NELLE INFRASTRUTTURE LA CALABRIA NON
È COMPETITIVA: IL GAP È SEMPRE PIÙ GRAVE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria non è competitiva a livello infrastrutturale. Non è una novità ma, a certificare questo pesante gap, il recente Rapporto dell’Osservatorio di Confcommercio Trasporti presentato all’8° Forum Conftrasporto-Confcommercio, assieme a uno studio sulle infrastrutture realizzato da Svimez per Conftrasporto.

La nostra regione, infatti, ha perso cinque posizioni rispetto al 2019, posizionandosi 139esima con un modesto 73,8. Un dato che deve far preoccupare, se si considera che l’indice di competitività delle regioni europee è un indicatore di benchmark europeo basato sul criterio di funzionalità delle reti. Esso, infatti, misura l’accessibilità alle infrastrutture, la capacità di ridurre le distanze effettive per spostamenti di persone e merci piuttosto che la pura dotazione.

Si tratta, dunque, dell’ennesima dimostrazione del grande limite, a livello infrastrutturale, di cui la Calabria è “vittima”. Strade difficili da percorrere, aree interne sempre più isolate e pochi collegamenti con i treni. Un insieme di criticità che, nel loro insieme, delineano un quadro sconfortante. Nè deve consolare che, nel report, l’Italia stessa, rispetto al 2019, ha perso quattro posizioni.

Nella sua relazione il direttore della Svimez, Luca Bianchi, ha parlato di una «sotto-dotazione al Sud e di una congestione al Nord».

«In rapporto alla superficie, la dotazione del Sud è superiore al Centro-Nord per strade di interesse nazionale (13,2 km/100 km2, 6,5 per il Nord e 9,3 per il Centro), allineata per strade regionali e provinciali, ma molto inferiore per rete autostradale (1,87 km/100 km2, 3,29 al Nord e 2,23 al Centro)».

«Fanno relativamente meglio Campania, Abruzzo, Molise (non per autostrade), Puglia e Sicilia. Sottodotate Sardegna (nessun km di autostrada) e Basilicata (autostrade marginali)», ha detto ancora Bianchi, tornando a parlare del divario Nord-Sud: «c’è una sottodotazione di binari nel Mezzogiorno, specialmente nell’alta velocità».

Nel Mezzogiorno, infatti, sono solo stati sviluppati 5.717 km su una lunghezza complessiva dei binari di 7.528 km contro gli 11.046 km sviluppati nel Centro-Nord e i 16.032 km di binari. Male anche nell’alta velocità: al Sud ci sono solo 181 km, di cui il 21,4% sono linee fondamentali e linee di nodo, mentre il 58,1% è la rete elettrificata e il 31,7% p la rete a doppio binario. Inutile dire che, al Centro Nord, i valori sono ben superiori. Solo per citarne una, al Centro Nord l’80% della rete è elettrificata.

Solo la Campania, ha rilevato Bianchi, si avvicina agli standard del Nord. Il resto delle regioni, invece, evidenziano un grave gap infrastrutturale che, invece di diminuire, si allarga.

Per il direttore della Svimez è necessario una inversione di rotta. E, per farlo, si potrebbe valutare la «regionalizzazione» catene del valore in continuità con le risposte osservate durante la pandemia, ossia:  ripiegamento della globalizzazione e reshoring/nearshoring internamente all’EU (automotive, settori high-tech); Aumento degli scambi intraeuropei».

Nella sua analisi, Bianchi ha evidenziato come «fatta eccezione per l’asse Italia–Svizzera, la magior parte delle merci viene movimentata con il trasporto stradale. Al confine con l’Austria, inoltre, passa circa il 40% del traffico merci che entra ed esce dal Nord-Europa». Per il direttore della Svimez, dunque, sarebbe auspicabile uno shift modale gomma-ferro e l’apertura di altri passaggi, come autostrade del mare.

Bianchi, poi, rilancia il potenziale del traffico marino che, dopo il calo generalizzato a causa della pandemia, è tornato ai livelli pre-covid.

Nel 2022, infatti, per i cargo mare ha raggiunto i 490 milioni di tonnellate, con 380 mld di euro, un 36% totale movimentato di merci, un +11% rispetto al 2019 e, non meno importante, un +2% rispetto al 2021, con un +1,1% nel Mezzogiorno e 2,7% nel Centro Nord.

Per quanto riguarda i cargo mare Ro-Ro (ossia i cargo rotabili), si sono calcolati cira 120 milioni di tonnellate (+57,2% rispetto al 2009, -1,4% rispetto al 2021 di cui: -5,4% nel Mezzogiorno e +3,1% nel Centro Nord); per i cargo mare container, invece, 119,5 milioni di tonnellate, con un +26,7% rispetto al 2009, +2,2 % rispetto al 2021 di cui: +4,9% nel Mezzogiorno e -0,1% nel Centro Nord).

Il buon andamento delle merci movimentate nei container è stato possibile anche grazie all’exploit dello scalo di Transhipment di Gioia Tauro.

Spazio, poi, alla “vecchia” Zes, per cui sono previsti 630 mln che si aggiungono all’1,2 mld che il Pnrr riserva a interventi sui principali porti del Mezzogiorno. Con questi fondi, si dovrebbe intervenire sul collegamento di “ultimo miglio”, digitalizzazione e potenziamento della logistica, urbanizzazioni green e lavori di efficientamento energetico e ambientale nelle aree retroportuali e nelle aree industriali appartenenti alle ZES; potenziamento resilienza e sicurezza per l’accesso ai porti. Ma qual è il problema? Che c’è una frammentazione eccessiva degli interventi. Per fare un esempio, in Calabria, sulla Jonica sono previsti 108,1 mln di euro, ma sono previsti solo due interventi per l’ultimo miglio, 7 per la logistica e nessuno per la resilienza dei porti, mentre per tutta la regione, invece, oltre a essere previsti 11,7 mln, sono programmati 7 interventi sull’ultimo miglio, nessun intervento per la logistica e solo 3 per la resilienza dei porti. La Sardegna, per citare un altro caso, prevede solo un intervento per l’ultimo miglio e un importo di solo 10 milioni, mentre la Campania, invece, ha ben 136 milioni e 10 interventi, tra ultimo miglio (5) e logistica (4).

Una frammentazione che, in teoria, si dovrebbe risolvere con la Zes Unica (che entrerà in vigore a gennaio 2024). Bianchi, dunque, suggerisce le condizioni per rendere efficace questo strumento per il Sud e il Paese, ovvia con la fiscalità di vantaggio e la sburocratizzazione e un piano strategico.

Nel primo caso, si tratterebbe di introdurre un credito di imposta investimenti, proroga della decontribuzione Sud e lo sportello unico, che potrebbe rappresentare un’occasione per rendere le tempistiche più omogenee tra i territori. Per quanto riguarda il piano strategico, si devono definire le priorità produttive e specializzazioni strategiche, esaltare le specificità produttive, valorizzare i legami funzionali e strategici con le infrastrutture, come i porti collegati alla rete Ten-T.

In questo modo, si può rendere «il Mezzogiorno attrattivo per investimenti e talenti», realizzare una «logistica meridionale integrata nel sistema Paese e internazionale» e, infine, una «integrazione del Mezzogiorno e del Paese nelle filiere strategiche europee».

Bianchi, poi, fa il punto sullo stato dell’arte sugli interventi infrastrutturali per i trasporti: Infrastrutture di trasporto prioritarie: costi per 131 miliardi (Relazione su stato di attuazione, 2022); Finanziamenti acquisiti (101 miliardi) e Fabbisogni residui (29.5 miliardi) e quasi il 75% delle risorse destinate alle infrastrutture ferroviarie. 

Da questi dati, è emerso un forte ritardo del Mezzogiorno: il 56% delle opere, infatti, sono ancora in stato di progettazione contro le 36% del Centro Nord. Ci sono, poi, pochi lavori in corso: sono il 13% contro il 34% del Centro Nord.

Spazio, poi, al Ponte sullo Stretto, il cui costo sarà di circa 15 miliardi. Esso dovrebbe prevedere 2560 mila addetti in 7 anni, con una media di 40 mila all’anno), 35,5 mld di produzione e 14,6 mld di valore aggiunto (10,4 mld al Sud, ossia il 3,4% del Pil) e 4,2 mld al Nord, con lo 0,26% del Pil).

Nonostante questi numeri, il direttore Bianchi ricorda le criticità geologiche e tettoniche per realizzare l’infrastruttura:

  • Attesa completamento dell’AV  Palermo-Messina e Reggio Calabria/Salerno per il collegamento con Roma (Roma-Palermo: 7 ore tot.)
  • Sostenibilità ambientale: 2 Zone di Protezione Speciale: Costa Viola (RC) e Monti Peloritani (ME); 11 Zone Speciali di Conservazione (possibile violazione direttiva Comunitaria Uccelli/impatti sull’ecosistema marino)
  • Sostenibilità economica: costo superiore dall’AV Torino-Milano e triplo del Fondo nazionale TPL che finanzia trasporto su gomma e ferro

Importante, poi, il ruolo delle politiche. Servono, infatti, «azioni di policy tese a potenziare la dimensione quantitativa e qualitativa delle infrastrutture nel Paese hanno un valore strategico fondamentale, consentendo di: 

  • raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e 2050: trasferire il 30% del traffico stradale (> 300 km ) su modalità alternative (il 50% nel 2050); Green Deal | Fit for 55, col taglio 55% emissioni / riduzione del 47,2% delle emissioni nel settore dei trasporti italiano
  • migliorare la dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno, quale pre-condizione per promuovere un percorso di sviluppo industriale lungo le nuove direttrici strategiche: green e digitale
  • sostenere grandi opere di collegamento ma solo coerentemente a un progetto infrastrutturale sistemico per tutto il Paese (collegamenti interni e attenzione alle aree marginali)
  • ridurre la pressione sulle infrastrutture del Nord (specialmente sui valichi) che presentano elevate criticità sotto il profilo della saturazione e, a questo proposito, sono auspicabili azioni di potenziamento (seconde canne per Monte Bianco e Frejus) e potenziamento della dotazione ferroviaria per promuovere lo shift modale gomma-ferro
  • sfruttare il potenziale del «mare»:  le rete ferroviaria presenta vincoli strutturali (in termini di capacità di trasporto). Le autostrade le mare possono rappresentare una soluzione complementare allo shift gomma-ferro, nonché un settore economico di interesse e di traino per l’economia del Mezzogiorno. 

«I dati evidenziano come sia urgente investire in infrastrutture, e mettono in luce il divario tra Sud, con un difetto strutturale di connessioni, e il Nord Italia, con un alto indice di saturazione, soprattutto in relazione ai valichi – dichiara il presidente di Conftrasporto Pasquale Russo –. La situazione che emerge, ancora una volta, dimostra come sia stato sbagliato, nelle scelte compiute in passato, non aver finanziato le infrastrutture fisiche stradali.  Per quanto riguarda il Pnrr, è positivo, necessario, aver previsto fondi significativi per la ferrovia, ma la mobilità delle merci e del Paese deve utilizzare il sistema infrastrutturale in maniera integrata: è controproducente aver lasciato autostrade e aeroporti fuori dalla programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». (ams)

 

NON SI PARLI SOLTANTO DI PONTE: AL SUD
SONO TROPPO POCHE LE INFRASTRUTTURE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Basta parlare di ponte. Riportiamo l’argomento alla sua giusta dimensione. Un modo di attraversare tre chilometri di mare e cancellare la vergogna di utilizzare mezzi da preistoria come i ferry boat.

Ma basta poter attraversare velocemente tre chilometri di mare, con un collegamento stabile,  per risolvere i problemi degli altri 800 che servono per collegarsi all’ultima città in rete dell’Italia unita? Cioè quella Napoli/ Salerno che è diventata la nuova Eboli? Se così fosse sarebbe una nuova presa in giro.

Il Mezzogiorno non è collegato, forse per una volontà se non strutturata certo per comportamenti convergenti. Si potrebbe rappresentare come una realtà con collegamenti point to point, per quanto attiene alle vie aeree, cioè tra le varie città meridionali e al massimo le principali città del Nord, mentre soffre dei collegamenti multipoint, quelli che dovrebbero attraversare, come innervamento o come una rete di capillari, tutto quello che rappresenta il 40% del territorio nazionale. 

Tale approccio si é avuto in parte anche con le strade/ autostrade, mentre per le ferrovie anche il collegamento con il Nord é ancora un pio desiderio. Bene il passaggio di ieri diventa una cesura tra prima e poi. L’interesse nazionale va nel senso di mettere a regime e collegare in modo serio le aree del Sud per farle decollare, perché questo è l’unico modo per recuperare quella dimensione economica che ci spetta all’interno dell’Europa.  Ed è noto che la base per lo sviluppo economico sia una buona infrastrutturazione. 

Anche la Zes unica non attrarrà alcun investimento dall’esterno dell’area se le realtà locali non saranno collegate adeguatamente. Come si può pensare che la nomina di Agrigento capitale della cultura possa diventare da un mero riconoscimento, dovuto ad una città con 2000 anni di storia, manifestazione che possa incrementare, non solo temporaneamente, il flusso turistico, se per raggiungerla oggi da qualunque aeroporto servono tre ore di auto in strade dissestate o tre di treno, con perlomeno due cambi? 

E chi mai organizzerà un convegno internazionale in una città nella quale per presentare un “paper” non ti serve la giornata canonica ma tre giorni di viaggio? 

E pensate che una grande multinazionale localizzerà i suoi impianti all’interno di quella che è una foresta amazzonica, bellissima ma irraggiungibile, quale ancora oggi, senza alta velocità ferroviaria e con autostrada completata solo per finta, rimane la Calabria?  

E a che servirà costruire un ponte avveniristico, il Messina bridge, se non cominciamo a lavorare in maniera seria su quel grande porto naturale che è Augusta, che dovrebbe diventare insieme a Gioia Tauro l’hub portuale più importante del Paese e dovrebbe competere con i grandi porti del Nord a cominciare da Rotterdam? 

Ma quanti sanno che tale porto impiega tra addetti diretti ed indiretti oltre 700.000 persone, un numero sufficiente per risolvere definitivamente tutti i problemi di occupazione della Sicilia? Ma bisogna cominciare a considerare questa zona non come la colonia da sfruttare, ma il nostro West, come quello che fece ricco gli Stati Uniti d’America. 

Anche qui vi è l’oro. Perché cosa sarebbero le spiagge salentine, la costa Messina Trapani, il Cilento, tutta la costa ionica e tirrenica della Calabria se non l’oro da estrarre e sfruttare adeguatamente. E non è oro la posizione geografica di piattaforma logistica del Mediterraneo di fronte a Suez, dove l’energia è facilmente recuperabile dal sole e dal vento, che ha 140 km di distanza dalla Tunisia? 

Non è oro tutto quello che i greci ci hanno lasciato tanto da essere chiamata l’area Magna Grecia, cioè  più grande e più importante della stessa realtà da cui provenivano i migranti dell’Egeo? Così come è oro oggi avere un capitale umano formato, che tutti gli europei ci invidiano e corteggiano e spesso strapagano, e che non riusciamo ad utilizzare nel posto nel quale vorrebbe rimanere, vivere e contribuire al suo sviluppo.

Per questo l’impegno ora va nel senso di puntare ad un programma pluriennale, in parte già partito, ma che non può essere di serie B, come l’alta velocità farlocca della Palermo Catania, che si propone di fare appena 200 km in due ore, né può tollerare che la Messina Palermo in treno  si percorra  ancora in tre ore, e non sia previsto il suo raddoppio. 

Così come è assurdo che per arrivare al tacco dello stivale di Santa Maria di Leuca bisogna programmare giornate di viaggio. Certo nessuno si illuda che basti infrastrutturare per risolvere tutti i problemi. La strada dello sviluppo é come quella del Paradiso lastricata di buone intenzioni e mille  difficoltà, e certo la lotta alla criminalità organizzata deve camminare di pari passo agli investimenti infrastrutturali. 

Così come non basta che un posto sia facilmente raggiungibile perché diventi un sistema turistico interessante quale può essere quello  della costa adriatica di Rimini o il miracolo egiziano di Sharm el-Sheikh, ma è necessario un piano che si ponga il problema di attrarre i grandi players internazionali non solo  del lusso ma anche dei grandi villaggi turistici. 

La parola magica è intervento sistemico. Così come la miscela esplosiva scoppia solo se tutti gli elementi sono nella misura corretta, così le esigenze della crescita hanno bisogno delle infrastrutture, così come del controllo della criminalità organizzata, di un piano che guardi al turismo come un’attività industriale e di una logistica di appoggio, di vantaggi fiscali per l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, di un cuneo contenuto che renda il corso del lavoro più basso, di grandi eventi sportivi, politici e commerciali, che lancino le aree nel mercato internazionale, di una attenzione della rete pubblica televisiva adeguata.

E di risorse importanti che ritorneranno magari moltiplicate come ha ben capito la Germania riunita.

Con i fichi secchi e senza un progetto complessivo sarà difficile valorizzare l’area che può diventare la nuova frontiera dell’oro, ma può essere anche una palla al piede di un Paese che non comprende. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Firmata convenzione per biglietto integrato per mobilità nello Stretto

È stata firmata la convenzione che dà vita al biglietto unico integrato per la mobilità dello Stretto. La firma tra Atam, Atm, le società che gestiscono rispettivamente il trasporto pubblico su terra a Reggio Calabria, Messina e Liberty Lines che gestisce il servizio di trasporto marittimo nello Stretto, apre una pagina nuova e positiva per lo sviluppo delle due aree metropolitane.

La convenzione è stata sottoscritta, a Messina, dai rappresentanti delle tre aziende, al termine del Tavolo tecnico, convocato dall’Ammiraglio Nunzio Martello e riunitosi all’Università degli Studi, che ha fatto il punto sullo stato del progetto di trasporto integrato. L’atto, per la sua importanza e valenza storica, ha registrato la presenza del sindaco facente funzioni della Città metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace, del consigliere metropolitano delegato, Giuseppe Giordano. In collegamento online è intervenuto, anche, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini.

Le premesse della convenzione sul biglietto unico integrato, partono dal reciproco intendimento di attivare tutte le azioni volte ad incentivare l’utilizzo del mezzo pubblico nelle due città di Reggio Calabria e Messina da parte dei numerosi pendolari, e non solo, che si spostano fra le due città affacciate sullo Stretto. La completa integrazione avviene con il mezzo di trasporto marittimo. Ci sarà quindi un unico biglietto, valevole sia per Atam, Atm e Liberty Lines che al prezzo di 7 euro a tratta, consentirà l’utilizzo dei rispettivi mezzi per spostarsi tra le due sponde dello Stretto.

La convenzione, in questa prima fase sperimentale, avrà una durata di tre mesi, fino al 31 dicembre 2023, con la possibilità di attivare una seconda fase che garantisca all’utenza ulteriori servizi. I biglietti saranno disponibili in formato elettronico ed inviati sia email e/o sms al passeggero. Sarà Liberty Lines, per conto di Atam e Atm, ad occuparsi dell’emissione del biglietto integrato.

Per il consigliere metropolitano Giordano: «con la sottoscrizione della convenzione, si mette a segno un tassello fondamentale per la costruzione del processo di integrazione, tra le due sponde in direzione dell’area dello Stretto, lo sforzo delle ultime settimane compiuto dal tavolo tecnico, con la Città metropolitana che ha fatto da collante tecnico tra le Aziende di trasporto pubblico delle due Città e il vettore marittimo, ha fatto sì che si raggiungesse, nei tempi previsti, questa prima tappa di un processo più ampio».

«Adesso – ha aggiunto – bisognerà lavorare per consolidare questo risultato e per le altre sfide, al fine di agevolare l’attraversamento anche per allargare il bacino di utenza dell’aeroporto dello Stretto anche all’utenza messinese. Per questi primi traguardi raggiunti particolare merito va all’Ammiraglio Martello che sta sapientemente coordinando l’organismo tecnico».

Per Versace «è il raggiungimento di un obiettivo programmato e inseguito da tempo e che ora concludiamo grazie alla nostra caparbietà di mettere attorno ad un tavolo tutti gli Enti coinvolti».

«L’ammiraglio Martello – ha aggiunto – è stato fondamentale sotto questo aspetto, riuscendo a venire incontro a tutte le esigenze dei partner. È un risultato importante sia per il territorio calabrese e reggino che per quello messinese, si tratta di uno dei risultati più tangibili che può concretamente essere toccato con mano dai nostri concittadini dello Stretto».

«Rendere più agevole e funzionale la mobilità tra le due città, ma più in generale nell’area dello Stretto – ha evidenziato Versace – significa anche poter sviluppare maggiormente il flusso passeggeri dell’aeroporto “Tito Minniti” in maniera più semplice e funzionale. Pensando oltre, i reggini e i messinesi avranno la possibilità di poter godere delle rispettive attrattive, dal teatro, allo shopping, al tempo libero, potendo avere a disposizione non solo un biglietto unico di trasporto, ma anche orari più consoni».

«In una stagione nella quale si parla sempre più spesso di attraversamento stabile dello Stretto – ha concluso – le nostre Istituzioni, oggi, hanno dato dimostrazione di poter offrire valide alternative». (rrc)

PORTI E AEROPORTI, QUANTO POTENZIALE
SPRECATO PER SVILUPPO DELLA CALABRIA

di FRANCESCO COSTANTINOLa Calabria, pur essendo una regione prevalentemente montuosa, come già segnalato parlando della mobilità stradale, è circondata dal mare lungo le coste Jonica e Tirrenica per uno sviluppo di circa 740 Km. 

Sembrerebbe dunque vocata all’accoglienza di un consistente sistema portuale e invece così non è.

I porti di maggior rilievo sono localizzati a Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Gioia Tauro, Vibo Valentia, Crotone e Corigliano. 

Il porto di Gioia Tauro, in particolare, si caratterizza come infrastruttura di livello internazionale.  Situato nel cuore del Mediterraneo, punto d’incontro fra le rotte marittime Est-Ovest e il corridoio 1 trans-europeo Helsinki – La Valletta; è il più grande terminal per il transhipment presente in Italia e uno dei più importanti hub del traffico container nel bacino del Mediterraneo.

L’infrastruttura è classificata di categoria II – classe I  ed è dotata d’infrastrutture e mezzi di banchina che consentono di accogliere le navi transoceaniche in transito nel Mediterraneo e di movimentare qualsiasi categoria merceologica. 

Il porto di Reggio Calabria è un porto di categoria II, classe II e per quel che attiene la definizione delle reti trans europee per i trasporti è incluso nella rete globale (Tent-T Comprehensive). Si caratterizza per la funzione di trasporto passeggeri associato a quello delle merci su convogli gommati ed è dotato di una modesta darsena per accogliere naviglio da diporto.

Il porto di Villa San Giovanni  è un porto di categoria II, classe II e rappresenta il principale nodo di collegamento marittimo tra la Calabria e la Sicilia, consentendo l’attracco delle navi traghetto operative nello Stretto di Messina per il trasporto di persone, veicoli gommati, commerciali e non, e convogli ferroviari.

Il porto di Vibo Valentia è un porto di categoria II, classe II, caratterizzato da una doppia funzione: commerciale e turistica. Esso è interessato da discreti flussi commerciali strettamente connessi alle attività produttive ed agli insediamenti industriali presenti sul territorio della provincia vibonese

Il porto di Crotone è il porto turistico calabrese con la maggiore dotazione di posti barca.  È un porto di categoria II, classe II ed è costituito da due bacini distinti, non comunicanti tra di loro. Il minore, situato nella zona est/sud-est della città, più antico, è denominato Porto Vecchio; il principale, situato nella zona nord della città, è denominato Porto Nuovo.

Il porto Vecchio, presenta destinazione prevalentemente diportistica e peschereccia a servizio della locale marineria. In ambito portuale è inoltre in esercizio un cantiere navale attrezzato per la costruzione di piccole unità di legno e per la riparazione e manutenzione di imbarcazioni da diporto.

Il porto Nuovo si caratterizza per la presenza al largo di piattaforme per la produzione di idrocarburi, collegate tra loro ed alla costa da condotte sottomarine. 

Il porto di Corigliano è un porto di categoria II, classe II con due darsene. Situato nell’omonimo golfo, è stato interamente ricavato scavando la linea di costa ed è dedicato soprattutto all’attività peschereccia registrando la presenza di un mercato ittico tra i più importanti del meridione.  Sono previsti ampi sbocchi verso una sua evoluzione anche come porto turistico.

Sono poi dislocate lungo le coste calabre altre strutture portuali e/o darsene o approdi, con utilizzazione prevalentemente orientata al turismo ma anche mista ad attività peschereccia e/o commerciale. 

In particolare la localizzazione delle anzidette strutture riguarda i centri di Diamante, Belvedere Marittima, Cetraro, San Lucido, Amantea, Pizzo, Tropea, Palmi, Bagnara, Scilla Saline Joniche, Roccella Jonica, Badolato, Catanzaro Lido, Le Castella, Cirò Marina, Cariati, Sibari.

Con riguardo alle densità di infrastrutture portuali la Calabria registra una distanza media tra un porto e il successivo pari a circa 49 Km risultando pertanto, contrariamente al contesto naturale, tra le meno presidiate d’Italia.  Ancor più sconfortante si presenta la situazione se si considera il numero di posti barca per chilometro di costa pari 6,3 posti/Km a fronte di una media nazionale di 20,5 posti/Km.

Alla luce dei dati statistici segnalati si conferma il ritardo della Calabria rispetto al resto d’Italia e si evidenziano, per converso, gli ampi margini di potenzialità di sviluppo in ragione della centralità del territorio regionale rispetto ai flussi di traffico marittimo che interessano il bacino del Mediterraneo sia in direzione Est-Ovest che in direzione Nord-Sud.

Una notazione a parte riguarda il porto di Gioia Tauro che aspetta di diventare un formidabile nodo intermodale integrato funzionalmente con l’area della Piana, soprattutto ora che è stato finalmente realizzato il gateway ferroviario ed è stata finalmente attivata formalmente la ZES.

È difficile accettare che l’imponente retroporto nonostante ricada nella ZES rimanga inspiegabilmente e sostanzialmente inutilizzato. 

Per quanto riguarda la mobilità aerea, non tutti gli aeroporti d’interesse nazionale risultano inseriti nelle reti TEN-T, e tra questi alcuni sono inseriti nel “core network” (Bergamo Orio al Serio, Bologna, Genova, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino, Veneziaed altri nel  “comprehensive network” perché registrato oltre 1 milioni di passeggeri annui (Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona) o perché, pur presentando volumi di traffico passeggeri annui inferiore al milione di passeggeri, superano la soglia di 500 mila passeggeri annui e sono in possesso di caratteristiche quali l’unicità regionale o la collocazione in territori di scarsa accessibilità indispensabili per la continuità territoriale (Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste, Lampedusa, Pantelleria)

Dunque dei tre aeroporti calabresi, attualmente gestiti dalla SACAl sia l’aeroporto di Lamezia che quello dello Stretto fanno parte della rete “comprehensive network”, mentre l’aeroporto di Crotone ne resta escluso.

L’aeroporto di Reggio Calabria presenta un’offerta instabile oltreché inadatta a coprire i servizi minimi essenziali per le esigenze della vasta comunità dell’area dello stretto e da qualche anno registra un  traffico passeggeri, oltreché un numero di voli e di rotte, in costante diminuzione.

Le conseguenze più immediate risultano quelle collegate all’isolamento di un’area strategica quale quella dello Stretto, ed alla privazione del diritto alla mobilità e alla crescita economica della stessa area.

Quel che recentemente è emerso in ragione della prevalenza dell’interesse privato su quello pubblico, sostanziatosi con l’acquisizione illegittima della maggioranza delle quote azionarie della Sacal da parte dei privati, impone un cambio sostanziale della governance che non escluda la creazione di nuovi organismi di gestione.

Purtroppo, soprattutto per l’aeroporto dello Stretto, si perpetua una mancanza di strategie di sviluppo da parte della Regione e delle Città Metropolitane di Reggio Calabria e Messina, accompagnata da una conclamata scarsa autorevolezza della rappresentanza politica  locale sulla scena nazionale.

Emerge infatti la modestia delle politiche finalizzate ad ampliare il bacino d’utenza  migliorando l’accessibilità al servizio.

Prima della crisi collegata al Covid-19 la squilibrata governance della Sacal aveva creato le condizioni per privilegiare il solo aeroporto di Lamezia con un trend di crescita trainato anche dall’apertura di rotte internazionali e charter collegati al turismo.

Per Crotone l’apparente crescita del traffico passeggeri risultava collegata soprattutto ad un trend positivo estivo ed alla presenza sullo scalo della compagnia Ryanair  che aveva attivato anche un volo su Norimberga.

Attualmente anche questa struttura aeroportuale appare disattenzionata e a rischio chiusura.

Quel che appare più insopportabile, in un quadro generale di mobilità negata ai calabresi tutti, é che i cittadini dell’area dello Stretto possano essere privati di un diritto fondamentale quale quello alla mobilità, e che quando questo viene concesso debba essere pagato a prezzi insostenibili. 

Un pegno aggiuntivo che deve essere rifiutato così come deve essere rivendicato il diritto non comprimibile al collegamento con giusta frequenza ed orario, soprattutto con gli scali di Roma e Milano e senza trascurare le rotte più frequentate con gli altri aeroporti nazionali.

L’attuale condizione di arretratezza e di sottosviluppo in termini di mobilità territoriale dei calabresi ha radici storiche molto lontane e bisogna ammettere che molte sono le cause concorrenti. 

Non averle eliminate in 160 anni di stato unitario è un errore imperdonabile da addebitare in egual misura sia alle popolazioni dei territori che le subiscono, sia a quelle che apparentemente ne traggono beneficio, e sono la risultante di una visione miope dello sviluppo che impedisce all’intera nazione di sfruttare le enormi potenzialità di cui sarebbe possibile per tutti giovarsi per vivere in una nazione più forte perché finalmente unità e coesa. (fc)

QUEL “DIRITTO ALLA MOBILITÀ” NEGATO
AI CALABRESI, COSTRETTI A “FUGGIRE”

di FRANCESCO COSTANTINO – È innegabile la diretta dipendenza tra il ritardo di sviluppo delle aree meridionali, e più in particolare di quelle calabresi e siciliane, e la inadeguata dotazione di infrastrutture e di servizi che le caratterizzano in ogni settore.

Limitando lo sguardo alle sole infrastrutture che consentono ai calabresi la mobilità delle persone e delle merci, sia interna che verso le rotte nazionali e internazionali, emerge una situazione di desolante noncuranza e sottovalutazione.

La peculiarità della Regione Calabria è quella di essere un territorio prevalentemente montano con una popolazione residente per oltre il 50% nelle aree tecnicamente classificate come “Aree Interne”.

Queste aree sono sempre più difficilmente raggiungibili utilizzando arterie stradali datate e carenti di manutenzione ordinaria programmata e straordinaria pur in presenza di fondi prevalentemente europei all’uopo destinati. 

In pratica, si registra un sostanziale abbandono di territori divenuti progressivamente sempre più inaccessibili con riflessi che si riverberano negativamente sui delicati equilibri degli ecosistemi locali generando dissesti idrogeologici i cui effetti negativi si manifestano  financo sulle aree costiere.

Sostanzialmente il sistema viario calabrese si appoggia sul versante tirrenico alle dorsali costituite dalla S.S. 18 e all’autostrada A2 e sul versante Jonico alla dorsale S.S. 106. Su queste dorsali si innestano le principali connessioni in direzione Est-Ovest rappresentate dalle trasversali di seguito indicate.

  • S.S. 534 che collega lo svincolo della A2 in corrispondenza di Firmo con Sibari;
  • S.S. 283 o trasversale delle Terme Luigiane che collega la costa tirrenica nei pressi di Guardia Piemontese con l’Autostrada A2  e la piana di Sibari.;
  • S.S. 107 Silana-Crotonese che si innesta sulla S.S. 18 presso Paola e raggiunge la S.S. 106 presso Crotone;
  • S.S. 280 che collega l’aeroporto di Lamezia con Catanzaro Lido;
  • S.S. 182 o trasversale delle Serre che collega l’A2 all’altezza di Vibo con la S.S. 106 all’altezza di Soverato;
  • S.S. 682 Jonio-Tirreno che collega lo svincolo di Rosarno dell’A2 con la S.S. 106 in corrispondenza di Gioiosa Jonica.

Le aree interne sono al loro volta collegate alle trasversali in vario modo con arterie secondarie. Le popolazioni calabresi attendono da decenni che venga completato tanto l’ammodernamento dell’autostrada A2 quanto quello della S.S. 106 Jonica. 

Intanto numerosi viadotti ed altre opere d’arte dislocate lungo il tracciato di queste fondamentali dorsali cominciano a risentire gli effetti del tempo e si avvicinano, in molti casi, alla conclusione del ciclo vitale che consente la percorrenza condizioni di sicurezza.

In siffatta condizione quello che potrà accadere a seguito dell’annunciata prossima chiusura  prolungata della galleria della Limina lungo il tracciato della S.S. 682 è facilmente prevedibile: una già precaria e limitata condizione di mobilità che riguarda un vasto bacino territoriale verrà ulteriormente aggravata per un periodo programmato in 20 mesi ma che, considerando la storia realizzativa degli interventi strutturali alle nostre latitudini, è sottoposto al rischio di subire prolungamenti insopportabili.

Nel merito specifico della chiusura della galleria avevo già in precedenza espresso la mia opinione personale su questo stesso giornale. 

Provo ora a meglio precisarla perché le proposte operative di utilizzare percorsi viari alternativi che molti suggeriscono, attesa l’ampiezza temporale del disservizio, non mi convincono.

Non  mi convincono perché la galleria di cui si parla, di lunghezza ragguardevole pari a 3200 mt, è percorribile  nelle 2 direzioni di marcia con due sole corsie senza corsie di emergenza laterali e senza spartitraffico: Una vera trappola potenziale in caso di incidente. 

Nessun intervento manutentivo potrà cambiarne la sagoma della galleria e dunque anche ad intervento ultimato avremo sempre una struttura percorribile in condizioni di sicurezza molto limitate non dissimili da quelle attuali.

Perché, allora non ritardare l’intervento manutentivo per il tempo necessario a progettare e realizzare una moderna galleria sostitutiva  a doppia canna (soluzione A), oppure realizzare una galleria ad una sola canna con corsia di emergenza (soluzione B) da utilizzare per la percorrenza in una sola direzione, rendendo successivamente la galleria esistente opportunamente manutenuta percorribile nella direzione opposta a quella della galleria di nuova costruzione. 

La tempistica realizzativa, ridotta al massimo utilizzando la procedura sperimentata per la realizzazione del ponte Morandi di Genova, dovrebbe essere la seguente. 

Prima Fase: mantenimento del traffico stradale nell’attuale galleria per tutto il tempo necessario alla realizzazione della 2^ galleria;

Seconda Fase. Questa dipenderebbe dalla tipologia scelta per la costruzione della nuova galleria in quanto, in caso di scelta per la soluzione A coinciderebbe con il solo tempo di costruzione della nuova galleria. In caso invece di scelta per la soluzione B quest’ultima dovrebbe, per un tempo corrispondente alla conclusione delle opere manutentive sulla galleria esistente, funzionare a doppio senso di marcia;

Terza Fase  tempo zero se si scegliesse la soluzione A oppure tempo corrispondente a quello occorrente per la conclusione delle opere manutentive sulla galleria esistente  se si scegliesse la soluzione B.

Il tempo per agire con fondi del Pnrr, se si scegliesse il metodo di azione ponte Morandi di Genova, ci sarebbe ancora e in ogni caso sarebbe insopportabile accettare che a determinare la scelta dovesse essere la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili. 

Per molto meno, in altre aree territoriali, sono state recuperate e impiegate ben altre risorse. 

Ci vuole coraggio a proporre, o imporre, che venga presa in considerazione una delle 2 soluzioni prima prospettate, ma rassegnarsi a soffrire aggravamenti del diritto alla mobilità per un tempo enorme quale quello prospettato senza peraltro ottenere con gli interventi solo manutentivi  programmati significativi miglioramenti della transitabilità in sicurezza nella galleria esistente è una rassegnazione che giudico somigliante molto ad una resa rassegnata. (fc)

CATANZARO – Mobilità sostenibile, la vicesindaco Iemma chiama Ferrovie della Calabria

Integrazione dei sistemi di trasporto nell’ottica di una migliore sostenibilità e per favorire il decongestionamento del traffico che impatta sulla qualità urbanistica. Di questo e altro si è discusso in occasione di un incontro che la vicesindaco Giusy Iemma ha tenuto con l’amministratore unico di Ferrovie della Calabria, Ernesto Ferraro.

«Il confronto è stato utile per fare il punto sulla complessiva offerta di servizi legati alla mobilità a Catanzaro e sulle possibili soluzioni per ridurre il trasporto su gomma, in particolare dei mezzi pesanti extraurbani, che influiscono notevolmente sulla circolazione in città», spiega Iemma.

«L’obiettivo da portare avanti – ha evidenziato – deve essere quello di promuovere una offerta integrata del trasporto pubblico-privato che sia rispondente ai bisogni degli utenti e, al contempo, favorire uno sviluppo urbanistico più armonico. Le opportunità offerte dai collegamenti intermodali e dalla nuova metropolitana di superficie, in grado di ricucire le distanze tra i quartieri, possono rappresentare le giuste frontiere a cui guardare per favorire la mobilità, l’accesso e l’uscita dalla città, attraverso logiche di sostenibilità».

«Il dialogo aperto dall’amministrazione comunale con Ferrovie della Calabria – ha concluso – sono certa che potrà essere foriero di proposte e suggerimenti in grado di incidere su questo fronte, apportando soluzioni innovative in grado di migliorare la qualità dei servizi e incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico». (rcz)

Migliorare il sistema di mobilità all’Unical: Il workshop dell’Associazione Amici dell’Unical

di FRANCO BARTUCCISu iniziativa dell’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria” si è svolto nella sede dell’University Club dell’Ateneo calabrese un  Workshop sul tema: UniCal in un sistema  di mobilità regionale – Una via d’uscita sostenibile e libera.

Un tema di vibrante attualità ed importanza per l’intera comunità universitaria che si trova a vivere quotidianamente il dramma dell’invasione delle strutture universitarie ad opera di migliaia di autoveicoli che rendono ormai impraticabili e invivibili quei luoghi necessari ad essere utilizzati come aule di studio, di tempo libero, per attività di ricerca e socializzazione.

Ad aprire i lavori sono stati la presidente dell’Associazione, prof.ssa Silvia Mazzuca, che ha spiegato alcune delle finalità operative della stessa Associazione chiamata a sensibilizzare la dirigenza dell’Università, come la stessa comunità universitaria, a migliorare il contesto ambientale e l’organizzazione gestionale dei vari servizi; mentre il Pro Rettore, prof.ssa Patrizia Piro, con delega alla Presidenza del Centro Residenziale, ha parlato della situazione di mobilità e sostenibilità attenzionate all’interno dell’Università, divenute una questione di centralità nel contesto dei bisogni prioritari da parte della comunità universitaria che deve saper guardare pure al collegamento con il contesto del territorio locale e regionale.

Ad affrontare i punti più salienti ed importanti posti dal tema del workshop è stato  il socio dell’Associazione promotrice dell’evento, Giuseppe Lo Feudo, già laureato Unical ed ex  direttore generale Ferrovie della Calabria. Lo Feudo  ha ricordato come fin dall’inizio il tema in argomento è stato centrale per l’ Università della Calabria, che  ha sempre sofferto problemi di accessibilità e di insufficienza dei servizi.

«L’inopinato recente fallimento del progetto di costruzione di una moderna Metrotramvia – ha sostenuto Lo Feudo – che ha vanificato anni di studi e di discussioni, richiede quindi ora  una risposta d’orgoglio da parte della stessa Università, che anche in materia di mobilità dovrebbe porsi come soggetto propulsore  di innovazione e sviluppo di nuove forme integrate di trasporto sostenibile».

Un complesso come il campus infatti, sia per estensione territoriale che per effetto degli oltre 30.000 soggetti attivi che lo popolano, oltre ad essere principale polo attrattivo dei flussi di mobilità regionale, si presta anche ad essere laboratorio ideale per lo sviluppo di un sistema Smart di mobilità sostenibile e complementare da sperimentare per poi estendere a tutto il territorio regionale.

Proprio nel mese di febbraio del 1973 le prime seicento matricole svolsero la prima manifestazione di protesta rivendicando un servizio di trasporto pubblico tra la città di Cosenza ed il Campus universitario di Arcavacata in fase di costruzione quale superamento divisorio tra due aree urbane, considerando anche l’ opportunità di costruire un sistema di metropolitana veloce di collegamento con le varie aree urbane e storiche del territorio provinciale in primo luogo e regionale di conseguenza. Furono oggetto di discussione e proposte le metropolitane veloci di collegamento tra l’Università il Pollino de la Sibaritide, come le fasce montane della Sila.

“Il Campus come incubatore e sviluppatore di Smart Mobility” è stato il tema affrontato dal prof. Giuseppe Guido, docente e Mobility Manager dell’Unical, nella cui parte iniziale ha definito nel dettaglio il contesto territoriale interessato, illustrando i progetti innovativi  che sono  in fase di avvio concreto e che  prevedono sviluppo dello sharing e del Pooling come sistemi complementari qualificanti e che in una prospettiva di breve e medio periodo dovrebbero consentire un decongestionamento del Campus dalle autovetture e un miglioramento significativo della qualità della vita degli studenti , dei docenti e del personale tutto.

Successivamente  interessante è stato  l’intervento del dott. Fabio Teti, Direttore finanziario e commerciale di Tiper, l’ azienda pubblica di trasporto della Regione Emilia-Romagna.  Teti dopo aver evidenziato le importanti potenzialità che ha l’Unical  per quanto attiene lo sviluppo di un sistema di Smart Mobility, ha raccontato nel dettaglio  l’esperienza in corso a Bologna, Ferrara, Rimini, Modena e tante altre importanti città, di sistemi di car sharing elettriche che stanno stravolgendo le abitudini dei cittadini in Emilia Romagna, semplificando l’accessibilità alla rete regionale e nazionale e spostando l’orientamento dei giovani verso l’uso dell’autovettura piuttosto che verso la proprietà della stessa. 

Secondo programma è  poi intervenuto il dirigente trasporti della Regione Calabria, ing. Giuseppe Pavone, che ha illustrato le azioni in essere da parte della regione confermando l’esistenza di interessanti opportunità per ottenere incentivazioni e  finanziamenti mirati alle nuove forme di mobilità.

Dopo un breve ma interessante dibattito e le considerazioni e riflessioni conclusive di Emanuele Proia, direttore generale Asstra, che ha confermato fra l’altro la disponibilità della stessa Azienda a supportare iniziative interessanti a livello territoriale mettendo a disposizione le proprie professionalità ed il proprio Know how, è intervenuta a conclusione nuovamente la prof. Patrizia Piro, Pro Rettore Presidente del Centro Residenziale, che ha ringraziato gli intervenuti ed ha posto all’attenzione anche  il problema dell’assoluta insufficienza dei collegamenti aerei diretti  fra Lamezia e le principali Capitali Europee e non solo, spiegando che all’Università della Calabria  sono iscritti e frequentano oltre 2000 studenti  stranieri, ai quali secondo lo Statuto dell’Università sono riservati annualmente dei posti nel Centro Residenziale e che l’esigenza di collegamenti internazionali aerei diretti è ormai esigenza non secondaria, sia per l’Unical che per l’intera regione.

La stessa Prof.ssa Piro ha chiesto quindi all’Ing. Pavone di farsi portatore di tale importante  istanza all’autorità politica regionale sollecitandone un intervento incisivo anche politico, a livello legislativo sia nazionale che europeo. (fb)

PONTE: CON UN PAIO D’ORE RISPARMIATE
SICILIA, CALABRIA E ITALIA PIÙ “VICINE”

di ROBERTO DI MARIA – Del Ponte sullo Stretto, in campagna elettorale, è giusto che si parli, data l’importanza che esso assume per l’intero Mezzogiorno. L’opinione pubblica italiana lo vede come l’infrastruttura più complessa mai costruita, che stabilirà una serie di record tra i quali spicca la campata sospesa più lunga del mondo (3300 m). Una dimensione che finisce per nascondere l’importanza trasportistica, sociale e perfino politica dell’opera stessa.

Nel 2022 è inutile ripetere che l’aspetto trasportistico, con la logistica ad esso strettamente connessa, ha ormai un’importanza fondamentale ai fini dello sviluppo dei territori: l’intero pianeta si va ridisegnando in base ai nuovi parametri che fanno della connettività uno strumento di crescita ancora più importante della geografia (Parag Khanna). A negarlo sono rimasti solo i pochi irriducibili sostenitori della “decrescita felice” di Latouche, in quotidiano arretramento a causa di crisi energetiche, alimentari, delle materie prime e, purtroppo, anche dei conflitti in atto.

Peraltro, guardando ai tanti problemi del trasporto viaggiatori su ferro in Sicilia, anche l’osservatore più sprovveduto deve ammettere che gli interventi in corso e quelli previsti si riveleranno pressoché ininfluenti, se dovesse permanere l’attuale condizione di isolamento della nostra Regione.

 Il Ponte sullo Stretto, da solo, consentirebbe una riduzione dei tempi di viaggio nella relazione Sicilia-Continente quantificabile almeno in un paio d’ore: tanto è il tempo che passa tra l’arrivo di un treno Intercity a Villa S. Giovanni e la sua partenza da Messina, o viceversa. Una penale da pagare per pochi km di mare che gli orari attualmente in vigore ci rivelano variabile tra 1 h: 50’ e 2 h: 15’: quanto basta per raggiungere almeno Bologna da Roma: 400 km con treni ad Alta Velocità.

 Nel caso della Sicilia, di AV è meglio non parlarne: senza Ponte, essa continuerà a fermarsi a Salerno, lasciando inattuato il corridoio TEN-T Scandinavo-Mediterraneo, che dovrebbe arrivare fino a Palermo. Il motivo è semplice: i collegamenti AV comportano costi di costruzione molto elevati, e devono garantire benefici economici di entità ancora maggiore per superare la fiera opposizione di chi vuole riservare tali risorse al di sopra di Roma. Dove i vantaggi immediati sono molto più evidenti.

 Di fronte a questa mentalità – che è contemporaneamente neo liberista e bottegaia – non serve parlare di benefici sociali e di sviluppo a medio-lungo termine in quanto ciò che conta è solo l’immediato utile economico locale, non la crescita equilibrata del Paese. E i risultati di tale politica economica sono sotto gli occhi di tutti.

Realizzare qualche tratta ed AV per un paio di centinaia di km, lasciandole separate dalla rete europea non serve a nulla. Le differenze nei tempi di percorrenza non giustificano l’investimento, ovvero “il gioco non vale la candela”. Non avrebbe senso, quindi, realizzare una AV limitata al solo territorio siciliano, dove le distanze tra le città principali sono inferiori alla metà del limite dei 500km generalmente considerato lo spartiacque tra i collegamenti da rendere veramente “veloci” e quelli che si possono lasciare “lenti”. Perché il loro sviluppo non interessa ai decisori politici. Ergo, le città della Sicilia saranno servite da treni ad AV soltanto qualora la rete ferroviaria siciliana fosse messa in continuità con la rete continentale.

Inutile, poi, perdere tempo a esaminare il tanto celebrato “traghettamento veloce” ottenuto realizzando elettrotreni ad alta velocità su misura (non potendo essere scomposti come gli attuali Intercity) per entrare nelle navi traghetto: le manovre per entrare ed uscire dal traghetto, seppur semplificate, sarebbero comunque necessarie, e il risparmio di tempo limitato a un paio di decine di minuti a fronte delle attuali due ore ed oltre. Con costi assolutamente non giustificabili.

 In queste condizioni, non potrebbe mai verificarsi quella svolta che comporterebbe per l’estremo Meridione i benefici registrati dall’AV che, dovunque è stata realizzata, ha portato incrementi di PIL che raggiungono il 10% e riducono drasticamente l’uso dell’aereo, con tangibili riduzioni dell’inquinamento.

 Un nostro studio, pubblicato nel Novembre 2019 confronta i tempi di percorrenza in treno dalla Sicilia al continente con quelli dell’aereo, considerando anche i tempi necessari agli spostamenti dalla città all’aeroporto e viceversa, nonché i tempi di imbarco e di sbarco. Si scopre che sulla relazione Catania-Roma i tempi del viaggio sarebbero praticamente identici: circa quattro ore e mezza.. Sulla Palermo-Roma la differenza sarebbe meno di un’ora a favore del vettore aereo (5h30’ contro 4h38’).

Non è un cambiamento da poco: secondo le leggi dell’economia la concorrenza fra gli operatori abbassa il prezzo del prodotto. I viaggiatori siciliani non dovrebbero più sobbarcarsi i salassi a cui sono sistematicamente sottoposti dalle compagnie aeree per rientrare in Sicilia dopo le vacanze. A prezzi improvvisamente raddoppiati.

Naturalmente per gli spostamenti su gomma vale lo stesso discorso, ma trasferito al rapporto di concorrenza che si verrebbe ad instaurare tra traghettamento e Ponte. Il primo, che oggi opera praticamente in monopolio, ha costi altissimi per l’utente e la presenza dei traghetti RFI, in affiancamento al gestore privato, non ha mai determinato una vera concorrenza. Come avviene con le compagnie aeree.

 Il Ponte non solo ridurrebbe di oltre un’ora i tempi di attraversamento, ma il pedaggio sarebbe molto più basso, considerato l’orientamento consolidato di un finanziamento della costruzione interamente pubblico.

Tutto fingendo di non vedere l’incredibile mancata risposta delle massime Istituzioni (inclusi i Presidenti Mattarella e Draghi) alla richiesta, avanzata nell’Aprile 2021, del rispetto delle Norme di Sicurezza in Mare durante il traghettamento dei treni passeggeri. Stendiamo un velo pietoso su questa omissione.

In sintesi, pochi, comprensibili ragionamenti mostrano i benefici che consentirebbero ai siciliani di recuperare una buona fetta dei sei miliardi di costi aggiuntivi che, secondo l’istituto Prometeia, soffocano l’economia e la vita dei siciliani. Ma pare che non importi a nessuno. (rdm)

(Roberto Di Maria è un ingegnere dei Trasporti)

Bus turistici: dalla Regione 250 milioni per la mobilità

Arriva sui nuovissimi autobus finanziati dalla Regione il logo ideato dall’assessore al Turismo Fausto Orsomarso. Oggi alle 9.30 a Lamezia Terme la presentazione dei nuovi autobus delle autolinee calabresi e i bus personalizzati, questi ultimi, in particolare, interamente griffati “Calabria straordinaria”, collegheranno molte località turistiche dagli aeroporti calabresi.

Interverrà l’assessore regionale al Turismo, Marketing territoriale e Mobilità, Fausto Orsomarso, che parla “di una giornata che apre ad una nuova era nei trasporti calabresi”.

«Il piano di rinnovamento e servizio – spiega Orsomarso – prevede, da domenica 10 luglio e fino a domenica 4 settembre, nuovi collegamenti da tutti gli aeroporti calabresi, attraverso servizi di trasporto con autobus che raggiungeranno molteplici destinazioni turistiche della Calabria, con una copertura quasi integrale delle più importanti località del turismo balneare».

Parteciperanno alla presentazione i dirigenti di Anav e il dirigente di settore del Dipartimento regionale al Turismo, Cosimo Caridi.

L’aeroporto di Lamezia Terme sarà collegato con la costa degli Dei nel Vibonese, con la costa Tirrenica a Nord fino a Praia a Mare, con la costa Ionica da Catanzaro alla Locride e da Catanzaro a Crotone, con Cosenza e poi a proseguire verso l’alto Ionio cosentino fino a Rocca Imperiale.

Dall’aeroporto di Reggio Calabria sarà raggiungibile la costa Viola, la costa Ionica reggina fino a Caulonia e anche Gambarie in Aspromonte.

Dall’aeroporto di Crotone sarà collegata tutta la costa Ionica fino a Sibari a Nord e Catanzaro a Sud.

Per ogni destinazione ci saranno almeno due coppie di collegamenti aggiuntivi e gli orari saranno concertati, sotto la regia regionale, fra la Sacal, società di gestione aeroportuale, e gli operatori del trasporto pubblico locale, per garantire la copertura delle fasce orarie con più collegamenti aerei.

Il totale dell’investimento per cambiare l’intero parco autobus ammonta a 250 milioni di euro, con  200 milioni di euro di risorse pubbliche e 50 delle imprese del trasporto pubblico locale. (rrm)

LE PAROLE NON BASTANO PIÚ, LA CALABRIA
È ALLA RICERCA DI UNA VISIONE ORGANICA

di FRANCESCO RAOL’Italia, nel suo insieme, racchiude una serie di risorse umane, materiali e immateriali dal valore inestimabile e il Made in Italy continua ad essere uno dei Brand più ambiti a livello planetario. In contropartita, molti tra i nostri migliori studenti, ancora oggi, per realizzare i loro sogni, sono “costretti” a fare le valige e partire con un biglietto di sola andata. Volendo essere buoni, sarebbe opportuno chiedersi il perché, nel 2022, si continuano ad affrontare le sfide della quotidianità con metodi simili a quelli utilizzati durante la metà del Secolo scorso.

Sicuramente qualcosa non ha funzionato nel verso giusto, oppure vi è una manifesta volontà tesa a non far funzionare un sistema avanzato come il nostro, costringendo la società a vivere in una perenne mediocrità ma con l’appannaggio dettato da aspettative futuristiche nelle quali l’innovazione più recente risulta essere allo stesso tempo obsolescenza conclamata. Alcuni potranno asserire che tutto ciò è il prezzo del progresso. Personalmente credo sia altro. Le risposte a queste domande, volutamente formulate senza l’utilizzo del punto interrogativo, preferirei consegnarle ai miei gentili lettori, magari dopo aver letto i contenuti della presente riflessione.

Da un punto di vista territoriale, ogni singola regione italiana, con il passare del tempo, ha saputo costruire una propria identità puntando principalmente sulle varie peculiarità possedute, senza trascurare la valorizzazione del microsistema, presente su scala provinciale e comunale. Sappiamo benissimo dell’esistenza di numerose regioni virtuose e non possiamo più negare che molte regioni sono ancora ferme, anzi, impegnate a segnare il passo e insieme a loro sono costrette a farlo milioni di cittadini. La presente riflessione, focalizzata sulla realtà calabrese, vuole ripercorrere quella metodologia insegnataci dalle nostre maestre ai tempi delle scuole elementari, quando l’interrogazione di geografia si svolgeva osservando la cartina fisica o politica per illustrare le peculiarità del territorio. 

Osservando la cartina della Calabria, percepiamo immediatamente la quantità e la qualità delle macro-disponibilità che necessiterebbero più di uno sforzo mentale volto a vedere le opportunità e non strutturale per doverle costruire. Con la certezza di non poter fare una approfondita analisi, sommariamente indico una breve didascalia iniziando dagli 800 km di coste (buona parte di esse non utilizzabili a seguito della conformazione montuosa del territorio e dall’intersezione dei binari ferroviari che ne inibiscono la realizzazione di apposite infrastrutture per valorizzarne il litorale. In buona sostanza, pensando al territorio della Locride, perché non vi è stata una progettualità tesa a traslare a monte i binari, attuando da una parte la rivitalizzazione delle aree interne e dall’altra l’implementazione degli insediamenti balneari?

Per quando riguarda le coste non balneabili, perché non si accetta la sfida della Blue Economy, ivi compresa l’acquacoltura? Vi sono poi i tre Parchi Nazionali (Pollino, Sila e Aspromonte). Quali segmenti turistici e quali piani strategici vengono attuati per coinvolgere annualmente un turismo di nicchia, desideroso di vivere questi luoghi, per molti versi ancora sconosciuti oppure trasformati in una cornice utile a narrare quanto le Istituzioni dovrebbero debellare in pochi mesi? Quante guide turistiche e quanta ospitalità diffusa si potrebbe accogliere? Andando avanti, dopo il mare e la montagna, poniamo l’attenzione sulla pianura. Per l’esattezza, nei confronti delle sei pianure della Calabria (Scalea, Sibari, Crotone, Sant’Eufemia, Gioia Tauro e parte della Locride), esiste un progetto strutturale dell’agricoltura nel quale oltre ai prodotti siano compresi appositi marchi identitari per conferire valore tanto alla produzione quanto ai territori? Da un punto di vista culturale: i numerosi monumenti storici, i musei e gli scavi archeologici, in parte visitabili ed in parte inaccessibili a causa di lavori finanziati con il contagocce, ci siamo chiesti in quale circuito nazionale ed internazionale dell’Arte sono rintracciabili?

Senza voler inveire, le guide turistiche, utili a promuovere questi luoghi, sono reperibili su portali specifici e tradotte in tedesco, giapponese, cinese e arabo? Per quanto riguarda il capitolo dei libri, da una parte mi fa piacere apprendere una forte presenza di scrittori calabresi, ma quali saranno le sorti delle nostre biblioteche, stracolme di pregiatissimi volumi?  Attualmente, tali patrimoni librari, sembrerebbero essere stati assegnati d’ufficio ai famelici tarli in quanto, l’idea di mettere in rete le biblioteche della Calabria ed a sua volta creare un portale internet contenente l’intero patrimonio letterario e scientifico, non è stata ritenuta strategicamente utile. Altra domanda: quanti studiosi, ricercatori, restauratori e visitatori avremmo potuto accogliere?

Le Università attive in Calabria, seppur concentrate ad affrontare quotidianamente le sfide poste alla loro attenzione da un mercato del lavoro intento a reperire elevate competenze, vista la professionalità e la preparazione dei docenti e vista la propensione dei discenti nel voler studiare in Calabria, motivazione che comprende anche l’impossibilità per molte famiglie di mantenere i loro figli negli Atenei del Nord oppure presso le costose Università telematiche, quando riusciranno a superare un paradosso, racchiuso in tutti quei corsi di laurea ormai superati e causa del mismatch occupazionale? La parola d’ordine oggi risiede nella ricerca tecnologica, nella gestione dei big data, nell’elaborazione di strumenti informatici utili ad alimentare i logaritmi dell’intelligenza artificiale i quali, affiancati alla robotica e all’info mobilità segnano il futuro. 

Occorre guardare ai prossimi 150 anni e non al tempo passato, altrimenti i giovani e le future generazioni somiglieranno alle generazioni del passato i quali, trovandosi al cospetto del progresso e non sapendolo interpretare, hanno scelto di essere conservatori per sentirsi più forti senza palesare tutta la loro ignoranza. 

Accanto a quei corsi di laurea tradizionali ma utili allo sviluppo, occorre dedicarsi alla sperimentazione di nuovi percorsi innovativi, superando l’esperienza vissuta da migliaia di laureati, costretti a studiare sino a 45 anni per poi poter sperare di vivere una vita da precari oppure doversi consegnare alla servitù della malavita o nel dover ripiegare per accontentarsi riponendo in un cassetto titoli di studio, entusiasmo e capacità indispensabili a generare sviluppo. In Calabria vi sono anche insediamenti industriali di pregevole virtuosità. Buona parte di essi attendono la materializzazione della famosa “Zona Economica Speciale” e della strutturazione degli interporti per poter avviare processi di produzione, capaci di invertire l’attuale curvatura del sistema occupazionale. Intanto, proprio questa mattina, si apprende da Gazzetta del Sud, che dopo 15 anni, è stato superato il limite che impediva il trasferimento della rete ferroviaria dal CORAP a RFI, frutto dell’Accordo di Programma Quadro adottato nel 2007 dall’allora Giunta regionale e riproposto nel 2020 con caparbia dall’Assessore regionale ai Trasporti Domenica Catalfamo.

Anche questi risultati, perché sono giunti così in ritardo? Quanto occasioni perse? Chi ne ha la responsabilità? Il Porto di Gioia Tauro, vista la movimentazione di container e vista la particolare predisposizione dei fondali (tra i più profondi del Mediterraneo) avrebbe meritato maggiori attenzioni e maggiori investimenti, invece di dover attendere così a lungo il collegamento con la rete ferroviaria? Naturalmente, manca ancora un altro importantissimo passaggio per completare l’opera: rendere possibile la percorribilità ai convogli ferroviari lunghi 750 metri, attualmente non possibile a causa di una galleria presente lungo la linea Reggio Calabria-Battipaglia. Anche in questo caso, vuoi vedere che il ritardo è stato causato per non incidere sulla produttività di qualche altro Porto Italiano? Di questo passo, come si può pensare di poter creare nuova occupazione, sviluppo e crescita socioeconomica in una Calabria affamata di lavoro? Al fine di poter fornire un quadro d’insieme ai gentili lettori, vorrei puntualizzare che la portualità in Calabria, oltre allo stesso Porto di Gioia Tauro, conta altri 38 Porti. Seppur di minore dimensione, parte di questi Porti sono stati adibiti ad approdi turistici ed altri a scali commerciali. Anche in questo caso, la domanda sorge spontanea: si potrebbe fare molto di più, oppure va bene così? Vi è poi il capitolo afferente alla mobilità. 

In tal senso abbiamo un primato che la penuria di autostima non ci consente di valorizzare nei modi dovuti. Forse non tutti sono al corrente che la vecchia autostrada Salerno-Reggio Calabria, oggi Autostrada del Mare, sta per divenire una tra le arterie autostradali più evolute d’Europa. Tutto ciò sarà possibile grazie alla lungimirante visione di ANAS che ha progettato e sta realizzando lungo l’A2 la prima Smart Road Italiana. Tutti i processi di manutenzione, aggiornamento e supporto, necessari per questa innovativa via di trasporto, destinata ad accogliere mezzi condotti dall’intelligenza artificiale grazie al sistema cellulare 5G, li commissioneremo ai neolaureati cinesi oppure vogliamo iniziare a formare le nostre Risorse Umane, fissando gli obiettivi riconducibili alla tecnologia informatica, alla robotica e all’intelligenza artificiale come innovazione capace di trattenere le migliori intelligenze? Inoltre, le Scuole e Università quando inizieranno a pensare e investire di più, magari promuovendo sistemi di fund raising per finanziare borse di studio, laboratori ultra moderni, viaggi studio per i meno abbienti e promuovere un modello di orientamento scolastico volto a porre fine alle tante fiere del nulla, con annesse distribuzioni di gadget e sorrisi smaglianti, donati da quei dirigenti che temendo il sotto dimensionamento e il trasferimento dimenticano volutamente il loro ruolo e  improvvisandosi di anno in anno in tutt’altro contribuiscono a rubare il futuro dei giovani?

Il sapere e la meritocrazia possono tornare di moda quando la serietà di un sistema politico-istituzionale inizierà a dare ascolto e porre attenzione alle competenze del futuro da intersecare sapientemente alle abilità richieste in passato e rispondere ai richiami dell’OCSE con la crescita culturale che sino ad ora abbiamo saputo soltanto perdere. Per quanto riguarda il trasporto ferroviario e aereo, purtroppo siamo ancora ai litigi dell’asilo. Tante volte è un fatto antropologico, registrato quotidianamente tra i tanti contendenti i quali, da una parte sarebbero propensi a vantare pubblicamente i meriti dell’alta velocità e dall’altra sono impegnati a stracciarsi le vesti pretendendo fermate dei treni che da Alta Velocità finirebbero per diventare Espressi perdendo l’efficacia di quei collegamenti veloci indispensabili per i nostri viaggiatori. Solo per espletare meglio il concetto ricorro ad un esempio: per la tratta Roma-Milano, in treno, necessitano 3 ore e 10 minuti e sono previste due fermate intermedie (Firenze e Bologna). Un voluto treno Alta velocità, da Reggio Calabria a Roma, secondo l’acclarata necessità proveniente dagli amministratori locali dovrebbe effettuare soltanto in Calabria almeno in dieci fermate per servire i centri più importanti situati lungo la linea. La domanda sorge spontanea: ci rendiamo conto dove nasce il ritardo? Idem per gli aeroporti: in una regione di 1.900.000 abitanti si può pretendere che ci siano tre aeroporti con collegamento da Roma a Milano giornalieri?

In questo caso la curiosità potrebbe essere intuibile ma la condivido: quante persone viaggiano quotidianamente in aereo su queste tratte? Forse, con un solo aeroporto, situato nel centro della Calabria (Lamezia), servito da una metropolitana di superficie capace di collegare in meno di un’ora tutto il territorio regionale con lo scalo aereo, non saremmo stati più al passo con i tempi, ottenendo maggiori rotte nazionali e internazionali e implementando le opportunità di far giungere in Calabria un turismo abituato a muoversi utilizzando le combinazioni aereo, treno e autobus? Pensateci bene, prendendo la valigia e uscendo da casa, quanto tempo necessita per raggiungere l’aeroporto più vicino utilizzando un mezzo pubblico? Raggiunto l’aereo porto, quale frequenza di voli è disponibile?

Anche queste scelte potrebbero essere annoverate tra i primi segnali di una transizione ecologica reale che da noi stenta ad essere compresa e attuata, soprattutto per mera questione culturale. Volutamente non entro nel merito del segmento afferente alle attività produttive della Calabria, sono profondamente convinto che sino ad ora non sia stato possibile esprimere tutta la potenzialità produttiva di questo territorio per penuria di pianificazione, programmazione e organizzazione. Tali regole aziendali, valgono tanto e rappresentano il valore aggiunto di un mondo artigianale, agricolo, commerciale e societario troppo preso dall’idea che l’imprenditore sa fare tutto e poi spreca fiumi del proprio profitto in spese inutili per tentare di far crescere la propria azienda. Anche questa è una questione culturale. Inoltre, mancando la diffusione del modello cooperativo, i numerosi ritardi registrati nell’organizzazione aziendale, riconducibili anche alla penuria di formazione continua, hanno plasticamente rappresentato la sommatoria degli ulteriori  ritardi strutturali, consolidandone le difficoltà produttive e a sua volta divenendo causa determinante di una crescente difficoltà anche nell’accesso al credito per far fronte al pagamento delle tasse e per affrontare quei costi aggiuntivi, legati al trasporto e alla distribuzione, che incidono sul prezzo finale dei prodotti. 

Percorrendo ancora questa strada, quale futuro potrà avere il nostro segmento produttivo? Potrà mai concorrere a pari dignità con altre aziende più evolute e insediate in un Centro-Nord iperconnesso e veloce? Purtroppo, a noi manca anche la cultura delle filiere di produzione e la capacità di promuovere insieme al prodotto l’immagine mediante la realizzazione di confezioni più raffinate capaci di veicolare l’importanza racchiusa nella storia di ogni prodotto e soprattutto il valore impresso dalle generazioni che hanno custodito nel tempo i vari processi di produzione, tramandando ad altre generazioni non un lavoro ma una grande cultura produttiva.

Per il momento mi fermo. Non scrivo altro. Vorrei sperare che negli spunti offerti possa esserci motivo di riflessione e soprattutto voglia di immaginare una Calabria capace di volare alto attraverso nuove scelte e nuovi percorsi. (fr)

[Francesco Rao è giornalista e sociologo, presidente della Sezione Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi]