Legambiente contro il rigassificatore di Gioia: Portarlo significa condannare la Calabria

«Portare in Calabria un nuovo rigassificatore vuol dire condannare la Calabria e l’Italia alla dipendenza energetica da altri Paesi, e a non raggiungere gli obiettivi climatici». È quanto ha ribadito, nuovamente, Legambiente Calabria in merito al rigassificatore di Gioia Tauro, sottolineando come «sul tema dell’energia il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha idee antiquate e inadatte a rispondere alle sfide ambientali, climatiche e sociali che stiamo attraversando».

«Il presidente Occhiuto – si legge nella nota dell’Associazione – continua a parlare del rigassificatore di Gioia Tauro come di un’opera “importante e strategica per il Mezzogiorno” al punto da richiedere un intervento diretto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni».

«L’impianto di Gioia Tauro avrebbe, come gli altri impianti di questo tipo, negli intenti – si legge – la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico del Paese dopo le sanzioni alla Russia conseguenti alla guerra in Ucraina.  Una motivazione già questa errata perché è illogico realizzare rigassificatori per liberare l’Italia dal ricatto del gas russo comprando il gas da Paesi spesso politicamente instabili come Egitto, Algeria, Libia, Congo, Angola oppure dagli Usa che estraggono il gas con il processo di fracking, la fratturazione idraulica delle rocce che può potenzialmente contaminare le falde acquifere ed aumentare le emissioni in atmosfera perché rilascia metano ed agenti tossici».

«Nello specifico, l’impianto di Gioia Tauro, che è, allo stato attuale – viene ricordato – bloccato da un decennio, costerebbe oltre un miliardo di euro e richiederebbe svariati anni per la sua costruzione che avverrebbe, tra l’altro, in una zona indicata ad alta pericolosità sismica. Si tratterebbe di un impianto particolarmente impattante sotto il profilo ambientale trattandosi di un impianto on shore che ricoprirebbe un’area di circa 47 ettari ricadente nei comuni di Gioia Tauro, San Ferdinando e Rosarno e dovrebbe riportare allo stato gassoso 12 miliardi di metri cubi all’anno di combustibile, reso liquido per il trasporto in navi cisterna per il cui attracco sarà realizzata un’apposita piattaforma di scarico a 500 metri circa dalla costa».

«Il rigassificatore di Gioia Tauro – continua Legambiente – a differenza delle due navi Fsru comprate dalla Snam per fare fronte alla crisi del gas russo, è una struttura fissa che dovrà durare almeno 25 anni, quindi, calcolando i tempi di costruzione che saranno di qualche anno almeno, dovrà durare oltre il 2050, anno nel quale, in base alla normativa europea sul clima, l’Italia e l’Europa dovrebbero portare a zero le loro emissioni di gas climalteranti. Emissioni che già al 2030, quando il rigassificatore sarebbe presumibilmente in funzione, dovranno già essere state ridotte del 55% (rispetto al 1990). Questo impianto si troverebbe quindi a competere in un mercato nel quale i consumi di gas sono previsti in costante discesa in base alle previsioni del Piano Nazionale Energia e Clima».

«Il presidente della Regione Calabria ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – ha una strana idea di sviluppo per il Sud. Legambiente è nettamente contraria alla realizzazione del rigassificatore di Gioia Tauro, un impianto che si pone in netta contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione ed è ambientalmente ed economicamente insostenibile».

«Il futuro della Calabria passa dalla realizzazione di impianti di energia a fonti rinnovabili come impianti fotovoltaici, agrivoltaici, eolici a terra ed eolici offshore, in grado di combattere le crisi climatica ed energetica – ha concluso – supportando, nel contempo, uno sviluppo sostenibile incentivando l’occupazione e l’economia della nostra regione. La Calabria non può più permettersi visioni miopi perché ogni progetto errato allontana la nostra Regione dalle opportunità di innovazione, miglioramento della qualità di vita e creazione di posti di lavoro».

«La strada verso la decarbonizzazione è ancora molto lunga – ha ribadito Legambiente –: lo scorso anno le fonti fossili hanno coperto il 75% della domanda di energia elettrica della Calabria, con un radicamento legato non solo alla produzione energetica, ma anche al trasporto di gas e all’estrazione di idrocarburi. Ad oggi, con i suoi gasdotti, la Calabria è territorio di transito di tutto il gas importato dal Nord Africa che approda prima in Sicilia per essere poi spinto verso nord passando per la Centrale di Compressione di Tarsia, in provincia di Cosenza».

«A questa situazione – si legge – si aggiunge il rischio dato dai rigassificatori: non solo Gioia Tauro ma anche  Crotone, con un rigassificatore in attesa di autorizzazione da 0,8 miliardi di smc che prevede un deposito costiero con capacità di 20.000 smc di gas. Non bisogna dimenticare, inoltre, le attività di ricerca e produzione di idrocarburi. Nel 2022, attraverso le 4 concessioni di coltivazione presenti nella Regione e localizzate nei pressi di Crotone tra terra e mare, sono stati prodotti 5.119.484 smc di gas su terraferma e 282.046.919 smc nelle concessioni direttamente di fronte alle coste crotonesi, una quantità pari a circa l’8% della produzione nazionale di gas fossile. A queste si aggiungono ulteriori 3 permessi di ricerca per una superficie di oltre 2.000 kmq destinati ad attività connesse alla produzione di idrocarburi».

«In Calabria tre quarti dell’elettricità è ancora prodotta da fonti fossili – ha concluso Legambiente –. Dovrebbe apparire chiaro che occorre abbandonare la strada delle fonti energetiche inquinanti e dei rigassificatori e lavorare concretamente per far diventare la regione diventare un hub energetico europeo strategico delle energie rinnovabili». (rcz)

Legambiente Calabria: Nessuna contraddizione tra i dati di Legambiente e di Arpa. Si intervenga sulle fonti dell’inquinamento

Legambiente Calabria ha ribadito e chiarito che «i punti di campionamento di Arpacal e di Legambiente non coincidono e non vi è nessuna contraddizione tra i rispettivi dati. Legambiente e Arpa, nel caso specifico Arpacal, utilizzano gli stessi protocolli e indagano gli stessi parametri ma in luoghi diversi e con diversi obiettivi».

«L’obiettivo del monitoraggio di Legambiente – viene ricordato – pone l’attenzione al rischio d’inquinamento causato dalla mancanza o inadeguatezza del servizio di depurazione e dalla presenza di scarichi che si riversano nelle acque marine. Le analisi di Goletta Verde integrano e non sostituiscono quelle delle autorità competenti. Differenti sono infatti i punti di campionamento: vengono prelevati in mare, per valutarne la balneabilità, quelli analizzati dalle Arpacal, mentre le analisi di Goletta Verde si concentrano sulle foci dei fiumi e, come sempre ribadito, non sono rappresentative della qualità delle acque di balneazione».

«Inoltre, Legambiente puntualizza che il dato del 58% si riferisce ai punti campionati e non alle acque di balneazione», ha continuato l’Associazione, ricordando come «le analisi e il monitoraggio di Legambiente hanno l’obiettivo di scattare delle fotografie istantanee di una determinata situazione in un determinato momento e non vogliono sostituirsi alle autorità competenti in materia di controlli e di balneazione».

L’associazione ambientalista, poi, riporta l’attenzione sull’importanza di agire in maniera efficace e stringente, con incisività e determinazione su tutte le possibili cause di inquinamento del mare: efficientando i sistemi di depurazione, incrementando il collettamento fognario anche per uscire dalle procedure di infrazione comunitaria, agendo in un’ottica di prevenzione, controllo e sanzione sugli scarichi illegali.

I prelievi di Goletta Verde e Goletta dei laghi vengono eseguiti da tecnici, volontari e volontarie di Legambiente. L’ufficio scientifico dell’associazione si è occupato della loro formazione e del loro coordinamento, individuando i laboratori sul territorio. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero, fino al momento dell’analisi, che avviene lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli). Per la Goletta Verde, il numero dei campionamenti effettuati viene definito in proporzione ai Km di costa di ogni regione.  (rcz)

LA CALABRIA BRUCIA, SERVE PIÙ IMPEGNO
PER FARE PREVENZIONE SUL TERRITORIO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria brucia. Sono più di 80, infatti, gli incendi che stanno devastando la regione, da Bagnara-Scilla fino all’entroterra dell’Aspromonte. Un incubo che sembra non avere fine, nonostante le azioni messe in campo dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che ha “sguinzagliato” droni per combattere i piromani.

Azioni che per  Legambiente Calabria, pur apprezzando l’attività repressiva e l’uso dei droni per scovare gli incendiari, non bastano. Serve una maggiore prevenzione del territorio.

La Calabria – ha ricordato Legambiente citando il dossier Ecomafia – nel 2022  è stata la regione con il più alto numero di incendi: 611 su un totale nazionale di 5.207 che hanno interessato una superficie boscata pari a 11.236 ha su un totale 68.665, mentre nel periodo 2017-2021 sono stati commessi 3.202 reati di incendio boschivo e sono andati in fumo 87.201 ettari.

Una situazione sulla quale, ancora oggi, pesano i ritardi delle Amministrazioni competenti e la carenza di mezzi oltre ad un quadro normativo che, nonostante le modifiche migliorative alla legge n. 353/2000 apportate con decreto legge n. 120/2021 convertito con modificazioni nella legge n.155/2021, non affronta i nodi dell’intricata matassa delle competenze in materia di incendi boschivi.

La legge n. 155/2021 ha destinato risorse importanti per il miglioramento delle tecnologie e dei mezzi aerei e terrestri a favore dei Vigili del Fuoco e dei Carabinieri Forestali, ed ha assegnato al Dipartimento della Protezione Civile la funzione di svolgere, annualmente e sulla base delle risorse disponibili, la ricognizione e l’individuazione dei fabbisogni su base triennale. In sostanza si è investito molto sulla tecnologia e sulla capacità di intervento, ma rimane il problema della prevenzione del territorio che in Regioni come la Calabria continua a rimanere esposto e vulnerabile.

Per Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, «appare sempre più evidente che tutti i temi ambientali sono strettamente connessi e collegati e che è essenziale oltre che urgente invertire la rotta nella nostra Regione».

«Le concause degli incendi sono diverse – ha spiegato – dalle azioni criminali, all’incuria, all’inadeguatezza delle misure di prevenzione e controllo, alla crisi climatica, sempre di origine antropica, con le alte temperature che si stanno verificando in questi giorni. Non possiamo e non dobbiamo consentire la distruzione del patrimonio verde e della biodiversità calabresi. Anche sul fronte incendi, come sulla depurazione, sul ciclo dei rifiuti e sulle altre criticità ambientali irrisolte, chiediamo alla Regione Calabria ed a tutti gli Organismi preposti, maggiore incisività nelle azioni di prevenzione, maggiore gestione nella patologia e quella capacità di visione sul futuro che dovrebbe essere la caratteristica indispensabile di chi governa in questa fase di svolta della storia».

«I dati inequivocabili e le drammatiche esperienze dirette conseguenti ai cambiamenti climatici, alle crisi di siccità, alle frequenti ondate di calore, alle crescenti aree di desertificazione nelle regioni del sud Italia Calabria compresa – ha concluso –, impongono di agire con determinazione. Occorre un radicale cambiamento di approccio e risposta al fenomeno che miri a prevenire gli incendi attraverso la gestione del territorio, l’utilizzo ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali, sostenere e rivitalizzare le comunità rurali nelle aree interne e montane in una rinnovata funzione di presidio territoriale».

Secondo Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente «è necessaria una completa ed attenta applicazione da parte dei comuni, della legge sui vincoli e la redazione del catasto delle aree percorse dal fuoco».

«Ma, soprattutto – ha continuato – sono necessarie maggiori azioni di difesa attiva a partire da una attenta e corretta gestione boschiva. Ancora una volta sta mancando l’organizzazione e la consapevolezza che il territorio regionale, a partire da boschi e foreste, deve essere protetto e salvaguardato con strumenti e risorse adeguati alle temperature torride di questa estate. Temperature che, oltretutto, come nelle previsioni sono destinate a rimanere tali anzi ad aumentare nei prossimi anni per effetto del riscaldamento complessivo del Pianeta».

«Per quanto riguarda gli incendi in Calabria non si può, quindi – ha detto –, certo parlare di emergenza ma di accadimenti largamente prevedibili che richiamano ognuna delle Amministrazioni competenti alle proprie precise responsabilità in termini di prevenzione e controllo accurato del territorio. Le azioni da mettere in campo devono essere guidate dall’interesse della collettività e dal principio di legalità anche per arginare i fenomeni mafiosi: la ‘ndrangheta, per come dimostrano le indagini della Magistratura, controlla, infatti, molte aree boscate oltre ai pascoli abusivi ed ha forti interessi economici nel business del taglio dei boschi e nella filiera produttiva delle biomasse».

Da qui la 10 proposte dell’Associazione per prevenire, fronteggiare il fenomeno degli incendi boschivi: Prima di tutto, serve una gestione integrata degli incendi, un’attività «di integrazione/coordinamento tra i settori dedicati alla previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio».

Per Legambiente, infatti, «è ancora carente l’applicazione della legge quadro sugli incendi boschivi (L. 353/2000) e su questo punto sono ancora insufficienti le modifiche introdotte con la legge 155/2021».

«I Piani forestali – dice l’Associazione – di indirizzo territoriale devono integrare la pianificazione forestale con la prevenzione degli incendi boschivi. Definendo le aree esposte al pericolo e quelle dove integrare misure di selvicoltura preventiva con altre misure forestali, individuare misure per l’attività pastorale e agricola e quelle per la tutela della biodiversità nel Parchi Nazionali, Riserve regionali e siti della Rete Natura 2000».

«Per un più efficace governo degli incendi – viene evidenziato – è fondamentale una integrazione della politica forestale con quella agricola. Molti incendi, infatti, derivano dall’uso illegale e inesperto del fuoco per fini agro-silvo-pastorali, mentre l’abbandono dell’agricoltura e della pastorizia determinano un aumento del pericolo di incendi per accumulo del combustibile. L’agricoltura, tuttavia, deve essere considerata parte della soluzione: campi coltivati, orti, vigneti, aree pascolate possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio».

Legambiente, poi, ha ricordato non solo che «il pascolamento con specie domestiche è stato finalmente riconosciuto come tecnica per prevenire il propagarsi degli incendi, o evitare che una volta innescati diventino disastrosi», ma anche che i «cittadini possono essere parte attiva, in primo luogo coinvolgendo il volontariato non solo nella lotta ma anche nella prevenzione. Inoltre, i proprietari di fondi devono essere responsabilizzati nella gestione della vegetazione nei loro terreni ed i cittadini devono essere preparati a riconoscere il pericolo incendi ed a rispondere con comportamenti adeguati».

«L’analisi delle statistiche sugli incendi è essenziale per la comprensione ed il governo del fenomeno», dice ancora Legambiente nei dieci punti, ricordando poi che è fondamentale la pianificazione e progettazione del ripristino ecologico e funzionale.

«I piani urbanistici dettano le linee per l’espansione dei centri abitati– ha rilevato – in coerenza con le normative e i vincoli regionali e nazionali, ma non tengono in considerazione il rischio legato agli incendi boschivi. Per questa ragione appare auspicabile che nei prossimi anni la pianificazione urbanistica venga informata dai piani forestali di indirizzo territoriale che identificano le aree esposte al pericolo incendi (probabilità di propagazione di grandi incendi). La stessa attenzione deve essere indirizzata alla rete stradale che svolge un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza della logistica dei mezzi di soccorso in caso di incendi di elevata intensità».

Per Legambiente, poi, bisogna «estendere le pene previste dal Codice Penale per il reato di incendio boschivo a qualunque tipologia di incendio. È indispensabile rendere più severe le pene previste dall’articolo 423-bis del C.P. a qualunque incendio di e non solo i boschi e i pascoli, per quelli che interessano il patrimonio naturalistico e quelle sottoposte a vincolo paesaggistico. Così come va aggravata la fattispecie colposa per consentire l’arresto in flagranza, oggi non obbligatorio e vanno rafforzate le sanzioni amministrative estendendo ed equiparando le sanzioni più gravi a tutti gli incendi».

Infine, bisogna investire «nel potenziamento della flotta aerea pubblica, nella specialità interna al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. Alla luce del sempre maggiore utilizzo dei mezzi aerei nella lotta attiva agli incendi boschivi occorre ricostituire una flotta di proprietà pubblica e limitare il ricorso ai mezzi aerei privati. Dopo la riforma del 2016 la responsabilità primaria nella lotta attiva contro gli incendi nelle funzioni di coordinamento (DOS) è in capo ai Vigili del Fuoco e questi devono essere rafforzati». (ams)

 

Legambiente: In Calabria il 58% dei punti lungo le coste sono oltre i limiti di legge

Il mare calabrese non gode di ottima salute. Lo certifica Goletta Verde, l’imbarcazione di Legambiente che analizza i tratti di mare del nostro Paese.

In Calabria il 58% dei punti campionati da Goletta Verde lungo le coste è oltre i limiti di legge: è quanto emerge in sintesi dai dati del monitoraggio realizzato da Legambiente lungo le coste calabre. I dati sono stati presentati in conferenza stampa in occasione dell’ultima giornata di tappa di Goletta Verde a Crotone alla presenza di Rosaria Vazzano, presidente del circolo Legambiente Crotone; Antonio Michele Lanatà, presidente circolo Legambiente Le Castella; Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria; Vincenzo Voce, sindaco di Crotone; Alice De Marco, portavoce di Goletta Verde; Sergio Fasson, Istituto chimico Donegani di Crotone; Emilio Errigo, commissario straordinario Arpacal; Salvatore Siviglia, dirigente Dipartimento territorio e tutela dell’ambiente della Regione Calabria e Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria.

  I campionamenti sono stati effettuati dai volontari e dalle volontarie di Legambiente tra 28 giugno 17 luglio, che hanno monitorato le acque di 24 punti lungo le coste della Calabria: 17 in punti critici come foci di fiumi, canali, scarichi, fiumare, e i restanti 7 in mare. Sono ben 14 i punti che hanno oltrepassato i limiti di legge, più del 58% del totale dei punti monitorati, di cui 13 Fortemente inquinati e 1 inquinato. 

Nella provincia di Cosenza sono 7 i punti campionati, di cui 1 fortemente inquinato, la foce del torrente Colognati a Marina di Rossano. 3 punti nella provincia di Catanzaro, di cui 1 è risultato fortemente inquinato, la spiaggia c/o Foce del Corace sulla Via Lungomare Stefano Pugliese a Catanzaro Lido e 1 punto inquinato tra Montepaone Lido e Soverato, la foce del fosso Beltrame.  Nella provincia di Crotone 2 punti su 3 sono risultati fortemente inquinati, la foce del fiume Esaro a Crotone e il punto presso la Foce del canale nella Spiaggia a destra del Castello di Le Castella.  6 i punti monitorati nella provincia di Reggio Calabria, di cui 4 fortemente inquinati, la foce del fiume Petrace a Gioia Tauro, la foce del Torrente Sfallasà presso il campo sportivo a Bagnara Calabra, la foce del torrente Annunziata nei pressi del lido comunale di Reggio Calabria, lo sbocco Fiumara Sant’Elia a Montebello Jonico.  Vibo Valentia fa l’en plein, con i suoi 5 punti campionati tutti fortemente inquinati: la foce Fiume Angitola a Pizzo, la Foce Trainiti a Vibo, Foce del torrente Murria a Briatico, foce del torrente Ruffa a Ricadi e foce del canale sulla spiaggia di Coccorino a Marina di Nicotera. 

«Il quadro che dipinge il monitoraggio di Goletta Verde è, ancora una volta, poco rassicurante – dichiara Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria –. Come sempre sono le foci dei fiumi che presentano le maggiori criticità, indice del fatto che esistono problemi irrisolti su cui occorre agire in maniera incisiva».

«La situazione in Calabria, soprattutto in alcune zone – ha spiegato ancora – presenta problemi ormai divenuti cronici. Persistono infatti punti fortemente inquinati in tutte le province, in particolare sulle coste di Vibo Valentia e Reggio Calabria ai quali si aggiungono anche i punti storici della foce del torrente Caserta a Reggio Calabria e la foce del fiume Mesima a San Ferdinando. La Regione Calabria ha attivato alcuni processi sia per efficientare i sistemi di depurazione sia in un’ottica di controllo sugli scarichi illegali, sui quali diamo un giudizio positivo, ma è indispensabile agire con celerità e con maggiore determinazione a tutela del nostro mare, degli ecosistemi e della salute dei cittadini oltre che dell’economia regionale». 

«Ben 12 punti monitorati da Goletta Verde – dichiara Alice De Marco, portavoce di Goletta Verde – risultano essere non campionati o con balneazione vietata temporaneamente per inquinamento secondo i dati del Portale Acque, il sito del Ministero della Salute che informa i cittadini sulla qualità delle acque di balneazione e dove poter fare il bagno. A dimostrazione che le criticità sono note e risapute. Continuiamo a pagare in bolletta le sanzioni imposte dalla Comunità Europea, e la Calabria, con i suoi depuratori, contribuisce in maniera significativa. Soldi che potrebbero essere usati per sanare un ritardo che ci allontana dall’idea di Paese civile che abbiamo».  

Rispetto ai cartelli sulla qualità delle acque di balneazione sono presenti sono in due punti campionati. Necessario uno sforzo da parte delle autorità locali di informare i cittadini in modo più attento e consapevole delle acque di balneazione sulla costa calabrese. 

 Secondo il Piano di Gestione delle Acque dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale (III ciclo di pianificazione, 2021-2027), gli scarichi urbani rappresentano una pressione puntuale significativa per il 71% dei corpi idrici superficiali (fluviali, lacustri, di transizione e delle acque marino-costiere), mentre tra le pressioni diffuse gli “scarichi non allacciati alla fognatura” incidono sulla qualità del 28% dei corpi idrici superficiali calabresi. Queste due tipologie di pressione, da sole o congiuntamente ad altre più o meno impattanti, impedisce a questi corpi idrici di raggiungere un buono stato, come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60). 

  Secondo gli ultimi aggiornamenti presenti sul sito del Commissario unico depurazione in Calabria sono 150 gli agglomerati su cui insistono più di 2 milioni e mezzo abitanti equivalenti, in cui si stanno svolgendo lavori per uscire dall’infrazione sulla depurazione, per un importo complessivo di circa 500 milioni di euro. Questi lavori porteranno a risolvere parte delle situazioni che avevano portato ad avere 188 agglomerati in Calabria (dati aggiornati a maggio 2020), in infrazione comunitaria. (rkr)

Legambiente Calabria: Regione chiuda la discarica di Scala Coeli

La Regione agisca con chiarezza e tempestività. La discarica di Scala Coeli deve essere chiusa». È quanto ha chiesto Legambiente Calabria, al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, affinché si tuteli «in tutti i modi possibili l’ecosistema di una terra che amiamo e che deve essere protetta dai predatori di futuro».

Per l’Associazione «quanto accaduto sta dimostrando a tutti le conseguenze ambientali dei comportamenti errati e degli allarmi inascoltati di Legambiente».

«Si è svolta proprio ieri  (giovedì 6 luglio ndr) una manifestazione a cui hanno partecipato molti cittadini del basso ionio cosentino e dell’alto crotonese – ha ricordato l’Associazione – insieme a molte associazioni del territorio, sindacati di categoria, rappresentanti politici ed assessori comunali e regionali, per chiedere a tutte le Autorità ed Istituzioni competenti un urgente intervento, più incisivo di quello in atto, in merito alla grave situazione in cui ancora versa il terreno Patia, affluente del fiume Nicà, e la chiusura della discarica. Nella stessa giornata la Regione Calabria ha convocato i sindaci del territorio intorno ad un tavolo tecnico per parlare dell’emergenza nella Valle del Nicà».

«Legambiente chiede di attivare immediatamente – ha rilanciato – un piano per il recupero totale del percolato e la bonifica dell’intera area nonché la nomina di un commissario tecnico che stabilisca le modalità per evitare l’aggravarsi della situazione, di monitorare nel tempo le acque ed il suolo, di valutare i danni, di accertare le cause e chiudere definitivamente la discarica».

«In attesa dell’esito delle indagini e delle verifiche tecniche, – continua la nota dell’Associazione – inoltre, si chiede la rimozione di tutti i rifiuti ancora abbancati nella discarica dinnanzi alla probabilità che la causa dell’accaduto sia riconducibile al telo in polietilene presente nella stessa con conseguente possibilità di ulteriori danni collegati anche al verificarsi di eventi meteorologici nella zona».

«Al riguardo, occorrerà verificare le prove di collaudo eseguite per mettere in esercizio l’impianto come le prove sui teli e sulla barriera d’argilla. A due settimane di distanza dal disastro ancora non c’è, infatti, alcuna certezza sulle modalità e sulla tempistica della bonifica, né sulle effettive cause del gravissimo sversamento di percolato dall’impianto di smaltimento di proprietà della Bieco s.r.l. nel torrente Patia/Cacciadebiti, affluente del fiume Nicà».

«Il grave incidente che si è verificato – viene evidenziato da Legambiente – rappresenta una grave minaccia, per l’ambiente, le acque, la terra il mare, le falde, per l’economia dei nostri territori che vivono di agricoltura, zootecnia e turismo, ma soprattutto per la salute di tutti i cittadini e per il futuro delle giovani generazioni».

«Legambiente ringrazia tutti i partecipanti alla manifestazione, donne, uomini, ragazzi, forze dell’ordine presenti e tutti quelli che, anche a distanza, hanno dimostrato la loro vicinanza – dice ancora –. La gente del territorio attende risposte ed interventi concreti ed immediati». (rcs)

Tartaruga Caretta Caretta, Legambiente: Servono controlli rigorosi per tutela specie

Serve che «vengano effettuati controlli sempre maggiori e molto rigorosi per la tutela delle specie protette e dei loro habitat e che l’iter sanzionatorio venga perseguito con determinazione e fino in fondo». È quanto ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, ribadendo che «è in gioco la legalità ma soprattutto un importante cambio di prospettiva che deve coinvolgere tutti dalle amministrazioni ai singoli cittadini, nella consapevolezza che il rispetto della normativa ambientale costituisce il passaggio fondamentale anche per la crescita socio- economica della nostra Regione a partire dal settore turistico».

Dichiarazioni che arrivano a seguito dell’ennesimo episodio grave, avvenuto nella Provincia di Reggio Calabria, qualche fa sull’arenile tra i Comuni di San Lorenzo (RC) e Condofuri ( RC) dove venivano riscontrate diverse emersioni di Caretta caretta lungo la costa che dalla foce della fiumara Agrifa va verso Condofuri.

Infatti, la stessa area, soggetta ad obbligo di Vinca in quanto ricadente interamente nella ZSC IT9350145 in cui è stata riscontrata l’emersione per la nidificazione della tartaruga,  è stata spianata con una ruspa su incarico del comune di Condofuri. La tipologia di intervento effettuato comporta la distruzione o l’eccessivo interramento del sito di nidificazione della Caretta caretta, tartaruga marina  inserita quale specie protetta negli allegati II e IV della Direttiva Habitat, nell’allegato II della convenzione di Berna, nell’allegato II del protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona e negli allegati I e II della Convenzione di Bonn oltre che nella Convenzione Cites.

«Vista la gravità dell’accaduto Legambiente ha inviato alla Regione Calabria ed alla locale Stazione dei Carabinieri forestali una segnalazione urgente a firma del Responsabile nazionale Fauna e Benessere animale Antonino Morabito», viene spiegato nella nota.

«Le spiagge calabresi  – ha ricordato Legambiente – sono luogo privilegiato per la riproduzione delle tartarughe marine Caretta caretta, ma anche per il Fratino Charadrius alexandrinus  e su molte di esse fiorisce lo splendido giglio di mare Pancratium maritimum. Per questi motivi Legambiente Calabria ha reiteratamente chiesto alle Amministrazioni comunali che gli interventi di pulizia delle spiagge fossero effettuati, in tempo utile rispetto all’inizio della stagione balneare, con modalità non invasive, senza l’utilizzo di mezzi meccanici che letteralmente distruggono i fragili ecosistemi presenti sugli arenili in applicazione della normativa vigente».

«La Regione Calabria, Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente con la nota prot. 244072/2023,  inoltrata a tutti i comuni costieri calabresi, ha richiamato le misure di conservazione esistenti emanate sulla scorta delle direttive comunitarie, ribadendo il divieto di uso di mezzi meccanici per la pulizia della spiaggia, il divieto di transito sul litorale di fuoristrada o altri mezzi su ruota e il divieto di sbancamento e spianamento che possa alterare il contorno delle dune – viene ricordato –. Ma soprattutto, finalmente, la Regione Calabria ha cominciato ad emettere le relative sanzioni a salvaguardia delle specie protette e dei loro habitat».

Infine, l’Associazione ha annunciato che nella nostra regione sta per partire Life Turtlenest, co-finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma LIFE, coordinato da Legambiente, recentemente avviato e finalizzato al miglioramento della conservazione della tartaruga marina comune (Caretta caretta) del Mediterraneo, attraverso attività di monitoraggio e messa in sicurezza dei nidi.

Il progetto prevede il monitoraggio, per quattro stagioni di nidificazione consecutive, di circa 8mila chilometri di coste, che includono 64 aree protette della Rete Natura 2000, in Italia, Francia e Spagna con l’intento di creare una rete internazionale a protezione dei nidi di tartaruga marina Caretta Caretta e mitigare gli impatti antropici sui lidi e le spiagge che ricadono in aree di ovodeposizione.

Nel Mediterraneo, infatti, l’habitat della specie ed i siti di nidificazione sono minacciati dall’inquinamento, dallo sviluppo turistico incontrollato, dai cambiamenti climatici, dalle catture accidentali durante la pesca e dall’uso intensivo delle spiagge e delle dune che costituiscono preziosi ecosistemi in cui vivono e si riproducono, importanti specie protette. (rcz)

Crollo viadotto, Legambiente: Incrementare controlli su appalti e limitare rischio idrogeologico

Legambiente Calabria, esprimendo preoccupazione per il crollo del viadotto a Longobucco, ha rilanciato alla Regione la richiesta di «interventi celeri di messa in sicurezza del territorio, più controlli sugli abusi e maggiore vigilanza sugli appalti, per evitare drammi futuri».

«La Calabria, per come dimostra ulteriormente questa vicenda, ha ben altre priorità che la costruzione di ponti faraonici», ha ricordato Legambiente, sottolineando come «un evento connesso alle forti piogge che dovrebbe far riflettere le Amministrazioni competenti sulle vere priorità territoriali, sulle opere ed infrastrutture da realizzare in Calabria collegate alla crisi climatica in atto, sul rafforzamento necessario dei controlli in fase di costruzione e sulla successiva necessaria manutenzione».

«La Calabria è, infatti – si legge in una nota – tra le regioni in cui gli effetti della crisi climatica stanno diventando sempre più accentuati: dal 2010 ad aprile 2023 si sono verificati 90 eventi estremi di cui 35 allagamenti da piogge intense, 21 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 14 danni alle infrastrutture da piogge intense ed 8 frane da piogge intense; le vittime dal 2010 ad oggi sono state 17. La Calabria è quinta nella classifica nazionale per i danni ad infrastrutture secondo l’Osservatorio Città-clima di Legambiente».

«I nostri dati confermano un inquietante aumento nella frequenza degli eventi estremi – ha sottolineato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabriache si stanno verificando sul territorio della nostra regione. Tali eventi sono, infatti, passati da 61 alla fine del 2021 a 90 ad aprile 2023 subendo un incremento esponenziale».

«Ribadiamo l’urgenza e l’importanza – ha evidenziato – di incrementare gli interventi per limitare il rischio idrogeologico ed utilizzare competenze e risorse economiche e progettuali per mettere in sicurezza territori, persone ed attività economiche. Soprattutto occorre rispettare la natura ed i suoi elementi, agendo nell’ottica della prevenzione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici».

In Calabria quasi il 20 % del territorio regionale è in uno scenario di pericolosità elevata per le alluvioni. Si tratta di fenomeni naturali che sono stati amplificati a dismisura negli ultimi decenni a causa di due fattori specifici: il consumo di suolo e il cambiamento climatico, entrambi di origine antropica. Il nostro fragile territorio – cementificato e impermeabilizzato – non è più in grado di regolare l’anomala alternanza tra periodi di pioggia intensa e di siccità. In Calabria si è costruito troppo e troppo spesso in zone pericolose e inadatte ed in maniera abusiva e la nostra è una delle regioni con il più alto tasso di reati nel ciclo del cemento. (rcz)

 

Parretta (Legambiente): Problema gestione rifiuti in Calabria deve essere affrontato con serietà

La presidente di Legambiente CalabriaAnna Parretta, ha sottolineando come «il problema della gestione dei rifiuti in Calabria deve essere affrontato con serietà ed urgenza per la tutela dell’ambiente e per la lotta alla crisi climatica».

Ma non solo: «per la salvaguardia della salute di tutti i cittadini e per consegnare un futuro diverso alle giovani generazioni, ma anche per creare opportunità di lavoro significative nella nostra Regione», ha aggiunto Parretta, nel corso dell’incontro sul tema La transizione ecologica in materia di rifiuti: i cantieri calabresi, organizzata da Legambiente Calabria, con il supporto di Conai, ed in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro che ha ospitato l’evento.

«I rifiuti se correttamente gestiti – ha detto Parretta – rappresentano una preziosa risorsa. L’incontro all’Umg, cui seguiranno altri eventi sia all’Unical (Cs) che all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, organizzati con il supporto del Conai, si propone di individuare, insieme a tutti gli attori coinvolti, la direzione giusta per incrementare la raccolta differenziata di qualità e raggiungere gli obiettivi europei».

«Ci proponiamo, quindi – ha continuato – di aprire una riflessione approfondita sui cantieri dell’economia circolare attraverso la realizzazione, in Calabria, di un sistema impiantistico moderno ed efficiente, strutturato sulla gestione integrata dei rifiuti urbani e con una logica di filiera, basata sul criterio di prossimità che concretizzi, finalmente, i principi  contenuti nel Piano regionale dei Rifiuti aggiornato nel 2022  rimasti sinora, per molti aspetti, un esercizio teorico».

Nell’aprire i lavori, il presidente del circolo Legambiente Catanzaro, Andrea Dominijanni ha lanciato la proposta di istituire un tavolo di lavoro sull’economia circolare con la partecipazione del Comune di Catanzaro, della Regione Calabria, dell’Ateneo e di Legambiente:«Servirà per orientare chi cerca occupazione verso il lavoro green».

«L’idea è quella di poter utilizzare le competenze professionali – ha continuato – in materia ambientale ottenute attraverso un corso di laurea triennale come quello avviato dall’Umg o di un diploma superiore, negli istituti scolastici ad indirizzo ambientale. Tutto ciò al fine di un ingresso rapido nel mercato del lavoro».

I temi e gli obiettivi dell’incontro, illustrati dalla presidente di Legambiente Calabria, Anna Parrettahanno dato poi spazio al confronto con i diversi interventi in programma. Per Conai è intervenuta Maria Concetta Dragonetto, referente per i progetti nel Sud:«Il fatto che la corretta raccolta dei rifiuti in Regione sembri migliorata – ha detto – è un ottimo segnale: testimonia anche il fatto che la raccolta differenziata è sempre più un’abitudine radicata nei cittadini. Restano comunque grandi aree di miglioramento, in particolare a Crotone e Reggio Calabria, dove la raccolta deve crescere in qualità per facilitare il riciclo».

«E la Regione Calabria soffre ancora – ha concluso – come altre Regioni del Mezzogiorno, di una preoccupante carenza di impianti soprattutto per il trattamento della frazione organica».

Particolarmente significativo l’impegno dell’Umg di Catanzaro sui temi ambientali e sulla formazione dei futuri esperti in materia che andranno a svolgere i cosiddetti “Green Job”, all’interno dei laboratori di ricerca, di supporto alle aziende pubbliche e private, ecc. È il caso, infatti, del Corso di Studi in Scienze Biologiche per l’Ambiente, introdotto nell’anno accademico in corso, in cui, come illustrato dalla docente Stefania Bulotta, presidente del Corso di Studi, ha ottenuto l’introduzione dei tirocini curriculari già dal primo anno e l’aumento delle ore nelle attività di laboratorio.

«Un impegno, quello dell’Umg per l’ambiente, che si esplica anche nell’attività della RSU, la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, la cui finalità principale – come spiegato dalla docente dell’Umg, Maria Colurcio, delegato della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS) – è la diffusione della cultura e delle buone pratiche di sostenibilità, sia all’interno che all’esterno degli Atenei (a livello urbano, regionale, nazionale, internazionale), in modo da incrementare gli impatti positivi in termini ambientali, etici, sociali ed economici».

Sono intervenuti anche Pasquale Lepore, Officine sostenibili società benefit s.r.l. Nel corso della tavola rotonda, sono intervenuti anche Bruno Gualtieri, commissario Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria; Laura Moschella, sindaco di Gimigliano (“Comune Rifiuti Free” con la percentuale più alta in tutta la Calabria); Antonio Dominianni, dirigente settore ambiente del Comune di Catanzaro.

È stato Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, a tirare le fila del discorso ribadendo quanto «l’economia circolare sia sempre più un settore chiave – ha detto – capace di creare benefici per l’ambiente e al contempo nuove opportunità di sviluppo per un territorio. In questa fase cruciale di transizione e decarbonizzazione nei diversi settori, il messaggio trasversale è costruire innovazione attraverso la messa a terra di due asset principali: la gestione dei rifiuti e dei sistemi di raccolta e la rete impiantistica necessaria per infrastrutturare l’economia circolare».

«Le fondamenta su cui costruire e sviluppare questo modello di sviluppo – ha continuato – partono però da una corretta gestione dei rifiuti urbani, in termini sia di percentuale della raccolta differenziata – una condizione necessaria ma forse non più sufficiente per il raggiungimento degli sfidanti obiettivi a livello europeo – che di qualità della raccolta differenziata, propedeutica per ottenere il massimo tasso di riciclo dei materiali differenziati».

«Ma una corretta gestione – ha concluso – parte anche da ciò che accade nelle nostre case, con una buona raccolta differenziata e la riduzione di rifiuti indifferenziati che finiscono in discarica o incenerimento». (rcz)

 

Legambiente e Libera insieme nella Giornata della Memoria e dell’Impegno del 21 marzo

A Piazza Castello di Reggio Calabria si è svolta una cerimonia per ricordare tutte le vittime di mafia, promossa dal Circolo di Reggio Calabria “Città dello Stretto” di Legambiente insieme a Libera.

Un momento che ha visto la lettura dei nomi delle vittime di tutte le mafie, come di consueto, e che è stato dedicato in maniera particolare al vigile urbano Giuseppe Macheda e all’ispettore del lavoro Demetrio Quattrone. Barbaramente uccisi per avere adempiuto alle loro funzioni, rispettivamente nel 1985 e nel 1991, proprio a Reggio Calabria, le loro sono storie di ordinario coraggio in una città piegata allora dal clima mafioso e dal malaffare. Esempi di correttezza e rettitudine che meritano di essere ricordati sempre, per questo motivo in loro memoria sarà piantato un albero di ciliegio nello spazio verde della piazza.

Alla cerimonia hanno preso parte Elena Crucitti, referente di Libera, Daniele Cartisano, per il circolo reggino di Legambiente, Simona Spagna dell’Agesci, la viceprefetto Maria Stefania Caracciolo, il presidente della Corte d’Appello Bruno Muscolo.

Nella mattina a Palmi un altro momento importante, il ricordo di Giuseppe Bova, giornalista e ambientalista prematuramente scomparso lo scorso febbraio. In sua memoria, grazie alla sensibilità del Comune di Palmi e alla partecipazione della famiglia e degli amici, è stato piantato un albero di melograno in un terreno confiscato alla mafia, in contrada Scinà. Un piccolo gesto per una persona generosa e appassionata, che amava la Calabria e si dedicava alla sua difesa e valorizzazione.

Nel ricordo di tutti quelli che hanno sancito con la loro vita l’impegno per la bellezza, la verità e la giustizia, il circolo reggino di Legambiente continua le sue attività, accanto alle numerose realtà e alle persone che negli anni e oggi ancora ne condividono i valori e gli obiettivi. (rrc)

All’Università Magna Graecia l’incontro “La transizione ecologica in materia di rifiuti: i cantieri calabresi”

Giovedì 23 marzo, alle 9.30, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, è in programma l’incontro sul tema La transizione ecologica in materia di rifiuti: i cantieri calabresi, organizzato da Legambiente Calabria con il supporto del Conai.

L’iniziativa ha l’obiettivo di individuare, attraverso iniziative di supporto ai cittadini, alle aziende e alle istituzioni, proposte, indicazioni e soluzioni normative e tecnologiche che consentano l’incremento di una raccolta differenziata di qualità ed il miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti in Calabria.

Per farlo è necessario attivare circuiti virtuosi di economia circolare con un focus particolare sulle iniziative in atto per la transizione ecologica in materia di rifiuti. Da qui la necessità di Legambiente e Conai di offrire questa occasione attraverso tavoli di confronto fra tutti gli stakeholder, le Amministrazioni ed il mondo universitario.

All’incontro, che si terrà nell’aula P del Dipartimento di Scienze della Salute (corpo H, livello 0), prenderanno parte il magnifico Rettore dell’Umg, Giovambattista De Sarro; Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria; Andrea Dominijanni, presidente circolo Legambiente Catanzaro; Fabio Costarella, responsabile Progetti territoriali speciali Conai; Stefania Bulotta, Presidente del Corso di Studio in Scienze Biologiche per l’Ambiente dell’Umg; Egidio Bencivenni, direttore tecnico di Calabra Maceri; Pasquale Lepore, Officine sostenibili società benefit s.r.l. Nel corso della tavola rotonda, interverranno anche Bruno Gualtieri, commissario Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria; Laura Moschella, sindaco di Gimigliano (“Comune Rifiuti Free” con la percentuale più alta in tutta la Calabria); Antonio Dominianni, dirigente settore ambiente del Comune di Catanzaro; Maria Colurcio, docente dell’Umg, delegato della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS). Le conclusioni sono affidate ad Andrea Minutolo, responsabile scientifico Legambiente. (rcz)