“AGIRE” E NON AFFIDARSI ALLA SPERANZA:
LA RIGENERAZIONE PASSA DALLA CULTURA

di ETTORE JORIO – Il peggiore dramma che si vive nella nostra regione è stato sempre quello di vedere la povertà tramandata da padre in figlio. Ciò fatta eccezione per quei figli che sono riusciti ad emergere grazie alle loro cocciute capacità. A raggiungere mete ambite, tanto da vederne qualcuno oggi alla testa di multinazionali importanti americane (solo per fare due esempi General Electric Company e Amazon). Ma anche per quelli – e questo è un fatto gravissimo – passati dall’onestà intellettuale dei padri – di frequente monoreddito con familiari a carico – al carrierismo senza scrupoli.

Alcuni non si sono neppure fermati lì, hanno intrapreso una vita borderline e anche oltre. Insomma, brutti esempi quelli dei giovani che devono vincere, senza sgobbare sui libri, senza sudore e senza i necessari sacrifici.

Orribili quei “giovani e forti” che si mettono in gara ricorrendo a mezzucci per guadagnare uno scranno negli staff, in strutture e nelle compagnie pubbliche e private dei decisori. Così facendo si  è venuta a creare una popolazione a sé stante, formata da una sorta di dannoso maggiordomismo, spesso venduto con curricula costruiti con pseudo-intellettualismi, facili ad implementare via web, così come le lauree acquisite online con facilità estreme. Carriere, queste, di sovente colposamente applaudite da padri e madri, felici di vedere un figlio che conta, con il telefonino pieno zeppo di selfie da esibire a cominciare dai propri coiffeur.

Non è così che si potrà rigenerare una regione alla deriva da sempre. Non è così che i giovani si entusiasmano per la propria terra d’origine. Così la si manda ad infrangersi sugli scogli, senza registrare alcun superstite.

Un esodo provocato da politiche da macello

Troppi i giovani che vanno via. Tantissimi (ahinoi) quelli che con la borsa piena di titoli sudati e guadagnati con i quattrini dei genitori che hanno scelto l’impegno sulla cultura dei figli e nipoti alle stravaganze, ma anche alle cose serie. Molti hanno dedicato a ciò persino i soldi necessari alle loro cure dentarie e al vestiario che avrebbero meritato, pur di fare studiare figli e nipoti.

Risultati per tanti, vicino allo zero: sono rimasti da soli. Molti, così impoveriti, visibili di prima mattina a rovistare nei resti dei fruttivendoli, che di ciò sono autentici testimoni.

La Calabria è terra sana, che ha generato nei secoli gente perbene, generosa, creativa. Essa va reimparata non come la vediamo, così come ridotta oggi bensì come può essere ripresa. Frequentando un percorso difficile e apparentemente impossibile. Ma possibile. Perché onesto e doverosamente dovuto ai nostri natali e quelli che in un modo o nell’altro abbiamo provocato. L’impegno sarà improbo e impegnativo. Occorrerà cominciare ad evitare – per esempio concretizzante – sindaci e assessori che non sanno fare una O con un bicchiere, ma che sanno spesso fare del male alle casse degli enti e alla gente che li ha votati.

La Calabria è affetta da cancro. Basta non liquidarlo come incurabile e darsi da fare. Essa va letta nel suo potenziale reale: anime che la abitano e la terra che le nutre.

L’invito proviene dalla cultura che se ne è innamorata

Un insieme tanto attrattivo da essere riscoperto e rigenerato. Come lo ebbe a conoscere Norman Douglas in Old Calabria, edito in italiano nel 1967. Leggendolo e soprattutto guardando il suo ricco album di foto per capire cosa ci siamo giocati nella più atroce incoscienza, puntando alla slot che la politica ci ha somministrato come minestra quotidiana.

Douglas era un grande anticonformista straniero e con una cultura gigante, sia teorica che vissuta. Odiava la stupidità dei ricchi, il loro sciatto disordine. Amava la gente povera che trovò in Calabria viva, autentica molto meglio degli “inamidati” del nord.

Non solo. In un tale convincente processo conoscitivo di chi eravamo, con l’obbligo di ritornare ad esserlo, necessita guardare con attenzione le foto di Gerhard Rohlfs (1922-1924), che si ha la fortuna di ammirare nella “Calabria contadina”, edita grazie alla Regione Calabria presieduta da Agazio Loiero, definita “uno scavo linguistico” del primo Novecento.

E ancora. Sarà fondamentale leggere, uno dei grandi di tutti i tempi, grande amico di un calabrese eccellente, il palmese Leonilda Repaci (il nostro Sciascia): Pier Paolo Pasolini. Il poliedrico eccellente, al di là della cruda critica su Cutro sulla quale si prese una querela dei cutresi, diede nel 1959 una descrizione della Calabria e dei calabresi stupendamente realista, girata con una Fiat 1100. Così come la ebbe a conoscere nei suoi viaggi del 1959 e 1964, tanto da fargli scrivere in La lunga strada di sabbia una denuncia che i giovani devono portare in tasca tutti i giorni: «In Calabria è stato commesso il più grave dei delitti, di cui non risponderà mai nessuno: è stata uccisa la speranza pura, quella un po’ anarchica e infantile di chi vivendo prima della storia ha ancora tutta la storia davanti a sé». Con tutto il rispetto per l’Uomo che insegnò a tanti con suoi scritti (Paese Sera 27-28 ottobre 1959, Lettera sulla Calabria) e le sue regie: dobbiamo fare di tutto per smentirlo.

Il Pier Paolo nazionale urlava in proposito ad un calabrese indifferente: «Se volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Non è con la retorica che si progredisce».

Qualcuno di mia conoscenza liceale mi avrebbe detto: prendi e porta a casa!

Riprendiamoci la speranza e la dignità di processare politicamente i responsabili del massacro sociale, di cui è stata vittima la terra che fu dei nostri padri ed è nostra molto de residuo. Ripartiamo! (ej)

FAR SCOPRIRE IL BELLO DELLA CALABRIA
LA MISSION CUI PUNTARE PER IL RILANCIO

di GIUSY STAROPOLI CALAFATISe provassimo a diffondere bellezza, la Calabria, potrebbe essere finalmente una terra migliore di com’è? Praticare il bello, è un esercizio che sappiamo fare, ma fare bene, noi calabresi? Sul primo quesito lasciamo la risposta aperta, su quello seguente invece, la risposta esatta è: non proprio. Ma possiamo certamente imparare.

Migliorare le nostre performance, fino a essere straordinariamente bravi. In fondo non si tratta d’altro se non di diffondere la bellezza di cui la Calabria è già da principio dotata. Non sarebbe forse questa una buona pratica di marketing strategico per la Regione? 

La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è certamente il dubbio che fare bene e fare meglio (vivere rettamente) sia inutile. Corrado Alvaro affronta già nel 1948, e con sostenuta sollecitudine, la morale del dubbio, ma la verità è che a certe latitudini soprattutto, questo dubbio assale ancora. Oggi come allora. Serve dunque un’analisi autocritica che ingaggi nei calabresi la capacità di fare del bello il proprio massimo bene. 

Risorse limitate? Concentriamole sulle migliori opportunità.

Bene il food che fa provare gusto; ottima l’enogastronomia che rende onore ai sapori e agli odori, ai prodotti tipici del territorio; straordinari il mare e la montagna… Un mood che però è limitatamente sufficiente se si tratta di riuscire a essere competitivi con il resto del mondo. Dove il gioco lo fa sì la domanda, ma la soluzione è tutta nell’offerta.

Serve, al centro di tutto questo principio di cose, un dettaglio ulteriore a fare la differenza. E cioè una formula “strategica” in grado di far emergere il particolare nell’universale. 

Il mare non ci privilegia più. È stralucente alle Hawaii e pure in Liguria, non è dunque questo il particolare oggetto della nostra ricerca. La montagna non ci avvantaggia particolarmente neppure, è purissima in Svizzera e anche in Piemonte, dunque nulla di cui approvvigionarsi neanche qui. Il buon cibo, non è più un esclusivo segno di riconoscimento, vi sono eccellenti vie del gusto anche in Emilia e in Toscana. Perché allora far virare verso Sud, in Calabria, il flusso turistico italiano, europeo ed estero?

Ecco la necessità di una strategia di sviluppo mirata. 

Della Calabria, in termini di bello, nel contesto di una bellezza più grande e obiettivamente diffusa ovunque, si parla fin troppo poco. Un dato reale, da impianto statistico, secondo il quale la regione emerge maggiormente per fatti di cronaca nera rispetto alle pluriqualità possedute, in grado, tra le altre cose, di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione. La Calabria, nonostante le sue origini magnogreche, la spettacolarità dei bronzi di Riace, la genialità del teorema di Pitagora e il valore leggendario del tesoro di Alarico, resta tra le regioni italiane una misconosciuta terra d’Europa. Ovviamente al netto di tutto il bello che ha. 

Politiche errate, o piani di sviluppo poco credibili? Propagande troppo campanilistiche, o incapacità di orientamento verso la progressione nazionale e internazionale?

Certamente a influire su questo stallo della regione, pesano le troppe inconcludenti approssimazioni che fanno capo alla politica, ma anche e soprattutto ai calabresi della società civile conniventi alla politica stessa, tutti insieme fedeli alla leggenda metropolitana “u ciucciu chi vola”. Non sarebbe tempo di abbandonare il carattere di mitomani ereditato dai greci e smettere di raccontare favole su una vita in realtà disadorna?

I flussi turistici, negli ultimi decenni, hanno aumentato in maniera esponenziale le loro esigenze, conseguenza della progressione dello sviluppo economico e sociale a livello globale. Le migliaia di chilometri che distanziano la Calabria dal resto d’Europa, devono pertanto poter corrispondere al massimo dei servizi del bello, affinché da ovunque si decida di raggiungere una meta così lontana. Come? Con la capacità dei singoli di fare gruppo e quella del gruppo di trasformarsi in insieme.

La Calabria è bellissima. E i luoghi di cui dispone sono davvero tanti e soprattutto vari. Vanno semplicemente esposti. Messi in mostra. Saputi vendere. Come si fa coi frutti, l’olio, il pane, il bergamotto e il cedro. La Calabria ha una miriade di luoghi che sono musei a cielo aperto, set naturali gratuiti dove tutti potrebbero girare il film della propria vita, o magari realizzarvi dei sogni. La nota che stona è che però su questi stessi luoghi idilliaci, a giocare a svantaggio è l’oscurantismo, cioè l’essere conosciuti troppo poco, a volte per niente. 

Ma non è che si ha forse troppa paura di correre il rischio che la Calabria rubi il cuore agli ospiti in visita nei suoi meravigliosi luoghi? Anche se fosse, e lo rivelo proprio qui, è esattamente questo l’elemento segreto della strategia.

La nostra terra, e ne fa memoria l’inglese Edward Lear con i suoi artistici bozzetti, ha bisogno di essere mostrata per quel che è: il diamante grezzo d’Europa, lo straordinario itinerario italiano.

Una nuova proposta legata ai luoghi, in tutte le accezioni del termine. Alle pietre, alle vie, ai paesi. Con sottotitoli tratti dalla letteratura in cui gli stessi luoghi, oltre la materia di cui sono fatti, hanno un’anima viva. Sono essi il contenitore di tutto ciò che il viaggiatore cerca. Ma affinchè la promozione convinca, arrivi al livello della persuasione, il primo viaggio spetta ai calabresi, la cui conoscenza dei luoghi a cui appartengono è pigra e misera. Una ricognizione quindi destinata a confluire, a fine percorso, in quella agognata strategia di sviluppo regionale a cui abbiamo accennato nella parte iniziale. 

Per avere a disposizione una giusta chiave di lettura con cui far entrare ospiti e visitatori già a distanza, direttamente nel cuore della Calabria, affinchè questa possa rapirgli il loro, non resta che avviare un processo di interventi. Il primo, e mi sia concesso, sia riservato a Leonida Repaci, con l’augurio che la chiave che lo scrittore di Palmi è disposto ad offrirci, corrisponda, e corrisponderà, al dettaglio che fa la differenza nell’avvio di una forte e immediata strategia di marketing regionale che, auspichiamo, una volta attuata, si dimostri in grado di aprire le porte aperte di questa terra al mondo intero. 

Quando fu il giorno della Calabria Dio […] Diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, allo Stretto il pescespada, a Scilla le sirene, a Chianalea le palafitte, a Bagnara i pergolati, a Palmi il fico, alla Pietrosa la rondine marina, a Gioia l’olio, a Cirò il vino, a Rosarno l’arancio, a Nicotera il fico d’India, a Pizzo il tonno, a Vibo il fiore, a Tiriolo le belle donne, al Mesima la quercia, al Busento la tomba del re barbaro, all’Amendolea le cicale, al Crati l’acqua lunga, allo scoglio il lichene, alla roccia l’oleastro, alle montagne il canto del pastore errante da uno stazzo all’altro, al greppo la ginestra, alle piane la vigna, alle spiagge la solitudine, all’onda il riflesso del sole. Diede a Cosenza l’Accademia, a Tropea il vescovo, a San Giovanni in Fiore il telaio a mano, a Catanzaro il damasco, ad Antonimina il fango medicante, ad Agnana la lignite, a Bivongi le acque sante, a Pazzano la pirite, a Galatro il solfato, a Villa San Giovanni la seta greggia, a Belmonte il marmo verde. Assegnò Pitagora a Crotone, Orfeo pure a Crotone, Democede pure a Crotone, Almeone pure a Crotone, Aristeo pure a Crotone, Filolao pure a Crotone, Zaleuco a Locri, Ibico a Reggio, Clearco pure a Reggio, Cassiodoro a Squillace, San Nilo a Rossano, Gioacchino da Fiore a Celico, Fra’ Barlaam a Seminara, San Francesco a Paola, Telesio a Cosenza, il Parrasio pure a Cosenza, il Gravina a Roggiano, Campanella a Stilo, Mattia Preti a Taverna, Galluppi a Tropea, Gemelli-Careri a Taurianova, Guerrisi a Cittanova, Manfroce a Palmi, Cilèa pure a Palmi, Alvaro a San Luca, Calogero a Melicuccà, Rito a Dinami. Donò a Stilo la Cattolica, a Rossano il Patirion, ancora a Rossano l’Evangeliario Purpureo, a San Marco Argentano la Torre Normanna, a Locri i Pinakes, ancora a Locri il Santuario di Persefone, a Santa Severina il Battistero a Rotonda, a Squillace il Tempio della Roccelletta, a Cosenza la Cattedrale, a Gerace pure la Cattedrale, a Crotone il Tempio di Hera Lacinia, a Mileto la zecca, pure a Mileto la Basilica della Trinità, a Santa Eufemia Lametia l’Abbaziale, a Tropea il Duomo, a San Giovanni in Fiore la Badia Florense, a Vibo la Chiesa di San Michele, a Nicotera il Castello, a Reggio il Tempio di Artemide Facellide, a Spezzano Albanese la necropoli della prima età del ferro. Poi distribuì i mesi e le stagioni alla Calabria.[…] (Leonida Repaci)

Il Signore ha distribuito in Calabria più bellezza che altrove, vogliamo, noi calabresi, almeno a lui, rendere conto di ciò che ne abbiamo saputo fare? Non sono richieste strategie. (gsc)

PALMI (RC) – Domenica s’inaugura l’opera dedicata a Cilea e Repaci

Domenica 10 aprile, a Palmi, a Villa Mazzini, s’inaugura l’opera dedicata a Francesco CileaLeonida Repaci, realizzata dall’artista Achille Cofano e ideata e fnanziata dall’Associazione Prometeus, guidata da Saverio Petitto, che è anche promotrice dell’evento, dal titolo Immortali nel ricordo.

Due anni di intenso lavoro per l’artista e per la Prometeus, fino al compimento di un’opera di introspezione e ispirazione intrisa di sentimento, impressa con l’antica tecnica a cera persa nel bronzo presso la pregiata Fonderia Giampaoli di Roma.
Il maestro e lo scrittore, che hanno dato lustro alla cittadina calabrese in tutto il mondo, con la loro sublime arte, le loro opere e il loro intelletto, finalmente insieme nella storia e nella memoria.

Il compositore Francesco Cilea (Palmi, 23 luglio 1866 – Varazze, 20 novembre 1950) e lo scrittore Leonida Rèpaci (Palmi, 5 aprile 1898 – Marina di Pietrasanta, 19 luglio 1985) sono infatti il simbolo delle radici culturali di Palmi, parte integrante della struttura sociale della comunità, vivi con le loro idee e le loro visioni nel dibattito contemporaneo.

«Con questo progetto, abbiamo colmato una lacuna nella memoria della nostra città – ha dichiarato Saverio Petitto – e ne siamo veramente orgogliosi». «Questo periodo storico difficile – sottolinea il Presidente della Prometeus – ci ha dato un nuovo impulso a ripartire dalle nostre radici, a rinforzarle per proiettarci su orizzonti di speranza e di fiducia per la nostra terra e per l’intera comunità umana».

Il monumento si avvale dell’autorizzazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. L’Associazione ha avuto cura di riqualificare l’intera area della Villa comunale, che ospiterà l’opera, dando vita a uno spazio incantevole e suggestivo, immerso nella disarmante bellezza di questa terrazza sul mare, nel cuore della Costa Viola: un luogo magico e particolarmente caro ai due personaggi finalmente immortalati in un dialogo eterno. L’investimento economico complessivo messo in campo dalla Prometeus è pari a circa 70mila Euro, senza l’impiego di fondi pubblici, ma attraverso la raccolta del 5xmille, le libere donazioni e la raccolta fondi derivanti dalla vendita delle proprie opere editoriali.

Alla cerimonia di inaugurazione, interverranno insieme al presidente Petitto e al sindaco di Palmi Giuseppe Ranuccio, rappresentanti istituzionali della Regione Calabria e della Città Metropolitana di Reggio Calabria, e delle città di Varazze e Viareggio, luoghi di adozione dei due intellettuali calabresi. L’evento sarà arricchito da brevi testimonianze, interventi musicali e declamazioni di versi. (rrc)

Leonida Repaci. L’opera omnia a cura della Pellegrini Editore

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI –  La letteratura salverà Calabria? Se non la Calabria intera, una bella parte di calabresi certamente sì. E l’augurio è che questi siano i giovani. Le forza nuove delle comunità, le menti pensanti della vita che in esse pullula, i soli in grado di garantire un futuro alle proprie terre natie.

Dopo Saverio Strati – ripubblicato dalla casa editrice Rubbettino – è il turno di Leonida Repaci

Reggino, di Palmi, tra i più grandi scrittori della letteratura italiana del ‘900. Ma anch’egli con un destino comune a quello degli altri autori calabresi novecenteschi, un patrimonio librario a tutt’oggi difficile da reperire. 

Se ripubblicare è più impegnativo che pubblicare, serve coraggio oltre che ingegno. E ripubblicare certi autori, diventa questione di responsabilità. E la Calabria ne ha una immensa nei confronti dei suoi scrittori. Leonida Repaci va urgentemente ripubblicato. 

Ma chi è disposto a prendere su di sé un impegno così grande? 

Walter Pellegrini, titolare della Luigi Pellegrini editore di Cosenza, attiva in Calabria dal 1952. 

Lasciare che Repaci rimanesse introvabile per troppo tempo ancora, e i suoi scritti fossero da pochi eletti conosciuti, e dalle nuove generazioni ignorate, sarebbe stata un torto, e non da poco, che non ci saremmo potuti perdonare nessuno. Così Walter Pellegrini espia il peccato di una Calabria che se non recuperata rischia di perdersi definitivamente. Un’occasione straordinaria con cui l’editore, ripubblicando Repaci, decide di celebrare i settant’anni di attività della casa editrice.  Un continuo impegno per la cultura, un elogio  alla letteratura.

Lo scorso 9 novembre 2021, nella bella sede della casa editrice cosentina si è riunito il Comitato Tecnico Scientifico, composto dal giornalista e scrittore Arcangelo Badolati, Pino Bova scrittore-poeta e presidente del Circolo Culturale Rhegium Julii di Reggio Calabria, Rocco Militano presidente dell’Associazione “Amici Casa della Cultura Leonida Repaci” di Palmi e del Club Unesco palmese, nonché pronipote di Repaci e Natale Pace scrittore e saggista che di Repaci è stato amico e studioso della vita e delle opere. CTS completato dallo stesso Walter Pellegrini che ha voluto essere concretamente dentro il Progetto, e dal giornalista della Pellegrini editore Francesco Kostner.

Walter Pellegrini ha confermato l’intenzione di ristampare tutte le opere, che avranno una unica veste editoriale, differenziata nei colori per poesia, narrativa, saggistica, ecc., al ritmo probabile di un volume ogni tre mesi. La ristampa non terrà conto del dato cronologico di pubblicazione, mentre il Comitato ha deciso di affidare ogni volume da ristampare a una personalità della cultura che ne curerà la presentazione.

In tal senso sono stati avviati i primi contatti riscontrando entusiastiche adesioni da parte del poeta Dante Maffia, del giornalista del TG2 e vaticanista Enzo Romeo, dall’attore-scrittore Peppino Mazzotta e di tanti altri. Il Comitato Tecnico Scientifico ha deciso di far coincidere il 21 febbraio, data del compleanno del fondatore dell’azienda Luigi Pellegrini, con l’uscita ufficiale del primo volume inedito di Repaci: L’amore della mamma che contiene il testo pieno di pathos della sua auto difesa al processo del 1925-26 per i fatti della Varia di Palmi, che il 30 agosto 1925 avevano causato la morte di Rocco Gerocarni e il ferimento di altri tre palmesi. Repaci, che già era assurto a fama nazionale per avere nel 1921 (a 23 anni) difeso e fatto assolvere uno degli attentatori anarchici del Diana, ottenne dal suo legale Lodovico Fulci di autodifendersi. La prefazione a questo primo libro sarà a cura di Natale Pace. 

Leonida Repaci è stato poliedrico scrittore, giornalista, attivista politico, antifascista attivo durante la resistenza romana. La sua imponente presenza di intellettuale a tutto tondo ha per molti aspetti caratterizzato il secolo breve. Ma dopo la morte, nel 1985, poche e tutte vaghe sono state le iniziative per riconoscere al grande palmese il posto che gli spetta nel panorama letterario e giornalistico del secolo scorso.

Il Comitato Tecnico Scientifico ha auspicato che non solo la Calabria, ma tutto il Paese apprezzi questo imponente impegno culturale. Occorre superare il gap della sudditanza culturale della Calabria e del Sud, i cui autori vengono letti poco nelle scuole e non vengono inseriti nei piani formativi scolastici.

Un progetto che rientra a pieno nelle finalità del Manifesto Pubblico presentato al Ministero dell’Istruzione dalla scrittrice Giusy Staropoli Calafati, coadiuvata da tantissimi scrittori, intellettuali, professionisti, docenti, sindaci, librai, ecc…,  con il quale viene chiesta un’urgente rielaborazione delle linee guida suggerite alla scuola riguardo lo studio degli autori italiani del ‘900, affinché al fianco dei siciliani Verga e Pirandello, vengano iscritti a regime, anche i nomi dei geni letterari calabresi. Almeno dei più significativi. È in ballo la crescita culturale, civile e politica del paese.

Agli studenti italiani deve essere riconosciuto il diritto allo studio di autori del calibro di Repaci, Alvaro, Strati, La Cava, Perri…; leggere le loro opere, oltre che contribuire alla formazione personale dell’individuo, consentirà a ognuno di loro di non essere colti dal dubbio che vivere rettamente sia inutile, processando, in modo positivo, la realtà in cui tutti noi viviamo, cercando di cambiarla. Insomma essere cittadini attivi e non giovani rassegnati. 

L’impegno c’è, i libri pure. Tocca alla scuola mettere a disposizione un buon pubblico di lettori.

L’alba della Calabria sarà con la cultura. (gsc)

 

 

L’OPINIONE / Sergio Dragone: E se Augias avesse ragione?

di SERGIO DRAGONE – E se Corrado Augias avesse ragione? E se, al netto di frasi forti capaci di scatenare la proverbiale permalosità dei calabresi, la sua denuncia-shock avesse realmente il potere di provocare un moto di consapevole autocritica, tale da evitare l’infausta previsione (“la Calabria è una regione perduta, irrecuperabile”)?

La reazione sdegnata alle parole di Augias era largamente prevedibile. A nessuno piace vedersi rinfacciare i propri difetti. Ma se la Calabria occupa stabilmente l’ultimo posto in Europa come qualità della vita, se la sanità calabrese è classificata come la peggiore d’Italia, se la criminalità afferma la propria supremazia anche nei campi della politica, delle professioni e dell’imprenditoria, qualche dubbio sulla posizione di Augias è legittimo. Un conto sono l’orgoglio e l’identità, valori sicuramente preziosi; un altro conto è la presa di consapevolezza della gravità di una condizione che pone la nostra terra quasi ai margini.

Con questo, sia beninteso, non intendo minimamente giustificare Augias o, peggio, schierarmi al suo fianco. Dico solo che le sue dure parole fanno riflettere, oltre che fare male.

Peraltro, non è la prima volta che sulla Calabria vengono espressi giudizi taglienti. Agli inizi dell’Ottocento, un funzionario napoleonico, tale Augustin Creuzè de Lesser, scrisse che L’Europe finit à Naples et même elle y finit assez mal. La Calabre, la Sicile, tout le reste est de l’Afrique. Risparmiamoci la traduzione.

Mi vengono in mente almeno due circostanze più recenti. La prima è il reportage di Giorgio Bocca del 1992, intitolato “Calabria Aspra”, in cui il grande giornalista piemontese paragonava la Locride al Vietnam, con la sola differenza che «lì la guerra è finita, mentre qui la guerra sembra non finire mai». Anche in quell’occasione, ci fu una mezza rivoluzione contro la leggendaria “penna” di Repubblica.

La seconda è l’irriverente “comizio” di Antonello Venditti durante un concerto in Sicilia nel 2009, in cui l’autore di Sotto il segno dei pesci si chiedeva provocatoriamente: «Ma perché Dio ha creato la Calabria». Aggiungendo: “«speriamo che facciano il ponte sullo Stretto, così la Calabria ha una ragione di esistere». Apriti cielo! Le canzoni di Antonello sparirono dalla programmazione di tutte le radio libere della regione.

Disprezzo etnico? Razzismo? Oppure un colpo di frusta per “costringere” le coscienze a riflettere, a fare autocritica, a fare tesoro di errori imperdonabili? Lascio ad ognuno il peso di una risposta esaustiva. Le parole di Augias fanno male. Personalmente, pur facendo fatica ad accettarle, preferisco pensare e riflettere sui nostri errori collettivi, sulla pesante responsabilità di ognuno di noi di avere contribuito a questa immagine devastante della terra che diciamo di amare. Preferisco pensare (e sperare) che la profezia di Augias non si realizzerà, che la nostra terra – come ha scritto Leonida Repaci in Calabria grande e amara– raggiungerà la sua felicità, magari con più sudore, ma la raggiungerà. E preferisco applicare alla Calabria un passo della poesia rap letta da Amanda Gorman alla cerimonia di insediamento del presidente Joe Biden: «Sorgeremo dal Sud inondato di sole. Ricostruiremo, ci riconcilieremo, guariremo insieme». (sd)