L’OMBRA DEL DIVARIO NELLE PROVE INVALSI
PER I GIOVANI DEL SUD MENO OPPORTUNITÀ

di GIUSEPPE VALDITARA – Ci siamo lungamente confrontati anche per commentare questi dati delle Prove Invalsi 2023, certamente molto significativi e importanti. Devo dire che purtroppo confermano una tendenza. Danno una fotografia della scuola del nostro Paese che replica altre rilevazioni, per esempio il test Ocse Pisa, che fotografano una spaccatura del Paese. Noi non possiamo più accettare che l’Italia sia divisa in due.

È questo il messaggio forte che oggi voglio lanciare. Partendo da questi dati, abbiamo il dovere morale di ricomporre in unità il sistema scolastico. Per dare a tutti i ragazzi, ovunque essi vivano, le stesse identiche possibilità di successo formativo e, quindi, di successo lavorativo. È proprio partendo da questo, perché credo che un Ministro debba dare una lettura politica e non limitarsi semplicemente all’apprezzamento e alle considerazioni tecniche, che voglio incentrare il mio breve intervento.

Paradossalmente, già nella Scuola primaria si individua quella spaccatura che penalizza tanti ragazzi italiani. E il fatto che questo nasca proprio nella Scuola primaria è ancor più moralmente inaccettabile, perché la Primaria anticipa e influenza profondamente i risultati del percorso successivo. È proprio nella Scuola primaria che lo studente acquisisce le competenze che sono alla base dei futuri apprendimenti. Ora, in seconda primaria si osservano già divari di risultato, a sfavore dei ragazzi del Mezzogiorno, di circa 5 punti percentuali in italiano e di circa 10 punti percentuali in matematica rispetto ai ragazzi delle Regioni più avvantaggiate del Paese. Questo dato è drammatico soprattutto in tre Regioni: Calabria, Sicilia, Campania.

Nella classe quinta, la percentuale di allievi che non raggiunge un certo livello di competenze è doppia rispetto agli alunni delle Regioni più fortunate. Purtroppo, nel 2023 questa situazione è andata ancora peggiorando. In particolare, per quanto riguarda matematica e inglese. In italiano si registra qualche interessante eccezione. Nel 2023, rispetto al 2022, nella seconda primaria il divario è cresciuto di circa il 3% per la matematica e di circa il 4-5% per l’inglese.

Sappiamo tutti quanto la matematica sia fondamentale: è l’indicatore correlato più fortemente con lo sviluppo di un Paese e del suo Pil e con tutti gli altri indicatori di crescita sociale. È un indicatore di propensione per la tecnologia, che sta a fondamento della crescita di uno Stato. Per questo, insistere sulla matematica è fondamentale ma lo stesso vale anche per l’inglese, perché le lingue straniere sono la chiave per accedere all’internazionalità. Una studentessa o uno studente che non abbiano adeguate competenze in inglese sono fortemente penalizzati rispetto ad altri loro compagni.

I divari a sfavore del Mezzogiorno si accentuano nella Scuola secondaria, dove troviamo anche un aumento del divario in italiano: -15 punti percentuali rispetto all’Italia settentrionale al termine del Primo ciclo e -22/23 punti percentuali al termine della Scuola secondaria di II grado. Per quanto riguarda la matematica, si arriva addirittura a percentuali di svantaggio pari rispettivamente a 25 punti e a 30 punti. Quali sono le cause? Ne ho parlato ieri con il Presidente Ricci, anche nell’ambito di una discussione più ampia con il gruppo di lavoro da lui presieduto, che ho costituito presso il Ministero, per studiare il pacchetto di interventi che ho definito Agenda Sud. Le cause sono tante, fra queste la fragilità sociale del territorio. Per esempio, la percentuale di assenze nelle scuole del Sud nel 2019 è stata di 15 giorni all’anno superiore ai giorni di assenza degli studenti del Nord. Moltiplicato per 13 anni in classe, è quasi un anno scolastico.

Un altro grande tema sono gli asili. Tutte le ricerche, anche internazionali, confermano che hanno un effetto perequativo fondamentale, soprattutto quando la società è fragile. Vorrei sottolineare come, grazie alle norme di semplificazione che abbiamo introdotto e alla collaborazione fra Governo, Anci e Comuni, abbiamo raggiunto un risultato che sino a qualche mese fa era impensabile: il 91% delle aggiudicazioni. Non è casuale, perché se prima per un’aggiudicazione sino a un milione di euro si impiegavano tre anni (rilevazioni del mio Ministero) e per quelle da 1 milione a 5 milioni si impiegavano 4 anni, adesso si impiegano dai 7 ai 9 mesi. Un altro dato significativo è che circa il 15% delle aggiudicazioni è stato raggiunto grazie a Invitalia. Questo risultato è stato possibile anche grazie al pacchetto di semplificazioni che abbiamo varato.

Voglio ricordare come nel Rapporto Invalsi ci sia anche qualche dato positivo. Per esempio, la dispersione scolastica implicita, cioè il mancato raggiungimento delle competenze, è calata di un punto, siamo all’8,7%; per quella esplicita, cioè l’abbandono, la flessione è netta e abbastanza generalizzata: siamo al 10,3-10,4%, non lontani dunque dagli obiettivi del Pnrr. Ma è evidente che dobbiamo realizzare una svolta e che questo si può fare soltanto con degli interventi mirati. Ho parlato con il Ministro francese dell’Istruzione, con il quale ho sviluppato un rapporto di grande collaborazione, e con l’Ambasciatore spagnolo ma anche, a Bruxelles, con il Ministro spagnolo: la dispersione scolastica è un tema che tocca tante nazioni europee. Il punto di partenza dell’Agenda Sud è individuare le scuole più a rischio e Invalsi ci ha sottoposto un elenco.

Partiremo da 240 istituti, 120 Primarie (proprio perché questi dati ci invitano a riflettere), 60 Secondarie di I grado e 60 Secondarie di II grado. Per la selezione, Invalsi ha individuato alcuni criteri, come la dispersione scolastica, le assenze, la fragilità del territorio, l’abbandono in corso d’anno, l’instabilità nei risultati d’apprendimento. Mettere insieme questi indicatori ha consentito di individuare una serie di scuole su cui avviare già da settembre una serie di interventi, il cuore del mio progetto Agenda Sud, con investimenti economici importanti. Innanzitutto, mettere studentesse e studenti al centro e dunque estendere a tutte queste scuole il percorso di personalizzazione dell’educazione che abbiamo iniziato con il tutor per l’ultimo triennio delle Secondarie di II grado, sottolineando come prendersi cura del singolo studente sia un concetto centrale.

Vogliamo una didattica innovativa, laboratoriale; e vogliamo cambiare il paradigma prevalente dell’insegnamento basato sulla lezione frontale, introdurre nuove metodologie didattiche che saranno poi gradualmente curate e sviluppate, anche da Invalsi. Una scuola aperta tutto il giorno e più vicina al territorio. Più docenti, in particolare in italiano, matematica, inglese, in quelle 240 scuole. Per questi docenti occorreranno una formazione particolare, coordinata con Invalsi, una didattica orientativa, una progettazione e saranno necessarie più risorse per questi insegnanti che svolgeranno attività extracurricolari. Sarà decisivo il coinvolgimento delle famiglie, con l’organizzazione di gruppi di supporto alla genitorialità, e costruire una grande alleanza tra famiglia e scuola. Il supporto e l’accompagnamento a questo progetto saranno seguiti costantemente da Invalsi.

È previsto anche l’allungamento del tempo scuola, per realizzare in questi istituti un altro passaggio importante, il tempo pieno. Per questo abbiamo voluto, oltre il PNRR, un investimento importante nelle mense per le scuole del Sud e altri stanziamenti per favorire le attività sportive, destinati a palestre e attrezzature, sempre nel Mezzogiorno.

Ho anche parlato con alcuni Presidenti di Regione di progetti speciali per l’offerta formativa che valorizzino le peculiarità del territorio. Due esempi: è chiaro che il Ponte sullo Stretto sarà un’occasione di sviluppo del territorio per cui dovremo formare tecnici adeguati, non soltanto per la realizzazione ma anche per la gestione del “dopo”. Un altro esempio, di cui ho parlato con il Presidente della Regione Calabria Occhiuto, ma pensabile per tutte le Regioni del Mezzogiorno: Cosenza ha una straordinaria Facoltà di Informatica che raggiunge risultati apprezzati in tutto il mondo. L’idea è di radicare attorno a questa eccellenza un sistema di scuole tecniche che favorisca l’insediamento sul territorio di strutture produttive. Insomma, insieme con i Presidenti delle Regioni, concentrare l’attenzione per promuovere e far esplodere lo sviluppo del territorio.

Abbiamo già autorizzato e sbloccato 2,5 miliardi di euro del Pnrr specificamente per il Sud. Voglio sottolineare le risorse che mettiamo a disposizione: un miliardo di euro da ripartire tra le scuole, proprio per garantire più adeguate competenze di base, con riguardo agli istituti che presentano criticità; abbiamo distribuito 600 milioni di euro per le Stem che potranno essere utilizzati nell’ambito dell’autonomia scolastica per sviluppare la didattica personalizzata; abbiamo distribuito 450 milioni di euro per l’educazione digitale e 150 milioni per le competenze linguistiche.

E poi i fondi Pon, in aggiunta ai fondi Pnrr: mezzo miliardo di euro, una cifra importante da ripartire fra le scuole, che potrà essere utilizzata per far decollare l’Agenda Sud. Monitoreremo la sperimentazione nell’arco di un biennio: se funzionerà, intendiamo estenderla alla gran parte delle scuole del Mezzogiorno, perché è da qui che si ricostruisce l’Italia e da qui si costruisce un futuro per tutti i nostri giovani. (gv)

[Giuseppe Valditara è ministro dell’Istruzione e del Merito]

I RAGAZZI CALABRESI AMANO PIÙ IL LICEO
NEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI SOLO IL 20%

di GUIDO LEONE – Il timer  per le iscrizioni al prossimo anno scolastico 2023/2024 scatterà alle ore 8 di oggi, lunedì 9 gennaio e si concluderà alle 20 di lunedì 30 gennaio 2023. 

Le famiglie  avranno quasi un mese di tempo per scegliere la scuola dei propri figli inoltrando la domanda per tutte le classi prime della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado statale.

Ogni anno uno studente su cinque sbaglia la scelta delle superiori. E si perde per strada. O abbandona i banchi anzitempo oppure arriva alla maturità senza le competenze minime. A confermarlo sono i dati dei rapporti Invalsi sulle competenze acquisite dagli studenti e sulla  dispersione scolastica, che ritornano d’attualità nel momento in cui le famiglie sono chiamate a scegliere la scuola dei propri figli. 

L’appuntamento perciò si annuncia cruciale soprattutto per i ragazzi che nel 2023/24 andranno in prima superiore. 

Quale sistema formativo scegliere? Quello liceale, tecnico o professionale? E poi quale  indirizzo scegliere? È, insomma ,un momento delicato per gli studenti e  le famiglie che spesso viene vissuto con grande incertezza.

Ad influire su una decisione così importante possono intervenire diversi fattori. Le proprie predisposizioni e attitudini, ad esempio, gli interessi; ma anche la presenza  di istituti con un determinato indirizzo disciplinare nel proprio territorio di residenza e la possibilità di spostarsi più o meno autonomamente.

A questi si aggiungono le aspettative dei genitori, le scelte degli amici. E tutto si complica se si pensa che una decisione così delicata deve essere presa  dai ragazzi proprio nell’età in cui è molto difficile avere le idee chiare sul proprio futuro.

È richiesta, perciò, ai genitori la capacità di lettura della varietà dell’offerta formativa e delle prospettive occupazionali. Ma a loro è richiesto anche uno “sguardo” profondo e oggettivo sulle attitudini e capacità dei figli e sui punti di forza che li caratterizzano in termini di apprendimento e interessi. 

Questo momento cruciale di scelta richiede ai genitori attenzione alle informazioni e la capacità di farsi guidare da dati oggettivi e non da pregiudizi e mode passeggere. L’obiettivo è, infatti, quello della piena realizzazione personale e professionale dei propri figli che si persegue attraverso la scelta dei percorsi che permettono loro di esplicare al meglio le proprie capacità e potenzialità, generando senso di autostima.

Saranno via web anche le iscrizioni ai percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà degli istituti professionali e dei centri di formazione professionale accreditati dalle Regioni che, su base volontaria, aderiscono alla procedura telematica. Laddove resta volontaria l’adesione degli istituti paritari. Nessuna novità anche stavolta per l’infanzia: qui l’istanza resta cartacea. Per tutti gli studenti delle classi intermedie il passaggio alla classe successiva avviene d’ufficio a cura della scuola.

Quali le modalità

Per procedere all’iscrizione sarà necessario avere un’identità digitale: si potrà accedere al sistema utilizzando le credenziali Spid, Cie o eIdeas (electronic IDentification authentication and signature). La funzione per l’abilitazione è già  disponibile  dal 19 dicembre scorso. 

Per accompagnare genitori e studenti nella loro scelta, il Ministero ha ulteriormente rinnovato il Portale ‘Scuola in chiaro’ che raccoglie i profili di tutte le scuole italiane con informazioni utili che vanno dalla organizzazione del curricolo, all’organizzazione oraria, agli esiti degli studenti e ai risultati a distanza e consente, altresì, la ricerca rapida degli istituti di zona in base al proprio indirizzo di residenza.

Sempre su ‘Scuola in chiaro’ è possibile consultare il Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) che ciascun istituto dovrà aggiornare  e  pubblicare. Contiene informazioni preziose per la scelta delle famiglie. Il Piano è il documento costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e contiene la progettazione curriculare, extracurricolare,educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

Le novità

Due le novità rispetto allo scorso anno. La prima è che alla primaria dal prossimo anno l’educazione motoria sarà introdotta in quarta con due ore in più a settimana. Questo incremento orario non riguarderà il temo pieno, poiché le ore di educazione motoria rientrano nelle 40 ore settimanali.

La seconda novità riguarda l’attivazione da parte delle scuole di percorsi ordinamentali a indirizzo musicale che però dovrà essere autorizzata dall’Usr con relativa assegnazione dell’organico. All’atto dell’iscrizione si potrà esprimere l’opzione per tale percorso, ma l’accoglimento verrà comunicato successivamente.

Iscrizioni alle Scuole dell’Infanzia

Potranno essere iscritti i bambini che compiono i tre anni entro il 30 aprile 2024.

Sarà possibile scegliere tra tempo normale (40 ore settimanali), ridotto (25 ore) o esteso fino a 50 ore. In base alle norme concordatarie tra Stato italiano e Santa Sede, nella scuola è prevista la possibilità di avvalersi della religione cattolica.

Iscrizioni Scuola Primaria

Sarà possibile iscrivere alle classi prime della scuola primaria i bambini che compiono 6 anni di età entro il 30 aprile 2024. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto dell’iscrizione, fino ad un massimo di altri due istituti.

All’atto dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno le proprie opzioni rispetto alle possibili articolazioni dell’orario settimanale che può corrispondere a 24 ore, 27 ore (elevabili fino a 30) o 40ore (tempo pieno).

Iscrizioni Secondaria di I Grado

Nella scuola secondaria di primo grado, al momento dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno la propria opzione rispetto all’orario settimanale, che può essere articolato su 30 ore oppure su 36 ore, elevabili fino a 40 ore (tempo prolungato). In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto di iscrizione, fino a un massimo di altri due istituti.

Iscrizioni Secondaria di II Grado

Nella scuola secondaria di secondo grado, le famiglie effettueranno anche la scelta dell’indirizzo di studio, indicando l’eventuale opzione rispetto ai diversi indirizzi attivati dalla scuola. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare fino ad un massimo di altri due istituti.

Le opzioni per la Scuola Superiore

Non c’è dubbio che l’ansia però colpisce di più i genitori dei ragazzi che dovranno iscriversi alla scuola superiore

Dopo la riforma Gelmini, come si sa, gli indirizzi delle superiori si sono notevolmente snelliti. Sei indirizzi per chi sceglie il Liceo: Classico, Scientifico (con l’opzione scienze applicate e anche la sezione ad indirizzo sportivo), Linguistico, delle Scienze Umane (con l’opzione Economico sociale), Artistico (con sei opzioni) e Coreutico  e musicale.

Gli studenti che scelgono la formazione tecnica possono optare tra due indirizzi di studio: Istituto tecnico economico (suddiviso a sua volta in due indirizzi) e Istituto tecnico tecnologico, suddiviso in nove indirizzi.

Per la scuola professionale si può optare tra 11 indirizzi. Per quanto riguarda i licei musicali e coreutici l’iscrizione avviene solo con il superamento di una prova attitudinale. Quindi si consiglia ai genitori di capire cosa vuole fare il figlio e avere ben chiara la distinzione fra istituto tecnico, professionale e liceo.  (gl)

 

SCUOLA IN CRISI, RIPARTIRE DALLE MEDIE
PER RECUPERARE IL DIVARIO FORMATIVO

di FRANCESCO RAO  – Quello della scuola è uno tra i temi più importanti del momento, non soltanto per la Calabria ma per l’Italia tutta. Il tema è ampio e in questa sede ne affronterò una minima parte, avanzando qualche proposta, rimandando a futuri interventi ulteriori spunti riflessivi. A dire il vero, visti gli esiti forniti dall’OCSE e dall’INVALSI annualmente, il Parlamento, al netto delle rispettive espressioni politiche, avrebbe potuto valutare tale tema interpretando i segnali dettati dai segmenti produttivi, maggiormente esposti alla penuria di risorse umane e al contempo chiamate a soddisfare le crescenti esigenze di una società sempre più complessa, proiettata ad uno stile di vita che interesserà i prossimi 50 anni.

Per quanto riguarda la nostra Calabria, anche quest’anno i dati INVALSI segnano l’ennesimo segnale di allarme. Con un pizzico di positività rispetto al passato, visti i tempi, vorrei poter sperare nell’avvio di una discontinuità nella quale da una parte possa esserci l’avvio della crescita e dall’altro relegare quel vuoto culturale a mero ricordo storico destinato ad essere un motivo in più per fare meglio senza perdere tempo. 

La nostra regione, i nostri giovani, le loro famiglie e tutto il mondo dell’istruzione e della formazione, nei prossimi anni, saranno chiamati a compiere una sfida senza precedenti per recuperare in tempi ridotti la notevole percentuale di quel divario culturale che da sempre divide il Nord dal Sud impedendo di fatto maggiori opportunità occupazionali, incremento del P.I.L. e contenendo i fenomeni migratori soprattutto dei nostri giovani. 

Detto ciò, non è assolutamente mia intenzione bocciare il nostro sistema scolastico. È necessaria però una corposa rivisitazione di competenze da praticare mediante percorsi di formazione e aggiornamento continuo. Tale affermazione ripone moltissima fiducia in un comparto strategico per la nazione e popolato da persone spesse volte demotivate, costrette per mancanza di mezzi e strumenti a ricorrere all’improvvisazione, mettendo da parte la programmazione ministeriale e l’esercizio di quella quota di autonomia utile a stringere collaborazione e partecipazione con gli stakeholder esterni alla scuola ma parte integrante della comunità educante.   

A ciò si aggiungano gli effetti delle varie spending review, praticate nel tempo nel comparto scuola, senza minimamente immaginare quali potevano essere gli effetti futuri. Ed allora, il ricorso all’accorpamento di scuole distanti anche 50 kilometri una dall’altra, con l’intento di limitare il numero di Dirigenti scolastici e per lasciare decine di docenti sotto una guida praticata mezzo etere oppure con limitata presenza è stata una soluzione? Quali benefici culturali ha prodotto? Per quanto mi riguarda, l’esempio dettato dall’art. 5 della Costituzione, come vale per le Stazioni dei Carabinieri, presenti in tutti i Comuni d’Italia, dovrebbe valere per tutte le scuole ossia un Dirigente scolastico per ogni sede scolastica presente sul territorio. Mentre qualcuno potrà dire che non possiamo permetterci questi costi, vorrei sottolineare che la cultura non è un costo ma un investimento nazionale. Intanto, per gli studenti calabresi, figli di un Dio minore, tutti gli indicatori afferenti ai sistemi di valutazione pubblici e privati incrociano le rispettive analisi in una comune conclusione: con un 18% di dispersione scolastica implicita il futuro appare segnato. 

Il nostro punto debole, come più volte segnalato dalla Fondazione Agnelli, continua ad essere la scuola secondaria di primo grado e gli effetti da tale causa saranno poi interamente riversati nel segmento scolastico successivo. Ci sarà stato tempo e modo per riscontrare tutte le possibili criticità, considerando anche l’incidenza della fase dello sviluppo degli adolescenti. Alla luce dei recenti dati, è lecito chiedere quali correttivi sono stati apportati al sistema e quali miglioramenti siano stati registrati? L’approccio allo studio della matematica, della geometria, delle scienze, delle lingue straniere, seppur avviato sin dalla scuola primaria, si pratica proprio nei tre anni di quella che per noi, nati durante lo scorso Secolo, era la scuola media. Sono state considerate le difficoltà del personale docente impegnato in questo specifico settore? Sono state mai valutate eventuali proposte metodologiche, tese a costruire patti educativi condivisi nei quali coinvolgere di più le famiglie anche con l’intento di responsabilizzare e detonare quella carica che alimenta sempre di più ricorsi e denunce a seguito di voti non particolarmente alti, richiami e/o provvedimenti disciplinari?

Sempre per questa fase, vista la crescente povertà educativa e la propensione alla dispersione scolastica, fenomeni maggiormente evidenti nelle aree interne, ricorrendo a personale docente non di ruolo, perché non si attivano i rientri pomeridiani per consentire a tutti gli studenti di poter chiudere entro le ore 18:00 la giornata scolastica facendo svolgere loro oltre ai compiti anche altre attività quali sport, musica, disegno, teatro ecc. ecc.? 

Potrò apparire un visionario, ma la mia convinzione continua a vedere la scuola come il cuore pulsante di ogni Comunità, grande o piccola che sia. Ed in tal senso gli Istituti scolastici non dovrebbero rimanere aperti soltanto dalle 7:00 alle 14:00, ma dovrebbero essere aperti sino alle ore 22:00, immaginando la fase post-curriculare come fase di autogestione nella quale insegnanti non di ruolo, volontari, animatori e quanti siano disposti a rispondere all’appello proveniente dal Ministero della Pubblica Istruzione o dall’assessorato all’Istruzione, possano mettersi in gioco, previo sottoscrizione di contratto e riconoscimento di appositi gettoni di presenza, per innalzare il livello culturale in modo esponenziale dei nostri giovani. In tali sedi, vedrei anche un maggiore coinvolgimento delle Associazioni. Penserei alla pratica del baratto consistente nella verniciatura dei muri, alla sistemazione di porte e finestre oppure alla pavimentazione delle rispettive aule utilizzate quale ricompensa per la fruibilità annuale dei locali e dei servizi messi a disposizione delle varie realtà associative, anch’esse messe nella condizione di stimolare la crescita culturale territoriale.  Gli insegnanti curriculari vanno sostenuti. Loro svolgono quotidianamente un lavoro ineccepibile ma occorre vincolare allo studio i nostri ragazzi, limitando loro una quantità di libertà pomeridiana che nel medio e lungo periodo finirà per alimenterà quella percentuale di  dispersione scolastica destinata a incidere sul  livello culturale del Paese, nella politiche di Welfare, nei fenomeni di micro e macro criminalità e nell’abbandono di tutte quelle identità locali, potenziali fonti di risorse, lasciate all’abbandono per mancanza di “cervelli”, capaci di far rinascere la storia locale rendendola risorsa futura. (fra)

   (Francesco Rao, Giornalista e Presidente Dipartimento Calabria ANS Sociologi)

INVALSI CONFERMA IL DIVARIO FORMATIVO
ALLA SCUOLA SERVIRÀ UNA “RIVOLUZIONE”

di FRANCESCO RAO – Dovremmo abituarci all’idea che oltre al peso, alla velocità ed all’altezza anche i fenomeni sociali sono misurabili. A fronte del singolo risultato è bene non fermarsi all’evidenza del dato finale, occorre anche iniziare ad individuare nella singola specificità il rapporto che ne determinerà il valore della misura.

La scuola, nel suo insieme, da circa 20 anni a questa parte, sembrerebbe aver messo da parte uno dei pilastri che i padri costituenti hanno materializzato nella Costituzione italiana: mi riferisco all’azione di crescita culturale e, di conseguenza, alla partecipazione quotidiana in una vita sociale nella quale la politica possa rappresentare, oltre al risultato della crescita culturale di una Comunità e dell’intera nazione, anche la sintesi di un processo di sviluppo complessivo.

Ricordo a me stesso che la Costituzione è stata anche l’occasione per codificare un compromesso tra le varie anime politiche e le diverse ideologie rappresentate dai componenti dell’Assemblea Costituente. Prima di proseguire, è doveroso precisare che la storia ci ha consegnato compromessi al ribasso e compromessi al rialzo. Ebbene, la Costituzione Italiana rappresenta uno dei pochissimi casi di compromesso al rialzo consegnatoci dalla storia delle istituzioni politiche mondiali. Studiando con attenzione il diritto costituzionale italiano e comparato si potrà sicuramente notare la profonda lungimiranza attuata dai Costituenti i quali, soffermandosi sull’importanza e sul ruolo dell’istruzione, avevano ben intuito che l’Italia, per crescere e superare le criticità socioeconomiche rilevate nel secondo dopoguerra, oltre a dover superare lo Statuto Albertino si è trovata a scegliere una nuova forma di governo ed in esso vi è stato un nuovo punto di partenza. Sappiamo tutti cosa accadde il 2 giugno del 1946 e sappiamo benissimo l’importanza che rappresentò per l’Italia il processo di scolarizzazione avviato dal 1948 con l’entrata in vigore della Costituzione Italiana.

La premessa storica era indispensabile perché continuo a pensare che ognuno di noi deve ricordare sempre il passato per poter guardare con maggiore lungimiranza al futuro. Intanto, sappiamo benissimo che non può e non deve passare inosservato il divario Nord-Sud.  Ieri veniva individuato come Questione Meridionale e oggi potremmo indicarlo come “emergenza Meridionale”. In tale cornice, da qualche anno a questa parte, prima i dati Ocse e successivamente le ricerche condotte dall’Invalsi, hanno costantemente certificato una regressione crescente delle competenze degli studenti Meridionali.

Recentemente, a causa della pandemia ancora in atto, tale processo si è acuito non soltanto al Sud, ma ha registrato flessioni anche nel Centro Nord. Qualche anno addietro, per l’esattezza luglio 2019, in un comunicato stampa dell’Anief, Associazione Sindacale Professionale, veniva affrontato il tema di cui ci stiamo occupando in questa sede e le parole del Presidente erano: «è assodato che al Sud, dove di sicuro uno studente su tre iscritto al primo anno delle superiori non arriverà mai alla maturità, il ritardo sia notevole: c’è un abisso. In terza media, per esempio, il 35% degli alunni non è in grado di comprendere un testo in italiano, ma in Calabria la percentuale sale al 50%. In inglese la quota di studenti che non arriva al livello prescritto (A2) è del 30% nel Nord Ovest, del 25% nel Nord Est, del 35% nel Centro, del 54% nel Sud e del 61% nel Sud e Isole. Nelle superiori se gli alunni deboli in italiano sono il 30% in media, in Calabria e Sardegna raggiungono il 45%. In Matematica il quadro peggiora».

Vi è da aggiungere che il gap delle competenze tra gli studenti Nord-Sud, a seguito dell’autonomia delle scuole, non lo ha ridotto come era stato preventivamente immaginato nella norma che ne ha istituito tale funzione. Volendo essere cinici nell’affrontare la discussione, dovremmo iniziare a ragionare sugli effetti di tale riforma, da una parte riconducibili al risultato fortemente preoccupante dei dati Invalsi e dall’altro ad un voluto “tradimento” di quella volontà consegnataci dai padri costituenti. Quando don Milani affermava che la scuola somiglia ad un ospedale che cura le persone sane e rifiuta gli ammalati, non era di sicuro il 2021. Non vi erano state le riforme che oggi sono vigenti.

Non esistevano i moderni mezzi di comunicazione ed approfondimento. Per i calcoli non si ricorreva a calcolatrici o tablet, ma veniva utilizzata carta e penna ed i più bravi riuscivano anche a farne a meno. Il problema da affrontare, ieri come oggi era l’analfabetismo. Ieri non si sapeva leggere e scrivere. Oggi, pur sapendo leggere e scrivere siamo di fronte ad un dilagante analfabetismo funzionale certificato dalle ricerche come mancanza di competenze. Di anno in anno, l’Invalsi ha promosso in tal senso molte discussioni e tanti confronti.

Annualmente vengono pubblicati studi, grafici, indicatori, dati e proposte per poi ritrovarci l’anno successivo, con gli indicatori analizzati nel precedente Anno Scolastico, peggiorati. Ed allora, se la scuola ha messo da parte l’idea di istruire e formare le future generazioni, ponendosi come un’azienda che non guarda ai profitti ma alla popolazione scolastica per poter avere maggiori finanziamenti e contare di più sullo scacchiere del territorio nel quale insiste l’edificio scolastico, è lecito chiedersi per quale motivo il Ministero competente non abbia preso di petto la questione, invitando l’Invalsi a continuare nella propria mission ed inserendo nei processi di misurabilità i Dirigenti scolastici, i docenti ed i tecnici di laboratorio?

Mi sembra scontato doverlo ricordare, ma vista la circostanza non posso esimermi di sottolineare che i processi di formazione continua, rivolti ai docenti ed ai dirigenti, estesi a tutto il personale scolastico, oltre ed essere citati dal Ccnl del comparto Scuola, rappresentano una continua occasione per aggiornarsi, formarsi ed entrare in sintonia con i moderni metodi d’insegnamento e con le nuove generazioni che da un punto di vista formativo richiedono sistemi simmetrici rispetto all’asimmetria spesso registrata in moltissime realtà scolastiche.

Detto ciò, non è mia intenzione sminuire la preparazione e la dedizione dei docenti che amano il loro lavoro; vi è la ferma convinzione che ognuno di noi, in mancanza di aggiornamento e privato di specifiche competenze, non può essere utile per tutte le stagioni. Tutta la platea del mondo scolastico italiano – circa otto milioni di giovani – afferisce alla generazione dei nativi digitali. Loro, contrariamente a noi nati nel Secolo scorso, hanno preso in mano un tablet a meno di due anni ed hanno immediatamente imparato a guardare i cartoni.

Per queste generazioni, va pensato un modello formativo declinato sugli indicatori che il sistema industria 4.0 ci sta chiedendo, senza continuare a propinare modelli superati e spesso noiosi. In classe si legge per i primi anni di scuola primaria. Poi, chi verifica la qualità della lettura? Qualcuno si è chiesto perché i nostri giovani hanno così profonde lacune in italiano, matematica, chimica, fisica e inglese?

Chi non riesce a leggere e comprendere cosa ha letto, comprendendone poi i contenuti per applicarli alle rispettive azioni, come potrà  svolgere degli esercizi di matematica, inglese, fisica e chimica senza l’applicazione della regola per la singola disciplina? Chi memorizza tutto, perché non è stato debitamente formato ad un processo di apprendimento deduttivo, ed essendosi trovato ad interagire con un metodo induttivo nel quale la logica è stata sostituita dalle schede da colorare o completare, con quale coraggio oggi può essere giudicato… male?

Forse vi è una verità che in molti non intendono pronunciare e la società deve essere livellata verso il basso così, privata dal sapere e dalla conoscenza critica, sarà controllabile più facilmente? In questo disegno c’è stato un piccolo imprevisto: i social ed il loro potere pervasivo accessibile a tutti. Umberto Eco aveva visto molto lontano nel dare una certa definizione a tale strumento.

La realtà non trova più spazio sotto il tappeto, perciò, nel levare la polvere accumulata da anni, bisognerà anche immaginare con una certa determinazione la risposta a tale circostanza.

La questione centrale non è più il solo divario culturale Nord-Sud e la mediocrità delle competenze, ma è la mancata qualità strutturale di una società Meridionale che non avrà politici capaci di potersi confrontare non più entro il perimetro di un piccolo comune ma dovrà confrontarsi a livello europeo. Tutto ciò spero possa far riflettere qualcuno. (fr)

[Francesco Rao è un sociologo calabrese, vive a Cittanova]