Salerno (Idm): Preoccupa la situazione di stallo delle Terme Luigiane

Francesco Salerno, commissario cittadino Guardia Piemontese-Acquappesa di Italia del Meridione, la richiamato l’attenzione sulle Terme Luigiane, dove si è venuta a creare una situazione di stallo.

«In una precedente disamina – ha  spiegato Salerno – come commissario cittadino di Italia del Meridione, ho sollecitato un incontro urgente con la Regione, ad oggi nulla è pervenuto. Richiamiamo, quindi, nuovamente l’attenzione sulla questione. Anche perché la riorganizzazione delle strutture, la riapertura delle attività e tutto ciò che è connesso a far ripartire il complesso termale, necessità di un tempo oltre modo maggiore rispetto al passato, vista la chiusura forzata. Il rischio è, che anche superate le bagarre, non si è pronti a riaprire per la nuova stagione, che già detta i tempi».

«Ormai – ha proseguito– quello che si sta verificando già da tanto tempo alle Terme Luigiane ha solo dell’incredibile, omertà e silenzio la fanno da padrona. Un territorio reso buio e tetro proprio da chi dovrebbe tutelarlo e valorizzarlo, da chi lo amministra, e che non offre e non dà luce neanche ad una piccola probabilità di crescita o meglio ancora di rinascita. Abbiamo più volte espresso come IdM lo sconcerto e la costernazione di fronte a ciò che, ormai, da anni si sta perpetrando».

«Un patrimonio non soltanto non sfruttato al meglio – ha concluso – chiuso inoltre da due anni, ma vilipeso. Con l’aggravante di aver lasciato a casa i lavoratori, ai quali è stato negato ogni diritto. Un immobilismo che fa solo paura e ciò che preoccupa di più è il “fattore tempo” che passa inesorabile. Su tutto e tutti pesa, poi, l’atteggiamento di chi amministra i due comuni, intenti a portare avanti la loro commedia, ma che viste le ripercussioni si è trasformata in tragedia». (rcs)

Sostegno a imprese femminili, Intrieri, Ferraro (Idm): Bene bando, ma serve incontro in Regione

Fausto Intrieri, della direzione regionale di Italia del Meridione, e Maria Ferraro, segretaria nazionale Italia del Meridione Donne, hanno accolto positivamente il bando, in pre-informazione, Sostegno alle imprese femminili, con una dote finanziaria di 5,7 milioni di euro per la creazione e lo sviluppo di imprese femminili che presentino progetti caratterizzati da elementi di innovatività, promuovendo la creatività e la valorizzazione del capitale umano femminile, con un occhio di riguardo verso le piccole aziende.

Un bando importantissimo, se si considera che, grazie ad esso, «le imprese femminili possono accedere agli aiuti che, erogati sotto forma di contributi in conto capitale, possono coprire l’80% delle spese ammissibili. Ciò rende lo stesso molto appetibile, pertanto è facile prevedere un consistente numero di domande. L’imprenditoria femminile è un settore in larga crescita; prima della pandemia molte sono state le aziende in rosa che si sono imposte sul mercato, anche se ancora le regioni del sud rimangono le cenerentole d’Italia. In Calabria molte sono le realtà aziendali femminili che hanno conquistato importanti vetrine e questo bando darebbe l’opportunità a molte altre d’imporsi e dare un impulso positivo all’economia dei propri territori e quindi della regione».

Tuttavia, il bando, per Intrieri e Ferraro, hanno troppe criticità, che richiedono un incontro in Regione: «innanzitutto – hanno detto – chiarire se il Bando è a sportello o a graduatoria. Inoltre, le risorse stanziate risultano insufficienti in rapporto alla media degli investimenti richiesti ad agevolazione. In più, considerata l’ampia tipologia di investimenti ammessi e trattandosi di nuove iniziative che necessitano di investimenti iniziali consistenti per dotare l’azienda di tutti i beni materiali ed immateriali necessari per renderla produttiva e competitiva, si prevede che le domande tenderanno al valore massimo dei 500.000 euro di investimenti. Se così sarà, potranno essere finanziate solo 14 nuove iniziative».

«Tutto questo – hanno spiegato – porterebbe naturalmente anche ad un consistente numero di ricorsi che causeranno un allungamento dei tempi di definizione delle graduatorie definitive e, di conseguenza, delle procedure di erogazione. Tutti elementi che andrebbero a compromettere il risultato del bando».

Italia del Meridione si fa, quindi, portavoce di tali criticità e richiede un incontro con la Regione Calabria per discutere e definire le predette problematiche e propone le seguenti modifiche al Bando: 

  1. a) Un consistente incremento del Fondo di Dotazione da € 5.700.000 ad almeno 20.000.000. Ciò consentirebbe il finanziamento di almeno 50 richieste, che potranno aumentare in presenza di una richiesta media più bassa.
  2. b) L’incremento della % dell’Anticipazione rispetto al 40% previsto. Si eviterebbero così difficili interventi di sostegno bancario per la realizzazione degli investimenti, quasi impossibile ottenerli per una nuova iniziativa.
  3. c) Per il settore del Turismo, un incremento della % di Ammissibilità delle opere murarie e assimilabili dal 30% al 70%, così come previsto nelle maggior parte dei bandi Ministeriali/Invitalia, vedi Contratto di Sviluppo, Nuove Imprese a Tasso “0”. In tale settore, infatti, le spese più rilevanti sono proprio quelle relative alle Opere Murarie 
  4. d) La semplificazione delle procedure di erogazione dei Fondi.

«Tutto ciò – hanno spiegato ancora – incrementerà l’efficacia del bando stesso, che non sarebbe più percepito come un “Bando prettamente elettoralistico” ma, proprio come dovrebbe essere, un Bando tecnico ed equilibrato in favore delle imprese calabresi». (rrm)

  

L’OPINIONE/ Francesca Cufone: Rende e la sua disfatta. Il disincanto di una città abbandonata

di FRANCESCA CUFONE – La cultura, se la volessi spiegare con parole semplici ad un bambino, prenderei come esempio una città. Più precisamente come l’amministrazione di una città ha a cuore la cosa pubblica: i suoi spazi verdi, le chiese ed aree di aggregazione sociale, nonché le scuole e i luoghi di “riposo eterno”.

Potrei prendere come esempio calzante la città di Rende. Vivendo la città e dialogando con i concittadini è evidente che questo esempio finisce per sembrare agli occhi di un bambino piccolo una favola ancora da realizzare, non avendo vissuto gli anni di splendore di Rende. Perché quanto descritto sopra è la realtà che i rendesi, fino alla mia generazione, hanno vissuto. Sono sempre stata orgogliosa della mia città. Alla consueta domanda: «Da dove provieni?».

Spontaneamente rispondo sempre con orgoglio: «Rende!». Perché prima ancora che questa bellissima realtà svanisse, era il capoluogo di Cosenza. Il mio senso civico mi ha spinto a propormi in diverse tornate elettorali alle amministrative della mia città affinché questo sogno ad occhi aperti non diventasse un bel ricordo come temevo. Ringrazio chi ha creduto ed investito nelle future generazioni rendesi e non solo. Da 10 anni a questa parte, ho potuto acquisire quella passione per la cosa pubblica e l’amore per il territorio, sostenuta anche dalla militanza e dalla partecipazione attiva alla vita politica attraverso L’Italia del Meridione.

Osservando lo stato in cui versa la città oggi, mi rincresce ammettere che Rende non è più la Rende che ero abituata a vivere e raccontare. Non avrei mai voluto assistere al decadimento culturale, sociale e ambientale in cui oggi versa la città mentre in passato rappresentava un importante realtà di aggregazione ed integrazione culturale e sociale, oltre ad essere stato un terreno appetibile per aziende ed investitori. Parlo al passato, perché il vento del cambiamento tanto decantato da chi ci amministra dal 2014 e per due mandati consecutivi la città è riuscito a spazzare via quel bel sogno descritto e quello dei tanti commercianti che hanno investito sul territorio.

Per non parlare dei disagi che vivono i residenti: dai rifiuti al servizio idrico e con l’aggiunta dei disagi riguardanti l’attuale emergenza sanitaria. Il sindaco è la prima autorità sanitaria, ricordiamolo. E non mancano i continui incendi, dolosi o meno che siano, che stanno causando ingenti danni. Questo malessere e disagio che si percepisce mi ha spinto a scrivere e richiamare all’attenzione di chi ci rappresenta sullo stato di abbandono in cui versa il territorio rendese e mai raggiunto sino ad ora. Ritengo che l’inottemperanza di talune responsabilità, l’incuria, negligenza e trascuratezza hanno agevolato il fatto che alcune aree sono diventate un ricettacolo di ogni genere di rifiuto.

Causando danni all’ambiente e verosimilmente alla salute degli abitanti. Il mancato senso civico dei singoli cittadini, non giustifica l’assenza di attenzione dell’amministrazione e dell’assessore competente in materia. Pertanto, oltre a puntare il dito contro l’attuale amministrazione e denunciare l’incapacità di amministrare la cosa pubblica, mi preme ricordare al primo cittadino che ha delle responsabilità maggiori vista la sua carica da presidente dell’Ato Cosenza e da poco eletto presidente regionale di Anci Calabria.

Attendiamo quindi fiduciosi un’azione immediata per la risoluzione della questione, per quanto riguarda, invece, Rende confido in un’azione corale da parte di una comunità che merita altro, così com’è stato in passato. (fc)

Francesca Cufone è coordinatore regionale di Italia del Meridione Giovani

 

Greco (Idm): Serve un Patto tra lo Stato e i Comuni del Sud

Orlandino Greco, segretario federale di Italia del Meridione, ha sottolineato la necessità di «un patto tra lo Stato e i comuni del sud, che da un lato compensi le mancate riscossioni per difficoltà sociali attraverso un fondo perequativo e dall’altro affronti in maniera definitiva il problema sempre attuale della distribuzione delle risorse basata sulla spesa storica».

«Sono sempre più numerosi – ha spiegato Greco – i comuni del sud in dissesto. Storie che si ripetono negli anni senza che vi sia una reale soluzione in grado di superare le difficoltà evidenti in cui si trovano gli enti locali. A creare ulteriore scompiglio è l’inspiegabile schizofrenia normativa degli ultimi anni alterata, anche, da sentenze della Corte Costituzionale e dalla Corte dei Conti che hanno cassato provvedimenti appena introdotti dai vari governi per superare le difficoltà economiche dei comuni». 

«L’impostazione – ha aggiunto – data con l’armonizzazione dei bilanci nel 2015 ha di fatto segnato uno spartiacque fondamentale nella gestione economico-finanziaria degli enti locali. La liquidità di cassa e quindi la capacità di riscossione degli enti locali è diventata essenziale per una corretta gestione amministrativa. Attraverso l’introduzione del fondo credito dubbia esigibilità e del fondo di garanzia per i debiti commerciali, si è voluta limitare la capacità di spesa corrente per quei comuni che non riescono ad incassare le entrate previste nei bilanci di previsioni. Semplificando: puoi spendere solo i soldi che hai in cassa, a patto che tu abbia già saldato tutti i tuoi debiti. Un meccanismo comprensibile ma certamente iniquo e non risolutivo».

«Il riferimento – ha spiegato ancora – è alla capacità di riscossione dei comuni del sud e al conseguente impatto dei fondi sulla spesa corrente. Come si può pensare che la mancata riscossione dei comuni del sud sia imputabile esclusivamente alla capacità degli uffici tributi degli enti locali? Non è forse vero che tra le città del sud e quelle del nord ci sono migliaia di euro di distanza nel reddito medio pro capite? Sicuramente gli amministratori locali hanno delle responsabilità, ma negare le difficoltà dei cittadini del sud a pagare i tributi locali significa agire contro il principio di solidarietà sancito dalla Costituzione. Non si può limitare la capacità di spesa dei comuni con un fondo crediti dubbia esigibilità che non tenga conto delle condizioni sociali ed economiche delle comunità coinvolte nei processi di riscossione tributaria. Vanno bene i fondi, a patto che siano compensati con una perequazione statale che garantisca una copertura seppur parziale dei mancati incassi causati dalla condizione economica delle comunità meridionali».

«Anche per ciò che concerne i trasferimenti ai comuni per i servizi fondamentali – ha detto ancora il segretario federale di Italia del Meridione – occorrerebbe rivedere totalmente il sistema di attribuzione delle risorse fin qui basato sulla spesa storica in contrasto al principio perequativo sancito dalla Costituzione. Seguendo questo metodo ad essere penalizzati sono propri quei territori che per problemi infrastrutturali ed economici sono storicamente in difficoltà. Basare i finanziamenti su ciò che hanno già i comuni, e non su ciò che dovrebbero avere in ragione della loro popolazione, significa arricchire i più ricchi e far crollare quelli più poveri. Soprattutto in un Paese dove non sono ancora stati definiti i fabbisogni standard che dovrebbero essere l’unico riferimento essenziale per la distribuzione delle risorse». (rrm)  

Andrea Renne (Idm): Riaprire subito l’Ospedale “Chidichimo” di Trebisacce

Andrea Renne, responsabile Alto Jonio di Italia del Meridione, ha commentato l’annuncio del commissario ad acta Guido Longo, circa la riapertura, in tempi brevi, dell’ospedale “Chidichimo” di Trebisacce, chiedendo: «se non ora, quando?».

«Non c’è più un minuto da perdere – ha evidenziato –. I tempi brevi annunciati, pomposamente, si stanno pericolosamente allungando troppo. Il virus e le sue varianti continuano, purtroppo, a diffondersi pericolosamente. Rocca Imperiale, per fare un esempio, è diventata zona rossa e, mai come adesso, l’Ospedale di Trebisacce poteva essere utile e funzionale ad arginare la diffusione della pandemia e offrire di fatto una soluzione a tanti cittadini, che per patologie diverse dal Covid devono percorre decine se non centinaia di chilometri. IdM è da tempo ormai sul fronte della battaglia per quanto riguarda l’emergenza sanitaria nell’Alto Jonio cosentino e non intende restare alla finestra ad attendere chissà quanto tempo. Il tempo è scaduto!».

«La pandemia non ci aspetta – ha proseguito – e, per quanto ci riguarda, siamo e resteremo vigili, perché ancora l’Ospedale non è aperto, e di parole in questi anni ne abbiamo sentite fin troppe. Questo territorio ha patito in questi lunghi 11 anni di commissariamento della Sanità calabrese l’isolamento e l’indifferenza. La riapertura dell’Ospedale, se riapertura sarà come ci auguriamo, sarà il frutto delle tante e innumerevoli battaglie che questo territorio ha portato avanti. Non sarà certo una gentile concessione di chi oggi ha le redini del comando ad aver determinato gli eventi, tra l’altro con sentenze esecutive cha vanno solamente attuate».

«IdM – ha concluso – è da tempo, ormai, sul fronte della battaglia per quanto riguarda l’emergenza sanitaria nell’Alto Jonio cosentino e non intende restare alla finestra ad attendere chissà quanto tempo. Il tempo è scaduto». (rcs)

 

Greco (Idm): In Calabria pessima strategia organizzativa per i vaccini

Orlandino Greco, segretario federale di Italia del Meridione, ha dichiarato che, in Calabria, c’è stata una pessima strategia organizzativa per quanto riguarda i vaccini.

«È bene dirlo con franchezza – ha dichiarato –al di fuori di ogni vuota retorica, e senza spirito giustificazionista alcuno nei confronti delle ‘allegre’ gestioni politiche che ne hanno causato la venuta: oltre dieci anni di commissariamento della Sanità calabrese hanno ridotto allo stremo l’intero comparto».

«Non è stata riorganizzata – ha aggiunto – la rete territoriale e quella ospedaliera, sono stati effettuati tagli lineari alla spesa e alle infrastrutture, con un’impostazione di tipo ragionieristico, senza un progetto organico e complessivo che si basasse sui bisogni sanitari della popolazione. Morale della favola: meno servizi, emigrazione sanitaria mai vista prima e nessun pareggio di bilancio raggiunto rispetto agli obiettivi prefissati dal Piano di rientro. Era immaginabile, quindi, che i nodi sarebbero venuti al pettine alla prima vera emergenza da affrontare. L’andamento della vaccinazione ad oggi, ha dimostrato i limiti di un’organizzazione delle Aziende Sanitarie scarsamente efficiente».

«Anni di ritardo – ha aggiunto – nella riorganizzazione della rete territoriale, dal Dca n. 65 del 3 marzo 2018 sono passati 3 anni, che ha impedito di avere una capillare distribuzione territoriale di poliambulatori a disposizione dei cittadini, utilissima in condizioni di emergenza. Dilettantismo politico e incapacità amministrativa che si ripercuotono anche sulla gestione dei fondi comunitari, con il rischio concreto di perderli o disperderli per inettitudine delle strutture commissariali, come nel caso di continuare a proporre i modelli “case della salute”».

«Ma nonostante tutto – ha proseguito – nonostante i ritardi e la disorganizzazione delle Aziende Sanitarie, i medici del territorio e soprattutto la capillarità dei 1500 di medicina generale, se vi fossero dosi disponibili, riuscirebbero in pochi mesi a vaccinare tutta la popolazione calabrese. Allora, fermo restando le problematiche di fondo che certamente contribuiscono ad aumentare lo stato di confusione organizzativa e comunicativa delle ASP, il paradosso è che il vero problema è la mancanza di vaccini! Ci sono Comuni, tutt’oggi, ai quali non è stata consegnata nessuna dose. Una vicenda che deve avere eco nazionale se pensiamo che, proprio a causa dei nostri problemi e ritardi strutturali, inerenti soprattutto alla carenza di posti letto nelle terapie intensive, il Governo Conte dichiarò la Calabria preventivamente zona rossa in più occasioni».

«La creazione della piattaforma unica – ha detto ancora Greco – per la prenotazione del ciclo vaccinale destinato ai soggetti fragili, è l’ultimo atto di una politica approssimativa, tesa a nascondere il fallimento di una strategia organizzativa farlocca e per coprire gli “ammanchi” delle dosi, misteriosamente sottratti alla fruibilità degli aventi diritto. La piattaforma di prenotazione ha esautorato quel poco di buona rete organizzativa fondata sulla collaborazione tra Comuni ed Aziende Sanitarie».

«In siffatta contingenza – ha sottolineato – occorre ritornare ad un rapporto di sana collaborazione tra Asp, Enti Locali ed Associazioni di Volontariato. Il Ministro della Salute inibisca questa ennesima trovata inconferente della piattaforma, che lede i diritti dei cittadini soprattutto di quelli appartenenti alle categorie fragili e, se nel caso, provveda a “commissariare” il Commissario ad Acta, Guido Longo, per il Piano di rientro dai disavanzi sanitari Regionali».

«Nella distribuzione dei vaccini – ha detto ancora – ancora una volta si registra una disparità tra le regioni del Nord e quelle del Sud. La Liguria con 1.512.672 residenti ottiene oltre 300.000 vaccini; la Calabria con 1.894.000 residenti solo 285.460 dosi; l’Emilia Romagna quasi 800.000 vaccini per poco più del doppio della nostra popolazione; discorso simile per la Campania, con 5.712.000 abitanti oltre 1 milione in più dell’Emilia, ma solo 771.295 dosi. Se analizziamo l’indice di vaccini per cittadino, vedremo lo 0,17 dell’Emilia, lo 0,16 del Veneto e solo lo 0,15 della Calabria».

«Il Capo del Dipartimento della Protezione Civile – ha concluso –assuma in proprio la responsabilità, a livello nazionale, delle operazioni connesse alla campagna vaccinale. Purtroppo i problemi restano quelli che, da oltre 150 anni, penalizzano il Sud, dei quali nessuno parla ma rispetto ai quali noi saremo sempre in trincea per rendere il nostro un Paese più giusto, più equo». (rrm)

Massimo Nardi (Idm): Si dia certezza ai lavoratori del servizio Pet 118

Massimo Nardi, di Italia del Meridione, ha chiesto all’Asp di Cosenza e al commissario Vincenzo La Regina di dare certezza ai lavoratori del servizio Pet del 118.

Sono, infatti, oltre 100 gli autisti delle ambulanze del 118, che operano all’interno delle otto cooperative concessionarie da parte dell’Asp del servizio PET (punto di emergenza territoriale) di supporto al 118, a essere, da più di due anni, in una situazione di totale precarietà e incertezza.

«Questo fondamentale servizio – ha detto Nardi – istituito nove anni fa, viene svolto attraverso le suddette cooperative, la cui convenzione è però scaduta il 31 dicembre del 2019 e di cui ancora oggi non si sa nulla. Nonostante ciò i lavoratori interessati stanno continuando responsabilmente ad operare e a garantire il servizio ma la situazione è diventata ormai insostenibile, se si pensa che molte volte si fanno anche 250 ore di lavoro, con doppi turni massacranti e per una retribuzione di poco più di 700 euro che arriva spesso con grande ritardo. Un impegno pesante e non privo di pericoli soprattutto in questo momento a causa della pandemia e del rischio contagio Covid-19». (rrm)

Regionali: Italia del Meridione suggerisce la ricetta per i candidati ideali

Italia del Meridione, un movimento politico che si contraddistingue per le rigorose posizioni a favore di Calabria e calabresi, ha indicato, con una nota, quelle che sono le specifiche ideali per i futuri consiglieri regionali. È un contributo di idee che pubblichiamo con piacere, perché, una volta tanto, non è uno spot elettorale, ma l’invito a un confronto dialettico sulle prossime elezioni regionali.

«Qui ci si arriva per comandare, per diventare viceré o commissari. È lo stesso. Qui si viene in toga, da Magistrati o da ex Magistrati, da ex generali, da ex prefetti, qui è la tana dei ricoveri per fondi economici statali da controllare e da profittare. Qui si diventa stranieri a casa propria perché altri occupano casa. Qui ci è estraneo il “potere”, le “istituzioni”, perché sempre di altri. I Calabresi sono nel Mondo, in Calabria ne restano pochi e si stringono in relazioni personali, familiari, perché è questo in cui crediamo, in comunità vere e proprie dove contano i valori, i legami. Qui abbiamo il cuore in testa. Da noi arrivano teste senza cuore, per interessi istituzionali a condannare quelli di comunità locali, che vivono in paesi fuori strada, perché senza infrastrutture, senza binari.

Qui è la terra di Pitagora, di Timeo, di Ecuba, di Virgilio che sono ancora qui, sono tanti, eccellenze che creano idee e manufatti, industrie e arti, ma devono però trovare ospitalità altrove. Emigrare. I Calabresi abitano il mondo e lasciano la Calabria, preda di chi perde il posto altrove, mentre che noi emigriamo per ritrovare quello che ci è proprio. Qui non ci sono ospedali e siamo medici primari altrove. Qui arrivano commissari fantocci a occupare posti per interessi legali e immorali, mentre che per essere morali siamo creduti illegali.

Solo la “legale immoralità” ha permesso che arrivassero qui chi non aveva il cuore in testa come chi la Calabria la vive. Certo ognuno va dove cerca di trovare altrove quello che non gli è permesso dove sta. E qui vengono quelli che perdono il posto altrove, promesse di ruoli politici mancati, falliti, lasciando comandi infradiciati dalla non curanza delle proprie stesse promesse e missioni, perché hanno perduto il proprio futuro e lo cercano in un passato di ventura che vengono qui a portare la parola “ribelle” dopo aver lasciato la città di ribelle, come chi appicca il fuoco e se ne va. Chi lascia tizzoni altrove non può venire a dirsi Prometeo qui. Questa tragedia deve finire.

I Calabresi devono ritornare alla Calabria e in Calabria. È il momento questo che l’Italia intera fa i conti di un Paese dove Stato e Nazione sono una fuori controllo l’uno dell’altra, distanti fino a infrangersi e contrastarsi con politici che contro la Politica, con parlamentari contro le istituzioni che rappresentano, con le regioni in astio e rissa, mentre tutt’intorno la “burocrazia del sospetto” mette freno ad ogni impresa e attività che deve andare altrove per trovare la propria realizzazione. I magistrati vengono qui a “far carriera” e quelli che la perdono vengono alla ricerca del “tempo perduto”, lasciando il futuro altrove.

Nell’Etica Aristotele diceva di come gli amici non hanno bisogno di giudici e di come i giudici devono promuovere l’amicizia. Devono spiegare, educare. La legalità deve essere morale e la moralità deve essere legale, questo significava l’etica. In mezzo c’è la politica che deve unire, non separare. Le abilità sociali vanno imparate, bisogna che in politica chi assume responsabilità abbia come suo primo impegno lasciare un segno, insegnare, dare testimonianza, essere esemplare. La politica è educativa o non è. La sua espressione è la manutenzione dei legami sociali, non lo sfascio e la ribellione, piuttosto è la rivoluzione come cambiamento dello stato di cose opprimenti.

La Calabria arriva alle elezioni regionali, le proprie, in uno stato di assedio, tra commissari e pretendenti, tra incriminazioni e denigrazioni. I Calabresi devono ritornare alla Calabria e in Calabria dove da sempre sono anche se la portano nella valigia dell’anima altrove, anche quando la abitano e vi si sentono estranei perché non hanno in mano le chiavi della casa propria. Bisogna riprendersi le chiavi della Calabria intera. Il voto personale e la ricchezza dei Calabresi è l’essere in persona quello che si è. Il male dei Calabresi è la sottomissione della persona ai personalismi della prepotenza. Chi è persona non ha bisogno di prepotenza e chi si sottomette alla prepotenza non è più persona, ne perde la preminenza, perde la presenza.

A queste elezioni dobbiamo dire “presente” ognuno. Devono essere elezioni in presenza e non disperse in populismi d’occasione, in ribellismi di maniera o in legalismi estetici.

Il momento è questo, un voto personale, vissuto, sentito nella testa come nel cuore di ogni luogo di questa terra che ci mette dentro la gioia e il dispiacere. Chi non si dispiace non può fare politica perché non può procurare la gioia dove c’è la sofferenza. E qui ne abbiamo di sofferenza e sappiamo procurare la gioia, perché siamo una comunità alla ricerca di una società aperta, libera, fatta di unioni. Siamo la terra che rappresenta il più grande archivio antropologico storico della cultura del mediterraneo. Siamo la terra dove si conservano lingue originarie di comunità. Siamo la terra dell’ospitalità ed è il momento questo in cui i Calabresi devono ospitare se stessi, devono ritornare. Si può ritornare in un luogo e si può ritornare a un luogo. Ai Calabresi spetta il compito personale di ritornare ad essere Calabresi». (rrm)

 

Orlandino Greco (Idm): Il Sud rinasce se rinascono i partiti politici

Il segretario federale di Italia del MeridioneOrlandino Greco, ha dichiarato che «è, ormai, evidente il vulnus democratico nel quale versa la Calabria ed il Paese intero».

«Da tangentopoli ad oggi – ha aggiunto – lo svuotamento dei partiti novecenteschi, rispetto ai quali ne è rimasta soltanto una parvenza ideologica, ha comportato la nascita di quelli che i sociologi americani definiscono “Cartel Party”, ossia comitati elettorali che si riuniscono e favoriscono la partecipazione solo durante gli appuntamenti del voto, salvo poi concentrarsi sull’attività amministrativa ed istituzionale degli eletti».

«Un concetto di militanza diametralmente opposto – ha proseguito – rispetto a quanto conosciuto nelle vecchie scuole di partito, vere fucine di classi dirigenti consapevoli della loro mission e delle istanze da difendere. Gli effetti di questo nuovo modo di concepire l’impegno politico hanno segnato la storia della nostra Repubblica dagli anni ‘90 fino ai giorni nostri. Il primo di questi è stato la personalizzazione dello scontro politico e l’incarnazione dei partiti (e il destino) nella figura del leader, il quale intrattiene un rapporto diretto con gli elettori, quasi come se la collegialità nelle scelte, tipica dei partiti di massa, fosse suffragata dal consenso della cosiddetta società civile, rimuovendo lungaggini burocratiche e svilendo il ruolo della mediazione tra classi dirigenti. In questo contesto, allo svuotamento dei corpi intermedi ha fatto seguito un continuo assalto al Parlamento e al suo potere legislativo, in quanto percepito come causa ostativa dell’iniziativa politica dei leader (molto meglio definirli capi carismatici), non solo mediante tentativi di instaurare un sistema bipartitico, contrario ai precetti costituzionali della rappresentanza delle minoranze, ma anche attraverso leggi elettorali iper-maggioritarie che cooptano in sostanza la deputazione, vincolando il mandato elettorale dei parlamentari alla fedeltà verso il segretario del proprio partito (spesso coincidente, a differenza del passato, con la presenza del segretario stesso in Parlamento)».

«Venuto meno, dunque, – ha detto ancora Orlandino Greco – quell’alto senso delle Istituzioni tipico di chi, facendo militanza, magari amministrando la cosa pubblica, ha portato, nella continua mediaticità dello scontro politico, alla demonizzazione non solo degli avversari stessi ma anche del concetto di interesse in politica, come se ogni istanza proveniente dai partiti coincidesse con interessi propri o a beneficio di una cerchia ristretta di persone, a scapito del bene comune».

«È ormai giunta l’ora – ha evidenziato il segretario federale di Italia del Meridione – affinché si scongiurino guerre fratricide e si perda definitivamente il senso di comunità, di tracciare un bilancio della storia. Quella del Mezzogiorno è da sempre una storia fatta di comunità, solidarietà e responsabilità sociale, dimostrata anche nell’ultima emergenza pandemica. Una tenuta sociale che anche a queste latitudini rischia di venir meno perché la disperazione è tanta. Forte è il disagio sociale, frutto di una disoccupazione e di una migrazione ai massimi storici ed un ceto politico subalterno alle politiche centraliste delle segreterie romane».

«Urge, dunque – ha ribadito – un ritorno alla politica e ai luoghi della politica, capaci di selezionare la migliore classe dirigente ed esaltandone la militanza e la competenza fuori da ogni schema ideologico. Non è più tollerabile un impegno politico tutto incentrato al carrierismo e a chi la spari più grossa, non è concepibile che dopo le elezioni vi siano tribù, tifoserie e truppe cammellate che continuino ad incitare l’odio verso l’avversario politico, facendo venir meno non solo il rispetto verso la legittimità delle posizioni altrui ma fomentando un clima poco costruttivo in una normale dialettica tra maggioranza e minoranza che dovrebbe caratterizzare ogni consesso pubblico».

«Nel frattempo – ha detto ancora – una globalizzazione sempre più sregolata ha fatto sì che realmente le nicchie di potere assumessero rendite di posizione indipendenti dalla politica stessa, mentre i bisogni reali della gente rimanessero inascoltati o mal risolti da una classe politica ormai concentrata a parlare su se stessa e per se stessa.  Promesse roboanti, rinnovamento anagrafico magari senza nessuna esperienza, stravolgimento dell’esistente, tesi spesso non confermate dai fatti perché figlie di riflessioni non approfondite, il cosiddetto pensiero breve che viaggia alla velocità di un tweet, hanno determinato la fine dei partiti politici come laboratori di idee, quelli che soprattutto al Sud creavano coscienza civile e comunità sociali, radicati nella società come corpi intermedi tra le istanze dal basso e il potere legislativo, capaci di formulare programmi di lunga visione, attraverso concezioni ideali, politiche e studio».

«Mezzogiorno, sanità, scuola, welfare, sviluppo economico e perfino il Recovery Fund – ha detto – sono ormai merce di scambio per qualche manciata di voto in più nei sondaggi. Temi che, a causa della mala politica, rischiano di far sprofondare il Paese nel baratro se non affrontati nella giusta maniera. Tutto questo perché le scelte fatte non sono basate su convinzioni così solide da essere aperte al compromesso e al contributo di tutti, anche di chi la pensa diversamente ma in modo costruttivo».

«C’è bisogno – ha concluso – di una reale presa di coscienza da parte di tutti: un nuovo modello partecipato di democrazia, che guardi al futuro senza perdere di vista le buone prassi della mediazione e mai del compromesso, della concertazione e della selezione di classi dirigenti figlie di militanza, conoscenza e competenza. Un nuovo modello di partecipazione slegato da ciò che piace ai sondaggisti ma legato a ciò che serve al Paese, che non sia solo legata al momento elettorale ma che, al contrario, valorizzi il pluralismo delle vocazioni territoriali degli interessi delle comunità». (rrm)

Francesco Russo (Idm): Il Governo ha cancellato imprenditori della ristorazione e dell’ospitalità

Francesco Russo, referente di Italia del Meridione, ha ribadito che, «nel susseguirsi dei Dpcm, a cui si è aggiunto la divisione per fasce di colore, la categoria che ha subìto maggiori restrizioni è senza dubbio la ristorazione».

«E il nuovo anno – ha aggiunto – è iniziato con uno scenario ancora più drammatico, soprattutto per la nostra regione, riconfermata in fascia arancione e su cui aleggia lo spettro dell’Rt che seguirà misure e modalità più restrittive già dal prossimo 15 gennaio. Un governo sordo alle varie manifestazioni e prese di posizione delle diverse associazioni di categorie, che recriminano le grandi difficoltà in cui il settore è ormai piombato da inizio pandemia».

«I ristori, per chi è riuscito ad ottenerli – ha proseguito Russo – rappresentano la beffa al danno subìto sulle perdite di fatturato che per molti significa, come già successo, non avere più la forza e le capacità economiche di resistere e riaprire. L’asporto da solo, e a cui in molti hanno rinunciato perché le spese superano di gran lunga le entrate, non è certo la soluzione alla chiusura di una realtà imprenditoriale che ha un giro d’affari intorno agli 85 miliardi di euro, secondo le ultime stime della Fipe (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi)».

«L’Italia del Meridione – ha detto ancora Russo – ha richiamato più volte l’attenzione sulla grave situazione che stanno vivendo i nostri ristoratori, come gli albergatori, ora la battaglia è ancora più sentita e forte visto che niente di tutto ciò che era stato promesso in termini di riapertura e ripartenza è avvenuto. In molti ancora attendo i bonus di novembre e dicembre, per non parlare della cassa integrazione dell’ultimo trimestre non pervenuta per nessuno. Molti dei lavoratori, per forza di cose, sono stati licenziati e in tanti hanno deciso di non riaprire avendo dato fondo a tutte le risorse proprie disponibili, anche perché non c’è mai stata la sospensione delle tasse o delle spese vive (luce, gas)».

«L’alternanza, poi – ha detto ancora – delle disposizioni a seconda delle colorazioni e le chiusure fine settimana e le “indiscrezioni” degli ultimi giorni, su un blocco delle consegne a domicilio e d’asporto per le 18, hanno aggravato la situazione. Non si comprende perché altri settori, come parrucchieri ed estetisti, non vengono considerati ad alto rischio come invece ristoranti e bar, nonostante le ingenti spese sostenute e non riconosciute per rispondere alle normative di sanificazione e prevenzione».

«I bonus, così come sono stati strutturati – ha concluso – non possono più rispondere alla crisi in atto nel settore, oggi è in gioco la sopravvivenza stessa, quello che si chiede non sono più forme di sostegno o peggio di finanza agevolata ma la garanzia e la certezza di poter riaprire, non giocando con le oscillazioni o i colori, non aspettando nuovi e continui Dpcm, in uno stato di emergenza continuamente posticipato a causa anche dei ritardi con cui le nostre regioni stanno rispondendo alle vaccinazioni. Il governo ha cancellato così gli imprenditori della ristorazione e delle ospitalità». (rrm)