di SANTO STRATI – La “invincibile” macchina da guerra dei pentastellati, che nel 2018 sbaragliarono un po’ dovunque i partiti tradizionali, e in Calabria raggiunsero traguardi inaspettati, s’è inceppata al voto di fiducia. Su 15 senatori grillini che hanno votato no 4 sono stati eletti in Calabria, uno (Auddino) è risultato assente; lo stesso a Montecitorio, a parte gli assenti, hanno detto No a Draghi due deputati calabresi (con una assente). Legittima posizione la loro, accolta, però, con poca indulgenza dall’attuale capo politico Vito Crimi che ha attivato subito le procedure per l’espulsione.
I senatori dissidenti (o forse sarebbe meglio chiamarli ortodossi) Nicola Morra, Bianca Laura Granato, Margherita Corrado e Rosa Silvana Abate, per la verità, avevano annunciato per tempo il proprio dissenso. Anzi, la sen. Granato aveva espresso parole di fuoco contro l’intesa sul governo per poi calcare ulteriormente la mano con un pesante atto d’accusa a Crimi: «Sono lieta di aver servito il Movimento 5 Stelle finché ho ritenuto in fede e coscienza che il Movimento servisse i cittadini attraverso un progetto politico orientato al bene collettivo. Da qualche tempo la linea a noi sembra deviata da un percorso politico condiviso fatto per i cittadini ad uno non condiviso con nessuno, fatto a beneficio di pochi che va da tutt’altra parte. Non siamo gli utili idioti di nessuno». Apprezzabile coerenza che attesta, ove fosse ancora poco chiaro, la profonda crisi che sta attraversando il movimento grillino e non solo in Calabria. Dei deputati hanno detto no Francesco Forciniti e Francesco Sapia, mentre non era presente la deputata Elisa Scutellà.
L’accusa che si scambiano i pentastellati (ma chi sono gli ortodossi, visto che Grillo ha “benedetto” il governo di larghe intese?) è di essersi “imborghesiti”. Ma non è il voto di fiducia al nuovo governo che ha scoperchiato il caos che ormai regna sovrano e che attesta, in maniera indiscutibile, la profonda debolezza del progetto politico che aveva convinto milioni di elettori. Se si votasse domattina, facile prevedere un’ecatombe di voti con percentuali di consenso precipitare (dal 43, 32% del 2018) a una cifra, probabilmente – a essere generosi – al di sotto del numero 5.
Si è rivelata in questi quasi tre anni di legislatura l’assoluta inadeguatezza sia degli uomini e delle donne mandati al Parlamento, sia l’inconsistenza delle idee alla base della presunta rivoluzione grillina. Dal vaffa popolare si è passati a un populismo pericolosamente demagogico e basato su irrigidimenti di posizione volti più a dare visibilità che a consolidare un’idea di politica. Quanti «No» gli italiani hanno dovuto subire per opera e virtù del popolo grillino al potere? Se li ricordano tutti, non basterebbero un po’ di pagine a citare atteggiamenti e scelte che di condiviso hanno mostrato davvero poco, per dire dalle Olimpiadi di Roma al Ponte sullo Stretto. Con iniziative che, pur lodevoli nelle intenzioni (reddito di cittadinanza) hanno poi mostrato il livello costante di improvvisazione: il reddito di cittadinanza ha salvato, sicuramente, parecchie famiglie da un grave disagio sociale ed economico, ma ha fallito l’obiettivo di fondo che era quello di rimettere al lavoro quanti l’avevano perso, offrire opportunità a chi non ha lavorato mai. Invece si è rivelato un sussidio per malvolenterosi, delinquenti e mafiosi, scansafatiche a vita. E che dire dei famosi navigator? Altro fallimento completo…
Ma qui non vogliamo fare una disamina del fallimento politico dei Cinque Stelle, intendiamo, invece, occuparci del ruolo dei parlamentari grillini in Calabria, la cui inevitabile dissoluzione si scontra con l’approssimarsi delle elezioni regionali. Per rinfrescare la memoria, è bene ricordare che lo scorso anno ci fu una guerra interna contro la povera Dalila Nesci che aveva improvvidamente offerto la sua disponibilità per la candidatura a Governatore. Il centro di potere grillino (non chiedeteci dove sia, non lo sanno nemmeno loro) l’ha fulminata. E, anziché tentare di replicare l’intesa di governo con i dem, venne deciso di andare in solitaria, contro tutti. Peccato che lo stesso prof. Francesco Aiello, candidato cinquestelle, sia stato bersaglio – inaspettato – del fuoco amico senza nemmeno riuscire a conquistare un seggio in Consiglio.
Con i cinquestelle spaccati, quale scenario si offre alle prossime regionali? Qualcuno aveva avanzato il nome del parlamentare Carmelo Massimo Misiti (ottimo chirurgo, meno in evidenza come politico) per una candidatura pentastellata, ma la proposta è svanita tra malcelati sorrisi maliziosi. E allora? Al momento le idee sono piuttosto confuse e l’appello dell’ex presidente del Consiglio regionale Nicola Irto di azzerare tutto e fare un fronte unico della sinistra non ha trovato ascolto. Non solo presso Luigi De Magistris che ha puntutamente ribadito che gli arancioni e i movimenti civici andranno da soli, anche contro il resto della sinistra, ma ovviamente anche presso i grillini calabresi. I quali – sia detto per onestà – non contano più nulla, però risulta evidente che la grande massa di voto che andrà smarrita da qualche parte deve pur finire: non è immaginabile un’astensione totale di tutti i delusi dai Cinque Stelle, quindi bisogna pensare a come accaparrarsene una parte. È quello che pensavano (e forse ancora pensano) i dem, ma qual è l’interfaccia con cui dialogare? Quelli che hanno detto sì al governo multicolore, o quelli che si arroccano ancora su posizioni di intransigenza assoluta? Non si sa.
Per questo il No a Draghi, in realtà, ribalta qualsiasi previsione di possibile intesa dem-grillini per manifesta “incompatibilità”. Resta da capire come possa rimanere al suo posto di presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra (ligure, eletto tra i CinqueStelle al Senato in Calabria dove insegnava storia e filosofia al liceo Telesio di Cosenza), dopo che è stato “cacciato” dal Movimento con l’annunciata espulsione di massa (annunciati 32 fuori). Il professore l’ha presa con filosofia: «faremo le nostre valutazioni» – ha detto, spiegando di non essere interessato ad aderire a un eventuale nuovo gruppo, ma la sua permanenza a capo della Commissione provocherà inevitabili mal di pancia. Aveva anche immaginato, Morra, di offrire la sua candidatura per la Regione, ma evidentemente conoscendo bene i suoi sodali calabresi ha immediatamente cancellato l’idea. Nel caos si può anche emergere, sia ben chiaro. Ma ci si può perdere nell’anonimato totale. Andatelo a spiegare ai 406.895 elettori che il 4 marzo 2018 hanno messo una croce sul simbolo pentastellato. (s)