosce a menadito quasi tutti i piccoli paesi della regione. Sia Irto che Iacucci sono apprezzati a Roma, il che non guasta, e una loro candidatura non troverebbe di certo ostacoli, sperando che non si debba arrivare di nuovo alla farsa delle primarie che, si è visto, non servono a nulla e, soprattutto, non rappresentano i veri orientamenti degli iscritti. La carta Irto-Iacucci (la scelta in casa dem non sarà certo facile) potrebbe tornare a far sorridere i dem calabresi e far sedere a Germaneto di nuovo un uomo di sinistra. A maggior ragione ove i cinquestelle (pur in caduta libera) decidano di convogliare sul candidato dem, evitando figuracce e facendo diligentemente la parte di chi rispetta i patti con l’alleato.

Ma la destra non starà certo a guardare: dopo l’assurda vicenda del veto di Salvini su Mario Occhiuto e il rischio di una frattura insanabile nella coalizione, con il nome di Jole Santelli “imposto” da Berlusconi si era creato il giusto amalgama per arrivare alla vittoria (come in effetti è stato). Qui, però, il vento a favore della destra è lievemente calato e, soprattutto, Salvini non conta più di tanto, qualora si pensasse di rivoluzionare il patto a tre che assegna la regione, in Calabria, a Forza Italia. La Meloni tiene un profilo basso, a livello delle amministrazioni locali perché punta in alto, con la segreta speranza di puntare a Palazzo Chigi, prima donna premier in Italia, quindi non spingerà sugli alleati a favore dell’unica candidata di successo attualmente sul mercato: Wanda Ferro. La Ferro ha l’unico difetto di essere di Fratelli d’Italia, ma sarebbe, certamente, un candidato forte per tutta la coalizione. Era già pronta per le elezioni del 26 gennaio scorso, quando scoppiò la crisi Salvini-Occhiuto, ma di fronte alla candidatura della Santelli fece onorevolmente un passo indietro. Oggi si presenta con un pedigree di tutto rispetto e tanta esperienza amministrativa (è stata presidente della Provincia a Catanzaro). Oltretutto ha saputo coltivare il suo elettorato in un territorio difficile come quello vibonese, mostrando capacità e competenza. Ha sfidato senza successo Oliverio nelle elezioni regionali del 2014, ma ha dovuto attendere che il Tar le riconoscesse il diritto di entrare in Consiglio quale miglior perdente.

Se prevale la logica dell’appartenenza, le cose si complicano, perché in casa del centro-destra, nel cortile di Forza Italia, ci sono troppi galli e l’individuazione del candidato diventa un esercizio alquanto difficile.

Per restare nel Vibonese, spicca la figura del sen. Giuseppe Mangialavori, un medico specialista (è senologo) bolzanino trapiantato da anni in Calabria, eletto al Senato nel 2018 dopo essere stato in Consiglio regionale “scalzato” poi da Wanda Ferro che rientrava di diritto in Consiglio. Ha buona conoscenza del territorio vibonese, ma non è abbastanza conosciuto nella Circoscrizione Sud né in quella cosentina. La sua candidatura, comunque, non è di quelle che scaldano gli animi, pur essendo un ottimo professionista della politica.

Ci sono altri nomi spendibili se Forza Italia mantiene il diritto di esprimere il presidente della Regione: escludendo il ritorno di Mario Occhiuto c’è l’opzione del fratello Roberto, attualmente deputato e vicecapogruppo di FI alla Camera. Potrebbe essere un’opzione di buon profilo, ma gioca contro di lui il fattore tempo. Lo stesso discorso vale per l’assessore Gianluca Gallo, infaticabile nel portare avanti la sua delega all’Agricoltura e al welfare in questi otto mesi di Giunta Santelli, e per l’ex assessore Mario Caligiuri (con delega alla Cultura dal 2010 al 2014 con presidente Scopelliti). Entrambi sono nomi sussurrati senza molta convinzione.

Poi c’è l’attuale sindaco di Catanzaro, che tentenna a fasi alterne verso Salvini e una Lega che in Calabria probabilmente non riuscirà mai ad attecchire. Secondo voci riservate, aveva siglato un patto con Salvini per andare a sostituire Nino Spirlì come vicepresidente: la Santelli avrebbe rimosso dall’incarico l’eccentrico autore televisivo lasciandogli probabilmente la delega della Cultura. Un disegno che l’improvvisa morte della presidente Jole ha completamente stravolto. L’idea di mantenere fino a fine consiliatura la vicepresidenza – secondo logica – gli avrebbe aperto le porte di Germaneto al successivo turno elettorale.

Messo recentemente in discussione dai suoi stessi consiglieri per la sfacciata simpatia nei confronti della Lega e lo stesso Salvini (da lui accolto sempre con grande entusiasmo a Catanzaro) Abramo è un ex di Forza Italia e non avrebbe quindi titolo per aspirare di entrare nemmeno nella rosa dei candidati.

E, naturalmente, c’è la solita incognita reggina di Francesco (Ciccio) Cannizzaro. Al deputato non manca l’acume di capire che, essendo Forza Italia il primo partito in Calabria (nonostante la mancata vittoria a Reggio e Crotone) e soffiando sul sentimento di dolore degli elettori di centrodestra orfani della Santelli, è prevedibile un pressoché sicuro bis del centrodestra a Germaneto. E a questo punto il buon Ciccio potrebbe seriamente pensare alla poltrona di governatore, vista la riduzione pesante di deputati che la Calabria subirà alle prossime politiche. Un candidato che ha carisma e intuito politico, più temuto che amato dai reggini, ma conosciuto in quasi tutto il territorio. Non gli mancherebbero le chances, purché non torni a fare il signor tentenna nell’individuazione di candidato presidente e liste. Queste ultime sono la versa Forza del centro-destra rispetto alla sinistra.  (s)

Lega umiliata da Forza Italia in Calabria. Fallisce il disegno “coloniale” di Salvini

Altro che assalto. La Lega esce con le ossa rotte dalle elezioni in Calabria, addirittura umiliata da Forza Italia che, sotto la regia sorniona dell’ape regina Jole Santelli, si conferma primo partito nella Regione, con percentuali nelle grandi città doppie o addirittura triple a quelle irrisorie del Carroccio. A testimonianza della quasi irrilevanza della Lega nella nostra regione. Se a ciò si aggiunge lo scarso appeal del candidato “leghista” al Comune di Reggio, Nino Minicuci, andato al ballottaggio, ma con 7 punti percentuali al di sotto delle proprie liste, si avrà il quadro devastante di un partito che non è mai decollato in Calabria e che probabilmente mai decollerà con le attuali percentuali.

La Lega infatti va sotto il 5% a Reggio Calabria (dove, alle regionali del 26 gennaio, aveva raggiunto l’ 8,19), mentre la lista Forza Italia costruita dal vulcanico deputato Ciccio Cannizzaro supera l’11% a cui bisogna aggiungere il 2,5% raccolto dalla lista civica Ogni Giorno Reggio, costruita dal consigliere regionale azzurro Domenico Giannetta.

A Crotone è addirittura un disastro, con la Lega ridotta al 3,59% (solo pochi mesi fa, alle regionali, era il primo partito della città col 14,27%), mentre Forza Italia è il primo partito della città con il 12,42% a cui bisogna aggiungere la lista civica Consenso, messa in piedi da un consigliere provinciale azzurro.

Materiale a bizzeffe per le riflessioni del commissario leghista in Calabria, il bergamasco Cristian Invernizzi, che sicuramente sarà rimasto deluso, se non devastato, dalla Waterloo del Carroccio in terra calabra.

«Siamo di certo – ha detto in serata la presidente Santelli che è anche coordinatrice regionale del partito di Berlusconi – la prima lista della Calabria. Forza Italiasulla base dei dati attuali, dovrebbe essere il primo partito a Reggio Calabria e Crotone, gli unici due capoluoghi di provincia chiamati alle urne in queste elezioni Amministrative. È un risultato straordinario che conferma la bontà del nostro progetto politico e l’ottimo stato di salute di un partito che vuole raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi. In entrambi i casi l’apporto di Forza Italia è stato fondamentale e ha permesso ai rispettivi candidati del centrodestra, Antonino Minicuci a Reggio e Antonio Manica a Crotone, di arrivare al ballottaggio. Sono certa che sia a Reggio che a Crotone il centrodestra riuscirà a vincere e a chiudere stagioni politiche del passato che si sono rivelate fallimentari. I risultati che FI ha ottenuto in quest’ultima tornata elettorale dimostrano la forza di un partito vitale e ancora determinante per le sorti dell’intero centrodestra. Avanti così, la Calabria è sempre più azzurra». (dr)

CARO SALVINI, LA CALABRIA NON SI “LEGA”
SINDACO A REGGIO, CANNIZZARO CI PENSA

di SANTO STRATI – La ragion politica non può e, soprattutto, non deve prevalere sul buon senso: per il candidato sindaco di Reggio solo chi non vuol vedere non s’accorge del malcontento trasversale che sta attraversando la città. Non è una questione di persone (Nino Minicuci è un manager della cosa pubblica con larga esperienza e nessuno mette in discussione le sue capacità) bensì di metodo. Non è tollerabile – e del resto la Città lo sta dimostrando con il maldipancia evidente che non nasconde in alcun modo – che Matteo Salvini (che nella Metrocity conta politicamente il 9% ed è vistosamente in ribasso) debba decidere chi dovrà correre per sindaco. Già, ribadiamo il concetto della competizione: c’è un sindaco uscente, Giuseppe Falcomatà, che si ripresenta e chiede il voto ai reggini sulla scorta di quasi sei anni nei quali ha guidato la città e poi ci sono gli antagonisti, ovvero le singole e multiple espressioni di parti o partiti che – evidentemente – “sfidano” l’avversario, argomentando in maniera diversa. Il confronto, non dimentichiamolo, è il sale della democrazia e, per primo – siamo convinti – lo stesso Falcomatà intende avere un avversario da battere sul piano politico e di contenuti, ma, date le circostanze, l’antagonista della principale parte opposta non è espressione della città, È il risultato di una “prova di forza” di Salvini che, in realtà, nasconde un disegno politico ben preciso.

A Salvini, permetteteci la schiettezza, del sindaco di Reggio non può fregare di meno, l’obiettivo – ovviamente non dichiarato – è, bensì, un altro. Con Minicuci quale candidato “imposto” alla coalizione di centro-destra, il segretario della Lega vuole raggiungere un perfido risultato: sbaragliare Forza Italia che nella Metrocity, al contrario del tracollo nazionale, ha raggiunto importanti risultati grazie a Francesco Cannizzaro,  e, nel contempo, “impoverire” il patrimonio locale dei fratelli di Giorgia che si sta sgretolando da solo. In buona sostanza, Salvini gioca per far perdere il centro-destra e, quindi, passare all’incasso imputando agli alleati l’incapacità politica di raggiungere il traguardo sperato. Quindi, la  colpa della pressoché certa débacle reggina del centro-destra – con candidato Minicuci – andrà a ricadere non su Salvini – negromante improvvisato del voto reggino – ma sugli alleati. Con evidenti ricadute sul governo regionale, dove la Lega – per esser chiari – non ha raggiunto in alcun modo gli obiettivi di grandezza che si era prefissata e soffre di “nanismo” rappresentativo.

E allora, per sintetizzare, abbiamo un partito inesistente a Reggio che “pretende” di scegliere chi correrà per sindaco, presume di sparigliare gli alleati e disperdere il patrimonio di voti esistente, immaginando di passare poi per il nuovo “paladino” del Mezzogiorno. Se i reggini hanno gli attributi, è la volta buona che li facciano vedere: è desolante, mortificante, assolutamente indigeribile vedere una città che ha bisogno di uno scossone vero (non è detto che lo stesso Falcomatà non riesca poi a darglielo, se rieletto) anziché discutere di programmi, di progetti e di idee dia spazio alle cazzate salviniane, abbassando insofferente il capo.

Reggini, svegliatevi, l’ora della ricreazione (che non c’è mai stata) è finita, mostrate quanto siete incazzati, visto che i nostri politici non percepiscono quello che accade sul territorio. Per esempio, il sen. Marco Siclari e la deputata Maria Tripodi (entrambi di Forza Italia) si sono lanciati entrambi in lodi sperticate su Minicuci, esaltando la “bontà” della scelta di Salvini. Ma dove vivono? Prevale, purtroppo, la mai nascosta conflittualità con il coordinatore provinciale Ciccio Cannizzaro – rimasto da solo respingere le pretese della Lega – anziché la ragione e il reale interesse dei reggini. I segnali di malcontento sono chiari ed evidenti e non possono essere ignorati: Siclari e la Tripodi invocano la coesione per il rispetto dei patti e non si rendono conto che la gente non vuol essere presa in giro. I reggini il 20 settembre andranno al mare (o a Gambarie) piuttosto che andare a votare chi viene loro “imposto” da Salvini. Questo è evidente, lo hanno capito tutti, tranne i nostri politici locali, ad eccezione di Cannizzaro.

D’altra parte, il tentennamento di Cannizzaro non trova alcuna giustificazione con la cosiddetta “ragione” politica: un partito (Lega) che non ha storia sul territorio né risorse umane da spendere, basterebbe che si guardasse in giro – tra la società civile – per individuare persone perbene, slegate da logiche di partito in grado di sostenere un confronto (di destra) con il sindaco uscente. E invece non lo fa. E non lo fa nemmeno Ciccio Cannizzaro che traccheggia, promette e ritira il consenso ad eventuali papabili, e non mette in piazza una rosa di candidati su cui ascoltare la piazza. Salvo che non intenda buttare un asso spariglia tutti presentandosi in prima persona. Politicamente parlando, rinunciare a Montecitorio è difficile da digerire, considerando la costante ascesa che in ambito nazionale, ma Cannizzaro è davanti a un bivio: o ci mette la faccia, con una lista civica che troverebbe il consenso dei forzisti e dei Fratelli d’Italia (tiepidi nei confronti di Minicuci) e di qualche leghista “intelligente” oppure deve provare a individuare un candidato di area da opporre al diktat salviniano. La prima opzione è quella con maggiori chances: Cannizzaro ha il controllo dei voti forzisti, una solida base elettorale e piace ai reggini per le sanguigne battaglie che lo vedono protagonista a favore della Città. Il consenso stimato sarebbe più o meno del 30%, molto vicino a quello di Falcomatà: in caso di ballottaggio sarebbe una bella battaglia.

Nel secondo caso, non si tratta di fare primarie, basta un confronto dialettico, per far emergere chi, nella società civile,  al di fuori dei partiti, potrebbe sostenere la sfida con Falcomatà. Ci sono tre magnifiche opportunità, che – premettiamo – difficilmente troveranno accoglienza perché si tratta di tre persone abituate a ragionare con la propria testa, pur confrontandosi con i sostenitori e gli avversari. Tre outsider che in assenza dell’asso Cannizzaro potrebbero riavviare il dialogo politico in città. Ricordiamo a chi di competenza che la ragione politica può vincere solo sui cretini e i reggini – se lo ricordi la nostra modesta, anzi modestissima, classe politica – sono tutt’altro che cretini. E se si incazzano (fosse la volta buona!) saranno cavoli amari alla prossima tornata elettorale. Stare sul territorio significa saper ascoltare: è l’esercizio opposto dei nostri parlamentari, consiglieri regionali, amministratori locali. I pochi illuminati (e possiamo assicurare che ci sono) sono emarginati e tenuti a debita distanza dal “potere”. Potere che – ancora non l’ha capito la nostra classe politica – non esiste più, e, comunque, non è quello di una volta.

Torniamo alle opportunità che nessuno (della coalizione di centro-destra) vuole prendere in considerazione, per proporli a Salvini dandogli la sensazione che sia lui a scegliere, tra personalità di spicco espressione della Città. Ci sono una eccellente professionista, l’avv. Giovanna Cusumano, il medico ed editore di ReggioTv Eduardo Lamberti Castronuovo, l’imprenditore Giuseppe Nucera. Hanno in comune la specchiata onestà intellettuale e una vita spesa correttamente, spesso a vantaggio della città e dei cittadini. La Cusumano, con pregresse esperienze civiche, è parte attiva dei movimenti per la difesa delle donne, è una legale stimata e molto apprezzata in città. Una sindaca per guidare Reggio alla riscossa sarebbe un grande segnale non solo di rinnovamento, ma anche di capacità strategiche di lungo respiro, con un’interlocutrice capace di tenere testa a chiunque. Lamberti Castronuovo ha creato a Reggio un laboratorio clinico-diagnostico d’avanguardia con strumenti che neanche a Milano ancora hanno, per rispondere alle esigenze dei cittadini e fermare il “turismo” sanitario che ha fatto ricche le regioni del Centro-Nord. Da assessore alla Cultura alla Provincia Lamberti ha fatto cose egregie: si vede che ama molto la sua città (anche non  tutti lo amano per l’endemica invidia che ha sempre caratterizzato i reggini) e ha visione strategica e grande intuito manageriale. Con la sua guida Reggio da apatica e indifferente diventerebbe un laboratorio di idee e il centro propulsore di tutta la regione. Giuseppe Nucera, invece, è un imprenditore turistico di successo, già presidente degli industriali reggini. Ha fondato il suo movimento La Calabria che vogliamo e ha grandi capacità manageriali, con idee sensate (la reputazione è una sua fissa). e molto conosciuto e apprezzato in città e ha un buon serbatoio di voti (donati alla Santelli, alle Regionali, senza ricevere neanche un grazie). Tutti e tre sono di area di centrodestra ma non sono “partiticamente” esposti: uno dei tre potrebbe essere la risposta della città alla cazzata salviniana del “sindaco del Ponte”. Ma siccome tutt’e tre hanno a cuore – seriamente – le sorti di questa benedetta città e hanno il difetto di pensare con la propria testa, senza farsi guidare dall’alto, difficilmente troveranno spazio. Resta, dunque, l’unica alternativa di Cannizzaro aspirante sindaco, presumibilmente con una lista civica che darebbe qualche grattacapo a Falcomatà.

La città, insomma, può – e deve – farsi sentire: a cinquant’anni dai moti, sono irrisolti molti dei problemi che affliggevano e ancora strangolano Reggio. Da tutto questo, Falcomatà, al di là della chance (improbabile) degli outsider come antagonisti, può trarre i segnali giusti per affrontare un secondo mandato. Facendo tesoro degli errori commessi e, soprattutto, circondandosi, però, di un gruppo adeguato di assistenti competenti e capaci. La città ne è piena. Si rilegga Il Principe di Macchiavelli e capirà quanto conta, alfine, avere i giusti consiglieri al proprio fianco.

Non parliamo in questa sede di Klaus Davi (sagace portatore d’acqua, pardon, di voti e sincero estimatore di Reggio e della Calabria) né dei tanti altri candidati “minori” (nel senso di consenso elettorale): Fabio Foti per i CinqueStelle (pressoché inesistenti in Città), l’imprenditore Andrea Cuzzocrea con Mezzogiorno in Movimento, Saverio Pazzano per la Strada, Maria Laura Tortorella per Patto Civico, e tanti altri che cercano spazio in Consiglio comunale.

Falcomatà ha tante cose di cui vantarsi e tante altre da farsi perdonare, ma è questione che si vedrà alle urne. Quello che non va bene è che non abbia un antagonista “di peso” con cui confrontarsi e, dialetticamente, offrire spunti di riflessione alla Città. Idee contro altre idee, progetti contro altri progetti, per far emergere la differenza nel programma da una parte o dall’altra. Il suo avversario si chiamerà Ciccio? Lo scopriremo a breve. (s)

REGGIO, FALCOMATÀ SCOMMETTE SUL BIS
E IL CENTRODESTRA AMA PERDERE FACILE

di SANTO STRATI – L’unica cosa certa è la ricandidatura del sindaco uscente, Giuseppe Falcomatà. Poi ci sono ogni giorno candidati che si affacciano, si presentano, cercano spazio nei media. Fino ad oggi siamo già a nove e manca ancora il candidato del centro-destra. Un copione già visto appena cinque mesi fa, in occasione delle elezioni regionali. All’ultimo minuto, vista l’impossibilità di candidare il più quotato rappresentante del centro destra (il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto) per palese antipatia di Matteo Salvini (e per questioni giudiziarie ancora da definire), spuntò il nome della Santelli. Il 55% per voti raccolti è sicuramente frutto della sua esperienza politica, della sua simpatia/antipatia e dell’intelligente schieramento che il centro destra ha saputo raccogliere e coagulare sul nome della dpeutata cosentina.

A Reggio, per una inspiegabile arrendevolezza di Forza Italia (che pure sul territorio vanta/vantava una potenza di fuoco) gli alleati del centro-destra hanno deciso che il sindaco lo dovrà scegliere Salvini. Per un patto, a nostro avviso, scellerato si è accettato di consegnare alla Lega per Salvini la poltrona di sindaco della Città dello Stretto.

Il primo nome indicato da Salvini è quello di un reggino di Melito Porto Salvo trapiantato in Liguria: Antonino Minicuci, degnissima persona, attualmente segretario generale al Comune di Genova, ha competenza e capacità da vendere. Ma a Reggio non lo conosce nessuno e, peggio ancora, appare “imposto” da Salvini, il che equivale a un rifiuto generalizzato dei tantissimi cittadini che mal sopportano Salvini e la sua Lega. Che sono un vero e proprio ossimoro con gli interessi della Calabria e del Mezzogiorno.

Del resto si è visto alle elezioni regionali: la grande macchina da guerra di Salvini ha mostrato tutta la debolezza del territorio che ha provveduto a ridimensionare le mire di colonizzazione del suo segretario. E siccome al centro-destra piace perdere facile, il traccheggio continuo che i vari rappresentanti dei partiti che governano la Regione, a cominciare dall’on. Francesco Cannizzaro, coordinatore provinciale di Forza Italia, stanno portando avanti è garanzia di sconfitta sicura. A poco più di tre mesi dalle elezioni per Comune e Città Metropolitana, di fatto non c’è il candidato ufficiale del centro-destra. Ci sono aspiranti, “martiri” pronti al sacrificio, e mezze cartucce in cerca di mezza popolarità, ma nessun candidato degno di questo nome.

Falcomatà punta alla riconferma e sta mettendo insieme diverse liste di sostegno, convinto di poter raccogliere il consenso della città. Di fatto, quando gli si chiede se è vero che è in rimonta, risponde a calabria.live «rimonta rispetto a cosa o a chi?». Ha ragione, allo stato attuale non c’è storia, Falcomatà “rischia” (se ci permette la battutaccia) di vincere per mancanza di antagonisti. Il che, obiettivamente, non crediamo piacerebbe neanche a lui: la battaglia va combattuta con avversari veri, confrontandosi sul programma (quale?, nessuno ne parla) e sfidando i competitor sul piano dei progetti, delle idee e non soltanto per lo schieramento di appartenenza. Destra, sinistra, liste civiche? Sembra che i partiti di tutti gli schieramenti ce la stanno mettendo tutta per disorientare gli elettori e far venir loro la voglia di disertare le urne.

Falcomatà lavora sottotraccia e sta facendo una buona semina: non è chiaro se la città lo promuoverà per fargli portare a termine i progetti iniziati (un po’ tardi, per la verità), o lo castigherà per le cose non fatte. Di sicuro il problema rifiuti non rema a suo favore e dovrà temere l’immancabile fuoco amico di liste che tolgono voti.

«Ultimamente, – ha dichiarato a calabria.live – durante l’emergenza Covid e anche in queste ultime settimane con la ripartenza, siamo stati parecchio impegnati, concentrati a difendere la salute dei nostri concittadini ed evitare i guai che sono accaduti altrove. E mi pare che la città abbia risposto molto bene. Io ho sempre detto che avrei continuato ad occuparmi della mia città fino all’ultimo istante utile e sinceramente le questioni da campagna elettorale mi interessano poco. Noi lavoriamo ogni giorno per il bene della nostra comunità, non ci lasciamo distrarre da ciò che accade intorno e che, certamente, interessa poco anche a tutti i reggini. Le questioni con le quali confrontarci sono tante e francamente non c’è né il tempo né la voglia di occuparsi di voci e pettegolezzi o del borsino quotidiano dei candidati. Io continuo ad occuparmi dei temi che riguardano la vita quotidiana delle persone, dei tanti progetti che vogliamo completare o che rilanciamo per proseguire l’azione amministrativa nei prossimi cinque anni. E spero che tutti si allineino su questo, sul merito delle questioni. Ecco – afferma Falcomatà – se devo proprio dire qualcosa riguardo la prossima campagna elettorale è che spero che sia una discussione aperta sul merito delle proposte e sull’idea di città che propongono i vari candidati. Penso sia questo il modo giusto di approcciarsi ai prossimi mesi».

Quale idea di Città viene dai tanti candidati che sgomitano in attesa di capire quando sarà il momento di tirarsi indietro, mettendo all’incasso il minimo di popolarità conquistata a poco prezzo. Senza neanche lo sforzo di immaginare o ipotizzare un programma, una progettualità che dia finalmente lo slancio necessario alla non più rinviabile ripartenza. Non dal post-Covid, la malattia di Reggio è molto più antica e richiede una terapia d’urto che avvii la trasformazione possibile.

Che, difficilmente, pare possa venire dalle sbruffonate di Salvini o dalle provocazioni dei Cinque Stelle ormai in caduta libera. Il Pd ha un candidato “forte” ma sconta malumori di varia natura nei confronti di Falcomatà. A creare scompiglio c’è il collettivo di sinistra “La strada” che anziché appoggiare Falcomatà, gli oppone come antagonista Saverio Pazzano. Della stessa parte politica Nino Liotta che ha proposto la sua candidatura con la lista “Nuova Reggio”.

Ultimo arrivato in ordine di tempo, nelle candidature con una lista civica che fa riferimento a “Mezzogiorno in movimento” è  l’ex presidente di Confindustria Reggio, Andrea Cuzzocrea. Lo sostengono lo scrittore Mimmo Gangemi, e altri intellettuali e politici del movimento come Pierpaolo Zavettieri (sindaco di Roghudi), Margherita Tripo, Ilario Ammendolia e Rosario Condarcuri.

I Cinque Stelle, ormai in caduta libera, candidano Fabio Foti, altro illustre sconosciuto ai più. Ma è tutto un fiorire di liste civiche, almeno in questa fase in cui l’importante è dare segno di vita, come Maria Laura Tortorella del laboratorio politico “Patto Civico”  e Fabio Purtortì dell’Unione del Sud  e promotore del Comitato per l’Aeroporto di Reggio.

Mentre, l’unico candidato “ufficiale” del centro-destra, al momento è Enzo Vacalebre, già leader di Alleanza Nazionale. Disponibile, «se utile al bene di Reggio» invece Candeloro Imbalzano, ex consigliere regionale, non eletto con Forza Italia alle elezioni del 26 gennaio.

Poi cè la provocazione di Klaus Davi, il massmediologo svizzero innamorato della Calabria, che mette a disposizione la sua persona per una candidatura di rottura col passato. L’intento è evidentemente di rimestare ulteriormente la confusione creata dall’incapacità della destra di indicare una figura di spicco su cui convogliare l’impegno comune dell’alleanza.

C’è una spiegazione logica a questo gioco alla sconfitta? Probabilmente, c’è il desiderio (represso) di Cannizzaro di poter occupare la poltrona di sindaco metropolitano e nell’obbligata rinuncia a concorrere in prima persona, anche se – obiettivamente . vita la vitalità che ha speso e spende per Reggio non gli verrebbero meno i consensi.

Cannizzaro aveva in mente una donna come primo cittadino. Lo scorso anno, a febbraio, calabria.live aveva anticipato l’ottima potenziale candidatura dell’avvocato Giovanna Cusumano, già paladina della lotta alla violenza di genere, grande personalità, apprezzata professionista della città, apprezzata anche dagli avversrai. Troppo indipendente e probabilmente troppo poco malleabile per soddisfare gli obiettivi della destra. E, tra le tante voci, era apparsa anche la preside del licoe scientifico Leonardo Da Vinci, Giuseppina Princi, ottima persona, con l’insanabile “handicap” di esser cugina di Cannizzaro, come l’assessore regionale alle Infrastrutture Domenica Catalfamo, anche lei cugina dell’onorevole. Troppi parenti, il rischio di contestazioni è forte.

E poi c’è la candidata “naturale” (ma non si capisce di quale fazione) che risponde al nome di Angela Marcianò, ex assessore di Falcomatà, l’unica ad aver già subito una condanna per la vicenda del Miramare (pur avendo lei stessa denunciato l’inghippo). Anche lei ottima persona (è stata anche nella segreteria del Pd, chiamata direttamente da Renzi), ma – al di là delle pendenze giudiziarie legate al caso Miramare – pur piacendo molto a buona parte della città, non mostra di avere organizzato un’adeguata campagna  per conquistare una città difficile come Reggio. C’è chi la considera troppo “a sinistra” per vederla candidata nella destra, e chi l’accusa di avere troppe simpatie a destra per offrire un percorso di autonomia in grado di scaldare i freddi cuori degli elettori reggini. Insomma un’ottima candidata che rischia di perdere il tram per la scarsa chiarezza della sua visione politica. Una sua lista civica su quali sostegni potrebbe contare?

Ma non finisce mica qui. Scalda i muscoli Eduardo Lamberti Castronuovo, medico, direttore a Reggio di uno dei più sofisticati e moderni laboratori d’analisi di tutto il Mezzogiorno, nonché editore di ReggioTv, che in passato è stato alquanto ballerino tra destra e sinistra, senza grandi successi. È consigliere metropolitano, oltre che sindaco di San Procopio. Continua a tirarsi indietro nel confermare la candidatura, salvo che venga obbligato per troppo amore verso la sua città e, previo il supporto garantito del centro-destra. Un ottimo antagonista per Falcomatà, ma dovrebbe correre con una lista civica sostenuta dal centro-destra. Ha grandi capacità imprenditoriali (che per un sindaco servono come il pane) e, soprattutto, ha una visione strategica che piace a molti reggini. Ma piacerà a Cannizzaro?

Già, perché oltre all’impegno (folle) di lasciare alla Lega la scelta del sindaco, c’è anche la non meno difficile questione che il pallino del sindaco di Reggio ce l’ha in mano proprio l’onorevole Cannizzaro che ha fama di gran lavoratore, grande accentratore e accaparratore di antipatie e simpatie, anche trasversali. A Reggio siamo messi che che non piace a Cannizzaro, l’eventuale candidato del centro-destra sarà molto evanescente. Ma cosa aspettano la governatrice Santelli e tutto il centro-destra di Forza Italia a scendere in prima persona in campo e cominciare a battere i pugni – contro qualsiasi pretesa salviniana – e scegliere nella società civile reggina qualcuno disposto a lottare e combattere una battaglia molto complessa e difficile?

La stessa Cusumano, nell’eventuale apprezzabile scelta al femminile per il primo cittadino, sarebbe, una scelta di non poco peso. Ma ci sono  anche tanti altri esponenti della società civile che, peraltro, hanno fatto i portatori d’acqua (ehm, di voti) durante le regionali. Spicca su tutti un altro ex presidente degli industriali reggini, Giuseppe Nucera, grecanico di Gallicianò e imprenditore turistico illuminato che sa come si gestisce un’azienda e come la si porta in attivo.

Nucera, interpellato da calabria.live, ritiene poco probabile che il suo nome possa interessare i signori del voto: troppo indipendente e troppo uomo del fare. Il suo pragmatismo scompagina i dettami della vecchia politica fatta di compromessi e ritardi voluti per sfiancare gli avversari e tenere saldo il potere. Il suo movimento politico non a caso lo ha chiamato “La Calabria che vogliamo”, che non è un progetto ma la sintesi di un sogno che veda scomparire burocrazia, incapacità e incompetenza, le tre disgrazie che affliggono questa terra.

Sia la Cusumano che Nucera, lusingati, si schermiscono e non dicono di no, ma sanno bene che, pur incarnando il prototipo di non-politico di cui Reggio avrebbe bisogno assoluto per la guida del Comune e della Città Metropolitana, sono l’esatto opposto di quello che piace alla vecchia politica.                                                         (s)

Cannizzaro (FI): Conte troppo nervoso, noi contro ogni patrimoniale

Il deputato reggino Francesco Cannizzaro ha stigmatizzato in una nota «l’atteggiamento del premier Conte, che ha attaccato le opposizioni utilizzando la diretta a reti unificate senza consentire un contraddittorio».

«È fuori luogo – ha dichiarato – a prescindere dal merito dei contenuti. Se poi ci mettiamo anche che nel 2012 non c’era alcun governo di centrodestra, è completa la frittata che in nome del Presidente del Consiglio imbarazza tutto il Paese. Ovviamente anche l’opposizione in questo momento deve essere responsabile, e Forza Italia lo sta dimostrando, ma ieri il primo Ministro è sembrato particolarmente nervoso evidentemente per le difficoltà che sta riscontrando in Europa nel difendere gli interessi dell’Italia: dovrebbe spiegarci perché all’ordine del giorno gli Eurobond sono stati stralciati, mentre si sono fatti passi avanti importanti verso il MES come dichiarato dal Ministro dell’Economia Gualtieri (altro che “fake news”). Ed è evidente che per le attuali esigenze dell’Italia il MES è assolutamente inadeguato, mentre bisognerebbe insistere sugli Eurobond per fronteggiare la crisi».

«Noi, in ogni caso, – ha concluso il deputato azzurro – continueremo a lavorare in parlamento con proposte concrete, con la speranza che vengano accolte da quest’esecutivo affinché eviti derive vessatorie nei confronti dei cittadini (l’ipotesi della patrimoniale mette i brividi!) e sostenga in modo particolare le famiglie, le imprese e il mondo del lavoro: ancora nessuno ha ricevuto un centesimo, a fronte di grandi annunci, e siamo già a metà aprile». (rp)

CANNIZZARO (FI): La risposta parziale del Governo su Gioia Tauro

Con una nota, l’on. azzurro Francesco Cannizzaro, dà conto delle risposte parziali del Governo alla sua interpellanza urgente su Gioia Tauro. «Il Governo – dice l’on. Cannizzaro – oggi ha risposto solo parzialmente in Aula alla mia interpellanza sulla paradossale vicenda del Porto di Gioia Tauro. Attraverso il Sottosegretario all’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, on. Salvatore Micillo, l’esecutivo nazionale ha dichiarato di prestare particolare attenzione alla vicenda e di aver fatto sue, almeno sulla carta, alcune delle rimostranze che nell’istanza parlamentare avevo ben chiarito e che stamane, durante la relazione espositiva, ho avuto modo di ribadire con ferma determinazione. Non si discute che l’intenzione generale è di preservare i livelli occupazionali attraverso un incremento dei volumi di traffico operativi del porto e che, chiaramente, devono essere consequenziali ad investimenti mirati e ad una politica di crescita commerciale lungimirante. Purtroppo, però, già dal tavolo ministeriale della scorsa settimana, l’elemento di maggiore preoccupazione che è emerso è il fattore tempo: non si può dare un solo giorno di più a chi non si presenta neanche ad un incontro fondamentale per la vita di cinquecento famiglie, evitando, di fatto, il confronto diretto e la ricerca di una soluzione.

«La mia interpellanza – si legge nella nota – ha chiaramente fornito un input importante al ministro Danilo Toninelli che, opportunamente, e come confermato in Aula dal on. Micillo, ha avviato nei confronti dei due azionisti del Terminal calabrese per il tramite dell’autorità portuale, il procedimento di decadenza della relativa concessione demaniale delle banchine del porto di Gioia Tauro. Un’azione che ho inteso precisare non sia solo formale, mi auguro, proprio per tutelare i lavoratori ma anche per garantire la continuità operativa della struttura che, per rimanere nella rete “core”, necessita del volume di traffico container previsti dalla normativa europea. Il Sottosegretario però, nella replica garbata e solo per pochi aspetti positiva, non ha chiarito come attivare una gestione strategica maggiormente supportata dal Governo proprio in virtù di quanto ho fatto notare più volte, e cioè che i porti stranieri del Mediterraneo di concorrenza diretta per grandezza e capacità di trasbordo, godono di attenzioni costanti dagli stati di appartenenza. Avevo anche chiesto di manifestare subito le caratteristiche di un eventuale “Piano B”, se la situazione dovesse volgere al peggio, ma anche su questo, tranne espressioni di buona volontà, di concreto nulla. Dunque, il Governo ha ascoltato ma non ha risposto completamente, ed il tempo non è sicuramente nostro alleato. Da parte mia posso solo ribadire quanto in Aula ho espresso, dando seguito alle mie richieste fino a quando non finirà la vergognosa consuetudine di anteporre gli interessi economici di società private alla vita reale dei calabresi». (rp)

Cannizzaro (FI): Affrontare subito la crisi agrumicola

Il deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro ha presentato una interpellanza al ministro Centinaio per chiedere che venga convocato al più presto un tavolo di confronto presso il Ministero, con sindaci, sindacati e operatori di settore, per discutere della grave crisi che sta colpendo gli agrumicoltori della Piana di Rosarno-Gioia Tauro che non riescono più a vendere le loro clementine.

«La crisi – spiega il deputato azzurro – dipende principalmente dalla concorrenza sleale di alcuni paesi dell’Africa settentrionale e della Spagna, che immette sul mercato clementine provenienti dai Paesi del Maghreb a costi stracciati e di bassa qualità. Gli agrumi coltivati in Africa spuntano prezzi di mercato notevolmente più bassi rispetto a quelli calabresi e, in generale, a quelli italiani, anche per via dell’utilizzo di pesticidi illegali in tutta l’UE e grazie al costo di manodopera assolutamente inferiore a quello sostenuto dai nostri agricoltori.   

«Alla luce di questa situazione che sta portando sul lastrico migliaia di famiglie e dopo il grido d’allarme lanciato dai sindaci del territorio e in particolare da quello di Rosarno, Giuseppe Idà, chiediamo che vengano assunte iniziative a difesa del comparto in questione, incrementando le risorse del Fondo Agrumicolo previsto in Legge Stabilità 2018. Chiediamo inoltre che vengano attivate iniziative urgenti per incrementare controlli e indagini capillari al fine di evitare frodi e false denominazioni di provenienza e per testare l’aderenza degli agrumi in ingresso sul territorio nazionale ai criteri di qualità richiesti dall’Unione». (pa)