SFRUTTARE I FONDI DEL PNRR CONTRO
IL CONSUMO DEL SUOLO IN CALABRIA

di GIOVANNI MACCARRONEL’estate ho l’abitudine di lasciare una vaschetta piena d’acqua in giardino. Serve al mio cane per rinfrescarsi durante le giornate di caldo afoso. Siamo alla fine di novembre e quella vaschetta continuo a tenerla in giardino. Il cane ci va spesso perché fuori le temperature sono ancora alte.

Ma cosa sta succedendo. Ovunque si guardi, il clima sembra essere veramente impazzito.  Basta guardarsi attorno per capire che qualcosa è cambiato. I climatologi stimano che l’aumento della temperatura terrestre ha sicuramente un effetto diretto sull’innalzamento della temperatura superficiale dei mari, che si traduce in una maggiore quantità di vapore acqueo nell’atmosfera. Un’atmosfera con più vapore acqueo favorisce l’insorgenza di eventi atmosferici più imprevedibili e impetuosi 

Come più volte segnalato, l’aumento della temperatura terrestre è dovuta principalmente all’attività dell’uomo. L’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, emanazione dell’Onu) ha fatto notare che esiste un forte legame fra utilizzo di fonti fossili (carbone, petrolio e gas naturale) e l’incremento delle emissioni di gas come anidride carbonica (CO2), metano, protossido di azoto e idrocarburi alogenati che impediscono al calore prodotto dalla terra di ritornare in buona parte nello spazio e fanno salire la temperatura del pianeta (c.d. effetto serra antropico che si aggiunge all’effetto serra naturale).

Bisogna, quindi, fare di tutto per abbandonare le fonti fossili e sviluppare sempre più le fonti di energia rinnovabili. Diversamente, le cose potrebbero presto addirittura peggiorare con l’insorgenza di numerosi processi climatici avversi legati all’innalzamento delle temperature, come ad esempio ridotte precipitazioni, siccità e fenomeni di degradazione del suolo. Inoltre, come abbiamo avuto modo di notare negli ultimi anni, l’aumento della temperatura non ha solo un effetto diretto sul processo di desertificazione. Al contrario, si stima che potrebbe verificarsi un ulteriore aumento della piovosità in certe aree geografiche con un possibile conseguente aumento delle inondazioni in queste zone

È terribile quello che sta accadendo. Pertanto, è subito necessario adottare provvedimenti urgenti per invertire la rotta a causa del riscaldamento globale. Soprattutto, occorre adottare misure coerenti al fine di far tornare il clima globale a qualcosa che si avvicini il più possibile al normale. 

Il problema è che se è vero che i difensori della lotta al mutamento climatico (che oggi si chiama “decarbonizzazione”) pensano che la transizione energetica ed ecologica (cioè il passaggio da un sistema di produzione di energie basato soprattutto sulle fonti fossili – quali il carbone, che ad oggi è la più grande fonte di emissioni globali di carbonio e che ha toccato un +9% nel 2021, il petrolio e il gas naturale – alle fonti rinnovabili) possa avvenire attraverso l’energia solare, l’eolico (inclusi gli impianti off-shore), gli impianti di biometano e la promozione dell’agri-voltaico, è altrettanto vero però che essi rimangono totalmente indifferenti davanti alla considerazione secondo la quale l’interesse sotteso alla realizzazione e alla ricerca di fonti energetiche alternative è normalmente non già quello di tutela ambientale ma quello economico imprenditoriale del soggetto privato ad effettuare un investimento pubblico.

Per cui, in qualche modo, si continua ad avallare un modo di pensare che, attraverso la spinta alla realizzazione e allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, tutela indirettamente la creazione di uno strumento economico.

Invece, bisognerebbe evitare questa strumentalità al mercato delle fonti rinnovabili. Così come bisognerebbe evitare di pensare ancora oggi che “occorre una severa comparazione tra i diversi interessi coinvolti nel rilascio dei titoli abilitativi — ivi compreso quello paesaggistico — alla realizzazione ed al mantenimento (come nel caso di specie, trattandosi di un procedimento di sanatoria) di un impianto di energia elettrica da fonte rinnovabile. Tale comparazione, infatti, nei casi in cui l’opera progettata o realizzata dal privato ha una espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, soggetta fra l’altro a finanziamenti agevolati (a pena di decadenza senza il rispetto di tempi adeguati) non può ridursi all’esame dell’ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti. Ciò in quanto la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici” (cfr. in specie Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2021, n. 2983, ma nello stesso senso Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3696 e Consiglio di Stato, sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201).

Lo sviluppo economico imprenditoriale del privato rappresenta certamente un interesse meritevole di tutela (ai sensi dell’art. 41 Cost.), ma non deve necessariamente porsi in modo da compromettere la qualità dell’ambiente e la disponibilità delle risorse naturali, la qualità della vita. A tale soluzione è pervenuto di recente il nostro legislatore che ha provveduto ad integrare l’art.41, secondo cui “la libertà dell’azione economica privata non può danneggiare la salute e l’ambiente“.

In tal senso, del resto, già l’art. 3-quater del “codice dell’ambiente” che, in proposito, ha, per l’appunto, esplicitato la regola per cui, in applicazione del principio dello sviluppo sostenibile, in qualsiasi procedimento amministrativo che comporti il bilanciamento di istanze e interessi pubblici e privati contrapposti, l’interesse alla tutela ambientale deve essere tenuto in prioritaria considerazione nella ponderazione e comparazione degli interessi in gioco.  

Pertanto, per ridurre le emissioni di gas serra e garantire un futuro energetico più pulito e sostenibile, le fonti energetiche alternative sono cruciali. Come già detto in altra occasione, sarebbe auspicabile, però, che tale riduzione non finisca per tradursi in un ulteriore pregiudizio per l’ambiente, la qualità dei paesaggi e in un ulteriore depauperamento delle risorse ecosistemiche (e non solo alimentari) dell’agricoltura.

Pur affermando che le fonti rinnovabili possono dare un forte impulso al cambiamento climatico, si deve tuttavia riconoscere che soprattutto in territori come il nostro, dove la perdita di superficie utile per il settore agricolo è già imponente a causa della cementificazione spinta e l’erosione collinare, l’introduzione di quantità considerevoli di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili (in particolare eolico e fotovoltaico) determinerebbe inesorabilmente uno scenario “catastrofico, “apocalittico”.

La Calabria con i suoi 479.000 ettari si pone tra le regioni italiane con il più alto indice di boscosità. Nell’ultimo cinquantennio, tuttavia, abbiamo avuto una forte perdita di alberi determinata in particolar modo dagli incendi boschivi. Inoltre, nel tempo abbiamo avuto anche una forte perdita di superficie utile per il settore agricolo. Tutto questo è stato in generale determinato dai fenomeni erosivi (molto più evidenti nel versante ionico rispetto a quello tirrenico) a loro volta favoriti dai numerosi e ripetuti incendi estivi che hanno ridotto sensibilmente la buona copertura vegetale di tipo arboreo o arbustivo del nostro territorio. Nello specifico, invece, la perdita di suolo è stato anche determinato dalla cementificazione spinta che negli anni ha sottratto al settore primario imponenti superfici.

Pensate, quindi, cosa potrebbe accadere in futuro se non riuscissimo a fermare l’ulteriore consumo del suolo provocato da un incremento considerevole dei parchi eolici oppure di campi fotovoltaici. Possiamo solo immaginare uno scenario “apocalittico e un territorio completamente devastato dal forte incremento delle aeree impermeabilizzate realizzato anche grazie al d.lgs 29 dicembre 2003, n. 387 che, nel prevedere espressamente all’art. 12, comma 1, che “le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità”, sostanzialmente spiana la strada all’espropriazione per pochi soldi delle aree agricole.

Quello che addolora è constatare che in futuro con molta probabilità la bellezza dei territori calabresi verrà completamente sacrificata in nome di una riduzione su scala globale del gas ad effetto serra, dietro la quale – dobbiamo proprio dirlo – “agiscono in realtà molto concreti e potenti interessi economici locali delle imprese del settore (finanziati con lauti incentivi statali, a carico della finanza pubblica e delle bollette dei consumatori)”.

Mi auguro che ciò non accada. Anche perché da un certo punto in avanti non ci sarà più modo di tornare indietro. La nostra generazione e soprattutto quella precedente hanno già causato enormi criticità ambientali. Perciò, in futuro, bisogna intervenire energicamente per migliorare le condizioni di vita sul pianeta e garantire alle nuove generazioni l’accesso a un ambiente pulito e salubre (a tal fine gli stati che aderiscono all’Onu si sono infatti impegnati con l’Agenda 2030 a mettere a punto un piano per il miglioramento delle condizioni di vita sul pianeta entro tale data; inoltre, nell’art. 9 della nostra Costituzione recentemente è stato aggiunto: “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.”).

Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo mettere a frutto la normativa vigente e, in particolare, l’articolo 9, comma 1 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021 n. 108), il quale precisa che “alla realizzazione operativa degli interventi previsti dal Pnrr provvedono le Amministrazioni centrali, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli Enti locali, sulla base delle specifiche competenze istituzionali, ovvero della diversa titolarità degli interventi definita nel Pnrr, attraverso le proprie strutture, ovvero avvalendosi di soggetti attuatori esterni individuati nel Pnrr, ovvero con le modalità previste dalla normativa nazionale ed europea vigente”.

L’attuazione del Pnrr (che è il mezzo con cui, all’interno di ciascuno Stato, si realizzano gli obiettivi di Next Generation Eu) avviene secondo un cronoprogramma con millestones (traguardi) definite e il trasferimento delle risorse avviene periodicamente per tranches, a seguito di un procedimento di verifica del conseguimento da parte dello Stato dei traguardi.

Ogni indugio e ritardo delle amministrazioni pubbliche, compreso le nostre, può compromettere il rispetto del cronoprogramma stabilito, bloccando, alla scadenza prevista, l’erogazione da parte dell’Eu delle tranche di risorse stanziate.

Per cui, compromettere l’attuazione del Pnrr equivale ad impedire ai soggetti attuatori la realizzazione delle Missioni (il Pnrr prevede sette Missioni a loro volta suddivise in sedici componenti e 216 Misure) e, per quello che ci interessa, della Missione 2 relativa ad “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e transizione energetica e mobilità sostenibile” che prevede ingenti stanziamenti finalizzati alla crescita delle rinnovabili, al potenziamento delle infrastrutture di rete e all’utilizzo dell’idrogeno che può essere generato anche da rinnovabili e, in tal caso, viene specificamente definito come “verde” per distinguerlo da quello generato da altre fonti.

Con la conseguenza che l’eventuale inerzia amministrativa da parte dei nostri enti locali viene a pregiudicare gravemente la realizzazione di interventi diretti a contribuire alla lotta (globale) ai gas serra, quali l’installazione di impianti diretti allo sfruttamento dell’energia solare, idrica, del vento, geotermica, delle biomasse (come i rifiuti organici), delle onde, delle correnti e delle maree, oppure di interventi finalizzati allo sviluppo della filiera idrogeno verde pari a €3,64 miliardi (di questi, il Governo ha già stanziato €500 milioni per la creazione di 52 Hydrogen Valley in aree industriali dismesse).

Quindi, armiamoci di santa pazienza e vediamo se le istituzioni pubbliche hanno l’intenzione seria di adottare – in tempi brevi – le misure connesse con la tutela dell’ambiente e, soprattutto, se sono in qualche modo in grado di impedire o al massimo di limitare il consumo di territorio e di paesaggio.

“Chi vivrà vedrà” (dalla canzone “Gianna” di Rino Gaetano). Speriamo bene. (gm)

Incendi, la Calabria regione modello per la prevenzione

La Calabria fa scuola e diventa modello di buona pratica nazionale per contrastare gli incendi grazie all’operazione Tolleranza Zero, che la Protezione Civile nazionale vuole diffondere in tutte le regioni.

Ideata e messa in campo dalla Regione Calabria, l’obiettivo di Tolleranza Zero è quello di arginare gli incendi, contrastare gli incendiari e i piromani, e monitorare il territorio attraverso l’utilizzo dei droni.

Nella sede del Dipartimento della Protezione Civile, il governatore Roberto Occhiuto – coadiuvato dal dg della ProCiv regionale Domenico Costarella e dal dirigente della Forestazione Raffaele Mangiardi – ha illustrato al ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, al capo Dipartimento Fabio Ciciliano, ai rappresentanti delle ProCiv regionali, ai funzionari del Dipartimento impegnati nella lotta agli incendi boschivi, ai rappresentanti dei Corpi nazionali dei Vigili del Fuoco e dei Carabinieri Forestali, e ai componenti del Tavolo tecnico dedicato alla lotta agli incendi boschivi, i risultati raggiunti negli ultimi anni in Calabria grazie a questo modello innovativo.

«L’esperienza calabrese – ha sottolineato durante il suo intervento il ministro Musumeci – può diventare da esempio e stimolo per le altri Regioni».

«Lo sviluppo tecnologico ha messo a disposizione dei nostri operatori sempre più strumenti utili nella risposta all’emergenza – ha detto il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano –, ma il valore aggiunto di questa iniziativa, messa in campo dalla Regione Calabria, è l’utilizzo di questi strumenti in azione di prevenzione».

«E lo confermano i numeri – ha aggiunto –: negli ultimi 2 anni, infatti, le richieste di concorso aereo della flotta nazionale giunte dalla Calabria al nostro Centro Aereo Unificato sono calati del 57%».

«Ringrazio il ministro Musumeci e il capo del Dipartimento della Protezione Civile Ciciliano – ha detto Occhiuto –per aver voluto questo momento e per le parole che hanno speso nei confronti della mia Regione».

«I droni in Calabria sono stati un’innovazione importante – ha spiegato – perché ci hanno dato la possibilità di avere occhi più performanti sul territorio, di generare deterrenza, di poter intervenire tempestivamente per spegnere il prima possibile i roghi individuati.

«Ma i risultati che abbiamo conseguito in questi anni – ha proseguito – non sarebbero stati raggiungibili senza lo straordinario lavoro degli uomini della Protezione Civile, dei Carabinieri Forestali, dei Vigili del Fuoco, delle squadre di Calabria Verde, dei volontari».

«L’operazione ‘Tolleranza Zero’ è stata un grande successo – ha aggiunto –  che ci è stato riconosciuto da unanimi apprezzamenti arrivati dai nostri interlocutori, e andrà avanti con sempre più vigore».

«La Calabria, una Regione del Mezzogiorno – ha concluso – si segnala come modello positivo a livello nazionale e internazionale, e questo allo stesso tempo ci riempie di orgoglio e ci stimola a fare ancora meglio».

L’operazione “Tolleranza Zero”, nata nell’estate 2022 e portata avanti anche grazie alla preziosa collaborazione dell’Arma dei Carabinieri, ha visto inizialmente l’utilizzo sperimentale di 5 droni.

L’operazione “Tolleranza Zero”, nata nell’estate 2022 e portata avanti anche grazie alla preziosa collaborazione dell’Arma dei Carabinieri, ha visto inizialmente l’utilizzo sperimentale di 5 droni.

Questo perché attraverso l’uso dei droni i roghi sono stati individuati prima e, con l’ottimizzazione delle risorse operative sul territorio, si è potuto agire tempestivamente per non far degenerare gli incendi.

Nell’estate del 2023 grazie ai droni sono stati segnalati 245 incendiari e/o piromani, mentre nell’estate 2024 sono stati individuati e denunciati 394 incendiati e/o piromani.

Inoltre, il clamore mediatico suscitato anche a livello nazionale da questa iniziativa ha avuto un effetto deterrenza sui malintenzionati.

Ingenti sono state le forze messe in campo nell’estate 2024 dalla Regione Calabria per combattere gli incendi: 63 squadre regionali, 28 droni, 26 autobotti, decine di squadre dei vigili del fuoco e di forestali, 4 elicotteri della flotta regionale, 2 elicotteri S64 della flotta di Stato, 4 canadair, 50 operatori nelle sale operative antincendio e nella Control Room, 43 squadre di spegnimento, 90 squadre di volontari della Protezione Civile.

Con l’attività di deterrenza attraverso i droni la Regione Calabria è riuscita a costruire un modello innovativo e molto apprezzato a livello nazionale e internazionale. (rrm)

 

Coldiretti Calabria: Da luglio in Calabria sono andati a fuoco 3800 ettari

Da inizio luglio in Calabria sono andati a fuoco 3800 ettari, tra aree boschive e uliveti. È quanto ha rilevato Coldiretti, mappando i danni causati dalle alte temperature che continuano ad assediare il Meridione. Per la nostra regione, i problemi principali si registrano per pomodori, peperoni, angurie oltre alla cascola delle olive.

L’emergenza resta grave in Sicilia con gli animali rimasti senza cibo e acqua e i campi arsi dalla mancanza di pioggia, mentre aumenta il pericolo di incendi con 5800 ettari di terreni già andati a fuoco da inizio luglio. Molte aziende hanno rinunciato a raccogliere il grano, il cui crollo medio è superiore al 50% del raccolto. Per gli alberi da frutto, vigne e uliveti si stima un danno in oltre 2,7 miliardi di euro. Situazione drammatica anche in Puglia dove il caldo africano con picchi fino a 43 gradi brucia frutta e verdura nei campii. La produzione di olive è prevista in calo di oltre il 50%, come quella di grano.In Basilicata sono quasi 200 gli ettari andati a fuoco da inizio luglio, con danni da siccità per quasi mezzo miliardo di euro, tra calo di produzione, aumento dei costi e perdita di quote di mercato. Sul fronte dei cereali il calo è dell’80% dei raccolti, mentre per i foraggi del 70%. Pessime anche le prime stime per la produzione di olio d’oliva, scese tra il 50 e il 75%, mentre per il vino è del 40%. La siccità morde anche in Sardegna con cali produttivi che interessano ormai tutti i settori, dai cereali all’ortofrutta, dopo i problemi causati dagli incendi nei giorni scorsi.

Legambiente: Adottare misure adeguate per prevenire gli incendi

«La nostra Associazione ritiene sia indispensabile un cambio di prospettiva rispetto al fenomeno degli incendi, destinato ad aggravarsi nella nostra regione, in connessione alla crisi climatica in corso che reca con sé episodi di siccità prolungata, ondate di calore e rischi di desertificazione per intere aree». È quanto hanno detto  Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria ed Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente Nazionale, sottolineando come la logica deve essere quella di prevenire gli incendi attraverso la gestione del territorio, l’utilizzo ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali, la promozione dei servizi ecosistemici che vanno remunerati, la rivitalizzazione delle comunità rurali nelle aree interne e montane in una rinnovata funzione di presidio territoriale».

Negli ultimi giorni, infatti, le fiamme hanno gravemente colpito il territorio regionale lasciando cenere e distruzione al posto di alberi e campi coltivati e mietendo vittime – come è accaduto a Cassano, dove un uomo stava cercando di difendere il suo uliveto o a Cirò, nonostante un ingente intervento di uomini e mezzi di soccorso.

Un bilancio molto pesante causato molto spesso dalle azioni di criminali e di piromani, ma anche dalla scarsa o mancata azione di prevenzione e di difesa attiva dai roghi.  Nella nostra regione, infatti, si continua a puntare sulla gestione dell’emergenza, tralasciando l’ottica della prevenzione, l’unica in grado di limitare gli incendi, a partire dagli interventi di buona gestione forestale, dalla manutenzione del territorio e dalla mappatura delle aree percorse dal fuoco per bloccarne le spirali malefiche.

Nonostante le dichiarazioni e gli annunci, pesano ancora i ritardi delle Amministrazioni competenti, la carenza di mezzi e la sovrapposizione di competenze in materia di incendi boschivi.

Per questo per Parretta e Nicoletti è «molto importante una rigorosa applicazione da parte dei comuni, della legge sui vincoli e sul catasto delle aree percorse dal fuoco, le cui misure sono state rinforzate dalla legge n. 353/2000 con l’individuazione dei poteri sostitutivi delle Regioni nel caso di inadempienza. Senza dimenticare che, con grande frequenza, gli incendi sono collegati agli interessi della ‘ndrangheta, che per come posto in luce dalle indagini della Magistratura, controlla intere aree boscate oltre ai pascoli abusivi ed ha forti interessi economici nel business del taglio dei boschi e nella loro gestione illecita».

«L’intero territorio calabrese, a partire da boschi e foreste, dalle aree protette e dai siti della rete Natura 2000 – è stato ribadito – deve essere protetto e tutelato con strumenti e risorse idonee e con capacità di visione perché le temperature sono destinate ad essere ancora più elevate per effetto del riscaldamento complessivo del Pianeta. La Calabria non può e non deve farsi trovare impreparata e deve mettere in campo adeguati ed operativi programmi di adattamento ai cambiamenti climatici che scongiurino i disastri ai quali stiamo assistendo».

«Legambiente chiede, da tempo – viene evidenziato – di mettere in campo alcune misure adeguate, in un’ottica di prevenzione, a fronteggiare efficacemente il fenomeno, contrastando incendi che si ripropongono, puntuali, nel periodo estivo:

Gestione integrata degli incendi: è necessaria un’attività di integrazione/coordinamento, a livello regionale e nazionale, fra i settori dedicati alla previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio. È ancora carente l’applicazione della legge quadro sugli incendi boschivi (L. 353/2000) ed insufficienti le modifiche introdotte con la legge 155/2021;

Pianificazione e progettazione del ripristino ecologico e funzionale: i Piani forestali di indirizzo territoriale devono integrare la pianificazione forestale con la prevenzione degli incendi boschivi. Definendo le aree esposte al pericolo ed individuando le aree dove integrare misure di selvicoltura preventiva con altre misure forestali, le misure per l’attività pastorale e agricola, e quelle per la tutela della biodiversità nel Parchi Nazionali, Riserve regionali e siti della Rete Natura 2000.

Interazione con la politica agricola: per un più efficace governo degli incendi è fondamentale una integrazione della politica forestale con quella agricola. Molti incendi, infatti, derivano dall’uso illegale e inesperto del fuoco per fini agro-silvo-pastorali e l’abbandono dell’agricoltura e della pastorizia determinano un aumento del pericolo di incendi per accumulo del combustibile. L’agricoltura, tuttavia, deve essere considerata parte della soluzione: campi coltivati, orti, vigneti, aree pascolate possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio; Pascolo prescritto come strumento di prevenzione: il pascolamento con specie domestiche è stato finalmente riconosciuto come tecnica per prevenire il propagarsi degli incendi o evitare che una volta innescati diventino disastrosi. Responsabilizzazione e coinvolgimento dei cittadini: i cittadini possono essere parte attiva, in primo luogo coinvolgendo il volontariato non solo nella lotta ma anche nella prevenzione. Inoltre, i proprietari di fondi devono essere responsabilizzati nella gestione della vegetazione nei loro terreni ed i cittadini devono essere preparati a riconoscere il pericolo incendi ed a rispondere con comportamenti adeguati; Statistiche e castato incendi:l’analisi delle statistiche sugli incendi è essenziale per la comprensione ed il governo del fenomeno».

E, ancora: pianificazione e progettazione del ripristino ecologico e funzionale; pianificazione urbanistica e incendi, in quanto «i piani urbanistici dettano le linee per l’espansione dei centri abitati, in coerenza con le normative e i vincoli regionali e nazionali, ma non tengono in considerazione il rischio legato agli incendi boschivi. Per questa ragione appare auspicabile che nei prossimi anni la pianificazione urbanistica venga informata dai piani forestali di indirizzo territoriale che identificano le aree esposte al pericolo incendi (probabilità di propagazione di grandi incendi). La stessa attenzione deve essere indirizzata alla rete stradale che svolge un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza della logistica dei mezzi di soccorso in caso di incendi di elevata intensità; pene più severe: estendere le pene previste dal Codice Penale per il reato di incendio boschivo a qualunque tipologia di incendio. È indispensabile rendere più severe le pene previste  dall’articolo 423-bis del C.P. a qualunque incendio di e non solo i boschi e i pascoli, per quelli che interessano il patrimonio naturalistico e quelle sottoposte a vincolo paesaggistico. Così come va aggravata la fattispecie colposa per consentire l’arresto in flagranza, oggi non obbligatorio e vanno rafforzate le sanzioni amministrative estendendo ed equiparando le sanzioni più gravi a tutti gli incendi».

Infine, è necessario potenziare i presidi nella lotta agli incendi boschivi. Per questo serve investire «nel potenziamento della flotta aerea pubblica, nella specialità interna al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. Alla luce del sempre maggiore utilizzo dei mezzi aerei nella lotta attiva agli incendi boschivi occorre ricostituire una flotta di proprietà pubblica e limitare il ricorso ai mezzi aerei privati». (rcz)

LE AREE VERDI E BLU SE USATE BENE
SONO EFFICACI CONTRO GLI INCENDI E L’EROSIONE

DI MARIO PILEGGI – Il recente convegno Arpacal  su “il buon uso degli spazi Verdi e Blu per la promozione  della Salute e il benessere del Progetto VeBS, finanziato dal Ministero della Salute, pone l’attenzione sulle specificità del Territorio. E quindi sulla necessità di prevenire l’estendersi del degrado idrogeologico che mette a rischio popolazioni e risorse naturali.

Specificità che rendono la “Calabria una delle regioni con le più vaste aree verdi e blu d’ Europa. Ma sempre con la fragilità del noto “sfasciume pendulo sul mare” di Giustino Fortunato.

Tra le specificità da considerare: la notevole varietà di rocce e suoli, le ingenti disponibilità d’acqua e il diffuso e articolato reticolo idrografico superficiale. Queste, ed altre specificità idro-geomorfologiche, rendono l’insieme del Territorio calabrese un Mosaico di aree verdi e blu

Un prezioso mosaico ricco di geo-diversità e biodiversità, nel centro del Mediterraneo, con un clima molto favorevole e pieno di risorse naturali. Come, ad esempio, i vari giacimenti minerari con oro, argento, rame e tanti altri minerali, noti ed utilizzati fin dall’antichità. 

E come la grande disponibilità di acqua, di ottima qualità, per uso potabile ed anche per uso termale. Sono 20 mila le sorgenti censite nella Regione, con una portata complessiva di oltre 43 mila litri al secondo; disponibilità notevole, che corrisponde ad 1 miliardo e 300 milioni di metri cubi d’acqua.

Nel passato, dal buon uso di queste risorse blu e dal buon uso delle circostanti aree verdi e, quindi, dal mantenimento dell’equilibrio idro-geomorfologico tra i vari tasselli del mosaico, le popolazioni hanno tratto benessere e ricchezze. 

Invece, quando non c’è stato un buon uso delle stesse aree, e si è alterato l’equilibrio tra i tasselli del mosaico, si sono avuti disastri, morti e misera ovunque.

Un esempio della ricchezza e del benessere derivanti dal buon uso delle aree verdi e blu è quello che, a partire dagli ultimi decenni dell’VIII secolo a.C., ha portato allo straordinario sviluppo socio-economico, culturale e artistico nelle numerose città-stato della Magna Grecia sul Tirreno e sullo Jonio dell’attuale Calabria.

Basta ricordare la opulenza e la ricchezza di Sibari, le sue straordinarie produzioni ed esportazioni di prodotti agricoli come: vino, olio, frutta, legname per la costruzione di navi, ecc. 

Produzioni e ricchezze legate alla ingegnosa capacità di realizzare diffusi sistemi di irrigazione, di canali e di aree verdi e blu, in perfetto equilibrio con gli assetti naturali del territorio costiero, collinare e montano.  

Purtroppo i periodi e gli esempi anche recenti di cattivo utilizzo e distruzione delle aree verdi, e delle rovinose conseguenze, sono molti di più e ricorrenti

Mi limito soltanto a richiamare alla memoria la mappa della diffusione della malaria lungo tutte le coste della Regione. Malaria che, fino ai primi decenni del secolo scorso, era endemica su tutto il perimetro costiero.

Va ricordato che la salubrità e il benessere sulle stesse coste sono ritornate solo dopo le opere di bonifica. Dopo la raccolta e regimazione delle acque. In pratica, solo dopo la realizzazione e il buon uso di tante aree blu e verdi come i preziosi boschi litoranei.   

Una salubrità, riconosciuta anche dai 3 mila medici pediatri italiani e stranieri che, da anni, assegnano alla regione Calabria il primato del maggior numero di bandiere Verdi della Penisola. Un primato che è stato confermato anche per l’attuale stagione. E non solo per l’ampiezza e sicurezza delle spiagge, ma soprattutto per la qualità delle acque marine in gran parte classificate di qualità eccellente.

Qualità confermata dalla ricca biodiversità marina e dalle tantissime specie rare sottoposte a protezione dalle Direttive europee e Convenzione di Rio de Janero

Specie rare rilevate anche: nella Riserva Naturale Foce del Crati”; nell’“Area Marina Protetta Capo Rizzuto”; e nei 5 Parchi marini regionali: “Baia di Soverato”; “Riviera dei Cedri”; “Costa dei Gelsomini”, “Scogli di Isca” e “Fondali di Capocozzo S. Irene Vibo Marina Pizzo Capo Vaticano Tropea”. 

E confermata anche dalle analisi ufficiali effettuate sulle acque di balneazione. Analisi che hanno certificato l’idoneità su ben 650 Km di spiagge. Una disponibilità che supera l’insieme di sette regioni.    

In pratica, la lunghezza delle aree idonee per fare un bagno in sicurezza, in Calabria supera quella dell’insieme delle regioni: Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, Abruzzo, Molise, Marche e Basilicata.

Ampie spiagge naturali, che si alternano a tratti di costa frastagliata, con baie e calette formate da rocce di tutte ere geologiche. Dove, ad esempio, è possibile toccare i fossili marini che documentano la presenza nei nostri mari di specie tipiche di mari freddi e caldi e, quindi, dei cambiamenti climatici del passato geologico.

Una grande varietà di spiagge in un contesto caratterizzato: – da estesi rilievi collinari e montuosi; – da suoli fertilissimi e abbondanti disponibilità di risorse idriche che ospitano e nutrono la straordinaria varietà di esseri viventi presenti: nei 3 Parchi Nazionali:  dell’Aspromonte, del Pollino e della Sila;  nei 2 Parchi Regionali: delle Serre e della Valle del Coriglianeto;  nelle Riserve Naturali Regionali: “Vergari”; “Valli Cupe”,  “Foce del Fiume Mesima ”; e in particolare nelle preziose aree blu sul fiume Crati, il più grande della Regione, le Riserve Naturali Regionali  “Lago di Tarsia” e  “Foce del Fiume Crati” dove  nei giorni scorsi è stata registrata anche la presenza di un Cigno Reale.

Contesto nel quale sono stati individuati e delimitati i 131 habitat marini e terrestri riportati nella “Carta Natura” della Calabria 

Sulla straordinaria varietà dei paesaggi costieri è da ribadire che alcuni di essi sono formati da rocce granitiche generate dallo stesso magma che ha generato le più note e ambite coste della Sardegna, e dalle quali sono state separate, a causa dei rilevanti movimenti della crosta terrestre, iniziati circa dieci milioni di anni fa con l’apertura del bacino del Mar Tirreno.

Questi tratti costieri con spiagge bianche simili a quelle della Maddalena, si osservano nel Sito d’Interesse Comunitario: “Zona Costiera fra Briatico e Nicotera” e nella Zona Speciale di Conservazione “Scogliera di Staletti” con le rinomate spiagge di Copanello, Caminia e Pietragrande.

Altri tratti di costa, formati da rocce di antichissima formazione e unici nel resto della Penisola, si trovano in corrispondenza di altre Zone Speciali di Conservazione come i “Fondali di Iscae i “Fondali di Scilla”.

Caratteri geomorfologici e colori differenti caratterizzano le spiagge di altre “Zone Speciali di Conservazione” come quella di “Capo Colonna” e del “Promontorio di Capo Rizzuto”. Spiagge ancora diverse sono presenti nelle Zone Speciali di Conservazione, come la gariga costiera su ciottoli di “Montegiordano Marina”, l’Oasi di Scolacium e le varie Dune come: le “Dune Marinella”, le “Dune di Guardavalle”, le “Dune dell’Angitola”

Di grande interesse naturalistico e storico-scientifico anche gli habitat di altre aree blu come la laguna retrodunale della Zona Speciale di Conservazione di “Saline Ioniche”; della “Palude di Imbutillo” e del “Lago la Vota”. 

Può favorire il buon uso delle aree verdi e blu considerare che, sulle rocce che le ospitano, si possono osservare i segni e la evoluzione del paesaggio circostante. Come i terrazzi marini, formati dalle antiche spiagge che, dal livello del mare, sono state sollevate e spinte fino a quote superiori ai mille metri, durante l’ultima era geologica.

Come si possono osservare gli effetti dei cambiamenti climatici più recenti e storicamente documentati. Effetti che hanno condizionato fortemente la qualità della vita delle popolazioni.

Di rilevante interesse Storico e Scientifico, e ben documentati sulle nostre coste, sono gli effetti dei cambiamenti climatici registrati negli ultimi 3 mila anni. Effetti importanti nei periodi con clima più caldo-arido come quello Medioevale che va dall’anno 1.000 al 1.300 e il precedente detto dell’Età romana.  

Effetti ancor più rilevanti nei tre periodi di clima più freddo-umido e piovoso. In particolare, durante quello più recente della “Piccola Età Glaciale, dal 1500 al 1850, con effetti disastrosi su coste e tutti i centri abitati della Regione proprio a causa del cattivo uso delle aree verdi e blu. 

Così come va ricordata la specificità della composizione mineralogica di varie spiagge e habitat dove sono state rilevate concentrazioni significative di minerali anche d’interesse dal punto di vista industriale come, ad esempio, Magnetite, Granati, Ilmenite, Rutilio; e anche di altri minerali di interesse nucleare come: ortite, zircone e Monazite.  

In alcune spiagge come, ad esempio, quelle di Capo Vaticano e del comune di Montauro è abbondante la presenza della Monazite che è un minerale ricco di elementi di terre rare e che altera i valori di radioattività senza alcuna rilevanza sanitaria.   In proposito è da ribadire che, al contrario di quanto percepito e sospettato a seguito di allarmanti e fuorvianti servizi televisivi, non esiste alcuna contaminazione radioattiva di tipo artificiale o antropica. Come evidenziato nel Rapporto dell’Arpacal del 2017.

E non esiste alcuna contaminazione nel resto della Regione. Come certificato, nel 1997 dall’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, nel rapporto “La Radioattività̀ Ambientale sulle coste delle Regione Calabria”. Redatto dopo approfondite indagini e controlli, eseguiti dalle massime autorità militari e scientifiche nazionali su tutte le spiagge, sul pescato e le acque marine della Calabria. 

Va ricordato che a decidere queste indagini fu Mario Signorino, primo Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, ora Ispra, e fondatore di “Amici della Terra Italia”.

Paradossalmente, chissà perché, c’è ancora qualcuno che sospetta la presenza di contaminazione, proprio nell’unica Regione d’Italia nella quale è stata dimostrata e certificata l’assenza di contaminazione nei mari, nelle spiagge e nel pesce pescato sull’intero perimetro costiero.

Un’ultima considerazione sul buon uso delle aree blu e la necessità della loro implementazione per contrastare la piaga degli incendi che distruggono aree verdi, foreste e boschi, cioè quella vegetazione necessaria per stabilizzare il suolo,  prevenire l’erosione e per favorire l’infiltrazione delle acque piovane per la ricarica delle falde acquifere.

In pratica, il buon uso degli spazi Verdi e Blu, utile ovunque per promuovere Salute e benessere, per il mosaico di verde e blu della Calabria è anche una necessità per mettere in sicurezza le popolazioni e promuovere l’uso sostenibile delle ingenti risorse naturali disponibili. (mp)

[Mario Pileggi è geologo del Consiglio nazionale Amici della Terra]

L’OPINIONE / Pasquale Andidero: Servono interventi per prevenire incendi a Mosorrofa

di PASQUALE ANDIDERO – Sabato scorso si è verificato a Mosorrofa in un costone collinare che si trova tra le località Casciaro e Tracale, al di sopra del torrente Medha, un vasto incendio che ha richiesto l’intervento dei Canadair. La popolazione si è messa subito all’erta, scottata com’è dal rogo del 23 luglio dello scorso anno quando ad essere interessato è stato tutto l’abitato di Mosorrofa e Sala di Mosorrofa. 

Il comitato di Quartiere Mosorrofa, giusto due giorni prima, ha scritto alle autorità competenti una lettera con la richiesta urgente di interventi per poter prevenire eventuali futuri roghi.  Siamo a fine giugno, si avvicina la stagione dei probabili incendi e non vogliamo trovarci nuovamente impreparati.

Chiediamo, quindi, con urgenza di verificare la reale funzionalità degli idranti e la costante presenza di acqua; di assicurarsi che i serbatoi dell’acquedotto non rimangano mai vuoti; la pulizia e lo sfalciamento dei bordi stradali (della San Sperato- Mosorrofa, della Mosorrofa- San Salvatore e della Sala di Mosorrofa- Cannavò) che sono ormai dei veri cespuglieti; di ripulire adeguatamente l’ex campo sportivo e l’area di Bufano.

Crediamo che sia importante prevenire, alla luce di quanto già successo. Andare a cercare i buoi dopo che sono scappati dalla stalla è inutile e controproducente. Prevenire, non solo è un obbligo per salvaguardare la salute dei cittadini, ma è anche conveniente dal punto di vista economico. 

La stagione degli incendi purtroppo è già partita, chiediamo ancora una volta a chi di dovere di accelerare al massimo la cura degli spazi e degli strumenti di competenza. Chiediamo anche a tutta la cittadinanza di tenere puliti i propri ambienti, perché a volte è inutile avere uno spazio pulitissimo se quello vicino e pieno di sterpaglie ed erbacce. 

In questa opera di bonifica e di prevenzione inseriamo ancora una volta le discariche presenti sul territorio, prodotte dall’inciviltà dei cittadini, ma se mai bonificate resteranno sempre una bomba ecologica con la quale purtroppo ormai da tempo Mosorrofa e Sala di Mosorrofa deve fare i conti. (pa)

[Pasquale Andidero è presidente del Comitato Quartiere di Mosorrofa]

Il Procuratore Gratteri: I Consorzi di Bonifica Enti che non hanno mai fatto nulla

«Ho sempre conosciuto in Calabria i Consorzi di bonifica, in particolare quelli della Jonica reggina, come enti che non hanno mai fatto nulla o quasi nulla». È quanto ha dichiarato il procuratore Nicola Gratteri, intervenendo all’inaugurazione di un innovativo sistema di controllo di distribuzione idrica del Consorzio di Bonifica Ionio Catanzarese.

«Noi proprietari di appezzamenti di terreno paghiamo i Consorzi di bonifica – ha spiegato – ma non abbiamo mai visto la presenza fisica dei rappresentanti dei Consorzi di bonifica dire “controlliamo questo scolo”, “controlliamo questo torrente”, “vediamo se bisogna consolidare questo territorio con un progetto”. Nulla, il nulla di nulla. Non vorrei che si continuasse con questa non presa di posizione o di non responsabilità, bisogna dimostrare di esistere e giustificare lo stipendio ogni giorno».

«Sono soldi pubblici, sono soldi della collettività, sono soldi della gente che paga le tasse e vuole vedere i risultati – ha evidenziato –. È la stessa cosa dei Gal: io ancora non ho capito a cosa servono i Gal, cosa fanno in concreto per il territori. Di queste cose bisogna incominciare a discutere perché poi non voglio sentire lamentele dietro le quinte e al bar, non sono discorsi bar dello sport, sono discorsi da affrontare in modo serio».

«Penso – ha proseguito il procuratore di Catanzaro – che a un certo punto i Consorzi di bonifica e i Gal devono dare conto, devono dare conto a qualcuno, perché se no facciamo lo stesso discorso dei forestali: i forestali mi devono spiegare concretamente se hanno pulito mai un fiume o un bosco e cosa fanno nella giornata. La gente ha bisogno di sapere questo, perché io non voglio che questi enti o parte di questi enti siano ammortizzatori sociali, dobbiamo finirla con questa storia dell’assistenzialismo, bisogna prendere posizione».

Il Procuratore, poi, ha parlato della situazione incendi, sottolineando che «c’è ancora tanto da fare».

«Siamo arrostiti dagli incendi – ha rilevato – e io voglio sapere dove sono i forestali quando ci sono gli incendi: io non li vedo, vedo solo i vigili del fuoco. Voglio sapere cosa fa il Gal concretamente, la spesa del Gal dove va a finire, chi sono i beneficiari, e dove sono i Consorzi di bonifica ogni volta che c’è un evento naturale».

Il Procuratore ha rilanciato la necessità di dichiarare lo stato di emergenza per la situazione di crisi dei bergamotteti e quanto sia «importante fare bandi per assumere giovani in agricoltura in modo da evitare ulteriore emigrazione e bandi per impianti fotovoltaici, ma non per quelli che occupano suolo, mandando i dipendenti della Regione a fare i controlli per evitare truffa».

«Sono cose urgenti a da fare – ha proseguito – per dare aiuto all’imprenditoria agricola in Calabria, un’imprenditoria che è molto evoluta, ha fatto passi da gigante, non è all’anno zero, ci sono punte di eccellenza e sono per noi ossigeno perché non c’è assistenzialismo, c’è un trend che è cambiato e ci rincuora».

«So – ha concluso Gratteri – che in questo settore sono stati contributi importanti dalla Regione, bisogna insiste su queste cose vere e non inventarsi cose che sono solo spot e non hanno alcun riscontro sul piano della produzione dell’occupazione, in modo da frenare l’emigrazione inesorabile dei giovani calabresi verso il Nord». (rcz)

Irto (PD) interroga il Governo sugli incendi in Calabria

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha presentato un’interrogazione ai ministri della Protezione civile e dell’Ambiente, cui ha chiesto quali iniziative «intendano assumere, anche in deroga alla normativa vigente, al fine di predisporre un piano straordinario di rimboschimento delle aree colpite» e «quali procedure immediate vogliano attivare per risarcire cittadini e imprese rispetto ai danni subiti» dagli incendi  che in tutta la Calabria continuano a divorare ettari di bosco e vegetazione presso città e centri abitati.

Nell’atto parlamentare, Irto, che è anche segretario del Pd calabrese, ha sottolineato «l’assoluta gravità della situazione, addirittura con un morto e quattro feriti a Cardeto, nel territorio reggino», già «compromessa dagli incendi» degli ultimi anni. Secondo il senatore Irto, vanno valutati al più presto i «danni economici ad aziende e persone fisiche, per i quali è necessario attivare immediatamente tutte le procedure idonee per dare un congruo ristoro».

Nella stessa interrogazione, il senatore del Partito democratico ha evidenziato «la necessità di messa in sicurezza, bonifica e ripristino del patrimonio ambientale colpito dalle fiamme» e rimarcato lo sforzo profuso da «vigili del fuoco, Protezione civile, carabinieri forestali e volontari». Secondo Irto, che assicura la propria «vicinanza e quella del Pd a tutte le vittime delle fiamme di questi giorni, ora è indispensabile mettere in atto ogni misura possibile con la massima tempestività e umanità». (rp)

L’OPINIONE / Carmelo Versace: Governo si attivi per risolvere emergenza incendi in Calabria

di CARMELO VERSACE – Reggio Calabria, l’intero comprensorio metropolitano e regionale stanno vivendo ore complicatissime. Il Governo si attivi, insieme alla Regione, per intervenire con decisione sulle difficoltà generate dall’emergenza incendi.

In queste ore diverse abitazioni sono state colpite, ieri (25 Lluglio ndr) una persona di 98 anni è morta a Cardeto, ci sono ettari ed ettari di coltivazioni e giardini distrutti dal fuoco, i danni ambientali sui boschi di montagne e colline sono elevatissimi e le forze in campo, pur con il loro meritorio lavoro, non riescono a fronteggiare la mole di fuoco che in queste ore si è abbattuta sul nostro territorio. Il Governo ha il dovere di intervenire.

Al Ministro Salvini, che continua a sbandierare il ponte sullo Stretto come panacea di tutti i mali, chiediamo di rivedere le sue priorità per la Calabria. Servono interventi urgenti per arginare l’emergenza e poi un serio piano di prevenzione per la mitigazione del rischio idrogeologico sul nostro territorio. Non si può più attendere oltre.

L’intera cintura collinare della Città di Reggio Calabria e le aree del comprensorio metropolitano, dalla grecanica alla Locride, passando per la piana e la costa tirrenica, sembrano assediate da uno stato di guerra. Lo Stretto si è risvegliato e riaddormentato per almeno due giorni in una coltre di fumo impressionante che giunge anche dai roghi nei dirimpettai Peloritani  i centralini di Vigili del Fuoco, di Calabria Verde, della Protezione Civile e di tutte le Forze dell’Ordine sono stati messi in tilt da centinaia di richieste di interventi emergenziali.

La direzione dei Vigili del Fuoco è stata costretta a dichiarare, di fatto, lo stato di emergenza, raddoppiando i turni di servizio. È solo grazie al lavoro prezioso di queste persone se ad oggi è stato possibile fronteggiare la situazione. Ma il sacrificio dei soccorritori e dei professionisti del soccorso non basta e la situazione, in assenza di piogge in vista, potrebbe ulteriormente peggiorare.

Una condizione complessivamente inaccettabile ad ogni livello ma soprattutto rispetto a quei precisi doveri ed a quelle competenze che chiamano in causa in primis il Governo a porre in essere, nei tempi opportuni, tutte quelle strategie di prevenzione che avrebbero anzitutto garantire i territori, oggi devastati, da questa inammissibile ed ulteriore ferita dopo il disastro ambientale di due anni fa che ha irrimediabilmente cancellato parti del nostro patrimonio boschivo di valore inestimabile, soprattutto dentro l’area Parco nazionale dell’Aspromonte.

Una lezione, quella di due anni fa, che obbligava le istituzioni calabresi a scelte radicali e ad un lavoro sui nuovi piani antincendio regionali non meramente amministrativo-burocratico ma di sostanza. Una sostanza che, va detto, non ci pare sia emersa in alcun modo. Soprattutto se consideriamo i fatti incontrovertibili ed i risultati disastrosi.

Come Città Metropolitana, in Consigli straordinari tenuti per quella emergenza del 2021 che aveva contato danni enormi e mietuto più vite umane, abbiamo fatto di tutto per andare incontro ad operatori, amministratori e popolazioni colpite, andando oltre finanche le nostre competenze formali.

Abbiamo accolto il dolore, la disperazione ed il senso di rassegnazione di quei sindaci che si trovarono impotenti, senza strumenti o uomini o risorse di qualsiasi tipo per fronteggiare la violenza distruttiva delle fiamme. Abbiamo provato assieme, con processi sempre concertati, a trasformare questo dramma in una speranza investendo svariati milioni di euro per un piano molto serio di riforestazione che prevedere la piantumazione di oltre 100 mila alberi e con il supporto dell’Università e di ogni altro soggetto competente, chiedendo anche la necessaria deroga per trattare le aree già percorse dal fuoco.

Appena due settimane fa, proprio a Cardeto, dove ieri è morta una persona, abbiamo partecipato ad un’iniziativa pubblica sul tema della legalità e dell’ambiente, in presenza delle massime autorità militari ed istituzionali della nostra città. Anche in quell’occasione abbiamo ancora denunciato la mancata erogazione dei ristori promessi allora dalla Protezione Civile agli operatori danneggiati.

Abbiamo ricordato le vittime ed il nostro impegno fattivo nella riforestazione. Abbiamo preso posizione, a più riprese, anche rispetto ad una riforma regionale dei Consorzi di Bonifica avversata dagli stessi per legittime e valide ragioni. Riforma che nonostante le rimostranze dei territori è stata approvata dalla Regione, sorda alle istanze degli operatori, proprio pochi giorni addietro.

La Città Metropolitana si è impegnata anche, con appositi bandi, a realizzare bacini artificiali in area collinare jonica a supporto di questa rigenerazione ambientale che vogliamo ad ogni livello e con il massimo di attenzione da parte dei nostri preposti settori. Con grande amarezza ma con profonda consapevolezza dobbiamo invece prendere atto che i segnali che attendevamo da parte del Governo, e della Regione, per le loro rispettive competenze rispetto proprio alla gestione dei piani antincendio, ci sono apparsi nulli o del tutto inadeguati, come stanno dimostrando i fatti.

I droni e le nuove tecnologie, oggi tanto decantati a supporto di una strategia complessiva più efficace, sono di numero assolutamente inappropriato rispetto alle esigenze di un territorio regionale vasto e morfologicamente variegato. Di quei pochi droni disponibili a Reggio e nel reggino non ne abbiamo vista neppure l’ombra.

La cosiddetta tolleranza zero, oggi richiamata a gran voce a livello regionale, la sposiamo pienamente. Certo è che non può rimanere uno spot quando poi, nei fatti, vanno in fumo campagne, boschi e città con la perdita inaccettabile anche di vite umane. Sulle responsabilità politiche avremo tempo e modo di intervenire, stavolta davvero con “tolleranza zero”, ma ciò che ora ci preme, istituzionalmente, è individuare soluzioni rapide e concrete facendo appello al Governo centrale ed alle istituzioni regionali per fronteggiare questa emergenza dai connotati che dobbiamo definire storici.

Che siano mezzi militari, della Protezione Civile o di qualsiasi altro soggetto, dobbiamo pretendere un intervento risolutivo immediato per azzerare questa emergenza e consentire una repentina rigenerazione dei territori e l’annullamento di ogni tipo di ansia nella popolazione già vessata da questa evento di rari precedenti. Reggio Calabria non può rimanere la cenerentola scomparendo anche dalle cronache nazionali se non quando si tratta di farne una narrazione degradata e criminale che nei decenni l’ha raccontata sempre al peggio. Tutti i nostri sforzi vanno nella direzione opposta e non accetteremo in alcun modo che venga vanificato il nostro impegno per restituire la dignità che merita a tutto il territorio metropolitano, alle sue eccellenze ed alla sua storia. (cv)
[Carmelo Versace è sindaco f.f. della Città Metropolitana di Reggio Calabria]

L’OPINIONE / Raffaele Mammoliti: L’attività legislativa del Cdx che non dà risposte alla Calabria

di RAFFAELE MAMMOLITIMentre la Calabria brucia, il mare è inquinato, arrivano i dati diffusi dalla Fondazione Gimbe a completare il quadro. L’ultimo report offre risultati impietosi sul sistema sanitario regionale e sui servizi offerti ai cittadini. Una situazione generale di assoluta emergenza che lascia indifferente la maggioranza al governo della Calabria che continua a sfornare provvedimenti legislativi sicuramente utili, ma non certamente collegati alla priorità e all’emergenza di cui avrebbe bisogno la Calabria.

Questo governo regionale passerà alla storia per aver estinto una categoria come i forestali che hanno svolto un ruolo prezioso nella politica di tutela, presidio del territorio e rigenerazione del patrimonio forestale, che purtroppo rischia di essere devastato per incuria e per l’intransigente ostinazione del governo regionale che punta quasi esclusivamente a spegnere gli incendi piuttosto che a prevenirli. Non consentiremo oltre che si proceda in questa maniera e rilanceremo la nostra proposta che punta alla prevenzione attraverso il presidio del territorio con qualificate risorse umane e tecnologiche per valorizzare l’immenso patrimonio boschivo di cui dispone la Calabria. 

Relativamente alla sanità è preoccupante lo studio della fondazione Gimbe che dimostra come, nonostante qualche lieve miglioramento, la Calabria per le cure essenziali è completamente bocciata e inadempiente. In tale direzione promuoverò nei prossimi giorni un’iniziativa pubblica per meglio affrontare l’insieme delle criticità sanitarie in cui versa la nostra regione, specificatamente nel territorio vibonese che è il territorio nel quale la crisi del sistema sanitario regionale si manifesta in maniera più acuta.

Infine voglio ancora evidenziare come il Consiglio regionale continui a portare in aula provvedimenti senza il preventivo passaggio nelle Commissione competenti, mentre le proposte di legge da me depositate da oltre un anno, non sono state nemmeno calendarizzate. Un governo regionale che ha piegato così deplorevolmente il funzionamento delle istituzioni alla mera logica di maggioranza forse non si era mai visto in cinquant’anni di regionalismo. (rm)

[Raffaele Mammoliti è consigliere regionale del PD]