di ANTONIETTA MARIA STRATI – Alla Calabria, ma a tutto il Mezzogiorno, serve «una vera cura del ferro», per le sue infrastrutture. Nel rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente, infatti, è emerso che c’è un abisso sui trasporti tra Nord e Sud tra ritardi infrastrutturali, i treni poco frequenti, le linee a binario unico, la lentezza nella riattivazione delle linee ferroviarie interrotte, chiuse e dismesse, e poi le risorse economiche inadeguate.
Un servizio che Legambiente ha definito «non paragonabile al resto del Paese», e che deve far riflettere il Governo sulla necessità di avviare quella che l’Associazione ha chiamato «vera cura del ferro», ossia prevedendo maggiori risorse economiche pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale (per acquisto e revamping dei treni) e 1,5 miliardi l’anno per realizzare linee metropolitane, tranvie, linee suburbane. Si tratta complessivamente di 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030, recuperabili dal bilancio dello Stato specialmente all’interno del vasto elenco di sussidi alle fonti fossili.
«L’Italia ha bisogno di aumentare sensibilmente il numero di passeggeri che viaggiano in metro e in treno, se vuole migliorare anche la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di CO2 come previsto dall’Accordo di Parigi», ha ribadito Legambiente, evidenziato come è il Mezzogiorno a pagare lo scotto di questo divario infrastrutturale. Un tema ben noto alla nostra regione: basti pensare all’elettrificazione della fascia jonica, alla Strada Statale 106 – conosciuta anche come strada della morte -, i treni vecchi o le linee a binario unico.
Ma, nonostante i problemi atavici, qualche intervento è stato fatto: nel Rapporto, viene rilevato come «sono state attivate e intensificate numerose tratte in Calabria. Le nuove integrazioni sono previste sia nel trasporto regionale che in quello nazionale».
«È stata intensificata – si legge – la tratta Crotone-Sibari (con fermate intermedie a Cirò, Cariati, Mirto-Crosia, Rossano e Corigliano Calabro) che avrà una coincidenza con il Frecciargento Bolzano-Sibari. Nel fine settimana diventa disponibile un Intercity al giorno in più (il sabato da Milano a Reggio Calabria e la domenica da Reggio Calabria a Milano). Altri treni a lunga percorrenza aggiunti saranno due coppie di Intercity al giorno da Roma alla Sicilia e una coppia di Intercity Notte da Milano alla Sicilia con fermate in Calabria. Inoltre, è stato portato a 16 il numero di frecce che collegano la Calabria a Roma».
«Sul fronte del trasporto regionale, invece – si legge – sono potenziati i collegamenti tra Reggio Calabria e Cosenza (passanti per la stazione di Paola) con ben 42 collegamenti, potenziati i collegamenti diretti tra Lamezia Terme e Reggio Calabria (passanti per la stazione di Tropea) attraverso ben 14 collegamenti in più. Inoltre, è stato riattivato il servizio metropolitano tra le stazioni di Villa San Giovanni e Melito Porto Salvo, con 21 collegamenti e una maggiore frequenza per l’area metropolitana di Reggio Calabria. Anche le tratte che interessano la fascia ionica sono state potenziate, come, ad esempio, la tratta Lamezia Terme-Sibari e la tratta Lamezia Terme-Catanzaro Lido che presenterà maggiori possibilità di interscambio. Inoltre, sono attivate tratte dirette tra Lamezia Terme e Reggio Calabria nella fascia ionica e un collegamento tra Lamezia Terme e Locri».
«Per la Calabria, le reali prospettive di sviluppo socio-economico rispettoso dell’ambiente passano necessariamente attraverso forme di mobilità eco-compatibili come il trasporto ferroviario», ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria.
«Nella nostra regione servono treni moderni – ha rilanciato – l’adeguamento delle linee, collegamenti veloci e frequenti, la razionalizzazione degli orari per facilitare le coincidenze, la creazione di sempre maggiori possibilità di portare la bici al seguito. Ad essere urgente è anche la necessità di avere stazioni nuove ed accoglienti a misura di viaggiatore, con particolare riguardo ai diversamente abili, anziani, persone con ridotta mobilità o famiglie con passeggini che spesso sono costretti ad affrontare disagi a causa del persistere di barriere architettoniche come accade a Lamezia Terme, per esempio, una delle principali stazioni calabresi dove non sono in funzione gli ascensori per accedere ai binari da cui partono i treni dell’alta velocità».
Ma non è solo un problema calabrese: nel Mezzogiorno, poi, ha rilevato l’Associazione, circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate.
Sul fronte investimenti, negli undici anni dal 2010 al 2020, sono stati fatti più investimenti sulle infrastrutture per il trasporto su gomma che su ferro. Stando ai dati del Conto nazionale trasporti, dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 km di autostrade, a cui si aggiungono migliaia di chilometri di strade nazionali, a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 km di tranvie. Oltre a questi dati, Legambiente nel rapporto Pendolaria 2023 torna anche con la classifica delle 10 linee peggiori d’Italia. Nelle prime posizioni le Ex linee Circumvesuviane, la Roma-Lido e Roma Nord-Viterbo, la Catania-Caltagirone-Gela, a seguire Milano-Mortara, Verona-Rovigo e Rovigo-Chioggia, Genova-Acqui-Asti, Novara-Biella-Santhià, Trento-Bassano Del Grappa, Portomaggiore-Bologna, Bari-Bitritto.
C’è bisogno di «una cura per il Sud», ossia: «più treni per il Meridione – suggerisce Legambiente – elettrificazione e collegamenti più veloci potenziando in primis il servizio Intercity e integrando l’offerta di servizio lungo le direttrici principali, per garantire almeno un treno ogni ora, attraverso un servizio cadenzato e nuovo materiale rotabile».
«Per Legambiente – si legge nella nota – gli assi prioritari su cui intervenire sono: Napoli-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria, Salerno-Taranto, Napoli-Bari, Palermo-Messina-Catania. Servono poi collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola e va potenziato il trasporto via nave».
Per Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, «Il processo di riconversione dei trasporti in Italia è fondamentale. Lo è se vogliamo rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050, visto che il settore è responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti italiane che, in valore assoluto, sono addirittura cresciute rispetto al 1990. Per questo è fondamentale invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per la “cura del ferro” del nostro Paese, smettendola di rincorrere inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina».
«Occorre investire in servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce – ha proseguito – in linee ferroviarie urbane, suburbane ed extraurbane, potenziando il servizio dei treni regionali e Intercity. Al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini l’associazione ambientalista chiede di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere».
«Un punto dolente per il trasporto ferroviario – viene spiegato – è l’inadeguata attenzione da parte delle Regioni. Nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019.Dall’altro lato c’è da dire che con la legge di Bilancio 2022 è stato istituito il Fondo per la strategia di mobilità sostenibile che ha una dotazione di 2 miliardi di euro per ridurre le emissioni climalteranti del settore dei trasporti con diverse azioni, tra cui il rinnovo del parco circolante dei mezzi pubblici e la realizzazione di infrastrutture digitali per la gestione e il monitoraggio del traffico ferroviario».
«Inoltre – continua Legambiente – sono state previste risorse per il Fondo per il Trasporto Pubblico Locale, aumentato per il 2022 di 100 milioni di euro e per il 2023 di ulteriori 100 milioni, rendendo strutturali gli incrementi, costanti fino al 2026, anno in cui il valore totale arriverà a poco meno di 5,3 miliardi (è un segnale positivo, anche se saremo ancora sotto di 900 milioni rispetto al 2009). Tra le altre buone notizie del 2022 ci sono anche i nuovi finanziamenti per l’acquisto di treni regionali e l’ammodernamento delle linee locali. Tutte risorse importanti, ma per Legambiente occorre fare uno sforzo aggiuntivo stanziando 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030».
Un timido miglioramento viene rilevato sul numero dei passeggeri: Trenitalia ha dichiarato un aumento complessivo di oltre il 40% dei passeggeri rispetto al 2021, con punte del 110% per quelli ad Alta Velocità. In aumento anche il numero di treni regionali in servizio, considerando tutti i gestori, anche se con notevoli differenze tra le Regioni: 2.788 i treni regionali in circolazione in Italia nel 2021, contro i 2.666 del 2020. Tra le altre note positive, grazie alle risorse europee, nazionali, regionali e di Trenitalia, attraverso i contratti di servizio, è in corso il rinnovo del parco dei treni circolanti: nel 2021 l’età media si è attestata a 15,3 anni, in leggero calo rispetto ai 15,6 anni del 2020 (nel 2016 era 18,6 anni).
Infine, nel rapporto viene evidenziato come «uno degli aspetti più positivi degli ultimi anni riguarda gli interventi di elettrificazione della rete e di installazione di sistemi di controllo della sicurezza (SCMT, sistema controllo marcia treno, e SSC, sistema supporto condotta). Sono previste risorse sia nel Pnrr sia nel contratto di programma di RFI. Gli interventi interessano complessivamente oltre 1.700 km di rete, e porteranno la quota di rete elettrificata in Italia dal 70,2% del 2022 ad oltre il 78% a fine interventi. Si tratta di uno degli indicatori in cui l’Italia si mostra in vantaggio rispetto ad altri grandi Paesi europei. Ad esempio, in Spagna la rete elettrificata è circa il 63% del totale, mentre in Germania questa quota è ferma a poco più del 60%». (rrm)