COL REDDITO DI CITTADINANZA, RIDOTTA
L’EMIGRAZIONE: SERVE MA VA MODIFICATO

di MASSIMO MASTRUZZOCon la Legge di Bilancio 2023, per tutti gli “occupabili“, si sopprime la parola “congrua”, tanto che, di fatto, si potrà perdere il Reddito rifiutando qualunque offerta di lavoro, qualunque essa sia, ovunque sia. La cancellazione della cosiddetta “offerta congrua”, costringerà difatti i beneficiari ad accettare qualunque lavoro e su tutto il territorio nazionale, pena la decadenza dal beneficio. 

Lo sblocco dell’emigrazione

Questo sembra essere il reale motivo di tale astio verso il RdC, uno strumento che volente o nolente, con tutti le auspicabili e necessarie correzioni, dalla sua comparsa ha comunque dato la possibilità di una scelta: restare (o per meglio dire resistere) o emigrare. Opzione che i cittadini del Sud-Italia, stante i milioni di emigrati, non hanno mai avuto. Il RdC, al momento, sta rallentando proprio l’emigrazione.  

E questo poco velato tentativo di “(ri)sblocco dell’emigrazione” è avvalorato dalla vicenda che ha visto il coinvolgimento della Intel, l’azienda americana che costruisce microchip, prevedeva un importante investimento in una località (anche) in Sicilia, nello specifico a Catania, dove oltre alla presenza di un centro importante, attorno alla St Microelectronics, che poteva rappresentare un nucleo di attrazione, si sarebbe potuto usufruire del valore aggiunto della locale facoltà di Ingegneria dell’Università che si è specializzata e attrezzata per fornire specialisti apprezzati in tutto il mondo.

Senza contare che Catania è all’interno di una Zes, e che queste sono state create proprio attrarre investimenti dall’esterno dell’area e visto che Catania ha un aeroporto internazionale a pochi chilometri dalla zona industriale, e poteva fornire dei vantaggi fiscali rispetto al costo del lavoro, oltre che dei vantaggi per quanto attiene agli utili che si sarebbero eventualmente prodotti, così come prevedono le Zone economiche speciali, sembrava la candidata perfetta, la ciliegina sulla torta di un serio progetto alternativo al Reddito di Cittadinanza: se il reddito di cittadinanza viene percepito nella aree dove la disoccupazione è maggiore, non serve un luminare per capire che la contromisura sia banalmente rappresentata da proposte reali e “congrue” di occupazione.

Offerte di lavoro dove congruo significa in scala 1 a 1: al cittadino residente nella provincia x viene sostituto il RdC con un posto di lavoro entro i confini della propria provincia di residenza (ed evito di sottolinea che in un Mezzogiorno senza le adeguate infrastrutture per la mobilità, bisognerebbe che il concetto di congruo tenesse conto anche della disponibilità di trasporto pubblico). Perché se la proposta di lavoro è a 1200 km più a nord, l’odore del marcio dietro all’eliminazione della “offerta congrua” è nauseante. 

Detto fatto, dopo la visita ministro leghista dello sviluppo Giancarlo Giorgetti, che da Ministro (leghista) di tutti gli italiani è andato personalmente ad incontrare i dirigenti della società americana negli Stati Uniti, il colosso statunitense sorgerà a Vigasio, una cittadina in provincia di Verona.

Si parla di un investimento da circa 4,5 miliardi che dovrebbe portare 1.500 assunzioni dirette e 3.500 posti di indotto e con governo italiano che sarebbe pronto a contribuire al 40% con fondi pubblici (pubblici, quindi anche dei cittadini siciliani) dell’investimento totale di Intel in Italia, o meglio nel Veneto.

Ennesimo esempio di disomogeneità di Stato rispetto a quanto previsto dall’art. 3 della costituzione: che logica ha l’aver creato le ZES proprio per attrarre investimenti, se alla prima occasione in barba al concetto stesso di coesione sociale si cofinanziano investimenti in un’area già satura di imprese e lavoro.

Ora fronte di una fabbrica che avrebbe portato 4.000 posti di lavoro, potenzialmente raddoppiabili, in una realtà, il territorio del Mezzogiorno d’Italia, con 20 milioni di abitanti, che per la sua condizione di minor reddito pro-capite e maggior disoccupazione tra gli altri territori degli stati membri dell’UE, ha dato il maggiore contributo negativo affinché all’Italia venisse assegnato la fetta più grande del PNRR, fabbrica e posti di lavoro che avrebbero  certamente contributo alla sottrazione del reddito di cittadinanza a tanti che ne usufruiscono perché non hanno opportunità lavorative, quante migliaia di meridionali dovranno trasferirsi nel Veronese per lavorare magari proprio in quella fabbrica? 

Che senso ha tutto ciò se non l’alimentazione della disomogeneità territoriale. 

Negli ultimi 15 anni quasi due milioni di meridionali si sono spostati al Centro Nord Italia (Dati Svimez). In sostanza, sono di più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o studiare al Centro Nord che gli stranieri immigrati regolari che arrivano in Italia. 

Gli emigrati dal Sud tra il 2002 e il 2017 sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Di questi ultimi 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33% laureati). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità. Nel solo 2017, si legge, sono andati via “132 mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70 mila unità. Il gap occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord nel 2018 “è stato pari a 2 milioni 918 mila persone. 

L’indebolimento delle politiche pubbliche nel Sud, poi, incide significativamente sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini. Il divario nei servizi è dovuto soprattutto ad una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali e riguarda diritti fondamentali di cittadinanza. Drammatici sono poi i dati che riguardano l’edilizia scolastica. 

A fronte di una media oscillante attorno al 50% dei plessi scolastici al Nord che hanno il certificato di agibilità o di abitabilità, al Sud sono appena il 28,4%. Inoltre, mentre nelle scuole primarie del Centro-Nord il tempo pieno per gli alunni è una costante nel 48,1% dei casi, al Sud si precipita al 15,9%. Rispetto a questi dati, e in totale assenza di offerte concrete per i diritti dei cittadini del Mezzogiorno d’Italia, la battaglia al Reddito di Cittadinanza condotta dal neoeletto governo, che dovrebbe governare tutta l’Italia, appare come il tentativo, peraltro  irrispettoso di quanto previsto dall’art 3 della Costituzione, di voler mantenere lo status quo di un sistema Italia duale, o peggio ancora coloniale.

Offrire le stesse opportunità, e soprattutto lo stesso diritto di accesso al lavoro in tutta Italia, sarebbe l’unica proposta politica seria da fare come alternativa al RdC… invece siamo al cospetto della genialata cancellazione della cosiddetta “offerta congrua”… (mm)

[Massimo Mastruzzo è del direttivo nazionale Movimento per l’Equità territoriale]

SI SCRIVE AUTONOMIA, SI LEGGE DIVARIO
PIETRA TOMBALE DELLA RIPRESA DEL SUD

di MASSIMO MASTRUZZOL’Autonomia differenziata rischia di diventare la pietra tombale su ogni speranza di ripresa per il Sud Italia. E su questo punto ogni tentativo di trovare un lato positivo è semplicemente un arrampicarsi sui vetri con le mani unte.

Al momento il progetto di Calderoli (Lega), che praticamente è una sorta di secessione dei ricchi, è stato bloccato dalle proteste trasversali dei governatori del Sud-Italia, anche perché non potrebbero dare ai propri concittadini spiegazioni plausibili per giustificare tale autoevirazione.

Si tratta però solo di una battaglia vinta, così come quella nel 2018, quando come Movimento per l’Equità Territoriale riuscimmo a bloccare il ddl Calderoli (governo giallo-verde) e l’azione dell’allora ministro Erika Stefani (Lega).

O come nel 2019 quando ci riprovò il governo giallo-rosso. In quel caso “fu sufficiente” che in conferenza stato-regioni si aggiungesse la clausola al documento “previa definizione dei Lep”, per far cambiare idea.

E ancora quando toccò a Mariastella Gelmini con il suo DDL sostenuto trasversale dei presidenti di regione del nord Italia, con i quali fece addirittura riunioni esclusive senza far partecipare i presidenti delle Regioni del Sud:

L’apoteosi della frase shakespeariana “C’è del marcio in Danimarca”.

Siamo quindi al cospetto di una guerra ancora tutta da combattere, ed giunta l’ora che la società civile, anche quella del Nord, si faccia sentire una volta per tutte contro questa iniziativa che prevede servizi nevralgici come scuola, trasporti e sanità con livelli essenziali diversi nelle varie Regioni.

Anche perché a luglio 2022 era pronto l’accertamento sui divari territoriali, operazione necessaria per far partire la Perequazione infrastrutturale, indispensabile per rendere l’Italia un paese senza discriminazioni territoriali su scuola, sanità, rete idrica e trasporti.

L’accertamento preparato dal governo ha portato dati oggettivi e in base a questi dati è risultato che al Mezzogiorno tocca l’81%. Eppure davanti all’oggettività dei dati e nonostante l’obbligo di legge ad approvare il Piano Perequazione Infrastrutturale da 4,6 miliardi entro il 30 aprile 2022, il governo ripone il documento nel cassetto delle cose da non fare.

Niente di nuovo, si tratta purtroppo di un film già visto: Giancarlo Giorgetti, che oggi riscopre il ruolo di ministro dell’economia e delle finanze nel governo Meloni, dal 2013 al 2018 fu presidente della bicamerale per il federalismo fiscale. Nella convinzione che il sud ricevesse più del dovuto, fu richiesta e avviata una ricerca sulla redistribuzione della spesa storica affinché venisse sostituita con il fabbisogno standard, i Lep appunto.

Per fare questo lo Stato avrebbe dovuto stabilire quali sono i servizi essenziali a cui ha diritto un cittadino su tutto il territorio italiano, e per evitare sprechi decide di calcolare il costo corretto di questi servizi, ovvero il fabbisogno standard che dovrebbe essere finanziato integralmente. Purtroppo i livelli essenziali delle prestazioni non sono mai stati attuati.

Il Motivo? I dati sulla ricerca della redistribuzione della spesa storica furono così scioccanti che Giancarlo Giorgetti nel leggere i dati richiesti e ricevuti dal ministero dell’Economia sulla redistribuzione dei fondi, rendendosi conto dell’assurda incostituzionalità di quanto quelle cifre stessero dichiarando, e probabilmente resosi conto che quei dati al 100%, come previsto dalla legge, sarebbero potuti essere scioccanti, chiese: «magari ce le fate avere in modo riservato o facciamo una seduta segreta come avviene in commissione antimafia».

La battaglia contro questa autonomia differenziata deve coinvolgere tutta la società civile intellettualmente onesta, dal nord a sud del Paese. (mm)

[Massimo Mastruzzo è della segreteria nazionale M24A-ET – Movimento per l’Equità territoriale]