Nicola Gratteri racconta il magistrato Agostino Cordova

di PINO NANOIn vecchiaia era tornato nella sua città natale per vivere il suo viale del tramonto ed è a Reggio Calabria, città che adorava, che venerdì scorso se ne è andato via per sempre. Aveva 88 anni Agostino Cordova, magistrato che per le sue inchieste era diventato negli anni ’80 il magistrato più famoso d’Italia.

Era entrato in magistratura nel 1963, il suo primo incarico pretore a Reggio Calabria, prima al penale e poi al civile, fino al 1970 per poi passare al Tribunale, dove è stato componente il collegio per cinque anni. Quindi il passaggio all’Ufficio istruzione, dove è rimasto fino al 1980. In quel periodo, ha istruito importanti processi contro le cosche della ‘ndrangheta, uno in particolare, quello contro il gruppo cosiddetto ”dei 60” capeggiato da Paolo De Stefano, ucciso in un agguato a Reggio Calabria nell’ ottobre del 1985. Un processo che si concluse con la condanna di buona parte degli imputati. Dal 1980 al 1987 Cordova viene chiamato a presiedere la sezione penale del Tribunale di Reggio Calabria, e nel dicembre del 1987 il Csm lo nomina Capo della Procura della Repubblica di Palmi. Corsi e ricorsi della storia, oggi al suo posto c’è Nicola Gratteri, calabrese come lui e quanto lui.

Nicola Gratteri, attuale Procuratore di Napoli lo ricorda oggi così: «Ho conosciuto Agostino Cordova quando io ero ancora un giovane Pubblico Ministero a Locri, e posso dire che era una delle persone più oneste in assoluto che abbia mai conosciuto in vita mia. Uomo profondamente onesto, rigoroso, e che con grande senso dello Stato amministrava la giustizia».

«Ho avuto l’onore – ha aggiunto – di fare delle indagini collegate tra la Procura che lui dirigeva, a Palmi, e la procura di Locri dove io lavoravo, e questo mi è servito a capire la grande serietà e lo scrupolo immenso con cui lui lavorava e amministrava giustizia. Cordova aveva grande capacità investigativa e soprattutto grande intuizione investigativa. Temo però che lui qualche volta abbia peccato di ingenuità fidandosi di persone che non meritavano la sua fiducia. Ricordo che all’epoca Cordova era uno dei pochissimi magistrati che in Italia avevano la sua autorevolezza. Lui era uno di quei magistrati che veniva ascoltato dalla politica, ma era soprattutto un magistrato temutissimo dal potere e dai gruppi di potere dominanti».

«Ricordo a me stesso che era un magistrato osannato, ossequiato, corteggiato da tutti seppur con timore e reverenza – ha proseguito –. E quando poi lo hanno nominato Capo della Procura di Napoli, pensando forse che lui fosse alla fine una persona accomodante e controllabile, è stato immediatamente attaccato da soggetti appartenenti a centri di potere che non lo volevano al suo posto. E non posso non ricordare che alcuni che a Palmi erano stati vicino a lui, e a Napoli come a Palmi avevano lavorato e collaborato con lui, appena hanno sentito puzza di pericolo gli hanno voltato le spalle e lo hanno lasciato completamente solo».

«Questa è la grande amarezza – ha concluso – che mi scorre per il corpo nel ricordare un magistrato importante come lui. Ecco che ti accorgi allora che quando ti succede qualcosa, quelli che apparentemente tu ritenevi fossero tuoi amici spariscono invece per sempre e a gambe levate. Ma forse questa è la vita…».

Quella di Napoli fu per Agostino Cordova una stagione difficile, complessa, piena anche di polemiche e di insidie professionali di vario genere, era lui stesso che lo raccontava dopo aver lasciato la Procura partenopea per sempre. In quel periodo fece scalpore una sua inchiesta su presunti intrecci tra mafia, politica e massoneria che portò al sequestro di tutti gli elenchi dei massoni del Goi, mesi e anni in cui i grandi giornali italiani non facevano che dedicare al suo lavoro prime pagine e titoli di testa. Ma fece immenso scalpore anche la sua inchiesta calabrese su presunte irregolarità negli appalti per la realizzazione della centrale termoelettrica dell’Enel a Gioia Tauro portò, che nel luglio del 1990, al sequestro del cantiere.

Alla scadenza del suo mandato a Palmi come Capo della Procura concorse per la Direzione Nazionale Antimafia ma senza successo e successivamente, nel luglio del 1993, viene nominato Procuratore Capo a Napoli. Ma qui per lui incominciano i problemi veri.

«Cordova – ricordava allora una nota dell’Ansa – ripetutamente denuncia la carenza di uomini e mezzi, e sostiene che il tentativo di ripristinare la legalità trova sempre più ostacoli. E sempre più spesso cita sarcasticamente uno dei suoi libri preferiti, il Candido di Voltaire (”Tutto procede nel migliore dei modi nel migliore dei mondi possibili…”)».

Indimenticabile la difesa che fece di lui l’attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che davanti al Csm difendeva le sue tesi e la sua persona: «Sul caso Cordova il Csm sta smentendo sé stesso, visto che in ”decine” di documenti lo ha definito in passato ”il procuratore più bravo»’. 

Su Cordova in quel periodo pendeva una richiesta di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale, e Nordio va giù di petto: «Cordova ha alle spalle 40 anni di carriera più che onorata», e Nordio riporta i mille pareri lusinghieri per il procuratore di Napoli espressi dal consiglio giudiziario di Napoli, ma soprattutto dal Csm. Una valutazione positiva condivisa anche dagli ispettori del ministro della Giustizia, la cui ultima relazione «ha dato atto dell’autorevolezza del procuratore di Napoli». «

Che cosa è successo allora? – chiede polemicamente Nordio al Csm del tempo –. Perché oggi Cordova venga ritenuto incompatibile non solo con Napoli, ma anche con le sue funzioni?»

Personaggio scomodo, uomo di intelligenza rara, una casa piena di libri e non solo di diritto, ma dai modi a volte anche scontrosi, inavvicinabile, scortato a vista per anni, temuto e ammirato, la sua storia non ha mai conosciuto il colore grigio, o bianco o nero, mai una mediazione, mai un tentennamento, mai una confessione aperta della solitudine immensa che, come magistrato della Repubblica, ha vissuto per anni. A volte l’ho aspettato per ore e ore, all’uscita della Procura di Palmi, per avere da lui una sola “primizia” o semplice “indiscrezione”, ma al massimo riportavo in redazione questo suo sorriso stentato e quasi beffardo che faceva di lui un vero “mastino” del Palazzo di Giustizia. (pn)

Nicola Gratteri alla Camera: «La mafia oggi va braccata sulle reti digitali»

di PINO NANO – «Sul piano del contrasto alla criminalità organizzata e alle sue nuove forme, abbiamo perso molto know how. Fino a sei o sette anni fa, le nostre forze dell’ordine erano le migliori, “davano le carte” in tutti i più importanti tavoli internazionali, oggi non è più così. E questo perché chi ha programmato il Paese negli ultimi dieci, quindici anni non ha avuto capacità di visione».

-Procuratore Gratteri, come se ne esce?

«Serve che il Governo decida di investire in software, e serve farlo subito. Serve assumere ingegneri informatici, oltre che coprire le piante organiche delle forze dell’ordine C’è chi dice limitiamo e torniamo indietro sulle intercettazioni, torniamo al maresciallo anni 50. Se non capiamo e non ci rendiamo conto che oggi un telefonino è più potente del computer che ha consentito all’uomo di atterrare sulla Luna e che possiamo ordinare sul dark web due tonnellate di cocaina comodamente dal salotto, e allo stesso tempo sento dire che bisogna tornare ai pedinamenti, io mi preoccupo, rabbrividisco e mi arrabbio. Le mafie e la criminalità mutano col mutare della società».

Nicola Gratteri non fa sconti a nessuno, e si sbagliava chi immaginava che una volta destinato a Napoli a guidare la Procura più grande d’Europa, se ne stesse richiuso nel silenzio ovattato della sua stanza, sulla parte più alta e inaccessibile del grattacielo che ospita la Procura napoletana. 

Ieri alla Camera dei Deputati è tornato a tuonare contro tutto il sistema che oggi gestisce la macchina burocratica della giustizia italiana. Ma soprattutto, è tornato in cattedra, su invito della Fondazione Internazionale Magna Grecia, per spiegare come anche la mafia abbia rivoluzionato la sua vita interna, adeguandola alla tecnologia più avanzata del momento. Del resto, commenta il procuratore di Napoli, viviamo nell’era dell’Intelligenza Artificiale e dovevamo pure aspettarcelo.

Nessuno dieci anni avrebbe mai potuto immaginarlo, ma oggi la mafia controlla e governa anche le reti digitali di tutto il mondo. Come? Semplice. Dialogando con gli altri, conquistando la gestione diretta del mondo dei social, entrando in contatto con il mondo digitale. Questo del procuratore Gratteri sembra quasi il racconto avveniristico di un fenomeno nuovo, ma questa – avverte – è la realtà con cui gli investigatori da oggi in poi dovranno fare i conti. Un mondo completamente diverso da quello di un tempo, scandito oggi da contatti in rete e da algoritmi che solo in pochi sanno ancora governare bene, e tra “questi pochi” ci sono anche le mafie. 

Ma tutto questo ce lo spiega straordinariamente bene il Rapporto presentato ieri a Roma, alla Camera dei Deputati, dal Presidente della Fondazione Magna Grecia, l’onorevole Nino Foti, e di cui Nicola Gratteri ne è stato testimonial.

«La rivoluzione digitale – si legge nel rapporto della Fondazione – ha cambiato il modo di comunicare di tutti noi, compreso quello delle mafie. Nel grande ecosistema digitale, i Social Network Sites (Sns) sono i vettori privilegiati di interazione e diffusione dei contenuti. Dai pizzini ai social network, anche le mafie si sono adeguate al mondo digitale. Oggi comunicano con post, video e tweet, usati per parlare tra clan, per lanciare messaggi di avvertimento, per dare istruzioni, ma anche per arruolare nuove leve con codici e linguaggi che sembrano appartenere a veri e propri influencer». 

Utilizzano droni e sommergibili radiocomandati per trafficare in droga e armi, assoldano i migliori hacker del mondo, agiscono con disinvoltura sul web – dove hanno oramai spostato molte delle loro attività – creano banche online per riciclare denaro, cominciano a usare l’intelligenza artificiale. Sono queste le nuove mafie, sempre più abili a cavalcare l’onda dell’innovazione tecnologica e informatica per ampliare il loro raggio di azione e aumentare i profitti. 

-Cose che il Procuratore Nicola Gratteri racconta e spiega al Paese da anni.

Grazie alla loro grande capacità di adattamento le mafie sono diventate ormai organizzazioni ibride, capaci cioè di operare tanto nella realtà analogica quanto in quella digitale. Al tradizionale pizzo affiancano le estorsioni online, puntano sul metaverso e sul dark web. Se prima andavano alla ricerca di avvocati, commercialisti, broker, notai, agenti immobiliari… oggi, cercano ovunque ingegneri informatici, hacker e drug designer. La mafia corre in rete insomma, e corre veloce, mentre imprese e istituzioni arrancano affannosamente in un’eterna carenza e inadeguatezza di risorse e di personale specializzato. 

Tradotto in parole più semplici vuol dire che Facebook, YouTube, Twitter, Instagram e TikTok, in quest’ordine, si sono impadroniti della rete, dei nostri computer e dei nostri smartphone, creando una dimensione osmotica che integra e spesso risponde a quanto avviene nel reale. Le mafie, dunque, raccontano sé stesse e si (ri)specchiano nei post di denuncia dell’antimafia sociale: se gli esperti prima interpretavano il fenomeno organizzandone il racconto, ora si può assistere al reality show delle mafie semplicemente aprendo le nostre app e selezionando il flusso di contenuti suggeriti dagli algoritmi, o seguendo i trend virali degli hashtag o delle canzoni trap e neomelodiche. In tal senso, si è dimostrato quantomai necessario uno studio delle dinamiche performative dei mafiosi online.

Un report che non mancherà di far discutere e di essere analizzato da quanti ogni giorno si confrontano con questo tema e che racconta il “fenomeno criminale” attraverso un’analisi di 90 GB di video TikTok, due milioni e mezzo di tweet, 20mila commenti a video YouTube e centinaia fra profili e pagine di Facebook e Instagram, “«dai quali emergono – spiega il Presidente della Fondazione onorevole Nino Foti le caratteristiche di un fenomeno che sembra affermarsi sempre di più in una mescolanza dai confini labili tra reale e virtuale».

Ne emerge un immaginario digitale delle mafie che si alimenta in maniera circolare: i social sono lo specchio e il motore di aggiornamento costante (updatism) della cultura criminale mafiosa che risemantizza i vecchi immaginari costruendo consenso attraverso una bulimica creazione di contenuti. Come navigati influencer i rampolli delle mafie promuovono, attraverso la ridondanza del lusso, il successo del loro brand criminale. La generazione Z dei clan e delle paranze sta cambiando il volto delle organizzazioni criminali mostrando quanto sia necessario saper gestire la scena digitale per ottenere consenso ed essere riconoscibili in quanto mafiosi all’interno di una società in cui informazione e consumi rendono tutti uguali. 

Non a caso il Procuratore Nicola Gratteri ha tenuto ancora una volta una delle sue solite lezioni magistrali sul ruolo fondamentale che la scienza informatica può dare oggi a chi come lui dà la caccia ai latitanti della Ndrangheta in tutto il mondo, ricordando anche  – e sottolineando più volte- che nel paragone con altri sistemi giudiziari internazionali non sempre siamo i primi, «ma potremmo diventarlo se si investisse di più nella lotta al mondo organizzato del crimine, come fanno per esempio gli americani, un sistema che non condivido anche se più pragmatico del nostro, o come fanno ancora meglio gli israeliani che hanno capito meglio di tutti gli altri quanto il controllo della rete sia fondamentale per capire cosa si muove attorno a noi e come intervenire in tempo per evitare il peggio».

Ma anche su questo Nicola Gratteri va giù pesante.Il Procuratore di Napoli spiega infatti che il tema è attualissimo «ma i dati legati al rapporto che intercorre tra il mondo organizzato del crimine e il mondo digitale è in perenne trasformazione, e che quindi i dati di oggi tra sei mesi non saranno più utili. Da qui la necessità di riaggiornarli continuamente e si sottoporli ad analisi continue».

La ricerca, realizzata nel pieno rispetto della privacy, alla fine ha dimostrato che l’utilizzo dei social network rendono trasparenti i processi di comunicazione delle mafie in cui “fan”, simpatizzanti promuovono il “brand” attraverso un’estetica del potere che esalta il lusso e l’onore, e quindi il successo dell’organizzazione anche attraverso il ricordo di chi ha dato la vita e di chi ha patito il carcere per giungere a questo risultato. Tutte cose che Nicola Gratteri aveva già anticipato dieci anni fa, quando per la prima volta si incominciava a parlare di queste cose. 

I primi a comprendere l’importanza dei social media – racconta lo studioso italoamericano Antonio Nicaso che prende la parola subito dopo Nicola Gratteri – sono stati i cartelli messicani, dando sfoggio della loro potenza militare, ma anche della loro esasperata violenza.

«Su Youtube postavano i video delle loro efferatezze, simili a quelle dei jihadisti che decapitavano i loro nemici. Quei video hanno fatto da apripista. Nel vortice di una violenza sempre più ibrida, vistosamente comunicativa, sono finiti anche webmasters, cantanti neomelodici, rapper e trapper. Si è passati dalle ballate che raccontavano le gesta dei rivoluzionari messicani ai narcocorrido, le musiche popolari che descrivono, a volte celebrandole, le imprese dei narcos».

«Oggi sui social media c’è di tutto. Senza più il filtro di un regista, di uno sceneggiatore, di un autore. Oggi sono loro a rappresentarsi, a raccontarsi, a celebrare il mondo dei nuovi ricchi che, grazie ai narcopesos, vestono Armani e girano in Ferrari al fianco di ragazze strepitose. Anche i mafiosi sono diventati prosumer, consumatori e produttori di quello che in Nord America viene definito “cyberbanging”, ovvero l’esaltazione dei comportamenti, del tenore di vita di chi si è arricchito con i proventi delle attività criminali».

«Sembra quasi impossibile da credere, ma la cultura dei Meme sta prendendo il sopravvento su quella dei pizzini, contribuendo a svecchiare i miti del passato e a creare nuove narrazioni. La crescente iper-connettività – spiega bene il report della Fondazione Magna Grecia – ha portato a una diluizione dei confini tra la vita online e quella offline, con conseguenze significative sulla nostra antologia del presente».

E non a caso in prima fila ancora oggi c’è lui, Nicola Gratteri, il nemico numero uno di questa nuova Mafia digitale. (pn)

Nicola Gratteri al master in Intelligence dell’Unical: Per contrastare mafie investire in tecnologie

di FRANCO BARTUCCI – «Per contrastare le mafie lo Stato deve investire in tecnologie. Attenzione al fentanil, una droga che potrebbe avere effetti devastanti anche per l’Italia».

Sono due pensieri di sintesi della lezione di Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Napoli, ormai di casa all’UniCal, nell’ambito del Master sulla Intelligence, diretto dal prof. Mario Caligiuri, avente come tema: Le mafie, minacce alla sicurezza nazionale.

Gratteri ha iniziato la sua lezione citando il caso di una famiglia di ‘ndrangheta della provincia di Crotone, che ha ingaggiato degli hacker tedeschi per effettuare una sofisticata operazione di riciclaggio internazionale.

«Oggi il lavoro giudiziario – ha affermato – dimostra non solo quanto i mafiosi siano in grado di comprare e gestire alberghi, ristoranti, latifondi ma anche quanto la ‘ndrangheta sia capace di rivolgersi agli hacker».

In tale quadro ha evidenziato come le truffe online oggi provengano dall’est europeo e in particolare dalla Romania, dove le organizzazioni criminali si avvalgono di specialisti informatici molto validi, frutto di una tradizione di studio per la matematica maturata durante i regimi comunisti.

«Come già accaduto in Puglia con il contrabbando – ha proseguito –, oggi le forze di polizia devono inseguire le mafie dal punto di vista della tecnologia. Un’esigenza che si pone perché solo da 4 o 5 anni sono stati riattivati i concorsi nella pubblica amministrazione, compresi quelli delle forze di polizia. Si è registrato quindi un buco generazionale, perché non c’è stato ricambio e i governi non hanno investito in tecnologia».

Gratteri ha, quindi, ribadito come oggi i reati più gravi si commettano nel dark web, dove è possibile comprare di tutto: droga, armi, organi, bambini, oltre ad organizzare omicidi.

Ha proseguito affermando: «I mafiosi sono in grado di crearsi da soli delle piattaforme tipo whatsapp con cui comunicare in maniera criptata, ma le forze di polizia italiane, a differenza di quelle estere, che hanno investito ingenti somme per dotarsi di apparecchiature in grado di ascoltare le comunicazioni criminali nel dark web, non dispongono delle tecnologie adeguate per consentire un livello elevato d’intercettazione”. Ha quindi ulteriormente precisato che “quando mi si dice che le intercettazioni costano troppo, dico che non è vero, perché, ad esempio, la Procura di Napoli ha speso, in un anno, cinque milioni di euro d’intercettazioni, però ha sequestrato valori per centonovantacinque milioni di euro, quindi ha ottenuto un guadagno di centonovanta milioni di euro».

Il Procuratore di Napoli ha poi aggiunto che, «a livello normativo, bisogna consentire l’utilizzabilità delle intercettazioni dei reati riferiti alla pubblica amministrazione: concussione, corruzione, peculato, intercettati in procedimenti per i cui reati non è previsto l’arresto in fragranza».

Gratteri ha poi continuato sostenendo che «nel contrasto alle mafie, occorre prestare molta attenzione alla “zona grigia” che è spesso funzionale agli interessi in gioco. Infatti, c’è una mafia che controlla il territorio e c’è una mafia che controlla gli appalti e che ha un bisogno continuo di rapporti con la pubblica amministrazione».

Su questo tema ha poi rimarcato che «è utile il tabulato del mafioso, non perché nella conversazione parli di omicidi o altri reati, ma perché chiama un incensurato, che commetterà errori e più di tutti statisticamente è quello che, non abituato al rigore delle carceri, diventerà collaboratore di giustizia».

Il docente ha poi sostenuto che per contrastare le mafie è necessaria una conoscenza multidisciplinare: «Bisogna interessarsi di tutto. Non è solo un fatto materiale, bisogna conoscere la sociologia, la psicologia, le scienze perché servono per avere chiara la situazione delle mafie. Appunto per questo, è importante il lavoro di questo Master, dove coesistono tante discipline, apparentemente sconnesse, ma che in realtà sono importantissime per cogliere spunti essenziali per la comprensione della società e quindi anche del fenomeno mafioso, che per essere efficacemente contrastato ha bisogno di una visione all’interno della quale collocare il singolo reato».

«Chi lotta la mafia – ha proseguito – è proiettato in un mondo dove bisogna fare analisi, dove le persone che hanno ruoli di responsabilità devono essere guidati da una visione, senza la quale non si riuscirà a comprendere in pieno e in profondità il territorio e i suoi attori».

Per Gratteri, la situazione europea è ancora peggiore, perché a parte eccellenze tecnologiche di alcune polizie, la legislazione è poco efficace per contrastare le mafie. Ad esempio «Eurojust, Europol, Interpol, progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) le squadre investigative comuni, sono strutture che hanno una loro utilità nei rispettivi settori, ma presentano difficoltà sia a causa di mancanza di personale, sia per il fatto che, a livello internazionale, ogni polizia lavora a suo modo, con una sua sensibilità e una sua regolamentazione».

Inoltre, per il Procuratore di Napoli per svolgere indagini di qualità, oltre che creare delle sinergie tra le varie forze dell’ordine, «è necessario che ci sia un magistrato, un Sostituto Procuratore capace, autorevole e credibile che abbia la capacità e l’autorevolezza di dire chi fa cosa. Quando mancano questi dirigenti capaci di assumersi le responsabilità e di trasmettere tranquillità e sicurezza alle forze dell’ordine, le indagini non ottengono risultati e le procure non funzionano. Ecco perché è importante il fattore umano».

Gratteri ha, poi, effettuato una differenza tra la ‘ndrangheta e la camorra. Ha spiegato che ci sono tante camorre, con un’elevata capacità di utilizzare il dark web. Infatti, ha ricordato che a Napoli si producono i migliori passaporti falsi del mondo, alimentando un’attività illegale internazionale da cui trae vantaggio anche il terrorismo.

Ha poi ribadito il grave rischio che potrà presto esplodere collegato con la diffusione del Fentanyl, la droga degli zombie, che, prodotta in Cina ed esportata per ora prevalentemente negli Usa, sta causando effetti devastanti sui giovani. Per il docente, tra uno o due anni questa droga potrebbe invadere anche il nostro Paese con esiti devastanti.

Il docente ha anche affrontato i profili criminali della fornitura delle armi all’Ucraina, sulle quali ha suggerito di apporre un gps, in modo che siano immediatamente individuabili per evitare quello che è accaduto nel conflitto bosniaco, dove, terminata la guerra, le organizzazioni criminali hanno acquistato gli armamenti.

Gratteri ha concluso affermando che per avere degli Stati più liberi, più democratici, più competitivi c’è bisogno di contrastare efficacemente le mafie. Per cui occorre una forte volontà politica che fornisca strumenti globali per un problema globale. (fb)

Gratteri al Majorana di Corigliano Rossano: «Con questa formazione non dovete emigrare»

«Abitate nella Sibaritide che è la zona più evoluta in Calabria dal punto di vista della trasformazione agroalimentare. Non potevate, dunque, scegliere scuola migliore per il vostro futuro professionale». È quanto ha dichiarato il Procuratore Nicola Gratteri, incontrando gli studenti del Majorana di Corigliano Rossano.

«I mestieri che state apprendendo oggi vi consentiranno di non emigrare come invece dovranno fare purtroppo i 300 laureati all’anno nelle 3 inutili facoltà di giurisprudenza dislocate, senza programmazione e visione del futuro, in questa regione e nelle limitrofi», ha aggiunto il procuratore, in occasione della presentazione del suo libro Fuori dai confini e scritto a quattro mani con Antonio Nicaso.

«Quella delle tante ed inutili facoltà di giurisprudenza a pochi chilometri le une dalla altre, destinate – ha sottolineato – a produrre sicuri emigrati in altri territori rappresenta soltanto una delle conferme di come in Calabria non si sia programmato. E per questo – ha detto rivolgendosi ancora alla platea stracolma ed attentissima di giovani e giovanissimi – dovete sapervi indignarvi e reagire».

Accolto dal dirigente scolastico Saverio Madera, al termine del ricco confronto con gli studenti coordinato dalla docente Stefania Romanello, Gratteri, in altre occasioni auto-definitosi un agricoltore infiltrato in magistratura, è stato accompagnato a scoprire ed a degustare la formazione e le preparazioni enogastronomiche identitarie degli studenti dell’Alberghiero.

Coordinati dai docenti Pietro Bloise, Antonio Farace, Pietro Spataro, Gianfranco Turano, Fabio Di Rende e Roberto Pastore, gli alunni della quarta A sezione Cucina e quelli della terza sezione Sala hanno presentato al magistrato uno scrigno di pasta sfoglia con cioccolato e melagrana, fazzolettini di crepes alla crema di liquirizia, muffin all’arancia, canestrini di sfoglia con fonduta di pecorino crotonese dop biologico, clementine e melagrana.

Platealmente a suo agio sui temi culturali, colturali e tecnici delle produzioni, delle trasformazioni e delle sperimentazioni in agricoltura, insieme al dirigente Madera, al direttore dell’azienda agricola del Majorana Francesco Filippelli ed al comunicatore dell’Istituto Lenin Montesanto, Gratteri si è a lungo soffermato con gli studenti su qualità, proprietà e declinazioni delle produzioni autentiche, identitarie e distintive dei territori, ritornando e rafforzando il suo monito iniziale sull’utilità della formazione tecnica di agrario, alberghiero ed industriale: «seguite bene – ha scandito – i vostri docenti, scoprite e rubate anche ciò che forse non vi trasmettono, superateli e impegnatevi perché a differenza dei vostri colleghi di altre scuole con altri indirizzi, voi – ha concluso Gratteri – non sarete mantenuti dai vostri genitori al termine degli studi». (rcs)

Nicola Gratteri cittadino onorario di Portigliola

di ARISTIDE BAVAIl piccolo comune di Portigliola ha vissuto una straordinaria giornata con la presenza del neo Procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri, originario della vicina Gerace, al quale è stata attribuita la cittadinanza onoraria in occasione, anche, della inaugurazione di un campetto di calcio segno di aggregazione sociale e input per ribadire la presenza dello Stato e la voglia di legalità.

È stata una festa di popolo. I commissari straordinari del Comune di Portigliola Luigi Guerrieri, Giovanni Todini e Francesco Greco con la collaborazione diretta del funzionario prefettizio Sandro Borruto, hanno fatto le cose in grande per suggellare una giornata storica per il piccolo centro interno della provincia Reggina dove è stata data, appunto,  la cittadinanza onoraria a Nicola Gratteri, figlio della Locride. Una giornata fatta coincidere, come si diceva, con la inaugurazione di un campetto di calcio che è subito diventato punto di ritrovo dei bambini, molti dei quali si sono stretti attorno a Gratteri che di buon grado si è prestato ad una serie di fotografie profondamente colpito dall’interesse che ha riscontrato.

Alla manifestazione hanno partecipato il Prefetto Massimo Mariani, il sottosegretario Wanda Ferro, l’assessore regionale Giovanni Calabrese, tanti rappresentanti delle forze dell’ordine, vari sindaci e amministratori del territorio, oltre a politici e rappresentanti istituzionali. Tutti per applaudire  la consegna della pergamena che portava la motivazione «per il suo costante impegno nella lotta contro la criminalità organizzata in difesa della convivenza civile e delle libertà democratiche».

E i vari interventi che si sono susseguiti, prima e dopo la ufficializzazione della cittadinanza onoraria a Gratteri, hanno ruotato sulla “legalità” e non a caso il dott. Guerrieri a chiusura della importante manifestazione ha voluto evidenziare a gran voce rivolgendosi a Gratteri  «noi siamo lo Stato; la legalità si afferma in questo momento. Adesso, qui, con la sua presenza in questo paese». Una giornata significativa, dunque, per Portigliola, ma anche per tutta la Locride, durante la quale lo stesso Nicola Gratteri non ha mancato di esprimere le sue considerazioni sullo stato della giustizia, sulla politica e sulla stessa criminalità organizzata, evidenziando a gran voce che continuerà la sua battaglia, anche con molti  incontri già programmati nelle scuole o nelle dirette televisive per stimolare e indirizzare i giovani sul cammino della legalità.

A margine del conferimento della cittadinanza onoraria nel Comune di Portigliola al Procuratore Nicola Gratteri, lo abbiamo sentito, a microfoni spenti, per chiedergli le sue impressioni. 

Cosa significa per Lei, sul piano personale, ricevere la cittadinanza onoraria qui a Portigliola, nel cuore della Locride, sua terra natale?

«Sono cose che fanno bene al cuore. Conosco questo paese dove ci sono tanti amici; conosco questa terra. Ho contribuito, nel mio piccolo a rendere più vivibile questo territorio quando sono stato sostituto Procuratore a Locri e poi procuratore aggiunto a Reggio Calabria prima di prendere servizio a Catanzaro. È stato bello venire quì. La cosa che più mi è piaciuta, dico la verità. è l’inaugurazione di questo campetto. Il fatto che abbiano avuto l’idea, la sensibilità, l’intelligenza di mettere a nuovo questo campetto è molto bello. Vedo bambini che già giocano a pallone e proprio partendo dal pallone, che è uno sport che aggrega, io penso che questo paese possa ripartire. Questa commissione ha fatto tanto. Ho visto anche nelle campagne e nelle contrade  strade asfaltate, ho visto il decoro urbano; ho visto il paese pulito; significa che c’è molta attenzione. Io mi auguro che la prossima amministrazione eletta possa proseguire nel solco della legalità e della buona amministrazione«.

Che aria tira a Napoli ? Come si trova? 

«È un posto molto impegnativo. È una Procura quattro volte più grande di quella di Catanzaro. Ciononostante riesco a rapportarmi con migliaia di rappresentanti delle forze dell’ordine. Io entro in Procura la mattina poco dopo le ore 8 ed esco la sera tra le 21 e le 22. Quasi sempre  pranzo anche in ufficio. Il lavoro è molto impegnativo; c’è grande tensione ed è necessaria molta attenzione, ma incomincio anche ad avere le prime soddisfazioni. Sto cercando di portare  la mia esperienza, le mie idee , il mio metodo di lavoro anche in una grande città come Napoli e spero di avere buoni risultati». (ab)

 

Domani Confcommercio Calabria Centrale incontra e saluta il Procuratore Gratteri

Domani pomeriggio, a Crotone, alle 15.30, nella sede di Confcommercio, è in programma l’incontro dal titolo Percorsi culturali tra passato e futuro: incontriamo il procuratore Nicola Gratteri, organizzato da Confcommercio Calabria Centrale.

Alle ore 15 e 30 nella sede di Confcommercio Crotone, via Carrara 6, si terrà la conferenza stampa relativa alla presentazione della prima borsa di studio Dodò Gabriele. Interverranno il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, i genitori di Dodò Gabriele, vittima innocente di ‘ndrangheta ucciso a soli 11 anni, Giovanni e Francesca Gabriele, il presidente di Confcommercio Calabria Centrale nonché presidente Cciaa Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia Pietro Falbo, il direttore Confcommercio Calabria Centrale Giovanni Ferrarelli, il presidente di Confcommercio Crotone Antonio Casillo, la presidente dell’associazione Mutamenti Patrizia Pagliuso, il provveditore agli Studi Luciano Greco.

Alle 16, al Cinema Teatro Apollo, Gratteri converserà con il giornalista e direttore di Esperia Tv Salvatore Audia e risponderà alle domande degli studenti della scuole di Crotone. Ad introdurre l’evento sarà il direttore di Confcommercio Calabria Centrale Giovanni Ferrarelli, seguito dal presidente di Confcommercio Crotone Antonio Casillo e dal presidente di Confcommercio Calabria Centrale nonché presidente Cciaa Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia Pietro Falbo. (rkr)

I presidenti Falbo (Camera Commercio) e Ferrara (Unindustria) incontrano Gratteri

I presidenti della Camera di Commercio di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia e di Unindustria Calabria, rispettivamente Pietro FalboAldo Ferrara, hanno incontrato il procuratore Nicola Gratteri, che il 20 ottobre si insedierà alla Procura di Napoli.

«Insieme al presidente Aldo Ferrara, abbiamo rinnovato i nostri auguri di buon lavoro al procuratore, ringraziandolo del lavoro svolto in questi anni in Calabria» ha dichiarato il presidente dell’ente camerale, Pietro Falbo.

«Una attività che lo ha visto impegnato su più fronti nel contrasto alla criminalità organizzata, ma non solo – ha aggiunto –. La sua azione è stata anche diretta a favorire un cambio di percezione dei fenomeni criminali, in alcuni contesti territoriali talmente endemici da assurgere quasi a modello sociale. Gli incontri con i cittadini e con gli studenti, sempre molto partecipati, hanno consentito di tracciare una via nuova, di riscatto per questa terra ponendo in germe il seme della cultura della legalità».

Nel corso della visita il presidente della Camera di Commercio e il presidente di Unindustria hanno, inoltre, incontrato il procuratore aggiunto, Vincenzo Capomolla che, in veste di vicario, continuerà a reggere la Procura di Catanzaro fino alla nomina del nuovo capo degli uffici. (rcz)

Il Procuratore Gratteri: Calabria può competere a livello nazionale con agricoltura bio e beni culturali

Sono due gli “ingredienti” che, per il Procuratore Nicola Gratteri, possono permettere alla Calabria di «riposizionarsi e competere finalmente su scala nazionale ed internazionale». Si tratta dell’agricoltura biologica la cui «qualità dell’esperienza agroalimentare ed enogastronomica sulla quale siamo difficilmente imitabili» e i suoi beni culturali, architettonici, archeologici, identitari e distintivi «che questa terra eredita ma che molto spesso sono abbandonati, sconosciuti o, peggio, imbruttiti dai pessimi restauri intervenuti».

Non ci sono dubbi per Gratteri, intervistato nei giorni scorsi ad Altomonte dal comunicatore Lenin Montesanto nell’ambito della Gran Festa del Pane promossa dall’Amministrazione Comunale insieme all’Agrichef Enzo Barbieri: «questa è la strada, altrimenti non si cresce».

«Cosa serve per far fare questo giro di boa alla capacità naturale di promuoversi diversamente ad un turismo più intelligente? – ha chiesto –. Di sicuro non servono ben tre Facoltà di Giurisprudenza che sfornano soltanto patenti mensili di emigrazione di cervelli e reddito altrove. Serve semmai qui una Facoltà di Turismo in cui insegnare ai nostri giovani aspiranti imprenditori non a chiudere battenti a fine agosto, ma la professione dell’accoglienza 365 giorni l’anno, valorizzando strategicamente la propria identità».

«Perché è soltanto così e non con i prezzi che ci si può distinguere – ha sottolineato – né sprecando risorse pubbliche senza alcuna misurazione in costosissime iniziative spot o di solo intrattenimento. Lo dico da esperto agricoltore infiltrato in magistratura: non possiamo non fare agricoltura biologica così come non possiamo non rispettare i cicli della natura non frenando l’invecchiamento del Pianeta, perché sarebbe come non rispettare l’altro. Ed in questa direzione in Calabria c’è ancora molto, ma molto da fare, non siamo neppure a metà del percorso».

Insieme allo chef Barbieri sono intervenuti anche il Vescovo della diocesi di Cassano allo Ionio Francesco Savino, Don Francesco Faillace (Responsabile Cappellani Case circondariali della Calabria), il sindaco Giampiero Coppola, e il Prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramella.

«Purtroppo – è stato questo il ragionamento proseguito dal Procuratore incalzato da Montesanto che ha ricordato contenuti e temi rilanciati proprio con la partecipazione pionieristica 16 anni fa dello stesso Gratteri ai Caffè Filosofici itineranti di Otto Torri sullo Jonio – questa visione, questa prospettiva e questa capacità di programmazione, anche ma non soltanto nel turismo, è spesso assente perché nella pubblica amministrazione si annida tantissimo analfabetismo che la impantana».

Come arginare la fuga dei cervelli?

«Serve in Calabria sicuramente maggiore offerta formativa – ha sottolineato Gratteri – altrimenti i laureati di questa terra non si inseriranno mai ed al loro posto prevarranno sempre figli della ‘ndrangheta, della massoneria deviata o del malaffare. I decenni passati non sono trascorsi invano».

«La Calabria – ha scandito – è cambiata molto e sempre per restare nel campo dello sviluppo agricolo è nata una filiera della trasformazione agricola prima del tutto assente. Resta forse la rabbia perché si poteva fare di più. Tuttavia abbiamo liberato tanti spazi e non basta – ha ribadito più volte il Procuratore parlando ai giovani – essere solo cittadini onesti, bisogna occupare e saper occupare quegli spazi».

Prima dell’intervista che per oltre un’ora ha tenuto inchiodato il pubblico seduto ed in piedi, accolto da una partecipazione straordinaria e da numerose scuole in Piazza Tommaso Campanella ai piedi della Chiesa di Santa Maria della Consolazione, evento clou dell’intera tre giorni dedicata al pane il Procuratore Gratteri, è stato accompagnato nei vicoli del borgo di Altomonte dal sindaco Coppola e dall’Agrichef Barbieri ad impastare e ad infornare i Pani della Legalità insieme ad un gruppo di ristretti della Casa Circondariale di Castrovillari, in collaborazione con gli allievi dell’Istituto Superiore Filangieri di Trebisacce.

«Anche io all’età di 6 anni – ha ricordato poi il Procuratore nel corso della sua conversazione con Lenin Montesanto, elogiando l’iniziativa dei Pani della Legalità e ringraziando Enzo Barbieri per lo speciale invito – impastavo con i miei e ricordo benissimo – ha sottolineato, invitando a riflettere su questa chiave di lettura di quella che è la vera emergenza culturale, pedagogica, sanitaria ed economica delle nostre società occidentali – che quel pane, che mangiavamo anche con la muffa, durava quasi un mese, mentre i panini di oggi, dopo 24 ore, sono altra cosa».

L’OPINIONE / Giacomo Saccomanno: Gratteri va a Napoli lasciando un vuoto incolmabile in Calabria

di GIACOMO SACCOMANNO – È stato il punto di riferimento di tutte le persone per bene ed oneste che cercavano giustizia. La sala di attesa del suo ufficio di Catanzaro era sempre stracolma di persone che si rivolgevano a Nicola Gratteri per avere quelle risposte che tante altre Procure spesso non sono riuscite a dare.

Ma, quello che colpiva maggiormente era la sua disponibilità all’ascolto, al confronto ed al conforto per le tante persone che avevano subito angherie, prepotenze, violenze, mortificazioni, estorsioni, omicidi e tanti condizionamenti rispetto ad una possibile vita normale. Gratteri era diventata l’ultima ancora, l’ultima luce per cercare di riprendersi quella dignità spesso calpestata per l’assenza dello Stato. E pur dinnanzi a tanto lavoro vi era sempre la disponibilità all’ascolto.

Alla gente, a volte, era sufficiente questo: poter raccontare la sua storia, le sue mortificazioni, per avere un punto di riferimento, di ascolto e di conforto. Ed allora dinnanzi a tale disponibilità le persone sono diventate tante, anzi tantissime: chi aveva tenuto dentro momenti difficili, drammatici trovava la forza di parlare! Gratteri dava la forza di sentirsi protetti e lo faceva con grande passione: ogni storia, ogni racconto era importante. Un pezzo della travagliata Calabria che poteva contribuire a costruire la mentalità mafiosa oppure a spingere le indagini verso una parte rispetto all’altra. E poi l’organizzazione dell’Ufficio di Procura: una macchina quasi perfetta che consentiva a tutti di lavorare con serenità e dare il massimo per le indagini in corso.

Qualcuno lo ha criticato per non aver, le indagini, raggiunto il massimo delle condanne: si tratta di persone che non conoscono le norme e che, spesso, affermano ciò in modo tendenzioso. Il PM deve procedere all’acquisizione della prova dinnanzi ad una ipotesi ed a indizi rilevanti di possibile reato ed in tale direzione chiede la emissione delle misure ritenute più idonee. Sarà poi il Giudice a decidere se concedere o meno tale misura. Poi sarà il dibattimento a dimostrare se si raggiunge o meno la prova piena e nel contraddittorio delle parti. E naturalmente nei processi di ‘ndrangheta è molto difficile scardinare il vincolo dell’affiliazione e familiare.

Eppure, Nicola Gratteri è riuscito a coinvolgere decine di pentiti! Peccato che ora andrà a Napoli e che la Calabria perde un punto di riferimento forte, importante e sempre disponibile. Questa amarezza, però non può esimerci dal congratularci con il Procuratore Gratteri per un riconoscimento molto importante e che suggella la sua prestigiosa carriera. A Nicola Gratteri, quindi, gli auguri più sentiti delle persone per bene che son sicure che raggiungerà anche nella difficile Procura di Napoli i successi calabresi e meritati. (gs)

[Giacomo Saccomanno è commissario regionale della Lega]

Nicola Gratteri stravince. E’ lui il nuovo Procuratore della Repubblica a Napoli

di PINO NANO – Il dibattito in Consiglio Superiore della Magistratura si è concluso poco prima delle ore 14, ma già dai primi interventi iniziali si capiva che il vincitore di questa sfida istituzionale per la designazione del nuovo Capo della Procura della Repubblica più grande d’Italia sarebbe stato lui, Nicola Gratteri, attuale Procuratore della Repubblica di Catanzaro.

Una partita per niente scontata per lui, e che a tratti di questo percorso tortuoso sembrava anche vederlo perdente. Ma alla fine ha vinto lui e la sua storia. Ma non poteva essere altrimenti. Se non lo avessero eletto, ne avrebbero fatto un martire, riproponendo al Paese la storia di Giovanni Falcone. Con lui questa volta ha vinto il buon senso di Stato, e soprattutto è prevalsa la tesi più ricorrente all’interno di Palazzo dei Marescialli, che lo vuole un simbolo importante della storia antimafia d’Italia.

Che dire oggi del Nuovo Procuratore della Repubblica di Napoli?
Che ha il carattere peggiore che si possa avere. Caparbio, ostinato, testardo, cocciuto, insistente, irremovibile, inflessibile, irriducibile, costante, puntiglioso, duro, incaponito, fissato, a volte anche scontroso e irritante. Ma l’uomo ha una dote rara e unica, che è la modestia. Questo lo mette nelle condizioni ideali per discutere di qualunque cosa e con chiunque. Gli consente di ricevere chiunque bussi alla sua porta, soprattutto i più deboli e i più soli, e di ascoltarli come se non esistesse nulla di più importante al mondo.
Modestia e determinazione, insieme. Ma è proprio questa sua straordinaria capacità dell’ascolto, che fa oggi di Gratteri in Italia un’icona popolare.

Amato, platealmente amato e ammirato, pubblicamente osannato e invidiato, guardato con rispetto quasi sacro da intere generazioni di giuristi, giudicato e moltissime volte anche contestato, ma considerato dalla folla anonima delle nostre città quasi un fratello più grande, additato e giudicato dai filosofi contemporanei come il vero grande innovatore del processo penale in Italia.

L’altra grande dote, che ha contribuito a fare di lui oggi un’icona popolare, è il coraggio straordinario delle sue idee, e questo senso della libertà personale che Gratteri non nasconde mai, anzi che sbandiera e racconta dovunque egli vada, questa fede assoluta nel diritto, questo suo vangelo personale che predica da quando era ancora studente in legge all’Università di Catania, questa sua sfrontata capacità di contraddire i potenti, e di mettere in berlina il “sistema politico”, sbattendo in faccia le mille porte che gli si sono aperte in questi anni e dietro le quali, coccolato e ricoperto di mille lusinghe, aveva probabilmente intravisto o subodorato lo spettro dell’inganno.

Gratteri – gli va riconosciuto – ha un carisma che gli permette licenze mai consentite o mai permesse prima d’ora a nessun altro. È il caso della denuncia pesantissima che un anno fa lo vide protagonista assoluto sui grandi giornali italiani contro il mondo dell’informazione.

«La mafia -si lascia sfuggire Gratteri- ha deciso di investire i suoi enormi capitali anche nell’acquisizione di quote societarie dei grandi circuiti televisivi, dei grandi network privati, dei giornali e delle tv più influenti del Paese». Come dire? La mafia ha deciso di controllare e condizionare anche le coscienze popolari di un Paese civile come il nostro. Ma sarebbe la morte della democrazia.
Ma è proprio dei mesi scorsi un’altra denuncia coraggiosissima, questa volta diretta da lui contro i vertici della burocrazia regionale in Calabria.

«La mafia? Attenti a non sottovalutare il mondo dei grandi burocrati regionali, perché la mafia – tuona Gratteri – è una piovra che ha assediato anche il cuore vero del potere amministrativo regionale».

La mafia, insomma, ci spiega Gratteri, non è più fatta di coppole e lupara come per anni si è immaginato questo fenomeno, ma questa volta è sostanzialmente caratterizzata dalla presenza e dalla volontà di manager e burocrati pubblici di alto lignaggio.

Analisi, denunce e verità pesantissime, a cui però nessuno ha mai trovato il tempo e il coraggio di rispondere o di controbattere.

Questo non fa che accrescere sempre di più il suo carisma e la sua autorità morale. Ma questo fa di lui anche una sorta di profeta laico, di maestro di vita, di saggio del paese, un uomo a cui affideresti senza nessun dubbio ogni problema di sorta della tua vita, qualunque sia il risultato finale.

Questo ed altro ancora è il nuovo Procuratore della Repubblica di Napoli. Ma di lui sentiremo ancora parlare negli anni che verranno. (pn)