RICADI (VV) – Inaugurate le mostre Il Museo delle Caldaie” e MaINN

Si potranno visitare fino a gennaio “Il Museo delle Caldaie” e MaINN – Materiali innovativi per l’edilizia”, le mostre inaugurate nei giorni scorsi alla Green Station di Santa Domenica di Ricadi e promosse da Legambiente Calabria e con il supporto del circolo di Ricadi e degli altri circoli vibonesi.

L’esposizione, che rientra nell’ambito della campagna “Per un salto di classe”, promossa da Legambiente e Kyoto Club, puntano a sensibilizzare sull’obsolescenza degli impianti di riscaldamento a gas e a promuovere l’utilizzo di materiali innovativi e riciclati, sia per nuove costruzioni che per ristrutturazioni. Il messaggio principale è chiaro: la scelta di materiali naturali e sostenibili, in un’ottica di bioeconomia circolare, è cruciale per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica.

L’evento è stato anche un’occasione per sensibilizzare sui cambiamenti climatici e i loro effetti, attraverso la presentazione del progetto “Calabria al Centro del Mediterraneo”. Cofinanziato dalla Regione Calabria e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il progetto prevede una mostra itinerante sui cambiamenti climatici in Calabria e nel bacino del Mediterraneo, che toccherà le cinque province della regione.

L’evento ha registrato una grande partecipazione di cittadini, giovani, associazioni e autorità locali. Il presidente del circolo di Legambiente di Ricadi, Francesco Saragò, ha aperto i lavori soffermandosi sull’efficienza energetica degli edifici e sulla normativa per la gestione degli impianti termici. Ha inoltre annunciato le attività che coinvolgeranno scuole e ordini professionali nel mese di gennaio.

Tra i diversi interventi, quello dell’architetto Emanuele Miano, che ha approfondito gli aspetti tecnici delle mostre, e della presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta.

«Con iniziative come questa – ha dichiarato Parretta – vogliamo sottolineare la gravità della crisi climatica ma, allo stesso tempo, offrire risposte concrete. Siamo impreparati agli impatti crescenti del cambiamento climatico, ma per raggiungere la neutralità climatica e migliorare la qualità della vita dobbiamo ripensare il patrimonio edilizio e l’urbanistica in chiave sostenibile. L’efficienza energetica degli edifici, la riduzione dei consumi e l’adozione di fonti rinnovabili non solo aiutano l’ambiente, ma portano vantaggi economici significativi».

L’edilizia al centro della transizione energetica

Il settore edilizio riveste un ruolo cruciale nella transizione ecologica. In Italia, il consumo energetico del settore residenziale rappresenta circa il 29% del totale (dati 2022) ed è in gran parte legato a fonti fossili, come metano e gasolio. Questi contribuiscono significativamente alle emissioni di gas climalteranti e al caro energia, che grava soprattutto sulle famiglie più vulnerabili.

La Direttiva europea “Case Green”, in vigore dal maggio 2024, impone ai governi nazionali misure per migliorare l’efficienza energetica, con particolare attenzione agli edifici con le peggiori prestazioni. In Italia, a partire dal 1° gennaio 2025, non sarà più possibile beneficiare di agevolazioni per l’acquisto di caldaie a gas, mentre dal 2040 scatterà il divieto di commercializzazione di questi impianti. “Decarbonizzare l’edilizia è un obiettivo ambizioso ma realizzabile,” ha sottolineato Parretta. “Le tecnologie e le competenze esistono: dobbiamo lavorare affinché tutti possano vivere in edifici di classe A.” (rvv)

SANTA DOMENICA DI RICADI (VV) – S’inaugura le mostre della campagna di Legambiente e Kyoto Club

S’inaugurano domani, a Santa Domenica di Ricadi, alle 18, alla Green Station, due mostre innovative: il Museo delle Caldaie e MaINN – Materiali Innovativi e Sostenibili.

Le esposizioni, promosse da Legambiente Calabria con il supporto del Circolo territoriale Legambiente Ricadi, vogliono raccontare il grande cambiamento in corso nel modo di progettare e costruire, fornendo ai cittadini informazioni trasparenti per scegliere consapevolmente materiali che migliorino la qualità abitativa e la sostenibilità ambientale.

Nei giorni successivi all’inaugurazione, sono previste iniziative dedicate al coinvolgimento delle scuole, per sensibilizzare anche le nuove generazioni sui cambiamenti climatici e sul tema della sostenibilità edilizia.

Un’occasione unica per scoprire soluzioni all’avanguardia che promuovono un futuro più sostenibile, con particolare attenzione al settore edilizio, uno dei principali responsabili dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra in Italia.

Secondo il Rapporto annuale di ENEA sulle certificazioni energetiche, al 2023 ben il 62,7% degli edifici residenziali italiani ricade nelle ultime tre classi energetiche (dalla E alla G), evidenziando problemi di isolamento termico e dispersione energetica. Questa inefficienza incide non solo sull’ambiente, ma anche sui costi energetici delle famiglie.

La campagna #PerUnSaltoDiClasse di Legambiente e Kyoto Club punta a sensibilizzare cittadini e istituzioni sull’importanza di rendere gli edifici più efficienti e meno impattanti, grazie a soluzioni come:

  • L’uso di materiali innovativi e sostenibili, facilmente reperibili sul mercato, che garantiscano proprietà ignifughe, termoisolanti e fonoassorbenti;
  • L’elettrificazione dei consumi termici attraverso fonti rinnovabili;
  • L’autoproduzione e l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili. (rvv)

Legambiente Calabria: Servono piani di adattamento contro erosione costiera

«La Calabria ha urgente bisogno di piani di adattamento ai cambiamenti climatici che integrino misure per affrontare l’erosione costiera e ridurre i rischi per persone, infrastrutture ed economia. Solo un approccio sistemico può affrontare le crescenti criticità del nostro territorio». È quanto ha detto Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, sottolineando come «le nostre coste, un patrimonio ambientale, turistico e culturale, sono sempre più fragili a causa dell’antropizzazione e dell’abusivismo».

«In questi giorni – ha spiegato Legambiente – la Calabria è colpita da intensi fenomeni meteorologici che stanno causando notevoli disagi sul territorio. Soprattutto sul versante tirrenico, il mare agitato e i venti forti hanno ulteriormente aggravato una situazione già critica per l’erosione costiera».

«A rischio non solo la viabilità, con danni significativi alla Statale 18, ma anche le abitazioni più vicine alla costa: nel comune di Nocera Terinese, ad esempio, si sta valutando lo sgombero di alcune famiglie», ha riportato l’Associazione, che da tempo la gravità dell’erosione costiera in Calabria, un fenomeno destinato a peggiorare con l’aumento degli eventi estremi legati ai cambiamenti climatici.

Per questo l’Associazione ha chiesto alla Regione di fare chiarezza sull’attuazione del Master Plan 2017 e delle misure previste dalla Delibera n. 45 del febbraio 2024.

«Secondo i dati dell’Osservatorio Città Clima e del Rapporto Spiagge 2024 – ha riferito Legambiente – dal 2010 al 2024 in Calabria si sono verificati circa 100 eventi meteorologici estremi, la maggior parte lungo le coste. A fine novembre 2024 sono 109. Questo trend, che colpisce tutto il Paese, è particolarmente accentuato nel Sud Italia, con la Calabria al terzo posto dopo Sicilia e Puglia. Dai dati ISPRA emerge che su 613 km di coste basse della regione, quasi il 30% è soggetto a erosione».

«Già nel 2014 – ha proseguito Legambiente – l’ex Autorità di Bacino Regionale aveva approvato un Master Plan per la mitigazione del rischio di erosione costiera, suddividendo il territorio in 21 macro-aree e pianificando interventi di difesa delle coste. Successivamente, sono stati introdotti il Piano di Bacino Stralcio di Erosione Costiera (PSEC) e il Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (PAI), con misure specifiche per perimetrare le aree a rischio e stabilire priorità d’intervento».

«Nel 2017 – ha ricordato l’Associazione – la Giunta Regionale ha approvato un programma di mitigazione per oltre 600 milioni di euro, inclusi 65 milioni dal Por 2014-2020 mentre nel febbraio 2024 è stata adottata un’ulteriore delibera per il ripristino e il potenziamento delle opere di difesa costiera già esistenti e l’attuazione di nuove misure».

I«ntervenire ora è essenziale per evitare di affrontare queste emergenze solo in modo reattivo e frammentario. L’erosione costiera è solo uno degli effetti della crisi climatica che colpiscono la Calabria, regione considerata un hotspot dei cambiamenti climatici», ha ribadito Legambiente, sottolineando la necessità «di una strategia che segua i principi dell’Europa e del Ministero dell’Ambiente, bilanciando mitigazione (riduzione delle emissioni di gas serra) e adattamento (aumento della resilienza dei sistemi naturali e socio-economici)».

«La sensibilizzazione è cruciale – ha concluso Legambiente –. Entro il 2050, i cambiamenti climatici trasformeranno profondamente il territorio, ed è necessario che la cittadinanza ne sia consapevole. In questa direzione si colloca il progetto di Legambiente “Calabria al Centro del Mediterraneo”, realizzato con il supporto della Regione Calabria e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali». (rcz)

Legambiente Calabria critica duramente la proposta di legge del PD calabrese sulle biomasse nei Parchi

Legambiente Calabria ha espresso preoccupazione per la proposta di legge presentata dal PD Calabria in Consiglio regionale, per abrogare l’articolo 14 della legge regionale che introduce il divieto di realizzare impianti di produzione energetica alimentati a biomasse nei parchi nazionali e regionali con una potenza superiore a 10 MW termici, prevedendo anche il depotenziamento degli impianti già esistenti.

Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Antonio Nicoletti, responsabile Aree Protette Legambiente Nazionale, hanno spiegato che si tratta di una misura «che, seppur giudicata da Legambiente ancora insufficiente, rappresenta un primo passo importante. L’associazione, infatti, ritiene necessario estendere tale divieto a tutto il territorio regionale, vietando la costruzione o il mantenimento in esercizio di centrali a biomasse che producono esclusivamente energia elettrica».

«I consiglieri regionali promotori della proposta di abrogazione sostengono che tale iniziativa serva a tutelare un settore strategico per l’economia e l’ambiente regionale, citando come esempio la centrale a biomasse del Mercure, definita un modello “virtuoso” di produzione energetica sostenibile», hanno detto, sottolineando come si tratta di «una tesi che Legambiente reputa surreale e priva di fondamento».

Legambiente, dunque, auspica che la Regione Calabria non faccia passi indietro e prosegua nella promozione di fonti energetiche davvero sostenibili, contrastando scelte insostenibili come il mantenimento in esercizio delle grandi centrali a biomasse.

«Legambiente ha sempre espresso un giudizio fortemente negativo sulla centrale del Mercure – hanno ricordato Parretta e Nicoletti – sia per la sua collocazione all’interno di un Parco Nazionale e in un’area tutelata da normative comunitarie, sia per le sue dimensioni e il tipo di attività».

«Si tratta di un impianto da 35 MW – hanno spiegato – autorizzato durante il governo Renzi contro il parere dell’Ente Parco e in violazione di normative ambientali. La centrale utilizza legno vergine che non proviene da filiere corte locali né da foreste gestite in modo sostenibile o certificato, contravvenendo così ai principi della Strategia europea per le foreste 2030. Questa strategia punta a migliorare la qualità delle produzioni forestali, favorire l’efficienza delle filiere foresta-legno e promuovere un utilizzo sostenibile delle risorse forestali».

«Un sistema come quello del Mercure – hanno proseguito – che produce esclusivamente energia elettrica, è incompatibile con i criteri di sostenibilità ambientale, economica e sociale. L’utilizzo intensivo e insostenibile della biomassa contraddice gli impegni internazionali sottoscritti dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici, conservare la biodiversità e promuovere la decarbonizzazione dell’economia».

«La biomassa forestale – hanno spiegato – può essere considerata una fonte rinnovabile e sostenibile solo se utilizzata in un modello che rispetti il principio a cascata delle risorse agroforestali».

«Questo significa – hanno aggiunto – materie prime provenienti da filiere corte locali; utilizzo di scarti non destinabili a usi migliori; ritmi di sfruttamento inferiori al tasso di ricrescita dei boschi e delle foreste; rispettare criteri igienici e ambientali, nonché limiti alle emissioni in atmosfera».

«La realizzazione di impianti di grande taglia all’interno dei parchi nazionali e regionali– hanno detto ancora – come il funzionamento di centrali esistenti quali quella del Mercure, contraddice palesemente questi principi e rende inevitabile la loro chiusura. Lo stesso destino dovrebbe riguardare tutte le grandi centrali a biomasse calabresi che producono esclusivamente energia elettrica».

Per Parretta e Nicoletti, dunque, «il PD calabrese dimostra una visione miope sul tema delle biomasse. Per un reale sviluppo sostenibile della regione, è fondamentale promuovere un modello basato sulle agroenergie (biomasse solide, biogas, ecc.) che rafforzi i settori agricolo, forestale e zootecnico in chiave ecologica, sociale ed economica. Ciò implica: un censimento accurato delle biomasse locali (agricole, forestali, agroindustriali, urbane); la definizione di criteri per la sostenibilità degli impianti; la localizzazione di impianti di piccola scala integrati con il territorio».

«L’unica strada possibile per la Calabria – hanno sottolineato – è adottare i principi della bioeconomia circolare, che puntano alla produzione di cibo, biomateriali e bioenergia mantenendo il massimo valore delle risorse il più a lungo possibile. Ciò significa: utilizzo a cascata della biomassa; riciclo delle risorse; conservazione del capitale naturale; coinvolgimento delle comunità locali nella scelta e nella gestione degli impianti».

«Un modello di sviluppo eco-sostenibile – hanno concluso – basato sulla decarbonizzazione e sulle energie rinnovabili, è l’unico capace di garantire occupazione di qualità senza compromettere l’ambiente». (rcz)

Venerdì a Crotone con Legambiente e Conai si parla del valore dell’indifferenziata

Venerdì 15 novembre, a Crotone, alle 10.30, nella Sala Pitagora della Camera di Commercio, si terrà l’incontro Il valore della differenziata, organizzato da Legambiente CalabriaConai.

Si parlerà di raccolta differenziata, riciclo, strumenti ed incentivi a disposizione dei comuni per una corretta gestione del ciclo dei rifiuti in un’ottica di confronto con gli amministratori locali della provincia di Crotone.

Tra i saluti in programma quelli del padrone di casa, il Presidente della Camera di Commercio di Catanzaro – Vibo Valentia – Crotone, Pietro Falbo e del sindaco di Crotone, Vincenzo Voce. Ad introdurre i lavori Anna Parretta, Presidente di Legambiente Calabria. Seguiranno gli interventi di Rosaria Vazzano, Presidente di Legambiente Crotone; Maria Concetta Dragonetto, Area piani di sviluppo R.D, Centro-Sud Italia del Conai; Girolamo Arcuri, Dirigente scolastico Polo Tecnico Professionale Barlacchi e Lucifero di Crotone; Sergio Capelli, Co-founder Impactellers. È stato invitato a partecipare anche il Presidente dell’Autorità rifiuti e risorse idriche della Calabria, Sergio Ferrari. Le conclusioni dei lavori, moderati da Emilio Bianco, Coordinatore Ecoforum regionali di Legambiente, sono affidate a Laura Brambilla dell’Ufficio nazionale Comuni ricicloni. (rkr)

LA CALABRIA E I DATI IMPIETOSI NEI REATI
CONTRO IL SUO MARE: È QUARTA IN ITALIA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria il mare è sempre più violato: la regione, infatti, si classica quarta con 2.371 reati a fronte di 103.778 controlli pari al 10,3% del totale nazionale. Sono i «dati impietosi» emersi dal Report Mare Mostrum di Legambiente Calabria, in cui viene rilevato che le persone denunciate sono 2.629, 14 quelle arrestate. Sono 579 i sequestri effettuati, 3151 gli illeciti amministrativi e 3498 le sanzioni amministrative con un valore delle sanzioni erogate di 14.466.423 euro.

Il dato “migliora” se si considera il numero di infrazioni per km di costa, dato che la Calabria scende all’undicesimo posto.

Continuano a crescere i reati nel ciclo del cemento, dall’abusivismo edilizio alle occupazioni del demanio marittimo: 1.046 reati in Calabria con un incremento del 20,1% che porta la nostra regione al quarto posto. La Calabria è al terzo posto nella classifica del mare inquinato con 828 reati, il 13% del totale, e 675 illeciti amministrativi. La Calabria è quarta nella classifica della pesca illegale con 336 reati e 461 illeciti amministrativi e settima per violazioni del codice della navigazione e nautica da diporto, anche in aree protette, con 161 reati e 400 illeciti amministrativi.

Dati «impietosi» li ha definiti Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria «e ci dimostrano che soprattutto riguardo al ciclo illegale del cemento ed alla mala depurazione, occorre invertire velocemente la rotta. Le cronache giudiziarie continuano a rivelarci gravi problematiche a carico di decine di depuratori in tutte le province calabresi, confermando le attività di monitoraggio effettuate da Legambiente attraverso la campagna Goletta Verde, per come rilevato dall’inchiesta denominata “Scirocco”».

«Il mare continua a subire minacce insostenibili – ha proseguito – nonostante sia tra le risorse naturali più belle ed importanti della regione e costituisca un volano essenziale anche per l’economia calabrese. Occorre una presa di coscienza profonda da parte di tutti i cittadini e di tutte le amministrazioni per fermare le illegalità e tutelare l’ambiente e la salute perché il mare ed i territori costieri in Calabria sono di vitale importanza».

Ma i reati ambientali non sono solo un problema calabrese: gli illeciti, purtroppo, aumentano ogni anno a un ritmo sempre più intenso: 25.545 le persone denunciate nel 2023 in Italia, in aumento del 43% rispetto al 2022. Cresce, però, l’efficacia dell’azione repressiva, come dimostra il numero di persone arrestate (204, +98,1% rispetto al 2022) e quello dei sequestri, pari a 4.026, in crescita del 22,8% sul 2022. Un reato su due (50,3%) si concentra nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa,Campania (3.095 illeciti penali), Sicilia (3.061), Puglia (3.016) e Calabria (2.371)che guidano nell’ordine, come numeri assoluti, la classifica regionale, seguite dal Lazio (1.529 reati) e dalla Toscana (1.516). Nelle prime dieci regioni figurano anche Sardegna, Veneto, Liguria e Marche.

Insieme alle violazioni amministrative, la media è di 8,4 illeciti per km di costa, uno ogni 119 metri. Ciclo illegale del cemento (10.257 reati, +11,2% rispetto al 2022), ciclo illegale dei rifiuti e mare inquinato (6.372, +59,3%), pesca illegale (4.268 illeciti penali, +11,3%) si confermano i reati più diffusi. Preoccupa anche la violazione delle normative che regolano la nautica da diporto:2.059 illeciti penali accertati nel 2023, + 230% rispetto al 2022.

Cosa fare, allora, per contrastare i danni dell’illegalità ambientali? A tal proposito, l’Associazione ha lanciato un pacchetto di 10 proposte che hanno al centro quattro macro temi: la lotta all’abusivismo edilizio, su cui l’Associazione ambientalista «chiede, ad esempio, di velocizzare l’abbattimento degli immobili abusivi, anche prevedendo finanziamenti a favore dei Comuni che eseguono le ordinanze di demolizione e alle procure della Repubblica, alle procure Generali e alle Prefetture per l’esecuzione delle sentenze di condanna in materia di abusivismo edilizio; la lotta alla maladepurazione, per uscire dalle onerose procedure d’infrazione dell’Unione europea, investendo sulla realizzazione e/o sull’adeguamento dei sistemi fognari e di depurazione, migliorando in generale l’intero sistema di gestione, efficientando il trattamento delle acque reflue».

E ancora, «il tema dei rifiuti – si legge – dando, ad esempio, piena attuazione alla normativa di recepimento della Direttiva 2019/883 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi e regolamentare in maniera stringente lo scarico in mare dei rifiuti liquidi (acque nere ed acque grigie, acque di sentina, ecc.), istituendo, per esempio, delle zone speciali di divieto di qualsiasi tipo di scarico, anche oltre le 12 miglia dalla costa;  promuovendo politiche attive e misure per la prevenzione nella produzione e per la lotta all’abbandono e la dispersione dei rifiuti; il contrasto della pesca illegale, con adeguati interventi normativi e sanzioni davvero efficaci».

«Anche quest’anno, a fronte dell’impegno quotidiano delle Capitanerie di porto e delle forze dell’ordine contro l’aggressione alle coste e al mare del nostro Paese, con il nostro report Mare mostrum– ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente –ribadiamo l’esigenza di rafforzare il ruolo e le attività di competenza di tutte le istituzioni coinvolte, dai singoli Comuni alle Regioni e alle Arpa».

«La nostra Associazione – ha aggiunto – da sempre impegnata in attività di monitoraggio e di volontariato, come quelle svolte grazie a Goletta verde, alle indagini Beach litter e alla campagna “Spiagge e fondali puliti”, avanza dieci proposte a Parlamento e Governo per tutelare in maniera più efficace lo straordinario patrimonio ambientale marino del Belpaese. Bisogna potenziare l’attività di demolizione degli immobili abusivi, e non prevedendo nuovi condoni, ammodernare e completare il sistema di fognature e depuratori, potenziare l’economia circolare e prevedere sanzioni più severe per la pesca illegale».

 «Il ciclo illegale del cemento – ha commentato Enrico Fontana, responsabile Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente – rappresenta la quota più significativa dei reati ambientali analizzati anche in questa edizione di Mare Monstrum, a causa, principalmente, della miriade di abusi edilizi che continuano a sfregiare l’Italia».

«Un fenomeno devastante per lo sviluppo sociale, ambientale ed economico dell’intero Paese – ha aggiunto – che colpisce principalmente il Sud, in particolare le regioni a tradizionale insediamento mafioso, e le aree costiere, le perle estive del Belpaese e su cui bisogna intervenire con una mano decisa e con abbattimenti non più rimandabili. L’abusivismo edilizio lungo le coste, inoltre, fa da moltiplicatore dei fenomeni d’inquinamento, a causa degli scarichi diretti in mare degli immobili costruiti illegalmente». (ams)

 

Area Marina Protetta di Capo Rizzuto, Legambiente: Chiederemo al Ministero di intervenire

Legambiente Calabria ha reso noto che chiederà al «Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica un intervento urgente per esercitare le proprie funzioni di sorveglianza sulla gestione dell’Area marina protetta Capo Rizzuto affidata alla Provincia di Crotone».

Una decisione presa a seguito della replica del presidente della Provincia di Crotone, Sergio Ferrari che, quale Ente gestore dell’Area Marina Protetta Capo Rizzuto, «ritiene – ha rilevato Coldiretti – di non avere responsabilità e competenza sui fatti descritti nella precedente nota stampa di Legambiente Calabria, evidenzia una fondamentale inconsapevolezza degli obblighi che derivano dall’affidamento in gestione dell’area stessa».

«Senza entrare in inutili polemiche – prosegue la nota – poco funzionali allo scopo della nostra Associazione di pervenire ad una congrua tutela di un bene collettivo importantissimo ed allo stato ben poco salvaguardato, ci limitiamo ad allegare la convenzione per la gestione dell’Area Marina protetta, firmata dalla Provincia con il Ministero della Transizione Ecologica nell’anno 2021, invitando tutti alla lettura, a partire dall’intero art. 3 in cui viene esplicitato che “il soggetto gestore garantisce il perseguimento delle finalità e il rispetto delle norme di tutela di cui al decreto interministeriale del 27 dicembre 1991, istitutivo dell’area marina protetta “Capo Rizzuto”, coerentemente alle previsioni di cui all’art. 27 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, e di cui all’art. 19 della legge 6 dicembre 1991, n. 394”». 

«E non solo – si legge – anche i commi 2 e 3 dell’articolo 3 richiamati dal presidente Ferrari, che, comunque, devono essere rispettati dalla Provincia stessa, affermano che “al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 il soggetto gestore provvede ad adottare tutte le misure necessarie affinché siano portati a conoscenza della generalità dei cittadini, l’estensione, i confini e la zonazione dell’area marina protetta, in particolare provvedendo alla posa in opera e alla manutenzione dei segnalamenti marittimi, nonché le attività vietate e quelle consentite all’interno della stessa”. Infine,“il soggetto gestore ha l’obbligo di comunicare alla Direzione qualsiasi fatto ed evento, anche potenzialmente, in grado di arrecare danni e/o alterazioni al patrimonio naturale e/o di compromettere le finalità di tutela dell’area marina protetta”».

«Ricordiamo, inoltre – conclude la nota – che la gestione dell’Area Marina protetta Capo Rizzuto, in cui insistono siti della rete europea natura 2000 e la zona demaniale costiera, è soggetta alle norme comunitarie ed è disciplinata dalla normativa nazionale sulle aree protette come la legge n. 394/1991 e ss.mm.ii. che vieta, ad esempio, ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi».

Legambiente chiede verifica eventuale abusività delle opere che riguardano discarica “Pipino” di Scala Coeli

Legambiente Calabria ha chiesto alla Regione la verifica dell’eventuale abusività delle opere riguardanti la discarica “Pipino” di Scala Coeli.

«Con sentenza nr. 94/2024 RG n. 207/2021, pubblicata il 18/07/2024 – ha ricordato l’Associazione – il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha rigettato il ricorso della ditta Bieco S.r.l., quale proprietaria della discarica di rifiuti speciali non pericolosi di località Pipino nel comune di Scala Coeli, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. Nella sentenza è specificato testualmente “che l’eventuale abusività delle opere non può che essere sanzionata con la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi”».

Inoltre l’associazione del Cigno verde chiede all’Ente gestore delle aste demaniali ed a tutti gli uffici interessati nella vicenda, di adottare i provvedimenti di propria competenza con l’auspicio che la tortuosa vicenda della discarica “Pipino” possa trovare una soluzione che risponda agli interessi dell’ambiente e della collettività.

Legambiente Calabria: Calendario venatorio non rispetta le prescrizioni della Struttura Tecnica di Valutazione

Anna ParrettaGiorgio Giovanni Berardi e Angelo Calzone, rispettivamente presidente di Legambiente Calabria, coordinatore regionale Lipu Birdlife Calabria e presidente WWF Calabria, hanno denunciato come il calendario venatorio approvato dalla Giunta regionale lo scorso 7 agosto «non rispetta le prescrizioni indicate da scienza nazionale e regionale e dalle norme europee».

In particolare quelle della Struttura Tecnica di Valutazione STV e dall’Ispra «che posticipava l’apertura dell’attività venatoria al 2 ottobre 2024, con le sole eccezioni dei corvidi, del colombaccio e del cinghiale, e non tenendo conto dell’ennesima procedura Eu-Pilot indirizzata all’Italia dalla Commissione europea in ambito venatorio in particolare, per la caccia in periodo di migrazione prenuziale e per la caccia su specie in cattivo stato di conservazione».

«Oltretutto – hanno aggiunto le Associazioni – il calendario venatorio, in assenza di piani di gestione o con piani non adeguatamente attuati, stabilendo la chiusura della caccia al 30 gennaio per turdidi e uccelli acquatici, durante il periodo di  migrazione prenuziale, risulta essere in aperta violazione della Direttiva europea».

Per questo hanno chiesto «al Presidente e alla Giunta Regionale di approvare subito atti con cui vengano escluse, dalla lista delle specie cacciabili in Calabria, le specie in cattivo stato di conservazione, ossia Allodola, Tortora selvatica, Combattente, Moriglione, Quaglia, Moretta e Tordo sassello,di eliminare le preaperture e i posticipi della caccia a fine gennaio dal calendario venatorio».

«Altresì – hanno aggiunto – per contrastare il diffuso e grave fenomeno del bracconaggio, che aumenta sempre in concomitanza con la stagione venatoria, chiediamo l’impegno ad aumentare la vigilanza, stabilendo un piano di controllo organico, incrementando il personale in servizio nei corpi di Polizia Provinciale e attivando specifiche convenzioni con i Carabinieri forestali.”

«Un pessimo regalo alla parte più insensibile dei cacciatori, un grave danno al patrimonio indisponibile dello stato e un attacco ai principi costituzionali di tutela della biodiversità e della fauna», hanno evidenziato, aggiungendo come «nell’atto approvato rimane solo il dovuto divieto di preapertura, ed il posticipo dell’attività venatoria al 2 ottobre 2024 (con la sola eccezione dei corvidi, del colombaccio e del cinghiale), nelle Zone di Protezione Speciale (ZPS) di cui la Direttiva 2009/147/Ce (dove si applicano inoltre le misure di conservazione disposte dal Decreto Ministeriale 17 ottobre 2007), e nelle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) di cui la Direttiva 92/43/CE, e, in entrambe, al fine di ridurre l’inquinamento da piombo nelle aree interessate dalla presenza di corsi d’acqua (aree umide), il divieto di utilizzo di munizioni a pallini di piombo».

 

Legambiente: Sequestro Villaggio abusivo a Bova Marina passo in avanti contro abusivismo edilizio

Per Legambiente Calabria il «sequestro del villaggio turistico abusivo di Bova Marina effettuato a seguito delle indagini condotte dai Carabinieri Forestali della Calabria, guidati dal comandante regionale, il Colonnello Giovanni Misceo, è un’ulteriore conferma del forte impegno nella lotta all’abusivismo edilizio che può e deve caratterizzare la Calabria».

«Ora si tratta di garantire, fatte tutte le necessarie verifiche, la demolizione dei manufatti abusivi e il ripristino di un’area d’importante valenza ambientale», hanno ribadito Enrico Fontana, responsabile Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente e Anna Parretta, Presidente Legambiente Calabria, sottolineando come «lavorando in sinergia, forze dell’ordine, autorità giudiziaria, istituzioni regionali e locali, associazioni di cittadini è possibile contrastare con efficacia un fenomeno, quello dell’abusivismo edilizio, che in Calabria e più in generale in tutto il Mezzogiorno rappresenta una minaccia all’ambiente, alla sicurezza dei cittadini e alla buona economia».

«La nostra Associazione – hanno proseguito – sta collaborando con la Regione Calabria con un’attività di monitoraggio, frutto di un Protocollo d’intesa, con l’auspicio che possa costituire un tassello importante per rendere più efficace l’azione di contrasto e di prevenzione del fenomeno dell’abusivismo edilizio. Dobbiamo tutti essere consapevoli che occorrono azioni incisive per fermare i reati nel ciclo del cemento e che non sono più giustificabili i ritardi ed inadempienze da parte delle Pubbliche Amministrazioni».

Un tema, quello del ciclo illegale del cemento, che Legambiente combatte da anni fornendo, nel suo Rapporto Ecomafia, dati e numeri anche di questo fenomeno che dal 2021 al 2023 ha registrato una crescita del 37%, con un picco del +28,7% nel 2022, lo stesso anno in cui l’Istat segnala il balzo in avanti del “mattone illegale” con una crescita del 9,1% rispetto al 2004. Quello dell’abusivismo edilizio è anche uno dei temi che la storica campagna di Goletta Verde compie ogni anno lungo le coste italiane e di cui si è parlato lunedì scorso a Palmi (RC), nel corso del convegno “Lotta all’abusivismo edilizio: una priorità per l’Italia” organizzato da Legambiente nel corso della tappa calabrese di Goletta verde.

La Calabria è una delle regioni del sud tra le più ferite dal cemento illegale. Stando agli ultimi dati del report Ecomafia, dal 2021 al 2023 sono stati accertati 3.003 reati relativi al ciclo del cemento, con una flessione nel 2022 e un’impennata del +20,1% nel 2023. In particolare, nel 2023 i reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto in questa “filiera” dell’ecomafia sono stati 1.046, con 1.230 persone denunciate (+29% sul 2022).

Dati nel complesso preoccupanti, ma su cui la Calabria ha deciso di non abbassare la testa dando segnali importanti di controtendenza con sequestri, demolizioni, controlli effettuati nelle zone costiere con l’ausilio di droni e con il monitoraggio di ordinanze di abbattimento.  (rcz)