DI MARIO PILEGGI – Il recente convegno Arpacal su “il buon uso degli spazi Verdi e Blu per la promozione della Salute e il benessere” del Progetto VeBS, finanziato dal Ministero della Salute, pone l’attenzione sulle specificità del Territorio. E quindi sulla necessità di prevenire l’estendersi del degrado idrogeologico che mette a rischio popolazioni e risorse naturali.
Specificità che rendono la “Calabria una delle regioni con le più vaste aree verdi e blu d’ Europa”. Ma sempre con la fragilità del noto “sfasciume pendulo sul mare” di Giustino Fortunato.
Tra le specificità da considerare: la notevole varietà di rocce e suoli, le ingenti disponibilità d’acqua e il diffuso e articolato reticolo idrografico superficiale. Queste, ed altre specificità idro-geomorfologiche, rendono l’insieme del Territorio calabrese un Mosaico di aree verdi e blu.
Un prezioso mosaico ricco di geo-diversità e biodiversità, nel centro del Mediterraneo, con un clima molto favorevole e pieno di risorse naturali. Come, ad esempio, i vari giacimenti minerari con oro, argento, rame e tanti altri minerali, noti ed utilizzati fin dall’antichità.
E come la grande disponibilità di acqua, di ottima qualità, per uso potabile ed anche per uso termale. Sono 20 mila le sorgenti censite nella Regione, con una portata complessiva di oltre 43 mila litri al secondo; disponibilità notevole, che corrisponde ad 1 miliardo e 300 milioni di metri cubi d’acqua.
Nel passato, dal buon uso di queste risorse blu e dal buon uso delle circostanti aree verdi e, quindi, dal mantenimento dell’equilibrio idro-geomorfologico tra i vari tasselli del mosaico, le popolazioni hanno tratto benessere e ricchezze.
Invece, quando non c’è stato un buon uso delle stesse aree, e si è alterato l’equilibrio tra i tasselli del mosaico, si sono avuti disastri, morti e misera ovunque.
Un esempio della ricchezza e del benessere derivanti dal buon uso delle aree verdi e blu è quello che, a partire dagli ultimi decenni dell’VIII secolo a.C., ha portato allo straordinario sviluppo socio-economico, culturale e artistico nelle numerose città-stato della Magna Grecia sul Tirreno e sullo Jonio dell’attuale Calabria.
Basta ricordare la opulenza e la ricchezza di Sibari, le sue straordinarie produzioni ed esportazioni di prodotti agricoli come: vino, olio, frutta, legname per la costruzione di navi, ecc.
Produzioni e ricchezze legate alla ingegnosa capacità di realizzare diffusi sistemi di irrigazione, di canali e di aree verdi e blu, in perfetto equilibrio con gli assetti naturali del territorio costiero, collinare e montano.
Purtroppo i periodi e gli esempi anche recenti di cattivo utilizzo e distruzione delle aree verdi, e delle rovinose conseguenze, sono molti di più e ricorrenti.
Mi limito soltanto a richiamare alla memoria la mappa della diffusione della malaria lungo tutte le coste della Regione. Malaria che, fino ai primi decenni del secolo scorso, era endemica su tutto il perimetro costiero.
Va ricordato che la salubrità e il benessere sulle stesse coste sono ritornate solo dopo le opere di bonifica. Dopo la raccolta e regimazione delle acque. In pratica, solo dopo la realizzazione e il buon uso di tante aree blu e verdi come i preziosi boschi litoranei.
Una salubrità, riconosciuta anche dai 3 mila medici pediatri italiani e stranieri che, da anni, assegnano alla regione Calabria il primato del maggior numero di bandiere Verdi della Penisola. Un primato che è stato confermato anche per l’attuale stagione. E non solo per l’ampiezza e sicurezza delle spiagge, ma soprattutto per la qualità delle acque marine in gran parte classificate di qualità eccellente.
Qualità confermata dalla ricca biodiversità marina e dalle tantissime specie rare sottoposte a protezione dalle Direttive europee e Convenzione di Rio de Janero.
Specie rare rilevate anche: nella “Riserva Naturale Foce del Crati”; nell’“Area Marina Protetta Capo Rizzuto”; e nei 5 Parchi marini regionali: “Baia di Soverato”; “Riviera dei Cedri”; “Costa dei Gelsomini”, “Scogli di Isca” e “Fondali di Capocozzo S. Irene Vibo Marina Pizzo Capo Vaticano Tropea”.
E confermata anche dalle analisi ufficiali effettuate sulle acque di balneazione. Analisi che hanno certificato l’idoneità su ben 650 Km di spiagge. Una disponibilità che supera l’insieme di sette regioni.
In pratica, la lunghezza delle aree idonee per fare un bagno in sicurezza, in Calabria supera quella dell’insieme delle regioni: Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, Abruzzo, Molise, Marche e Basilicata.
Ampie spiagge naturali, che si alternano a tratti di costa frastagliata, con baie e calette formate da rocce di tutte ere geologiche. Dove, ad esempio, è possibile toccare i fossili marini che documentano la presenza nei nostri mari di specie tipiche di mari freddi e caldi e, quindi, dei cambiamenti climatici del passato geologico.
Una grande varietà di spiagge in un contesto caratterizzato: – da estesi rilievi collinari e montuosi; – da suoli fertilissimi e abbondanti disponibilità di risorse idriche che ospitano e nutrono la straordinaria varietà di esseri viventi presenti: nei 3 Parchi Nazionali: dell’Aspromonte, del Pollino e della Sila; nei 2 Parchi Regionali: delle Serre e della Valle del Coriglianeto; nelle Riserve Naturali Regionali: “Vergari”; “Valli Cupe”, “Foce del Fiume Mesima ”; e in particolare nelle preziose aree blu sul fiume Crati, il più grande della Regione, le Riserve Naturali Regionali “Lago di Tarsia” e “Foce del Fiume Crati” dove nei giorni scorsi è stata registrata anche la presenza di un Cigno Reale.
Contesto nel quale sono stati individuati e delimitati i 131 habitat marini e terrestri riportati nella “Carta Natura” della Calabria
Sulla straordinaria varietà dei paesaggi costieri è da ribadire che alcuni di essi sono formati da rocce granitiche generate dallo stesso magma che ha generato le più note e ambite coste della Sardegna, e dalle quali sono state separate, a causa dei rilevanti movimenti della crosta terrestre, iniziati circa dieci milioni di anni fa con l’apertura del bacino del Mar Tirreno.
Questi tratti costieri con spiagge bianche simili a quelle della Maddalena, si osservano nel Sito d’Interesse Comunitario: “Zona Costiera fra Briatico e Nicotera” e nella Zona Speciale di Conservazione “Scogliera di Staletti” con le rinomate spiagge di Copanello, Caminia e Pietragrande.
Altri tratti di costa, formati da rocce di antichissima formazione e unici nel resto della Penisola, si trovano in corrispondenza di altre Zone Speciali di Conservazione come i “Fondali di Iscae i “Fondali di Scilla”.
Caratteri geomorfologici e colori differenti caratterizzano le spiagge di altre “Zone Speciali di Conservazione” come quella di “Capo Colonna” e del “Promontorio di Capo Rizzuto”. Spiagge ancora diverse sono presenti nelle Zone Speciali di Conservazione, come la gariga costiera su ciottoli di “Montegiordano Marina”, l’Oasi di Scolacium e le varie Dune come: le “Dune Marinella”, le “Dune di Guardavalle”, le “Dune dell’Angitola”.
Di grande interesse naturalistico e storico-scientifico anche gli habitat di altre aree blu come la laguna retrodunale della Zona Speciale di Conservazione di “Saline Ioniche”; della “Palude di Imbutillo” e del “Lago la Vota”.
Può favorire il buon uso delle aree verdi e blu considerare che, sulle rocce che le ospitano, si possono osservare i segni e la evoluzione del paesaggio circostante. Come i terrazzi marini, formati dalle antiche spiagge che, dal livello del mare, sono state sollevate e spinte fino a quote superiori ai mille metri, durante l’ultima era geologica.
Come si possono osservare gli effetti dei cambiamenti climatici più recenti e storicamente documentati. Effetti che hanno condizionato fortemente la qualità della vita delle popolazioni.
Di rilevante interesse Storico e Scientifico, e ben documentati sulle nostre coste, sono gli effetti dei cambiamenti climatici registrati negli ultimi 3 mila anni. Effetti importanti nei periodi con clima più caldo-arido come quello Medioevale che va dall’anno 1.000 al 1.300 e il precedente detto dell’Età romana.
Effetti ancor più rilevanti nei tre periodi di clima più freddo-umido e piovoso. In particolare, durante quello più recente della “Piccola Età Glaciale, dal 1500 al 1850, con effetti disastrosi su coste e tutti i centri abitati della Regione proprio a causa del cattivo uso delle aree verdi e blu.
Così come va ricordata la specificità della composizione mineralogica di varie spiagge e habitat dove sono state rilevate concentrazioni significative di minerali anche d’interesse dal punto di vista industriale come, ad esempio, Magnetite, Granati, Ilmenite, Rutilio; e anche di altri minerali di interesse nucleare come: ortite, zircone e Monazite.
In alcune spiagge come, ad esempio, quelle di Capo Vaticano e del comune di Montauro è abbondante la presenza della Monazite che è un minerale ricco di elementi di terre rare e che altera i valori di radioattività senza alcuna rilevanza sanitaria. In proposito è da ribadire che, al contrario di quanto percepito e sospettato a seguito di allarmanti e fuorvianti servizi televisivi, non esiste alcuna contaminazione radioattiva di tipo artificiale o antropica. Come evidenziato nel Rapporto dell’Arpacal del 2017.
E non esiste alcuna contaminazione nel resto della Regione. Come certificato, nel 1997 dall’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, nel rapporto “La Radioattività̀ Ambientale sulle coste delle Regione Calabria”. Redatto dopo approfondite indagini e controlli, eseguiti dalle massime autorità militari e scientifiche nazionali su tutte le spiagge, sul pescato e le acque marine della Calabria.
Va ricordato che a decidere queste indagini fu Mario Signorino, primo Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, ora Ispra, e fondatore di “Amici della Terra Italia”.
Paradossalmente, chissà perché, c’è ancora qualcuno che sospetta la presenza di contaminazione, proprio nell’unica Regione d’Italia nella quale è stata dimostrata e certificata l’assenza di contaminazione nei mari, nelle spiagge e nel pesce pescato sull’intero perimetro costiero.
Un’ultima considerazione sul buon uso delle aree blu e la necessità della loro implementazione per contrastare la piaga degli incendi che distruggono aree verdi, foreste e boschi, cioè quella vegetazione necessaria per stabilizzare il suolo, prevenire l’erosione e per favorire l’infiltrazione delle acque piovane per la ricarica delle falde acquifere.
In pratica, il buon uso degli spazi Verdi e Blu, utile ovunque per promuovere Salute e benessere, per il mosaico di verde e blu della Calabria è anche una necessità per mettere in sicurezza le popolazioni e promuovere l’uso sostenibile delle ingenti risorse naturali disponibili. (mp)
[Mario Pileggi è geologo del Consiglio nazionale Amici della Terra]