INFRASTRUTTURE, SUPERARE LE CRITICITÀ
CHE RENDONO “IMMOBILE” LA CALABRIA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Con l’arrivo del decimo nuovo treno ibrido in Calabria, da parte di Trenitalia, è davvero un «addio alle vecchie littorine», come dice il presidente della Regione, Roberto Occhiuto?

La domanda sorge spontanea, considerando l’ormai nota condizione in cui versa la rete ferroviaria nella nostra regione, dove sembrano esserci due velocità, piuttosto che una. Se, infatti, da una parte – in quella Tirrenica, vengono utilizzati treni ad alta velocità (Italo e Frecciarossa) che permettono di collegare Reggio-Roma in tempi più ridotti, dall’altra c’è l’Arco Jonico che, invece, continua ad avere un tracciato vecchio, che deve essere elettrificato e ammodernato.

Recentemente, infatti, il Gruppo FS ha individuato la migliore impresa per la gara Pnrr per l’elettrificazione della Tratta Sibari-Crotone. L’intervento, come spiegato da una nota del Gruppo Fs «consiste nella realizzazione di circa 112 km di elettrificazione della tratta Sibari-Crotone, mediante la realizzazione di 8 sottostazioni elettriche e la posa del sistema per la trazione elettrica ferroviaria».

«L’appalto, del valore di circa 37,5 milioni di euro finanziati in parte con fondi Pnrr – si legge ancora – conclude le procedure per dare avvio alla fase esecutiva del progetto di potenziamento del collegamento Lamezia Terme – Catanzaro Lido – Dorsale Jonica, intervento da 438 milioni di euro complessivi approvato dal Commissario Straordinario di Governo con Ordinanza n.4 del 25/09/2023».

Un importante risultato per l’Arco Jonico, spesso messo da parte nelle “questioni” importanti della Regione, come spesso è stato denunciato dal Comitato Magna Graecia o dall’Organizzazione Basta Vittime sulla Strada Statale 106.

Proprio il sodalizio, per il 19 aprile, ha organizzato un convegno pubblico per parlare del futuro della mobilità lungo l’asse Sibari-Crotone.

«Gli investimenti lungo l’area jonica – dicono in una nota – promossi dal Governo centrale con la collaborazione del Governo regionale, prevedono interventi sia sulla dorsale ferro-stradale che sulla implementazione dell’attività volativa e delle attività portuali di Crotone e Corigliano-Rossano. Il dibattito si pone l’obiettivo di stabilire quanto i richiamati investimenti siano coerenti con le complessità dei processi d’ammodernamento delle infrastrutture. Ancora, se risultino fedeli alle vocazioni e ai bisogni di un territorio dalle innate potenzialità, ma spesso dimenticato: l’ambito crotoniate e sibarita».

D’altronde, non è una novità che la Calabria sia indietro rispetto alle altre regioni sul tema delle infrastrutture che, come ribadito dal presidente di Unioncamere Calabria, Ninni Tramontana, nel presentare nei giorni scorsi il Libro Bianco regionale delle priorità infrastrutturali del sistema imprenditoriale della Calabria – Edizione 2023, «rappresentano indubbiamente  una  leva strategica a supporto dello sviluppo economico dell’intera regione».

Lo studio – ha spiegato Tramontana – «ha previsto il monitoraggio dello stato di avanzamento dei 12 interventi  prioritari definiti nell’edizione del 2022, rilevandone le criticità di realizzazione su almeno 5 interventi, nonché un  focus sulle opere ritenute più urgenti, “indifferibili”, in funzione di un’accelerazione delle dinamiche di crescita  economica, sociale e turistica. Si tratta nello specifico del potenziamento del porto di Gioia Tauro, dello sviluppo  della portualità turistica e commerciale nel suo complesso, del miglioramento dell’accessibilità del sistema  aeroportuale regionale, dell’estensione dell’alta velocità fino a Reggio Calabria, dell’ammodernamento della Strada Statale 106 e dell’adeguamento della linea ferroviaria ionica, con interventi di velocizzazione ed elettrificazione».

L’obiettivo, unanime, dunque, è quello di «recuperare un gap importante», come sottolineato dall’assessore regionale ai Trasporti, Emma Staine, ricordando i 3 miliardi stanziati nella Legge di Bilancio 2023 da destinare alla Statale 106 Jonica.

«La Calabria può recuperare il ritardo di sviluppo accumulato nei decenni –ha detto Rosanna Guzzo, di Uniontrasporti – anche attrezzandosi con un sistema dei trasporti al passo con le sfide globali che gli faccia superare la  marginalità fisica rispetto al Paese e sfruttare la posizione centrale nel Mediterraneo. Le analisi messe in campo  da Uniontrasporti con l’aggiornamento dei KPI descrivono un territorio che ha ampi margini di miglioramento sul  fronte della logistica e delle ferrovie, ma anche del digitale. Performance buone si registrano, invece, dal punto di  vista della portualità, con un indicatore superiore alla media nazionale del 55%, e dell’energia, con Crotone  ottava provincia in Italia, per l’utilizzo dell’energia che ha a disposizione, tenendo conto soprattutto delle fonti  rinnovabili. Le opere richieste a gran voce dagli imprenditori calabresi servono loro proprio per ampliare i mercati  di riferimento, per migliorare la mobilità interna e rendere la rete dei trasporti regionale più sostenibile, sicura ed  efficace».

Ma non è solo il problema ferroviario a preoccupare: dai dati emersi dall’indagine di Uniontrasporti, infatti, «le imprese della manifattura e quelle dei trasporti e della logistica operative in Calabria ravvisano un’incidenza media dei costi  della logistica pari a circa il 22% del totale del fatturato aziendale, a fronte di una media nazionale stimata che si  aggira sull’8%. Tale dato, sostanzialmente omogeneo nell’ambito di tutti i territori della regione (oscilla tra il  16% per Crotone e Vibo Valentia, e il 26% per Catanzaro), è ben più marcato presso gli operatori dei trasporti  (raggiunge il 46%). In generale, i costi della logistica nel 2022 sono risultati in netto aumento su base tendenziale  (confronto con il 2021), è così per oltre il 73% delle imprese della Calabria che nello specifico hanno riscontrato  un incremento medio dei costi pari al +26% rispetto all’anno precedente».  

Dallo studio predisposto dal Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università della Calabria, sono poi emerse importanti criticità in termini di accessibilità ai tre aeroporti calabresi, sia su mezzo di trasporto privato che tramite Tpl  su gomma e su ferro, prevalentemente dovute a carenze infrastrutturali, alla mancanza di integrazione modale e  tariffaria e alla quasi totale assenza di adeguati sistemi di informazione all’utenza. Per contro, emerge un forte  potenziale di tutti e tre gli aeroporti della regione supportato dalla vocazione turistica del territorio calabrese che potrà essere sviluppato valorizzando il patrimonio storico, culturale, naturalistico ed enogastronomico della  Calabria e adeguando le strutture ricettive e le infrastrutture aeroportuali a servizio dei passeggeri in arrivo sugli  scali calabresi. 

Criticità che devono essere in qualche modo sistemate, soprattutto se le infrastrutture dovranno essere funzionali assieme al Ponte sullo Stretto che, come ha scritto qualche giorno fa Pietro Massimo Busetta «dovrebbe consentire finalmente quella mobilità che finora le regioni meridionali da Napoli in giù non hanno avuto, possibilità di riuscire a rimanere nella propria terra e non essere obbligati ad emigrare, opportunità per coloro che vivono nella area metropolitana di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Messina».

Una mobilità che, tuttavia, non potrà mai essere totale, se non si attua un vero e proprio piano di riqualificazione e di ammodernamento delle infrastrutture della Calabria. E non bastano l’arrivo di 10 nuovi treni ibridi – che poi diventeranno 27 in totale – a segnare la vera svolta della Regione.

Come detto dall’ing. Roberto Di Maria, «occorre, in sintesi, smetterla di pensare alla Calabria come ad una pittoresca e remota appendice dello stivale, buona solo per le vacanze e basta, e cominciare a considerarla il centro di un sistema logistico vitale per l’intera Europa». (ams)

TRASPORTO FERROVIARIO: IL SUD MERITA
IL SUO RISCATTO E LA GIUSTA ATTENZIONE

di ERCOLE INCALZA – Negli ultimi quarant’anni, non ce ne siamo forse ancora accorti, ma abbiamo assistito ad una vera rivoluzione nel sistema dei trasporti ferroviari ed è sbagliato, a mio avviso, parlare solo di “alta velocità ferroviaria” perché in quarant’anni è cambiato il nostro approccio e la nostra fruizione di ciò che genericamente chiamiamo “ferrovie”, “treni”, “stazioni”, “scali merce”.

Questi riferimenti, in realtà, vivevano essenzialmente nei limitati periodi, o meglio nei limitati momenti in cui ricorrevamo all’uso di un treno, in realtà in cui ricorrevamo ad un treno per raggiungere un’altra località vicina o lontana. La ferrovia soddisfaceva una nostra esigenza di mobilità ed in questo, ripeto sempre, forse il pendolarismo rappresentava una diversità perché aggregava più persone in determinate fasi della giornata ed era anche una delle occasioni più socializzanti della offerta ferroviaria.

Altra ignoranza diffusa era quella legata all’utilizzo della rete ferroviaria per la movimentazione delle merci, esistevano gli “scali” ed erano ubicati nelle vicinanze delle stazioni, anche all’interno di grandi nodi ferroviari. Si chiamavano centri intermodali perché le merci arrivavano con dei TIR in queste limitate aree ed in tali siti avveniva il cambiamento della modalità di trasporto; tra l’altro fino agli anni ’80 era molto frequente imbattersi su strada in un trasporto eccezionale di carri ferroviari che potevano essere trasferiti fino alla destinazione richiesta dal cliente per la movimentazione di ogni tipologia di merci. Nel tempo questo servizio è stato sostituito dall’utilizzo dei container, che consentono il trasferimento del solo cassone che può essere movimentato su ogni tipologia di vettore, nave, treno, camion.

Ebbene, 16.000 chilometri di reti di proprietà delle Ferrovie dello Stato e circa 3.000 chilometri di reti ferroviarie secondarie per quasi il 70% gestite da soggetti privati o da Amministrazioni locali, senza dubbio, rappresentano una griglia portante essenziale, e direi obbligata, per chi si muove all’interno del Paese, all’interno dell’Europa; i vari movimenti però inizialmente erano legati ad una frequenza così limitata da portare i vari utenti, nella maggior parte dei casi, a ricorrere al mezzo privato su strada.

A tale proposito sono solito ripetere sempre un esempio: da Roma a Napoli, fino al 2004, cioè fino all’avvio del collegamento ferroviario ad alta velocità, il tempo del collegamento era di circa due ore e dieci minuti ed il numero di corse, anche nelle ore di punta, si attestava su un numero non superiore a due ogni due – tre ore ed in tal modo la distanza reale, in termini temporali, tra Roma e Napoli superava le quattro – cinque ore e quindi chi da Roma decideva di andare a Napoli doveva mettere in conto sia il tempo reale del collegamento e l’arco temporale in cui non era disponibile la offerta ferroviaria e questo portava automaticamente al ricorso dell’auto privata.

Gli scali ferroviari erano ubicati nelle prossimità delle stazioni e questa collocazione era difficilmente accessibile: l’attraversamento dell’ambito urbano, in molti casi metropolitano, oltre a creare rilevanti problemi nel consumo di carburante generava seri problemi di inquinamento.

Poi all’inizio dei quaranta anni siamo entrati, praticamente dal 1984 al 2004, in una fase che ha praticamente rivoluzionato quello che per quasi un secolo era stata la ferrovia.

Insisto non è stata solo l’alta velocità ma: La frequenza dei treni, la scoperta del ruolo e della funzione delle “grandi stazioni”, l’ubicazione strategica dei centri per la movimentazione delle merci: gli interporti, la rivoluzione tipologica e tecnologica dei treni, l’avanzata digitalizzazione dei servizi offerti, il rapporto con gli Enti locali nella gestione della mobilità soprattutto nelle grandi aree urbane (esperienza Metrebus a Roma), il collegamento con i nodi logistici chiave per la crescita economica del Paese (porti ed interporti), il rafforzamento della dimensione internazionale attraverso l’avvio alla realizzazione dei valichi ferroviari come l’asse Torino – Leone, come il Terzo Valico dei Giovi, come il San Gottardo, come il Brennero, la grande attenzione per il rispetto dell’ambiente, realizzando, prima ancora delle grandi aziende nazionali ed internazionali, un’ecobilancio della propria offerta trasportistica, una grande attenzione all’abbattimento delle barriere architettoniche.

In questi quaranta anni, senza dubbio, i meriti sono sia di coloro che si sono alternati nella gestione del Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti e, in modo particolare, di coloro che erano all’interno delle Ferrovie dello Stato prima del cambiamento, sì ai dirigenti della vecchia Azienda che non ostacolarono l’azione riformatrice e collaborarono nella trasformazione di un’Azienda di stato in un Ente pubblico economico prima e in una Società per Azioni dopo.

Unico punto critico, in questo processo che continuo a definire “rivoluzionario”, è stata la sottovalutazione dell’esigenze infrastrutturali e gestionali del Mezzogiorno; in modo particolare solo nell’ultimo anno è ripartita l’azione organica mirata alla realizzazione di reti essenziali; una riattivazione di azioni dopo dieci anni in cui unica opera è stata la realizzazione del collegamento Napoli – Bari. Questo preoccupa perché denuncia i comportamenti dello Stato nella attuazione di ciò che chiamiamo Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), si di quei livelli che dovrebbero essere garantiti nella attuazione delle “Autonomie differenziate” e che, almeno per quanto concerne l’offerta ferroviaria, hanno, come riferimento storico una esperienza quarantennale, almeno per l’offerta ferroviaria, lontana da accettabili Livelli Essenziali di Prestazioni.

Sicuramente non possiamo assolutamente sottovalutare il ruolo chiave svolto, in questo “rivoluzionario lungimirante processo”, da Lorenzo Necci; in fondo è stato lui l’artefice primario di tutto ciò che oggi viviamo, di tutto ciò che oggi usiamo e frequentiamo senza accorgercene e, dobbiamo anche ammetterlo, siamo sempre  più scontenti ed al tempo stesso più esigenti; tuttavia quello che dispiace è che non vogliamo ammettere che in questi quaranta anni abbiamo inseguito davvero il futuro; speriamo di non raggiungerlo mai; infatti inseguendolo sempre siamo sicuri di crescere. (ei)

Nelle prossime settimane sarà istituito il tavolo tecnico per migliorare la mobilità

L’assessore regionale alle Politiche Sociali e ai Trasporti, Emma Staine, ha reso noto che nelle prossime settimane sarà istituito il tavolo tecnico di lavoro per migliorare la mobilità e l’accessibilità del sistema dei trasporti.

L’annuncio è stato fatto nel corso della seduta della Terza Commissione regionale Sanità, durante la quale si è discusso delle persone con diagnosi dello spettro autistico e delle problematiche che riguardano la totale integrazione, l’erogazione dei servizi socio assistenziali e socio sanitari e il sostegno alle famiglie.

«L’inclusione sociale – ha dichiarato l’assessore Staine – non può non tener conto di un sistema dei trasporti adeguato e snello che garantisca libertà di movimento e la partecipazione attiva alla vita sociale, civile e lavorativa. Dunque, è per me fondamentale rintracciare ogni soluzione possibile per migliorare il servizio di trasporto locale perché, come ripeto da tempo, il mio unico obiettivo è creare nel nostro territorio un sistema di trasporti che consenta a tutti, in particolare alle persone più fragili, la libertà di spostarsi».

Al Tavolo saranno chiamati a partecipare i rappresentanti del mondo della disabilità e tutti gli stakeholder che si occupano dei servizi di trasporto nei diversi contesti territoriali. Si lavorerà per gradi, partendo dall’individuazione e approfondimento delle problematiche nei diversi settori dei trasporti pubblici e privati, fino ad arrivare a soluzioni concrete al fine di garantire un miglioramento dei servizi per le persone con disabilità. (rcz)

NELLE INFRASTRUTTURE LA CALABRIA NON
È COMPETITIVA: IL GAP È SEMPRE PIÙ GRAVE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria non è competitiva a livello infrastrutturale. Non è una novità ma, a certificare questo pesante gap, il recente Rapporto dell’Osservatorio di Confcommercio Trasporti presentato all’8° Forum Conftrasporto-Confcommercio, assieme a uno studio sulle infrastrutture realizzato da Svimez per Conftrasporto.

La nostra regione, infatti, ha perso cinque posizioni rispetto al 2019, posizionandosi 139esima con un modesto 73,8. Un dato che deve far preoccupare, se si considera che l’indice di competitività delle regioni europee è un indicatore di benchmark europeo basato sul criterio di funzionalità delle reti. Esso, infatti, misura l’accessibilità alle infrastrutture, la capacità di ridurre le distanze effettive per spostamenti di persone e merci piuttosto che la pura dotazione.

Si tratta, dunque, dell’ennesima dimostrazione del grande limite, a livello infrastrutturale, di cui la Calabria è “vittima”. Strade difficili da percorrere, aree interne sempre più isolate e pochi collegamenti con i treni. Un insieme di criticità che, nel loro insieme, delineano un quadro sconfortante. Nè deve consolare che, nel report, l’Italia stessa, rispetto al 2019, ha perso quattro posizioni.

Nella sua relazione il direttore della Svimez, Luca Bianchi, ha parlato di una «sotto-dotazione al Sud e di una congestione al Nord».

«In rapporto alla superficie, la dotazione del Sud è superiore al Centro-Nord per strade di interesse nazionale (13,2 km/100 km2, 6,5 per il Nord e 9,3 per il Centro), allineata per strade regionali e provinciali, ma molto inferiore per rete autostradale (1,87 km/100 km2, 3,29 al Nord e 2,23 al Centro)».

«Fanno relativamente meglio Campania, Abruzzo, Molise (non per autostrade), Puglia e Sicilia. Sottodotate Sardegna (nessun km di autostrada) e Basilicata (autostrade marginali)», ha detto ancora Bianchi, tornando a parlare del divario Nord-Sud: «c’è una sottodotazione di binari nel Mezzogiorno, specialmente nell’alta velocità».

Nel Mezzogiorno, infatti, sono solo stati sviluppati 5.717 km su una lunghezza complessiva dei binari di 7.528 km contro gli 11.046 km sviluppati nel Centro-Nord e i 16.032 km di binari. Male anche nell’alta velocità: al Sud ci sono solo 181 km, di cui il 21,4% sono linee fondamentali e linee di nodo, mentre il 58,1% è la rete elettrificata e il 31,7% p la rete a doppio binario. Inutile dire che, al Centro Nord, i valori sono ben superiori. Solo per citarne una, al Centro Nord l’80% della rete è elettrificata.

Solo la Campania, ha rilevato Bianchi, si avvicina agli standard del Nord. Il resto delle regioni, invece, evidenziano un grave gap infrastrutturale che, invece di diminuire, si allarga.

Per il direttore della Svimez è necessario una inversione di rotta. E, per farlo, si potrebbe valutare la «regionalizzazione» catene del valore in continuità con le risposte osservate durante la pandemia, ossia:  ripiegamento della globalizzazione e reshoring/nearshoring internamente all’EU (automotive, settori high-tech); Aumento degli scambi intraeuropei».

Nella sua analisi, Bianchi ha evidenziato come «fatta eccezione per l’asse Italia–Svizzera, la magior parte delle merci viene movimentata con il trasporto stradale. Al confine con l’Austria, inoltre, passa circa il 40% del traffico merci che entra ed esce dal Nord-Europa». Per il direttore della Svimez, dunque, sarebbe auspicabile uno shift modale gomma-ferro e l’apertura di altri passaggi, come autostrade del mare.

Bianchi, poi, rilancia il potenziale del traffico marino che, dopo il calo generalizzato a causa della pandemia, è tornato ai livelli pre-covid.

Nel 2022, infatti, per i cargo mare ha raggiunto i 490 milioni di tonnellate, con 380 mld di euro, un 36% totale movimentato di merci, un +11% rispetto al 2019 e, non meno importante, un +2% rispetto al 2021, con un +1,1% nel Mezzogiorno e 2,7% nel Centro Nord.

Per quanto riguarda i cargo mare Ro-Ro (ossia i cargo rotabili), si sono calcolati cira 120 milioni di tonnellate (+57,2% rispetto al 2009, -1,4% rispetto al 2021 di cui: -5,4% nel Mezzogiorno e +3,1% nel Centro Nord); per i cargo mare container, invece, 119,5 milioni di tonnellate, con un +26,7% rispetto al 2009, +2,2 % rispetto al 2021 di cui: +4,9% nel Mezzogiorno e -0,1% nel Centro Nord).

Il buon andamento delle merci movimentate nei container è stato possibile anche grazie all’exploit dello scalo di Transhipment di Gioia Tauro.

Spazio, poi, alla “vecchia” Zes, per cui sono previsti 630 mln che si aggiungono all’1,2 mld che il Pnrr riserva a interventi sui principali porti del Mezzogiorno. Con questi fondi, si dovrebbe intervenire sul collegamento di “ultimo miglio”, digitalizzazione e potenziamento della logistica, urbanizzazioni green e lavori di efficientamento energetico e ambientale nelle aree retroportuali e nelle aree industriali appartenenti alle ZES; potenziamento resilienza e sicurezza per l’accesso ai porti. Ma qual è il problema? Che c’è una frammentazione eccessiva degli interventi. Per fare un esempio, in Calabria, sulla Jonica sono previsti 108,1 mln di euro, ma sono previsti solo due interventi per l’ultimo miglio, 7 per la logistica e nessuno per la resilienza dei porti, mentre per tutta la regione, invece, oltre a essere previsti 11,7 mln, sono programmati 7 interventi sull’ultimo miglio, nessun intervento per la logistica e solo 3 per la resilienza dei porti. La Sardegna, per citare un altro caso, prevede solo un intervento per l’ultimo miglio e un importo di solo 10 milioni, mentre la Campania, invece, ha ben 136 milioni e 10 interventi, tra ultimo miglio (5) e logistica (4).

Una frammentazione che, in teoria, si dovrebbe risolvere con la Zes Unica (che entrerà in vigore a gennaio 2024). Bianchi, dunque, suggerisce le condizioni per rendere efficace questo strumento per il Sud e il Paese, ovvia con la fiscalità di vantaggio e la sburocratizzazione e un piano strategico.

Nel primo caso, si tratterebbe di introdurre un credito di imposta investimenti, proroga della decontribuzione Sud e lo sportello unico, che potrebbe rappresentare un’occasione per rendere le tempistiche più omogenee tra i territori. Per quanto riguarda il piano strategico, si devono definire le priorità produttive e specializzazioni strategiche, esaltare le specificità produttive, valorizzare i legami funzionali e strategici con le infrastrutture, come i porti collegati alla rete Ten-T.

In questo modo, si può rendere «il Mezzogiorno attrattivo per investimenti e talenti», realizzare una «logistica meridionale integrata nel sistema Paese e internazionale» e, infine, una «integrazione del Mezzogiorno e del Paese nelle filiere strategiche europee».

Bianchi, poi, fa il punto sullo stato dell’arte sugli interventi infrastrutturali per i trasporti: Infrastrutture di trasporto prioritarie: costi per 131 miliardi (Relazione su stato di attuazione, 2022); Finanziamenti acquisiti (101 miliardi) e Fabbisogni residui (29.5 miliardi) e quasi il 75% delle risorse destinate alle infrastrutture ferroviarie. 

Da questi dati, è emerso un forte ritardo del Mezzogiorno: il 56% delle opere, infatti, sono ancora in stato di progettazione contro le 36% del Centro Nord. Ci sono, poi, pochi lavori in corso: sono il 13% contro il 34% del Centro Nord.

Spazio, poi, al Ponte sullo Stretto, il cui costo sarà di circa 15 miliardi. Esso dovrebbe prevedere 2560 mila addetti in 7 anni, con una media di 40 mila all’anno), 35,5 mld di produzione e 14,6 mld di valore aggiunto (10,4 mld al Sud, ossia il 3,4% del Pil) e 4,2 mld al Nord, con lo 0,26% del Pil).

Nonostante questi numeri, il direttore Bianchi ricorda le criticità geologiche e tettoniche per realizzare l’infrastruttura:

  • Attesa completamento dell’AV  Palermo-Messina e Reggio Calabria/Salerno per il collegamento con Roma (Roma-Palermo: 7 ore tot.)
  • Sostenibilità ambientale: 2 Zone di Protezione Speciale: Costa Viola (RC) e Monti Peloritani (ME); 11 Zone Speciali di Conservazione (possibile violazione direttiva Comunitaria Uccelli/impatti sull’ecosistema marino)
  • Sostenibilità economica: costo superiore dall’AV Torino-Milano e triplo del Fondo nazionale TPL che finanzia trasporto su gomma e ferro

Importante, poi, il ruolo delle politiche. Servono, infatti, «azioni di policy tese a potenziare la dimensione quantitativa e qualitativa delle infrastrutture nel Paese hanno un valore strategico fondamentale, consentendo di: 

  • raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e 2050: trasferire il 30% del traffico stradale (> 300 km ) su modalità alternative (il 50% nel 2050); Green Deal | Fit for 55, col taglio 55% emissioni / riduzione del 47,2% delle emissioni nel settore dei trasporti italiano
  • migliorare la dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno, quale pre-condizione per promuovere un percorso di sviluppo industriale lungo le nuove direttrici strategiche: green e digitale
  • sostenere grandi opere di collegamento ma solo coerentemente a un progetto infrastrutturale sistemico per tutto il Paese (collegamenti interni e attenzione alle aree marginali)
  • ridurre la pressione sulle infrastrutture del Nord (specialmente sui valichi) che presentano elevate criticità sotto il profilo della saturazione e, a questo proposito, sono auspicabili azioni di potenziamento (seconde canne per Monte Bianco e Frejus) e potenziamento della dotazione ferroviaria per promuovere lo shift modale gomma-ferro
  • sfruttare il potenziale del «mare»:  le rete ferroviaria presenta vincoli strutturali (in termini di capacità di trasporto). Le autostrade le mare possono rappresentare una soluzione complementare allo shift gomma-ferro, nonché un settore economico di interesse e di traino per l’economia del Mezzogiorno. 

«I dati evidenziano come sia urgente investire in infrastrutture, e mettono in luce il divario tra Sud, con un difetto strutturale di connessioni, e il Nord Italia, con un alto indice di saturazione, soprattutto in relazione ai valichi – dichiara il presidente di Conftrasporto Pasquale Russo –. La situazione che emerge, ancora una volta, dimostra come sia stato sbagliato, nelle scelte compiute in passato, non aver finanziato le infrastrutture fisiche stradali.  Per quanto riguarda il Pnrr, è positivo, necessario, aver previsto fondi significativi per la ferrovia, ma la mobilità delle merci e del Paese deve utilizzare il sistema infrastrutturale in maniera integrata: è controproducente aver lasciato autostrade e aeroporti fuori dalla programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». (ams)

 

NON SI PARLI SOLTANTO DI PONTE: AL SUD
SONO TROPPO POCHE LE INFRASTRUTTURE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Basta parlare di ponte. Riportiamo l’argomento alla sua giusta dimensione. Un modo di attraversare tre chilometri di mare e cancellare la vergogna di utilizzare mezzi da preistoria come i ferry boat.

Ma basta poter attraversare velocemente tre chilometri di mare, con un collegamento stabile,  per risolvere i problemi degli altri 800 che servono per collegarsi all’ultima città in rete dell’Italia unita? Cioè quella Napoli/ Salerno che è diventata la nuova Eboli? Se così fosse sarebbe una nuova presa in giro.

Il Mezzogiorno non è collegato, forse per una volontà se non strutturata certo per comportamenti convergenti. Si potrebbe rappresentare come una realtà con collegamenti point to point, per quanto attiene alle vie aeree, cioè tra le varie città meridionali e al massimo le principali città del Nord, mentre soffre dei collegamenti multipoint, quelli che dovrebbero attraversare, come innervamento o come una rete di capillari, tutto quello che rappresenta il 40% del territorio nazionale. 

Tale approccio si é avuto in parte anche con le strade/ autostrade, mentre per le ferrovie anche il collegamento con il Nord é ancora un pio desiderio. Bene il passaggio di ieri diventa una cesura tra prima e poi. L’interesse nazionale va nel senso di mettere a regime e collegare in modo serio le aree del Sud per farle decollare, perché questo è l’unico modo per recuperare quella dimensione economica che ci spetta all’interno dell’Europa.  Ed è noto che la base per lo sviluppo economico sia una buona infrastrutturazione. 

Anche la Zes unica non attrarrà alcun investimento dall’esterno dell’area se le realtà locali non saranno collegate adeguatamente. Come si può pensare che la nomina di Agrigento capitale della cultura possa diventare da un mero riconoscimento, dovuto ad una città con 2000 anni di storia, manifestazione che possa incrementare, non solo temporaneamente, il flusso turistico, se per raggiungerla oggi da qualunque aeroporto servono tre ore di auto in strade dissestate o tre di treno, con perlomeno due cambi? 

E chi mai organizzerà un convegno internazionale in una città nella quale per presentare un “paper” non ti serve la giornata canonica ma tre giorni di viaggio? 

E pensate che una grande multinazionale localizzerà i suoi impianti all’interno di quella che è una foresta amazzonica, bellissima ma irraggiungibile, quale ancora oggi, senza alta velocità ferroviaria e con autostrada completata solo per finta, rimane la Calabria?  

E a che servirà costruire un ponte avveniristico, il Messina bridge, se non cominciamo a lavorare in maniera seria su quel grande porto naturale che è Augusta, che dovrebbe diventare insieme a Gioia Tauro l’hub portuale più importante del Paese e dovrebbe competere con i grandi porti del Nord a cominciare da Rotterdam? 

Ma quanti sanno che tale porto impiega tra addetti diretti ed indiretti oltre 700.000 persone, un numero sufficiente per risolvere definitivamente tutti i problemi di occupazione della Sicilia? Ma bisogna cominciare a considerare questa zona non come la colonia da sfruttare, ma il nostro West, come quello che fece ricco gli Stati Uniti d’America. 

Anche qui vi è l’oro. Perché cosa sarebbero le spiagge salentine, la costa Messina Trapani, il Cilento, tutta la costa ionica e tirrenica della Calabria se non l’oro da estrarre e sfruttare adeguatamente. E non è oro la posizione geografica di piattaforma logistica del Mediterraneo di fronte a Suez, dove l’energia è facilmente recuperabile dal sole e dal vento, che ha 140 km di distanza dalla Tunisia? 

Non è oro tutto quello che i greci ci hanno lasciato tanto da essere chiamata l’area Magna Grecia, cioè  più grande e più importante della stessa realtà da cui provenivano i migranti dell’Egeo? Così come è oro oggi avere un capitale umano formato, che tutti gli europei ci invidiano e corteggiano e spesso strapagano, e che non riusciamo ad utilizzare nel posto nel quale vorrebbe rimanere, vivere e contribuire al suo sviluppo.

Per questo l’impegno ora va nel senso di puntare ad un programma pluriennale, in parte già partito, ma che non può essere di serie B, come l’alta velocità farlocca della Palermo Catania, che si propone di fare appena 200 km in due ore, né può tollerare che la Messina Palermo in treno  si percorra  ancora in tre ore, e non sia previsto il suo raddoppio. 

Così come è assurdo che per arrivare al tacco dello stivale di Santa Maria di Leuca bisogna programmare giornate di viaggio. Certo nessuno si illuda che basti infrastrutturare per risolvere tutti i problemi. La strada dello sviluppo é come quella del Paradiso lastricata di buone intenzioni e mille  difficoltà, e certo la lotta alla criminalità organizzata deve camminare di pari passo agli investimenti infrastrutturali. 

Così come non basta che un posto sia facilmente raggiungibile perché diventi un sistema turistico interessante quale può essere quello  della costa adriatica di Rimini o il miracolo egiziano di Sharm el-Sheikh, ma è necessario un piano che si ponga il problema di attrarre i grandi players internazionali non solo  del lusso ma anche dei grandi villaggi turistici. 

La parola magica è intervento sistemico. Così come la miscela esplosiva scoppia solo se tutti gli elementi sono nella misura corretta, così le esigenze della crescita hanno bisogno delle infrastrutture, così come del controllo della criminalità organizzata, di un piano che guardi al turismo come un’attività industriale e di una logistica di appoggio, di vantaggi fiscali per l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, di un cuneo contenuto che renda il corso del lavoro più basso, di grandi eventi sportivi, politici e commerciali, che lancino le aree nel mercato internazionale, di una attenzione della rete pubblica televisiva adeguata.

E di risorse importanti che ritorneranno magari moltiplicate come ha ben capito la Germania riunita.

Con i fichi secchi e senza un progetto complessivo sarà difficile valorizzare l’area che può diventare la nuova frontiera dell’oro, ma può essere anche una palla al piede di un Paese che non comprende. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Firmata convenzione per biglietto integrato per mobilità nello Stretto

È stata firmata la convenzione che dà vita al biglietto unico integrato per la mobilità dello Stretto. La firma tra Atam, Atm, le società che gestiscono rispettivamente il trasporto pubblico su terra a Reggio Calabria, Messina e Liberty Lines che gestisce il servizio di trasporto marittimo nello Stretto, apre una pagina nuova e positiva per lo sviluppo delle due aree metropolitane.

La convenzione è stata sottoscritta, a Messina, dai rappresentanti delle tre aziende, al termine del Tavolo tecnico, convocato dall’Ammiraglio Nunzio Martello e riunitosi all’Università degli Studi, che ha fatto il punto sullo stato del progetto di trasporto integrato. L’atto, per la sua importanza e valenza storica, ha registrato la presenza del sindaco facente funzioni della Città metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace, del consigliere metropolitano delegato, Giuseppe Giordano. In collegamento online è intervenuto, anche, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini.

Le premesse della convenzione sul biglietto unico integrato, partono dal reciproco intendimento di attivare tutte le azioni volte ad incentivare l’utilizzo del mezzo pubblico nelle due città di Reggio Calabria e Messina da parte dei numerosi pendolari, e non solo, che si spostano fra le due città affacciate sullo Stretto. La completa integrazione avviene con il mezzo di trasporto marittimo. Ci sarà quindi un unico biglietto, valevole sia per Atam, Atm e Liberty Lines che al prezzo di 7 euro a tratta, consentirà l’utilizzo dei rispettivi mezzi per spostarsi tra le due sponde dello Stretto.

La convenzione, in questa prima fase sperimentale, avrà una durata di tre mesi, fino al 31 dicembre 2023, con la possibilità di attivare una seconda fase che garantisca all’utenza ulteriori servizi. I biglietti saranno disponibili in formato elettronico ed inviati sia email e/o sms al passeggero. Sarà Liberty Lines, per conto di Atam e Atm, ad occuparsi dell’emissione del biglietto integrato.

Per il consigliere metropolitano Giordano: «con la sottoscrizione della convenzione, si mette a segno un tassello fondamentale per la costruzione del processo di integrazione, tra le due sponde in direzione dell’area dello Stretto, lo sforzo delle ultime settimane compiuto dal tavolo tecnico, con la Città metropolitana che ha fatto da collante tecnico tra le Aziende di trasporto pubblico delle due Città e il vettore marittimo, ha fatto sì che si raggiungesse, nei tempi previsti, questa prima tappa di un processo più ampio».

«Adesso – ha aggiunto – bisognerà lavorare per consolidare questo risultato e per le altre sfide, al fine di agevolare l’attraversamento anche per allargare il bacino di utenza dell’aeroporto dello Stretto anche all’utenza messinese. Per questi primi traguardi raggiunti particolare merito va all’Ammiraglio Martello che sta sapientemente coordinando l’organismo tecnico».

Per Versace «è il raggiungimento di un obiettivo programmato e inseguito da tempo e che ora concludiamo grazie alla nostra caparbietà di mettere attorno ad un tavolo tutti gli Enti coinvolti».

«L’ammiraglio Martello – ha aggiunto – è stato fondamentale sotto questo aspetto, riuscendo a venire incontro a tutte le esigenze dei partner. È un risultato importante sia per il territorio calabrese e reggino che per quello messinese, si tratta di uno dei risultati più tangibili che può concretamente essere toccato con mano dai nostri concittadini dello Stretto».

«Rendere più agevole e funzionale la mobilità tra le due città, ma più in generale nell’area dello Stretto – ha evidenziato Versace – significa anche poter sviluppare maggiormente il flusso passeggeri dell’aeroporto “Tito Minniti” in maniera più semplice e funzionale. Pensando oltre, i reggini e i messinesi avranno la possibilità di poter godere delle rispettive attrattive, dal teatro, allo shopping, al tempo libero, potendo avere a disposizione non solo un biglietto unico di trasporto, ma anche orari più consoni».

«In una stagione nella quale si parla sempre più spesso di attraversamento stabile dello Stretto – ha concluso – le nostre Istituzioni, oggi, hanno dato dimostrazione di poter offrire valide alternative». (rrc)

PORTI E AEROPORTI, QUANTO POTENZIALE
SPRECATO PER SVILUPPO DELLA CALABRIA

di FRANCESCO COSTANTINOLa Calabria, pur essendo una regione prevalentemente montuosa, come già segnalato parlando della mobilità stradale, è circondata dal mare lungo le coste Jonica e Tirrenica per uno sviluppo di circa 740 Km. 

Sembrerebbe dunque vocata all’accoglienza di un consistente sistema portuale e invece così non è.

I porti di maggior rilievo sono localizzati a Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Gioia Tauro, Vibo Valentia, Crotone e Corigliano. 

Il porto di Gioia Tauro, in particolare, si caratterizza come infrastruttura di livello internazionale.  Situato nel cuore del Mediterraneo, punto d’incontro fra le rotte marittime Est-Ovest e il corridoio 1 trans-europeo Helsinki – La Valletta; è il più grande terminal per il transhipment presente in Italia e uno dei più importanti hub del traffico container nel bacino del Mediterraneo.

L’infrastruttura è classificata di categoria II – classe I  ed è dotata d’infrastrutture e mezzi di banchina che consentono di accogliere le navi transoceaniche in transito nel Mediterraneo e di movimentare qualsiasi categoria merceologica. 

Il porto di Reggio Calabria è un porto di categoria II, classe II e per quel che attiene la definizione delle reti trans europee per i trasporti è incluso nella rete globale (Tent-T Comprehensive). Si caratterizza per la funzione di trasporto passeggeri associato a quello delle merci su convogli gommati ed è dotato di una modesta darsena per accogliere naviglio da diporto.

Il porto di Villa San Giovanni  è un porto di categoria II, classe II e rappresenta il principale nodo di collegamento marittimo tra la Calabria e la Sicilia, consentendo l’attracco delle navi traghetto operative nello Stretto di Messina per il trasporto di persone, veicoli gommati, commerciali e non, e convogli ferroviari.

Il porto di Vibo Valentia è un porto di categoria II, classe II, caratterizzato da una doppia funzione: commerciale e turistica. Esso è interessato da discreti flussi commerciali strettamente connessi alle attività produttive ed agli insediamenti industriali presenti sul territorio della provincia vibonese

Il porto di Crotone è il porto turistico calabrese con la maggiore dotazione di posti barca.  È un porto di categoria II, classe II ed è costituito da due bacini distinti, non comunicanti tra di loro. Il minore, situato nella zona est/sud-est della città, più antico, è denominato Porto Vecchio; il principale, situato nella zona nord della città, è denominato Porto Nuovo.

Il porto Vecchio, presenta destinazione prevalentemente diportistica e peschereccia a servizio della locale marineria. In ambito portuale è inoltre in esercizio un cantiere navale attrezzato per la costruzione di piccole unità di legno e per la riparazione e manutenzione di imbarcazioni da diporto.

Il porto Nuovo si caratterizza per la presenza al largo di piattaforme per la produzione di idrocarburi, collegate tra loro ed alla costa da condotte sottomarine. 

Il porto di Corigliano è un porto di categoria II, classe II con due darsene. Situato nell’omonimo golfo, è stato interamente ricavato scavando la linea di costa ed è dedicato soprattutto all’attività peschereccia registrando la presenza di un mercato ittico tra i più importanti del meridione.  Sono previsti ampi sbocchi verso una sua evoluzione anche come porto turistico.

Sono poi dislocate lungo le coste calabre altre strutture portuali e/o darsene o approdi, con utilizzazione prevalentemente orientata al turismo ma anche mista ad attività peschereccia e/o commerciale. 

In particolare la localizzazione delle anzidette strutture riguarda i centri di Diamante, Belvedere Marittima, Cetraro, San Lucido, Amantea, Pizzo, Tropea, Palmi, Bagnara, Scilla Saline Joniche, Roccella Jonica, Badolato, Catanzaro Lido, Le Castella, Cirò Marina, Cariati, Sibari.

Con riguardo alle densità di infrastrutture portuali la Calabria registra una distanza media tra un porto e il successivo pari a circa 49 Km risultando pertanto, contrariamente al contesto naturale, tra le meno presidiate d’Italia.  Ancor più sconfortante si presenta la situazione se si considera il numero di posti barca per chilometro di costa pari 6,3 posti/Km a fronte di una media nazionale di 20,5 posti/Km.

Alla luce dei dati statistici segnalati si conferma il ritardo della Calabria rispetto al resto d’Italia e si evidenziano, per converso, gli ampi margini di potenzialità di sviluppo in ragione della centralità del territorio regionale rispetto ai flussi di traffico marittimo che interessano il bacino del Mediterraneo sia in direzione Est-Ovest che in direzione Nord-Sud.

Una notazione a parte riguarda il porto di Gioia Tauro che aspetta di diventare un formidabile nodo intermodale integrato funzionalmente con l’area della Piana, soprattutto ora che è stato finalmente realizzato il gateway ferroviario ed è stata finalmente attivata formalmente la ZES.

È difficile accettare che l’imponente retroporto nonostante ricada nella ZES rimanga inspiegabilmente e sostanzialmente inutilizzato. 

Per quanto riguarda la mobilità aerea, non tutti gli aeroporti d’interesse nazionale risultano inseriti nelle reti TEN-T, e tra questi alcuni sono inseriti nel “core network” (Bergamo Orio al Serio, Bologna, Genova, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino, Veneziaed altri nel  “comprehensive network” perché registrato oltre 1 milioni di passeggeri annui (Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona) o perché, pur presentando volumi di traffico passeggeri annui inferiore al milione di passeggeri, superano la soglia di 500 mila passeggeri annui e sono in possesso di caratteristiche quali l’unicità regionale o la collocazione in territori di scarsa accessibilità indispensabili per la continuità territoriale (Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste, Lampedusa, Pantelleria)

Dunque dei tre aeroporti calabresi, attualmente gestiti dalla SACAl sia l’aeroporto di Lamezia che quello dello Stretto fanno parte della rete “comprehensive network”, mentre l’aeroporto di Crotone ne resta escluso.

L’aeroporto di Reggio Calabria presenta un’offerta instabile oltreché inadatta a coprire i servizi minimi essenziali per le esigenze della vasta comunità dell’area dello stretto e da qualche anno registra un  traffico passeggeri, oltreché un numero di voli e di rotte, in costante diminuzione.

Le conseguenze più immediate risultano quelle collegate all’isolamento di un’area strategica quale quella dello Stretto, ed alla privazione del diritto alla mobilità e alla crescita economica della stessa area.

Quel che recentemente è emerso in ragione della prevalenza dell’interesse privato su quello pubblico, sostanziatosi con l’acquisizione illegittima della maggioranza delle quote azionarie della Sacal da parte dei privati, impone un cambio sostanziale della governance che non escluda la creazione di nuovi organismi di gestione.

Purtroppo, soprattutto per l’aeroporto dello Stretto, si perpetua una mancanza di strategie di sviluppo da parte della Regione e delle Città Metropolitane di Reggio Calabria e Messina, accompagnata da una conclamata scarsa autorevolezza della rappresentanza politica  locale sulla scena nazionale.

Emerge infatti la modestia delle politiche finalizzate ad ampliare il bacino d’utenza  migliorando l’accessibilità al servizio.

Prima della crisi collegata al Covid-19 la squilibrata governance della Sacal aveva creato le condizioni per privilegiare il solo aeroporto di Lamezia con un trend di crescita trainato anche dall’apertura di rotte internazionali e charter collegati al turismo.

Per Crotone l’apparente crescita del traffico passeggeri risultava collegata soprattutto ad un trend positivo estivo ed alla presenza sullo scalo della compagnia Ryanair  che aveva attivato anche un volo su Norimberga.

Attualmente anche questa struttura aeroportuale appare disattenzionata e a rischio chiusura.

Quel che appare più insopportabile, in un quadro generale di mobilità negata ai calabresi tutti, é che i cittadini dell’area dello Stretto possano essere privati di un diritto fondamentale quale quello alla mobilità, e che quando questo viene concesso debba essere pagato a prezzi insostenibili. 

Un pegno aggiuntivo che deve essere rifiutato così come deve essere rivendicato il diritto non comprimibile al collegamento con giusta frequenza ed orario, soprattutto con gli scali di Roma e Milano e senza trascurare le rotte più frequentate con gli altri aeroporti nazionali.

L’attuale condizione di arretratezza e di sottosviluppo in termini di mobilità territoriale dei calabresi ha radici storiche molto lontane e bisogna ammettere che molte sono le cause concorrenti. 

Non averle eliminate in 160 anni di stato unitario è un errore imperdonabile da addebitare in egual misura sia alle popolazioni dei territori che le subiscono, sia a quelle che apparentemente ne traggono beneficio, e sono la risultante di una visione miope dello sviluppo che impedisce all’intera nazione di sfruttare le enormi potenzialità di cui sarebbe possibile per tutti giovarsi per vivere in una nazione più forte perché finalmente unità e coesa. (fc)

QUEL “DIRITTO ALLA MOBILITÀ” NEGATO
AI CALABRESI, COSTRETTI A “FUGGIRE”

di FRANCESCO COSTANTINO – È innegabile la diretta dipendenza tra il ritardo di sviluppo delle aree meridionali, e più in particolare di quelle calabresi e siciliane, e la inadeguata dotazione di infrastrutture e di servizi che le caratterizzano in ogni settore.

Limitando lo sguardo alle sole infrastrutture che consentono ai calabresi la mobilità delle persone e delle merci, sia interna che verso le rotte nazionali e internazionali, emerge una situazione di desolante noncuranza e sottovalutazione.

La peculiarità della Regione Calabria è quella di essere un territorio prevalentemente montano con una popolazione residente per oltre il 50% nelle aree tecnicamente classificate come “Aree Interne”.

Queste aree sono sempre più difficilmente raggiungibili utilizzando arterie stradali datate e carenti di manutenzione ordinaria programmata e straordinaria pur in presenza di fondi prevalentemente europei all’uopo destinati. 

In pratica, si registra un sostanziale abbandono di territori divenuti progressivamente sempre più inaccessibili con riflessi che si riverberano negativamente sui delicati equilibri degli ecosistemi locali generando dissesti idrogeologici i cui effetti negativi si manifestano  financo sulle aree costiere.

Sostanzialmente il sistema viario calabrese si appoggia sul versante tirrenico alle dorsali costituite dalla S.S. 18 e all’autostrada A2 e sul versante Jonico alla dorsale S.S. 106. Su queste dorsali si innestano le principali connessioni in direzione Est-Ovest rappresentate dalle trasversali di seguito indicate.

  • S.S. 534 che collega lo svincolo della A2 in corrispondenza di Firmo con Sibari;
  • S.S. 283 o trasversale delle Terme Luigiane che collega la costa tirrenica nei pressi di Guardia Piemontese con l’Autostrada A2  e la piana di Sibari.;
  • S.S. 107 Silana-Crotonese che si innesta sulla S.S. 18 presso Paola e raggiunge la S.S. 106 presso Crotone;
  • S.S. 280 che collega l’aeroporto di Lamezia con Catanzaro Lido;
  • S.S. 182 o trasversale delle Serre che collega l’A2 all’altezza di Vibo con la S.S. 106 all’altezza di Soverato;
  • S.S. 682 Jonio-Tirreno che collega lo svincolo di Rosarno dell’A2 con la S.S. 106 in corrispondenza di Gioiosa Jonica.

Le aree interne sono al loro volta collegate alle trasversali in vario modo con arterie secondarie. Le popolazioni calabresi attendono da decenni che venga completato tanto l’ammodernamento dell’autostrada A2 quanto quello della S.S. 106 Jonica. 

Intanto numerosi viadotti ed altre opere d’arte dislocate lungo il tracciato di queste fondamentali dorsali cominciano a risentire gli effetti del tempo e si avvicinano, in molti casi, alla conclusione del ciclo vitale che consente la percorrenza condizioni di sicurezza.

In siffatta condizione quello che potrà accadere a seguito dell’annunciata prossima chiusura  prolungata della galleria della Limina lungo il tracciato della S.S. 682 è facilmente prevedibile: una già precaria e limitata condizione di mobilità che riguarda un vasto bacino territoriale verrà ulteriormente aggravata per un periodo programmato in 20 mesi ma che, considerando la storia realizzativa degli interventi strutturali alle nostre latitudini, è sottoposto al rischio di subire prolungamenti insopportabili.

Nel merito specifico della chiusura della galleria avevo già in precedenza espresso la mia opinione personale su questo stesso giornale. 

Provo ora a meglio precisarla perché le proposte operative di utilizzare percorsi viari alternativi che molti suggeriscono, attesa l’ampiezza temporale del disservizio, non mi convincono.

Non  mi convincono perché la galleria di cui si parla, di lunghezza ragguardevole pari a 3200 mt, è percorribile  nelle 2 direzioni di marcia con due sole corsie senza corsie di emergenza laterali e senza spartitraffico: Una vera trappola potenziale in caso di incidente. 

Nessun intervento manutentivo potrà cambiarne la sagoma della galleria e dunque anche ad intervento ultimato avremo sempre una struttura percorribile in condizioni di sicurezza molto limitate non dissimili da quelle attuali.

Perché, allora non ritardare l’intervento manutentivo per il tempo necessario a progettare e realizzare una moderna galleria sostitutiva  a doppia canna (soluzione A), oppure realizzare una galleria ad una sola canna con corsia di emergenza (soluzione B) da utilizzare per la percorrenza in una sola direzione, rendendo successivamente la galleria esistente opportunamente manutenuta percorribile nella direzione opposta a quella della galleria di nuova costruzione. 

La tempistica realizzativa, ridotta al massimo utilizzando la procedura sperimentata per la realizzazione del ponte Morandi di Genova, dovrebbe essere la seguente. 

Prima Fase: mantenimento del traffico stradale nell’attuale galleria per tutto il tempo necessario alla realizzazione della 2^ galleria;

Seconda Fase. Questa dipenderebbe dalla tipologia scelta per la costruzione della nuova galleria in quanto, in caso di scelta per la soluzione A coinciderebbe con il solo tempo di costruzione della nuova galleria. In caso invece di scelta per la soluzione B quest’ultima dovrebbe, per un tempo corrispondente alla conclusione delle opere manutentive sulla galleria esistente, funzionare a doppio senso di marcia;

Terza Fase  tempo zero se si scegliesse la soluzione A oppure tempo corrispondente a quello occorrente per la conclusione delle opere manutentive sulla galleria esistente  se si scegliesse la soluzione B.

Il tempo per agire con fondi del Pnrr, se si scegliesse il metodo di azione ponte Morandi di Genova, ci sarebbe ancora e in ogni caso sarebbe insopportabile accettare che a determinare la scelta dovesse essere la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili. 

Per molto meno, in altre aree territoriali, sono state recuperate e impiegate ben altre risorse. 

Ci vuole coraggio a proporre, o imporre, che venga presa in considerazione una delle 2 soluzioni prima prospettate, ma rassegnarsi a soffrire aggravamenti del diritto alla mobilità per un tempo enorme quale quello prospettato senza peraltro ottenere con gli interventi solo manutentivi  programmati significativi miglioramenti della transitabilità in sicurezza nella galleria esistente è una rassegnazione che giudico somigliante molto ad una resa rassegnata. (fc)

CATANZARO – Mobilità sostenibile, la vicesindaco Iemma chiama Ferrovie della Calabria

Integrazione dei sistemi di trasporto nell’ottica di una migliore sostenibilità e per favorire il decongestionamento del traffico che impatta sulla qualità urbanistica. Di questo e altro si è discusso in occasione di un incontro che la vicesindaco Giusy Iemma ha tenuto con l’amministratore unico di Ferrovie della Calabria, Ernesto Ferraro.

«Il confronto è stato utile per fare il punto sulla complessiva offerta di servizi legati alla mobilità a Catanzaro e sulle possibili soluzioni per ridurre il trasporto su gomma, in particolare dei mezzi pesanti extraurbani, che influiscono notevolmente sulla circolazione in città», spiega Iemma.

«L’obiettivo da portare avanti – ha evidenziato – deve essere quello di promuovere una offerta integrata del trasporto pubblico-privato che sia rispondente ai bisogni degli utenti e, al contempo, favorire uno sviluppo urbanistico più armonico. Le opportunità offerte dai collegamenti intermodali e dalla nuova metropolitana di superficie, in grado di ricucire le distanze tra i quartieri, possono rappresentare le giuste frontiere a cui guardare per favorire la mobilità, l’accesso e l’uscita dalla città, attraverso logiche di sostenibilità».

«Il dialogo aperto dall’amministrazione comunale con Ferrovie della Calabria – ha concluso – sono certa che potrà essere foriero di proposte e suggerimenti in grado di incidere su questo fronte, apportando soluzioni innovative in grado di migliorare la qualità dei servizi e incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico». (rcz)

Migliorare il sistema di mobilità all’Unical: Il workshop dell’Associazione Amici dell’Unical

di FRANCO BARTUCCISu iniziativa dell’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria” si è svolto nella sede dell’University Club dell’Ateneo calabrese un  Workshop sul tema: UniCal in un sistema  di mobilità regionale – Una via d’uscita sostenibile e libera.

Un tema di vibrante attualità ed importanza per l’intera comunità universitaria che si trova a vivere quotidianamente il dramma dell’invasione delle strutture universitarie ad opera di migliaia di autoveicoli che rendono ormai impraticabili e invivibili quei luoghi necessari ad essere utilizzati come aule di studio, di tempo libero, per attività di ricerca e socializzazione.

Ad aprire i lavori sono stati la presidente dell’Associazione, prof.ssa Silvia Mazzuca, che ha spiegato alcune delle finalità operative della stessa Associazione chiamata a sensibilizzare la dirigenza dell’Università, come la stessa comunità universitaria, a migliorare il contesto ambientale e l’organizzazione gestionale dei vari servizi; mentre il Pro Rettore, prof.ssa Patrizia Piro, con delega alla Presidenza del Centro Residenziale, ha parlato della situazione di mobilità e sostenibilità attenzionate all’interno dell’Università, divenute una questione di centralità nel contesto dei bisogni prioritari da parte della comunità universitaria che deve saper guardare pure al collegamento con il contesto del territorio locale e regionale.

Ad affrontare i punti più salienti ed importanti posti dal tema del workshop è stato  il socio dell’Associazione promotrice dell’evento, Giuseppe Lo Feudo, già laureato Unical ed ex  direttore generale Ferrovie della Calabria. Lo Feudo  ha ricordato come fin dall’inizio il tema in argomento è stato centrale per l’ Università della Calabria, che  ha sempre sofferto problemi di accessibilità e di insufficienza dei servizi.

«L’inopinato recente fallimento del progetto di costruzione di una moderna Metrotramvia – ha sostenuto Lo Feudo – che ha vanificato anni di studi e di discussioni, richiede quindi ora  una risposta d’orgoglio da parte della stessa Università, che anche in materia di mobilità dovrebbe porsi come soggetto propulsore  di innovazione e sviluppo di nuove forme integrate di trasporto sostenibile».

Un complesso come il campus infatti, sia per estensione territoriale che per effetto degli oltre 30.000 soggetti attivi che lo popolano, oltre ad essere principale polo attrattivo dei flussi di mobilità regionale, si presta anche ad essere laboratorio ideale per lo sviluppo di un sistema Smart di mobilità sostenibile e complementare da sperimentare per poi estendere a tutto il territorio regionale.

Proprio nel mese di febbraio del 1973 le prime seicento matricole svolsero la prima manifestazione di protesta rivendicando un servizio di trasporto pubblico tra la città di Cosenza ed il Campus universitario di Arcavacata in fase di costruzione quale superamento divisorio tra due aree urbane, considerando anche l’ opportunità di costruire un sistema di metropolitana veloce di collegamento con le varie aree urbane e storiche del territorio provinciale in primo luogo e regionale di conseguenza. Furono oggetto di discussione e proposte le metropolitane veloci di collegamento tra l’Università il Pollino de la Sibaritide, come le fasce montane della Sila.

“Il Campus come incubatore e sviluppatore di Smart Mobility” è stato il tema affrontato dal prof. Giuseppe Guido, docente e Mobility Manager dell’Unical, nella cui parte iniziale ha definito nel dettaglio il contesto territoriale interessato, illustrando i progetti innovativi  che sono  in fase di avvio concreto e che  prevedono sviluppo dello sharing e del Pooling come sistemi complementari qualificanti e che in una prospettiva di breve e medio periodo dovrebbero consentire un decongestionamento del Campus dalle autovetture e un miglioramento significativo della qualità della vita degli studenti , dei docenti e del personale tutto.

Successivamente  interessante è stato  l’intervento del dott. Fabio Teti, Direttore finanziario e commerciale di Tiper, l’ azienda pubblica di trasporto della Regione Emilia-Romagna.  Teti dopo aver evidenziato le importanti potenzialità che ha l’Unical  per quanto attiene lo sviluppo di un sistema di Smart Mobility, ha raccontato nel dettaglio  l’esperienza in corso a Bologna, Ferrara, Rimini, Modena e tante altre importanti città, di sistemi di car sharing elettriche che stanno stravolgendo le abitudini dei cittadini in Emilia Romagna, semplificando l’accessibilità alla rete regionale e nazionale e spostando l’orientamento dei giovani verso l’uso dell’autovettura piuttosto che verso la proprietà della stessa. 

Secondo programma è  poi intervenuto il dirigente trasporti della Regione Calabria, ing. Giuseppe Pavone, che ha illustrato le azioni in essere da parte della regione confermando l’esistenza di interessanti opportunità per ottenere incentivazioni e  finanziamenti mirati alle nuove forme di mobilità.

Dopo un breve ma interessante dibattito e le considerazioni e riflessioni conclusive di Emanuele Proia, direttore generale Asstra, che ha confermato fra l’altro la disponibilità della stessa Azienda a supportare iniziative interessanti a livello territoriale mettendo a disposizione le proprie professionalità ed il proprio Know how, è intervenuta a conclusione nuovamente la prof. Patrizia Piro, Pro Rettore Presidente del Centro Residenziale, che ha ringraziato gli intervenuti ed ha posto all’attenzione anche  il problema dell’assoluta insufficienza dei collegamenti aerei diretti  fra Lamezia e le principali Capitali Europee e non solo, spiegando che all’Università della Calabria  sono iscritti e frequentano oltre 2000 studenti  stranieri, ai quali secondo lo Statuto dell’Università sono riservati annualmente dei posti nel Centro Residenziale e che l’esigenza di collegamenti internazionali aerei diretti è ormai esigenza non secondaria, sia per l’Unical che per l’intera regione.

La stessa Prof.ssa Piro ha chiesto quindi all’Ing. Pavone di farsi portatore di tale importante  istanza all’autorità politica regionale sollecitandone un intervento incisivo anche politico, a livello legislativo sia nazionale che europeo. (fb)