Elezioni / Nesci (M5S): Conte ha dato scossa, M5S recuperi slancio sul territorio

La sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, ha sottolineato come «la guida di Giuseppe Conte ha dato una scossa al MoVimento 5 Stelle consentendo l’apertura alla società civile e alla formula della coalizione, che in città come Napoli si è dimostrata vincente e in Calabria ha permesso di ottenere due consiglieri».

«Il consenso ottenuto in termini percentuali, pari a quello delle scorse regionali– ha spiegato – deve stimolare il MoVimento locale a recuperare slancio: è necessario valorizzare le esperienze maturate nel corso degli anni e riorganizzare la nostra struttura territoriale per realizzare in pieno anche in Calabria il progetto di rilancio che il presidente Conte ha avviato».

1Ringraziamo Amalia Bruni e tutti i candidati – ha proseguito – per il loro impegno in questa campagna elettorale e facciamo le nostre più vive congratulazioni ai consiglieri eletti. Al Presidente Occhiuto, formuliamo auguri di buon lavoro per la difficile sfida che ha di fronte».

«Grazie alla spinta di Conte – ha detto ancora – il MoVimento in Calabria ottiene due seggi, ma ora a livello locale deve iniziare una fase costituente per incidere in questa consiliatura e creare un progetto di governo regionale per il futuro. Con il nuovo corso intrapreso a livello nazionale il M5S ha adottato la Carta dei valori e fonderà su un’organizzazione più strutturata la propria azione politica».

«Le enormi potenzialità di questo modello di rilancio sono evidenti – ha evidenziato Nesci – nelle città dove siamo riusciti a tradurlo in un progetto concreto abbiamo riscosso grande successo. Il risultato ottenuto dal MoVimento in Calabria deve spingerci a lavorare per una riorganizzazione territoriale più efficace. L’altissimo tasso di astensionismo testimonia l’insoddisfazione dei cittadini nei confronti del quadro politico regionale».

«Come M5S – ha concluso la sottosegretaria – dobbiamo rimboccarci le maniche, fare tesoro delle competenze acquisite nel tempo e ricostruire su queste basi la nostra proposta politica per la Calabria». (rrm)

ELEZIONI / Misiti (M5S): Penalizzati dalla frammentazione

Massimo Misiti, del Movimento 5 Stelle, a Lacnews24 ha dichiarato che «aspettiamo i dati certi ma il centrodestra è avanti, quindi, onore e merito al vincitore».

«Noi ce l’abbiamo messa tutta – ha dichiarato Misiti – sicuramente la frammentazione non ha aiutato ma queste sono analisi che si faranno a bocce ferme, quando ragioneremo sul percorso da seguire».

«Il movimento Cinque Stelle ci ha visto attivi e di forte sostegno nei confronti di Amalia Bruni – sottolinea il parlamentare – Giuseppe Conte ha dato vigore ad un progetto nuovo che deve ancora essere capito ma ha dato un forte impulso». (rrm)

Elezioni / Dalila Nesci: Bene Conte, colmare divario Nord-Sud è priorità

La sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, ha sottolineato come «le parole del presidente Giuseppe Conte sul Mezzogiorno rappresentano in pieno la nostra linea».

«Durante la sua visita in Calabria – ha spiegato la Nesci – Conte ha sottolineato la necessità di investire sul Sud  puntando sulla fiscalità di vantaggio, colmando il gap infrastrutturale rispetto al Nord e assicurando che ogni risorsa destinata al meridione non sia dirottata altrove. Abbiamo già assicurato che il 40% delle risorse del Pnrr sia destinato al Mezzogiorno e metteremo in campo ancora altre misure».

«Colmare il divario tra Nord e Sud – ha concluso – è per noi una priorità, vogliamo costruire l’equità territoriale perché solo così il Paese può ripartire». (rrm)

Elezioni / Giuseppe Conte sarà in Calabria il 21 e 22 settembre

Il 21 e 22 settembre Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, sarà in Calabria per le elezioni regionali del 3 e 4 ottobre, a sostegno della candidata Amalia Bruni.

Il 21 settembre, Conte sarà a Catanzaro, dalle 16 alle 17.30, per incontrare i cittadini. Lo ha reso noto il deputato Giuseppe d’Ippolito, spiegando che Conte «interverrà sulle necessità della Calabria, specie sulle prospettive per il territorio lametino legate ai miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

«Lamezia Terme e il suo comprensorio – ha continuato il deputato – possono finalmente riscattarsi da anni di degrado ed abbandono, di umiliazioni ed ombre che hanno precisi e noti responsabili politici. Adesso c’è la possibilità di votare per una prestigiosa candidata del territorio, la dottoressa Amalia Bruni, e di costruire un progetto, rivoluzionario, di governo pulito e competente della Regione».

«Ciò – ha concluso – anche grazie al contributo importante del nuovo Movimento 5 Stelle, guidato proprio da Giuseppe Conte, il più amato presidente del Consiglio della storia repubblicana». (rrm)

Grillo boccia in modo sprezzante il progetto di Conte: è solo una bozza e via

Non sono passate neanche 24 ore dalla conferenza stampa dell’ex premier Giuseppe Conte che ha indicato le difficoltà di portare avanti un progetto politico senza un vero progetto politico che rilanci il Movimento 5 Stelle, e Beppe Grillo con un lungo post su facebook boccia in modo sprezzante il suo lavoro: «è soltanto una bozza, e via». La rottura pare ormai insanabile il M5S rischia di impantanarsi ancor di più senza alcuna via d’uscita e, soprattutto, una guida “politica2 in grado di oltrepassare questo insostenibile momento di confusione e disorientamento.

Grillo, registra su Facebook un messaggio che non lascia spazio al alcuna intermediazione e lancia una consultazione in rete degli iscritti, però di nuovo sulla piattaforma Rousseau solamente per l’elezione del Comitato direttivo. Non intende sottoporre al giudizio della base le proposte contenute nel nuovo statuto proposto da Conte e, di fatto, tronca qualsiasi ipotesi di compromesso che i capi storici del Movimento (Di Maio in testa) erano convinti di poter portare a compimento.

«Mi sento così – afferma Grillo–: come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di poter avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che dia l’illusione (almeno per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo.

Ma Conte può creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema. Il consenso è solo l’effetto delle vere cause, l’immagine che si proietta sullo specchio. E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato, ma efficiente).

E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione.

Io questo l’ho capito, e spero che possiate capirlo anche voi.

Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco.

Le organizzazioni orizzontali come la nostra per risolvere i problemi non possono farlo delegando a una persona la soluzione perché non sarebbero in grado di interiorizzarla quella soluzione e di applicarla, ma deve essere avviato un processo opposto: fare in modo che la soluzione decisa, in modo condiviso, venga interiorizzata con una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti e non di una sola persona. La trasformazione vera di una organizzazione come la nostra avviene solo così.

La deresponsabilizzazione delle persone con la delega ad un singolo nelle organizzazioni orizzontali è il principale motivo del loro fallimento.

C’è un però. Assumersi la responsabilità significa smettere di drogarsi, smettere di voler creare l’illusione di una realtà diversa da quella attuale ed affrontarla. Insieme, con i tempi e le modalità giuste.

Come una famiglia, come una comunità che impara dagli errori e si mette in gioco senza rincorrere falsi miti, illusioni o principi azzurri che possano salvarla.

Perciò indìco la consultazione in rete degli iscritti al MoVimento 5 Stelle per l’elezione del Comitato Direttivo, che si terrà sulla Piattaforma Rousseau.

Il voto su qualsiasi altra piattaforma, infatti, esporrebbe il Movimento a ricorsi in Tribunale per la sua invalidazione, essendo previsto nell’attuale statuto che gli strumenti informatici attraverso i quali l’associazione si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscritti sono quelli di cui alla Piattaforma Rousseau (art. 1), e che la verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti sono effettuati in via automatica dal sistema informatico della medesima Piattaforma Rousseau (artt. 4 e 6).

Ho, pertanto chiesto a Davide Casaleggio di consentire lo svolgimento di detta votazione sulla Piattaforma Rousseau e lui ha accettato.

Chiederò, poi, al neo eletto Comitato direttivo di elaborare un piano di azione da qui al 2023. Qualcosa di concreto, indicando obiettivi, risorse, tempi, modalità di partecipazione vera e, soprattutto, concordando una visione a lungo termine, al 2050.

Questo aspettano cittadini, iscritti ed elettori.

Una visione chiara di dove vogliamo andare e in che modo.

Il perché, il cosa e il come.

È sempre stata la nostra forza: consentire a tutti di sapere quale sarà il viaggio e accogliere chi è pronto per una lunga marcia». (rp)

CONTE SFIDA GRILLO: «CHIEDI ALLA BASE»
E IN CALABRIA DIFENDE “IL CAMPO LARGO”

di SANTO STRATI – Parla di “campo largo” di “prospettiva forte” Giuseppe Conte, a proposito della Calabria, nella sua conferenza stampa più attesa da quando si è affacciato in politica. Ma non è la scelta di Maria Antonietta Ventura argomento dell’incontro, il riferimento è incidentale e serve soltanto a confermare la convinzione che il Movimento 5 Stelle debba guardare soprattutto a sinistra, strizzando l’occhio a Letta, senza trascurare o dimenticarsi delle altre forse progressiste. Ma chi si aspettava una resa senza condizioni o, al contrario, un colpo di reni che stroncasse Grillo non ha capito la “maturità” politica raggiunta dal prof già capo del governo. La sua è una mossa da fuoriclasse della politica che rinuncia ai diverbi verbali e lascia scivolare le battutacce di Grillo, lanciando, invece, una sfida intelligente e molto insidiosa che coinvolge la base.

Cosa ha detto, in sostanza, Giuseppe Conte? Serve una leadership politica forte, ma il potere “politico” non può essere dimezzato, «una diarchia non sarebbe funzionale al progetto che ho messo insieme dopo quattro mesi di lavoro e di studio». Conte non accetta un ruolo a metà e si affida alle scelte degli iscritti, chiede il voto della base sullo statuto che ha elaborato e che esclude ingerenze politiche di Grillo, fatto salvo il suo ruolo di garante a cui non si può non riconoscere quel carisma e lo spirito visionario che gli ha permesso di far nascere e crescere il Movimento. Ma oggi non ci possono essere più ambiguità e le contraddizioni che hanno lacerato il Movimento hanno la possibilità di interrompersi in una prospettiva nuova e diversa. Se la base accoglie e fa suo il documento di Giuseppe Conte.

La sfida di Conte a Grillo è sul territorio, non nelle stanze del fu-potere: decida la base se questo progetto politico ha senso oppure no. La base non Grillo, questo appare evidente, soprattutto quando l’ex premier sottolinea che non gli «basterà una risicata maggioranza» ma chiede un segno chiaro da tutti gli iscritti. Gli elenchi sono stati consegnati da Casaleggio, quindi, è possibile chiamare a una consultazione “popolare” tutti gli iscritti e far decidere da che parte stare.

L’ardua se pur inevitabile via del regicidio, del parricidio di Grillo, Conte l’ha scansata con un’abile mossa, ovvero consegnando il coltello agli iscritti e lasciando facoltà ad ognuno se infliggere il corpo mortale all’uno o all’altro dei due contendenti. Perché, è evidente, che con queste premesse, in questo stato di cose, il movimento ha preso una deriva da cui non riesce ad allontanarsi: non ci sono alternative, o diventa partito (nel senso storico del termine) o rischia di finire come tutti i movimenti che l’hanno preceduto. Basta come riferimento Guglielmo Giannini e il suo Uomo qualunque (1944-1947) di cui i Cinque stelle sembravano una pallida imitazione per vedere come andrà a finire.

Conte ha intuito questa necessità di trasformare il movimento in partito, pur mantenendo la carta dei principi e dei valori che hanno ispirato il gruppo grillino diventato poi truppa, senza generali e ufficiali di collegamento. Serve una scuola di formazione – ha rimarcato Conte – per formare una classe dirigente politicamente colta, capace di governare, se si vuole tornare a guidare il Paese nelle trasformazioni epocali che si pongono davanti. L’improvvisazione, l’incompetenza, l’immaturità “politica” di molti esponenti ha provocato la prevedibile voragine che sta inghiottendo idee, principi e, soprattutto, persone che non sono riuscite a diventare personalità (nel senso migliore della parola). E tutto ciò ha provocato conflitti, contraddizioni, divisioni, ambiguità. La soluzione non è un restilyng: non si tratta di dare un’imbiancata alla casa – ha detto Conte – bisogna proprio mettere mano a una seria ristrutturazione, senza la quale non ci potrà essere futuro.

Conte, dunque, non ci sta a fare il leader dimezzato, pur sottolineando che un leader rimane tale se vince, in caso di insuccesso non c’è il termine naturale del mandato, si va via, come dicono le regole non scritte della democrazia. E la democrazia partecipata (ma mistificata dai tanti misteri di Rousseau) oggi ha la possibilità di fare una scelta che non lascia scampo. È stato abilissimo Conte a cavalcare le contestazioni di Grillo: non ha risposto, non ha rintuzzato punto per punto, anzi ieri ha ribadito la profonda stima che egli nutre per Grillo, ma la sua mossa – vincente, per certi versi, rischiosa per altri –  di affidare alla base questa sorta di pasticciato (e crudele) referendum sulla leadership lo mette in una posizione privilegiata rispetto alla costante perdita di autorevolezza del Garante. E ha sottolineato Conte che si aspetta un voto rapido, «perché di tempo ne è già passato troppo» e non ce n’é abbastanza per ulteriori lungaggini.

La base è già di per sé divisa tra grillini ortodossi, innovatori (pro Conte) e indecisi: una triade troppo eterogenea perché Conte possa trovare la maggioranza “non risicata” che pretende per poter portare avanti il suo progetto politico. Soprattutto perché Grillo detiene ancora il potere di scegliere e premiare con la riconferma dell’elezione i fedelissimi, mentre Conte non può promettere nulla, se non un progetto politico che guarda alle forze progressiste e deve necessariamente diventare partito. Il carisma di Grillo, pur se appannato, è quello di cui si nutre il popolo grillino, persino quello disincantato e deluso che si sente sempre più disorientato e smarrito. L’autorevolezza di Conte, conquistata con due Governi, pur segnati da marchiani errori politici più per inesperienza e non competenza che per altro, è a un bivio: o cresce, con il conforto di una base che approva le sue proposte di rinnovamento, o è destinato a una inglorioso viale del tramonto.

In questo momento, Conte capisce bene che non può pensare di fare un partito suo, pur se accreditato di un discreto 10% di consensi, per l’evidente motivo che deve traghettare i grillini, gli ortodossi, i dissidenti, i pentiti, verso l’unica strada percorribile: quella di un Movimento 2.0 che in realtà contenga dentro di sé i prodromi di una rinascita politica che darà poi vita a un “partito” nel senso pieno del termine.

Quindi, più che un referendum Conte-Grillo, si tratterebbe di un plebiscito a favore del nuovo “sovrano” che sale sul trono senza aver commesso regicidio (che gran parte della base non gli perdonerebbe mai), ma portando avanti lo spirito nuovo che, in realtà, muoveva i primi passi alla nascita dei pentastellati, ma che è stato soffocato dalla mancanza di coraggio di osare “politicamente”. Quel coraggio a cui si affida oggi Conte, in uno scenario che rischia di diventare la Waterloo dei grillini. Per questo l’ex premier ha messo in evidenza la buona intesa raggiunta a Napoli sul nome condiviso con Letta e Speranza di Gaetano Manfredi e l’analoga intesa (?) che è maturata in Calabria. Ma proprio la Calabria può diventare il passo falso di Conte, sovrastimato da Letta e compagni, nello scenario ormai arido del grillismo calabrese ormai alla frutta.

Se alla base, in tempi brevi, sarà concesso (è Grillo a decidere, a norma dell’attuale statuto) di votare lo statuto di Conte e la proposta di rinnovamento (ripudiando Grillo e relegandolo alla figura di padre nobile senza potere) l’ex premier ha vinto la prima battaglia e può prepararsi alla guerra. Se, come temiamo, dovesse perdere dovrà contare deputati e senatori pronti a seguirlo e proporre un nuovo partito che nel sostegno a Draghi avrebbe modo di consolidare la propria forza politica.

La domanda inevitabile, a questo punto, è una sola: in caso di bocciatura del progetto di Conte, quanto conteranno le intese napoletane e calabresi alle prossime amministrative e quali disastri, a sinistra, ci dovremo preparare ad assistere? Qualcuno si prenda la briga di farlo presente al segretario dem Enrico Letta che tra una settimana ha detto che verrà in Calabria. (s)

Regionali, Giuseppe Conte alle forze progressiste: Dare vita a un patto di ampio respiro programmatico

«il Movimento 5 Stelle chiede a tutte le forze progressiste di dar vita a un patto di ampio respiro programmatico». È quanto ha chiesto il neo leader del Movimento 5 Stelle ed ex Premier, Giuseppe Conte, in un post su Facebook, per quanto riguarda le regionali in Calabria.

«La regione Calabria andrà al voto e questo appuntamento merita il massimo impegno da parte di tutte le forze politiche realmente interessate ad assicurare un futuro di riscatto sociale, culturale e di rilancio economico a tutta la comunità calabrese e, in particolare, alle nuove generazioni» ha scritto ancora Conte, illustrando che «alcuni sforzi sono già stati compiuti, per avviare un percorso che elabori un solido progetto politico. Ma adesso occorre compiere un decisivo scatto in avanti, nel segno del coraggio e della determinazione».

«Il Movimento da domattina – ha scritto ancora – è disposto ad aprire un tavolo di confronto per costruire un progetto che offra migliori condizioni di vita a tutti i calabresi, anche a quelli che sin qui non hanno avuto voce. Istruzione, legalità, lavoro, salute sono le priorità dell’agenda che dobbiamo declinare insieme affidando il compito di realizzare questa svolta a un candidato Presidente di regione di alto profilo espressione delle migliori energie della società civile. I calabresi ci chiedono questo. Meritano una risposta, all’altezza».

Stefano Graziano, commissario regionale del Partito Democratico in Calabria, ha apprezzato le parole di Conte in merito alla situazione politica in Calabria, ritenendo che «l’analisi sia giusta e condivisibile».

«Il tavolo delle forze progressiste e il confronto nel merito delle priorità programmatiche – ha spiegato – è stato già avviato da mesi ora bisogna scegliere chi deve guidare la coalizione, le cui porte sono aperte a tutto il campo largo di forze di centrosinistra. Il candidato Presidente del Pd, Nicola Irto, aveva dato la disponibilità con un gesto di generosità alla costruzione di un’alleanza vasta attraverso le primarie e crediamo che questa sia la strada giusta da seguire per favorire il massimo della partecipazione civica». (rrm)

 

PARTE DALLA CALABRIA L’AIUTO A CONTE
CINQUESTELLE IN CRISI , CI PENSA LA NESCI

di SANTO STRATI – Arriva dal Sud, anzi dalla Calabria il sostegno più forte a Giuseppe Conte, impegnato a mettere ordine nella confusione che ormai regna sovrana tra i cinquestelle: se riuscirà a coagulare intorno a sé una buona parte dell’ex nomenclatura pentastellata, molto del merito andrà riconosciuto alla neo sottosegretaria per il Sud e la Coesione territoriale Dalila Nesci. La deputata di Tropea gli ha messo a disposizione il suo “pensatoio” Parole guerriere ribattezzato 2050+. È, come si dice in gergo, un think thank molto attivo nato lo scorso anno a febbraio, poco prima che scoppiasse la pandemia, con l’obiettivo di stimolare «un cambio di passo nella democrazia interna in Movimento 5 Stelle». A febbraio 2020 il Governo giallo-rosso viveva in buona salute, nonostante i mal di pancia sempre più evidenti in seno al Movimento e all’interno degli alleati dem. La pandemia ha, naturalmente, provocato un congelamento delle situazioni critiche e i conflitti si sono sempre più interiorizzati, lasciando trapelare un po’ di malumore da una parte e dall’altra, con relativa fuga di pentastellati sempre più insoddisfatti e i dem sempre più divisivi.

A fine anno la crisi, com’è noto, è arrivata al culmine e la nascita del governo Draghi «di salute pubblica» non ha fatto altro che accentuare la spaccatura fin troppo evidente tra i rigoristi “talebani” della prima ora e i “possibilisti” che piuttosto di andare a casa, anzitempo, hanno digerito senza bisogno di alka seltzer un boccone molto pesante. Le due anime (ma in realtà sono molte di più) del Movimento hanno mostrato il loro lato peggiore e la necessità di chiarimento si è fatta sempre più stringente. L’espulsione dei dissidenti non ha aiutato a compattare i “reduci”, nuovi sostenitori del “governo tuttinsieme”, anzi ha contribuito a esasperare gli animi.

Giuseppe Conte è sembrato, a quel punto, il provvidenziale messia pronto a intervenire e appianare divergenze e maldipancia (del resto era l’ultima chance per non tornare a insegnare all’Università di Siena). M il suo compito che già appariva complesso, sta subendo in questi giorni le complicazioni che Beppe Grillo si sta occupando di non fargli mancare, anche con la storia della scadenza dei parlamentari con due legislature. In questo contesto, il sostegno di 2050+, che come “pensatoio” si è fatto apprezzare anche fuori dal Movimento per le posizioni tutto sommato avanzate rispetto all’ortodossia grillina, per Conte è una boccata d’aria fresca. Non risolve tutti i problemi, ma decisamente aiuta ad alimentare la fronda antiGrillo che, a parole, continua a chinare il capo di fronte al fondatore e lider-maximo (?).

È, perciò, interessante osservare la straordinaria performance della deputata calabrese in questi ultimi tredici mesi: la sua disponibilità a candidarsi, a fine 2019, a governatore della Calabria per i grillini non aveva trovato alcun appoggio presso la classe dirigente (?) del Movimento. Anzi, nonostante l’azzardo che era disposta a correre (quando poteva starsene comoda e tranquilla negli scranni di Montecitorio), s’è trovata in grossa difficoltà con una guerra interna che, da lì a poco, avrebbe provocato il disastro delle elezioni regionali in Calabria. I grillini si sono ritrovati con un esterno (il prof Francesco Aiello vicino al movimento, ma non iscritto) che non è riuscito nemmeno a raggiungere il quorum (grazie alla guerra intestina del fuoco amico calabrese) e hanno iniziato una parabola discendente che non si è ancora arrestata.

La Nesci ha incassato il colpo, ma non ha fatto schiamazzi né pubbliche esternazioni: s’è messa a lavorare senza sosta e s’è inventata, con il fratello Diego Antonio, Parole Guerriere per portare un contributo alla soluzione della crisi irreversibile del Movimento. Un think thank destinato a raccogliere idee all’insegna di un motto di per sé molto indicativo: pensiero-parola-azione. Ovvero un modo inedito di fronteggiare grandi temi politici, economici e sociali, obbligando a indicare una “scelta”: istruzione o educazione? trasgressione o disobbedienza? denaro o ricchezza? legge o diritto? Nonostante la pandemia, il pensatoio ha continuato a macinare dibattiti e contributi, con l’adesione di una  quarantina di parlamentari. Aveva iniziato con un incontro “evoluzionario” su Cosa resta di Giordano Bruno 420 anni dopo il 16 febbraio 2020 e organizzato qualche settimana dopo una sorta di stati generali per capire quali margini ci fossero per i pentastellati avviati verso la catastrofe.

Diego Antonio NesciDiego Antonio Nesci (una laurea in Giurisprudenza in Spagna e una magistrale in relazioni internazionali in Italia) ha chiarito in più occasioni che Parole Guerriere e lui personalmente non rappresentavano una crociata contro Davide Casaleggio, ma esprimevano un’esigenza di chiarezza. Non a caso, ieri ha detto: «Osservo solo, da anni, che nel nostro statuto coesistono due associazioni M5s e Rousseau. Cosa alquanto bizzarra. Infatti due “poteri” nello stesso perimetro: o si accordano o si fanno la guerra. Quello che sta succedendo da qualche mese lo dimostra».

Con il Movimento, per la verità, Nesci-fratello non ci va sul leggero; all’indomani delle espulsioni nei confronti di chi non aveva votato per Draghi disse più o meno «avete il morto in casa e fate finta di niente… ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Con la scissione finalmente la vendetta di Renzi per il 2016 sarà compiuta». Sul M5S ha scritto su fb: «Come tutti quelli che hanno fatto un corso mezzo serio di Scienza Politica banalmente sanno, non è un partito ma è un movimento. Come il movimento Forza Italia, per esempio, è un movimento a guida carismatica. È strettamente legato cioè a un capo carismatico (erano due inizialmente) che decide tutto l’essenziale. Decide i cambiamenti sostanziali, decide della direzione politica della propria creatura. Ne decide la vita (la nascita) e la morte (lo scioglimento)». Ma non è un endorsement a Grillo, anzi semmai ne delinea i limiti e l’esaurimento della spinta iniziale: Conte può riuscire nel suo progetto politico solo se riesce ad “ammazzare” (ideologicamente parlando) il Capo e trasfigurarsi in un pallido ricordo di Grillo che alle battutacce oppone idee e intenti propositivi.

E torniamo a Dalila, la superattiva parlamentare che si sta ritagliando una posizione di tutto rispetto non solo nella sua regione, ma a livello nazionale. L’altro ieri s’è fatta un tour in Calabria che nemmeno i democristiani d’antan riuscivano a sostenere, parlando di salute, Zes, porto di Gioia e tanto altro, su tavoli diversi, forte della sua nuova creatura politica che potrebbe, seriamente, accogliere molti tranfughi pentastellati, tra espulsi, disorientati, smarriti e incazzati. Però, diciamo la verità: Parole Guerriere era un bel nome che lasciava immaginare irriducibili combattenti, il nuovo (2050+) sa di agenda programmatica, molto burocratica, e morde decisamente di meno. L’obiettivo dichiarato, oggi, è supportare Conte nel momento cruciale della sua impresa. Bisognerà vedere come volgerà l’ormai evidente rottura Casaleggio-Grillo e quanto l’ex-comico abbia voglia di continuare a far piangere chi ha creduto in lui. A molti italiani, peraltro, non sempre è riuscito a strappare le risate che sono il pane quotidiano di qualsiasi cabarettista di mestiere, tutt’al più un sorriso, modesto. Come modesta è stata la sua provocazione sfociata in movimento politico.

L’implosione del Movimento è vicina e Conte dovrà, dunque, tratteggiare un disegno politico completamente nuovo se non vuole rischiare il prevedibile flop. Del resto, basterebbe rileggersi e ripassare la storia: c’è stato il precedente dell’Uomo Qualunque che sembrava, nel ’46, pronto a conquistare il cuore (politico) degli italiani e poi è finito nel totale dimenticatoio. Oggi se chiedete a qualcuno di Giannini, vi risponde «chi? il direttore de La Stampa?, quello che è sempre in televisione?». (s)

LA FRONDA GRILLINA CALABRESE A DRAGHI
NO 4 SENATORI, 2 DEPUTATI: CAOS NEL M5S

di SANTO STRATI – La “invincibile” macchina da guerra dei pentastellati, che nel 2018 sbaragliarono un po’ dovunque i partiti tradizionali, e in Calabria raggiunsero traguardi inaspettati, s’è inceppata al voto di fiducia. Su 15 senatori grillini che hanno votato no 4 sono stati eletti in Calabria, uno (Auddino) è risultato assente; lo stesso a Montecitorio, a parte gli assenti, hanno detto No a Draghi due deputati calabresi (con una assente). Legittima posizione la loro, accolta, però, con poca indulgenza dall’attuale capo politico Vito Crimi che ha attivato subito le procedure per l’espulsione.

I senatori dissidenti (o forse sarebbe meglio chiamarli ortodossi) Nicola Morra, Bianca Laura Granato, Margherita Corrado e Rosa Silvana Abate, per la verità, avevano annunciato per tempo il proprio dissenso. Anzi, la sen. Granato aveva espresso parole di fuoco contro l’intesa sul governo per poi calcare ulteriormente la mano con un pesante atto d’accusa a Crimi: «Sono lieta di aver servito il Movimento 5 Stelle finché ho ritenuto in fede e coscienza che il Movimento servisse i cittadini attraverso un progetto politico orientato al bene collettivo. Da qualche tempo la linea a noi sembra deviata da un percorso politico condiviso fatto per i cittadini ad uno non condiviso con nessuno, fatto a beneficio di pochi che va da tutt’altra parte. Non siamo gli utili idioti di nessuno». Apprezzabile coerenza che attesta, ove fosse ancora poco chiaro, la profonda crisi che sta attraversando il movimento grillino e non solo in Calabria. Dei deputati hanno detto no Francesco Forciniti e Francesco Sapia, mentre non era presente la deputata Elisa Scutellà.

L’accusa che si scambiano i pentastellati (ma chi sono gli ortodossi, visto che Grillo ha “benedetto” il governo di larghe intese?) è di essersi “imborghesiti”. Ma non è il voto di fiducia al nuovo governo che ha scoperchiato il caos che ormai regna sovrano e che attesta, in maniera indiscutibile, la profonda debolezza del progetto politico che aveva convinto milioni di elettori. Se si votasse domattina, facile prevedere un’ecatombe di voti con percentuali di consenso precipitare (dal 43, 32% del 2018) a una cifra, probabilmente – a essere generosi – al di sotto del numero 5.

Si è rivelata in questi quasi tre anni di legislatura l’assoluta inadeguatezza sia degli uomini e delle donne mandati al Parlamento, sia l’inconsistenza delle idee alla base della presunta rivoluzione grillina. Dal vaffa popolare si è passati a un populismo pericolosamente demagogico e basato su irrigidimenti di posizione volti più a dare visibilità che a consolidare un’idea di politica. Quanti «No» gli italiani hanno dovuto subire per opera e virtù del popolo grillino al potere? Se li ricordano tutti, non basterebbero un po’ di pagine a citare atteggiamenti e scelte che di condiviso hanno mostrato davvero poco, per dire dalle Olimpiadi di Roma al Ponte sullo Stretto. Con iniziative che, pur lodevoli nelle intenzioni (reddito di cittadinanza) hanno poi mostrato il livello costante di improvvisazione: il reddito di cittadinanza ha salvato, sicuramente, parecchie famiglie da un grave disagio sociale ed economico, ma ha fallito l’obiettivo di fondo che era quello di rimettere al lavoro quanti l’avevano perso, offrire opportunità a chi non ha lavorato mai. Invece si è rivelato un sussidio per malvolenterosi, delinquenti e mafiosi, scansafatiche a vita. E che dire dei famosi navigator? Altro fallimento completo…

Ma qui non vogliamo fare una disamina del fallimento politico dei Cinque Stelle, intendiamo, invece, occuparci del ruolo dei parlamentari grillini in Calabria, la cui inevitabile dissoluzione si scontra con l’approssimarsi delle elezioni regionali. Per rinfrescare la memoria, è bene ricordare che lo scorso anno ci fu una guerra interna contro la povera Dalila Nesci che aveva improvvidamente offerto la sua disponibilità per la candidatura a Governatore. Il centro di potere grillino (non chiedeteci dove sia, non lo sanno nemmeno loro) l’ha fulminata. E, anziché tentare di replicare l’intesa di governo con i dem, venne deciso di andare in solitaria, contro tutti. Peccato che lo stesso prof. Francesco Aiello, candidato cinquestelle, sia stato bersaglio – inaspettato –  del fuoco amico senza nemmeno riuscire a conquistare un seggio in Consiglio.

Con i cinquestelle spaccati, quale scenario si offre alle prossime regionali? Qualcuno aveva avanzato il nome del parlamentare Carmelo Massimo Misiti (ottimo chirurgo, meno in evidenza come politico) per una candidatura pentastellata, ma la proposta è svanita tra malcelati sorrisi maliziosi. E allora? Al momento le idee sono piuttosto confuse e l’appello dell’ex presidente del Consiglio regionale Nicola Irto di azzerare tutto e fare un fronte unico della sinistra non ha trovato ascolto. Non solo presso Luigi De Magistris che ha puntutamente ribadito che gli arancioni e i movimenti civici andranno da soli, anche contro il resto della sinistra, ma ovviamente anche presso i grillini calabresi. I quali – sia detto per onestà – non contano più nulla, però risulta evidente che la grande massa di voto che andrà smarrita da qualche parte deve pur finire: non è immaginabile un’astensione totale di tutti i delusi dai Cinque Stelle, quindi bisogna pensare a come accaparrarsene una parte. È quello che pensavano (e forse ancora pensano) i dem, ma qual è l’interfaccia con cui dialogare? Quelli che hanno detto sì al governo multicolore, o quelli che si arroccano ancora su posizioni di intransigenza assoluta? Non si sa.

Per questo il No a Draghi, in realtà, ribalta qualsiasi previsione di possibile intesa dem-grillini per manifesta “incompatibilità”. Resta da capire come possa rimanere al suo posto di presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra (ligure, eletto tra i CinqueStelle al Senato in Calabria dove insegnava storia e filosofia al liceo Telesio di Cosenza), dopo che è stato “cacciato” dal Movimento con l’annunciata espulsione di massa (annunciati 32 fuori). Il professore l’ha presa con filosofia: «faremo le nostre valutazioni» – ha detto, spiegando di non essere interessato ad aderire a un eventuale nuovo gruppo, ma la sua permanenza a capo della Commissione provocherà inevitabili mal di pancia. Aveva anche immaginato, Morra, di offrire la sua candidatura per la Regione, ma evidentemente conoscendo bene i suoi sodali calabresi ha immediatamente cancellato l’idea. Nel caos si può anche emergere, sia ben chiaro. Ma ci si può perdere nell’anonimato totale. Andatelo a spiegare ai 406.895 elettori che il 4 marzo 2018 hanno messo una croce sul simbolo pentastellato. (s)

Elezioni in Calabria, tavolo virtuale tra Pd, Movimento 5 Stelle e le forze di Centrosinistra e Movimenti

Domani è in programma, virtualmente, un tavolo tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle con le forze di Centrosinistra e Movimenti per iniziare a definire un programma in vista delle elezioni regionali del 14 febbraio 2021.

Al tavolo virtuale, ci saranno le Sardine, Italia VivaIo resto in Calabria, Art 1, Si, Socialisti, Centro democratico, Verdi, Calabria Aperta (di Nicola Fiorita, candidato a sindaco di Catanzaro nel 2017).

Inoltre, era prevista anche la partecipazione del movimento Tesoro di Calabria di Carlo Tansi che, tuttavia, in una lettera inviata al commissario regionale del PDStefano Graziano, ha contestato la convocazione per domani, domenica 13 dicembre, per discutere del programma elettorale e non per individuare il nome del candidato presidente.

Nella lettera, Tansi ha ricordato che «la data delle elezioni regionali, oramai definitiva, al prossimo 14 febbraio – annunciata dal presidente f.f. Nino Spirlì senza alcuna reazione da parte dei consiglieri regionali di opposizione e con il tacito ma significativo e inquietante avallo del Governo Nazionale – impone ai movimenti civici come Tesoro Calabria che non sono attualmente rappresentati nel consiglio regionale e o nei Gruppi del Parlamento, la raccolta di molte migliaia di firme dei sottoscrittori delle liste elettorali circoscrizionali su appositi modelli in cui, per legge, devono essere riportati oltre al simbolo della lista, i nomi dei candidati consiglieri ed il nome candidato presidente cui la lista si collega».

«Nel rispetto delle norme di legge, quindi – si legge nella lettera – tutte le liste civiche, in particolare le 9 liste circoscrizionali predisposte dal movimento Tesoro Calabria, dovranno raccogliere le firme degli elettori sottoscrittori, alla presenza di un delegato ad autenticarle, nel periodo compreso tra il sessantesimo ed il trentesimo giorno precedenti la data delle elezioni (cioè 15 dicembre-14 gennaio), con le feste natalizie e la gente chiusa in casa per la pandemia. Per poter raccogliere, nei ristretti tempi a disposizione, le numerose firme che consentiranno anche alle liste civiche di Tesoro Calabria di partecipare alle prossime elezioni, è perciò indispensabile che venga designato entro il 15 dicembre il candidato presidente da indicare nei modelli della raccolta delle firme, unitamente ai candidati consiglieri.».

«È molto discutibile che – continua Tansi – a fronte di una tale necessità prevista dalla legge e ripetutamente rappresentata nei mesi scorsi dai rappresentanti di Tesoro Calabria, lei, in qualità di commissario regionale del PD, comunichi, a mezzo stampa, di voler convocare per domenica 13 dicembre un Tavolo di Concertazione aperto alle forze civiche, non per individuare il nome del Candidato Presidente condiviso, ma per “incominciare a parlare di programmi elettorali”, fatto che prelude a tempi molto lunghi prima di giungere a conclusioni condivise. Tavolo al quale sono stato personalmente invitato telefonicamente, tre giorni fa, dal referente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Giorno e, ieri sera, dalla sua persona.
 Egregio commissario Graziano, non me ne voglia, ma questo modo di procedere sembra – a pensar bene – ovviare alla necessità di “prendere tempo” per nascondere eventuali difficoltà in cui versa il PD in Calabria e si presta all’inevitabile designazione, poco prima delle elezioni, di un candidato destinato a una molto probabile sconfitta elettorale. A pensar male, ritengo che, ancor più probabilmente, questo atteggiamento altro non sia che una evidente strategia di “fare melina” (calcisticamente parlando), per far scadere i tempi utili a Tesoro Calabria per raccogliere le firme entro il 14 gennaio e quindi per escluderla dalla competizione elettorale».
«Le ultime elezioni regionali – ha detto ancora Tansi – e il risultato ottenuto dal deludente Pippo Callipo, dovrebbero essere un esempio da evitare. A meno che il PD, anche questa volta, si accontenti di eleggere qualche consigliere di minoranza e delegare il governo della Regione alla destra a trazione leghista. Tesoro Calabria non ci sta. Ritiene che ci siano le condizioni per poter vincere e governare la Regione più bella d’Italia, attraverso una coalizione elettorale civica coesa, guidata da un candidato presidente proveniente dalla società civile, riconosciuto e riconoscibile per competenze amministrative e presenza nella realtà territoriale, ed in grado di realizzare il cambiamento che i Calabresi perbene auspicano. Coalizione che veda nelle liste candidati che non siano i soliti noti o i loro portaborse o compari d’anello».
«Tesoro Calabria – ha proseguito Tansi – vuole partecipare con le proprie liste per vincere. Ma per fare questo dovrà iniziare subito a raccogliere le firme necessarie per presentarle il 15 gennaio, altrimenti rischierebbe una clamorosa esclusione. I prossimi 5 anni di governo regionale possono rappresentare un’occasione irripetibile per riscrivere la storia della nostra Terra dal momento che arriveranno dal Recovery Fund decine di miliardi di euro –importo mai concesso alla Regione Calabria dal dopoguerra ad oggi – per risolvere i problemi che affliggono la nostra comunità in modo sempre più opprimente: la sanità, il lavoro, la spazzatura, il mare sporco, la sicurezza idrogeologica e sismica, la burocrazia, i trasporti e le infrastrutture, le disabilità. Problemi che, né il partito che lei rappresenta, né gli altri partiti di centro-destra, hanno mai avuto la capacità di risolvere. Se torneranno i soliti noti a gestire il treno di opportunità che offrirà il Recovery Fund, si perderà un’occasione irripetibile per garantire un futuro alle nuove generazioni calabresi».
«Egregio Commissario Graziano – ha detto ancora Tansi – attenderemo fino al 14 dicembre. Poi saremo obbligati a compilare i modelli per la raccolta-firme con l’indicazione dei candidati consiglieri e del candidato presidente, nel rispetto delle norme che regolano la partecipazione democratica alle elezioni, garantita dalla Costituzione. Norme che in Calabria, per interessi di parte, si tende, ancora una volta, a eludere. Per questo motivo ho deciso di non partecipare alla riunione di domani (domenica 13 dicembre), eccetto il caso in cui lei ci garantisca che da questa riunione  – o comunque entro e non oltre la giornata di lunedì 14 dicembre p.v. – si possa giungere alla definizione del nome (e non del profilo) del candidato a presidente, nonché ai criteri di selezione dei candidati delle varie liste a sostegno del presidente e ai programmi condivisi». (rrm)