di PINO NANO – Commovente, solenne, avvolgente, quasi intima la cerimonia che Papa Francesco dedica a Luigi Carnevale e alla sua famiglia nel giorno del commiato definitivo dell’alto funzionario della Polizia di Stato dai Palazzi Vaticani.
Per quattro lunghi anni Luigi Carnevale è stato in realtà l’ombra fedelissima del Papa nei suoi spostamenti fuori dalle mura e in giro per l’Italia. Capo Responsabile riservatissimo e sofisticato dei massimi apparati di sicurezza del Ministero dell’Interno in Vaticano, Luigi Carnevale è stato per Papa Francesco l’ombra fedelissima di questi anni, una sorta di angelo custode perenne, un body-gard personale con cui Papa Francesco ha anche legato un rapporto di grande afflato e di grande complicità.
Un superpoliziotto al servizio della Chiesa, a difesa del Pontefice, e soprattutto alla guida di un team di poliziotti e agenti speciali di altissimo profilo professionale, alla stregua dei marines americani o forse anche di più. E nel corso di questo saluto di commiato, il Papa ha voluto rendere onore non solo a questo “Uomo di Stato” che ha origini calabresi, ma a tutta la sua famiglia, alla moglie e ai suoi due figli, famiglia che più di tutti forse ha pagato lo scotto di avere un padre e un marito al servizio del Pontefice.
Da domani Luigi Carnevale non sarà più in Vaticano, da qui lo hanno mandato a guidare un altro Nucleo speciale della Polizia di Stato, questa volta nei palazzi della Repubblica, a Palazzo Madama, Sede del Senato della Repubblica, incarico anche questo di massima attenzione istituzionale. Dalla padella alla brace, in Vaticano il Papa, al Senato della Repubblica invece il Presidente del Senato che è la seconda carica dello Stato e i duecento senatori che vivono il Palazzo. Per questa Eccellenza tutta italiana una carriera di prima grandezza, ma forse soprattutto un Natale finalmente di riposo, e in Calabria, dopo quattro lunghi anni al servizio della Chiesa. (pn)
Per la Calabria e i calabresioggi a Roma sarà una giornata solenne e di grande festa. Dopo quattro anni al Comando dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Vaticano, praticamente il capo degli angeli custodi di Papa Francesco sul territorio italiano, il dirigente generale della Polizia di Stato Luigi Carnevale, nato e cresciuto tra Squillace e Catanzaro, trasloca sull’altra sponda del Tevere per assumere il Comando dell’Ispettorato della Polizia presso il Senato della Repubblica. Sarà per lui un incarico di altissimo profilo istituzionale, che vede ancora una volta ai vertici dello Stato uno dei tanti figli di Calabria in giro per il mondo.
Luigi Carnevale viene considerato al Viminale come uno degli uomini della Polizia di Stato più capaci e più affidabili del sistema della Sicurezza Nazionale di questi anni del nostro Paese, un curriculum il suo tra i migliori del suo settore, e che da domani lo vedrà alla guida diuno dei settori strategici più delicati della politica nazionale, a Palazzo madama, alle dipendenze dirette del Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato.
Ma c’è di più in questa straordinaria storia di calabresità, Luigi Carnevale infatti al Senato prende il posto di un altro ex ragazzo di Calabria, Carmine Belfiore, che da domani diventa di fatto nuovo Questore di Roma, una staffetta tra mastini d’eccellenza, e che fa onore alla terra di origine di entrambi, rossanese Belfiore, catanzarese Carnevale.
Luigi Carnevale è stato per quattro anni l’ombra segreta del Papa, tra i responsabili più discreti ma sempre presenti della sua protezione personale e, soprattutto, Responsabile della vigilanza della Santa Sede per quanto compete alle autorità italiane.Le cronache Vaticane riferiscono che Luigi Carnevale aveva vegliato sulla protezione del Pontefice anche nel corso del ricovero dell’estate dello scorso anno al Policlinico Gemelli dove l’angelo custode di Papa Francesco aveva organizzato un dispositivo di 25 agenti speciali che vigilassero sul Pontefice, pur assecondando il desiderio di papa Francesco di arrivare al Gemelli senza scorta.
Nel corso di questi ultimi quattro anni Luigi Carnevale haseguito il Pontefice in tutti i suoi viaggi sul territorio nazionale effettuati durante il suo mandato, ultimo quello ad Asti in visita ai parenti del 20 novembre scorso, una storia la loro che nessuno racconterà mai per via del patto di ferro che i due vecchi amici hanno sottoscritto tra di loro in nome della riservatezza assoluta. Ma queste sono le regole basilari della vita e della storia del Vaticano.
Prima di assumere l’incarico presso l’Ispettorato vaticano Luigi Carnevale ricordiamo era già stato Direttore del Servizio Polizia Scientifica presso la Direzione Centrale Anticrimine, insomma una esperienza la sua di grandissima responsabilità e peso specifico nella lotta alle grandi organizzazione criminali del Paese. Ma per via del suo ruolo strategico in Vaticano in quattro lunghi anni di lavoro l’uomo ha avuto modo di diventare una vera e propria leggenda anche all’estero, per via dei mille rapporti istituzionali tenuti con i vertici della sicurezza di tutti i Capi di Stato arrivati in questi anni in Piazza San Pietro.(pn)
Al nuovo Reponsabile della Polizia di Stato al Senato della Repubblica gli auguri di Calabria.Live.
Scholas, la proposta educativa di Papa Francesco, già presente in 190 Paesi e con una rete che comprende 446.133 scuole, è arrivata per la prima volta a Catanzaro con un programma di attività svoltosi all’Università degli Studi Magna Graecia, coinvolgendo studenti provenienti dal corso di studi di Medicina per promuovere un “Nuovo Umanesimo della Salute”.
L’iniziativa è stata promossa dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Mater Domini” e dal Ministero della Salute.
“Il progetto “Per Stare Insieme” – ha spiegato il direttore mondiale di Scholas Josè Maria del Corral – nasce durante la pandemia, da un’iniziativa su base volontaria di giovani adolescenti di Scholas provenienti da diverse parti del mondo. Cerca di alleviare gli effetti emotivi e cognitivi negativi che l’isolamento comporta, soprattutto nella popolazione più vulnerabile al Covid-19: gli anziani. Il Papa insiste che l’aula deve essere interculturale e intergenerazionale. Giovani, bambini, anziani, devono tornare ad incontrarsi in uno spazio educativo perché il passato ed il futuro possano tenere un miglior presente.”
Il progetto si articola in esperienze educative sia presenziali che virtuali, tra giovani ed anziani-pazienti negli ospedali e nelle case di cura, al fine di generare incontri intergenerazionali.
I giovani studenti partecipanti, accompagnati dal team internazionale di Scholas, hanno vissuto esperienze educative presenziali e virtuali insieme, rivitalizzando storie e scrivendone di nuove che aiutino a raccontarsi, conoscere se stessi e gli altri.
In questo quadro, Scholas, l’Università degli Studi Magna Graecia, l’’Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini” e Ministero della Salute rispondono alla chiamata di Papa Francesco di “creare la cultura dell’incontro”.
L’esperienza educativa di formazione dei giovani studenti partecipanti ha come obiettivo la loro preparazione all’incontro con gli anziani-ospedalizzati risvegliando quello sguardo sensibile in grado di de-strutturare un approccio carico di pregiudizi nei confronti della terza età. Ciò è avvenuto attraverso i linguaggi pedagogici cardine della metodologia di Scholas: il teatro, in primis, inteso come attività immersiva che coinvolge tutto il corpo, ed il pensiero poetico, profondo, che si interroga sulle domande, più che sulle risposte.
«Sono felice – ha affermato il commissario della A.O.U. “Materdomini”, Vincenzo La Regina – che da Catanzaro sia partito un nuovo percorso, un modello innovativo da condividere anche con le altre università per realizzare un Umanesimo della salute e rimettere al centro l’uomo e ridare dignità alle persone».
Il progetto è stato seguito con attenzione anche dal direttore sanitario della Azienda Ospedaliera, Caterina De Filippo, e dal direttore amministrativo, Francesco Marchitelli.
«Un’esperienza da condividere – ha commentato il rettore dell’Università Magna Graecia, Giovambattista De Sarro – che serve a cambiare mentalità nel rapporto interpersonale in ambito sanitario. E’ stata un’opportunità preziosa per i nostri studenti».
«Abbiamo accolto questa proposta con entusiasmo – ha sottolineato il presidente della scuola di Medicina e Chirurgia dell’Umg, Agostino Gnasso – Si tratta di rendere più umana la nostra professione, un tema spesso sottovalutato nel programma di studi, e avvicinare i ragazzi alle categorie più deboli che sono coloro che hanno maggiormente bisogno della nostra opera».
Nella giornata conclusiva è intervenuto anche Paolo Petralia, direttore generale ASL4 chiavarese del SSR Ligure e vice presidente Federazione Italiana aziende sanitarie e ospedaliere: “Questo è il cammino per rendere il medico e il paziente capaci di instaurare un rapporto che prima che di cura sia di prendersi cura”.
Inoltre, l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Claudio Maniago, ha seguito e accompagnato il progetto educativo , esprimendo la sua vicinanza: «Un’iniziativa da lodare e da diffondere. Una grande sensibilità quella dimostrata dal Policlinico e dall’Università. Come si è espresso Papa Francesco, occorre proporre un nuovo Umanesimo, dove ci sia un contesto sempre più inclusivo, anche per i malati. Tutto ciò può portare le solide fondamenta per creare un mondo nuovo di pace».
Grande entusiasmo da parte dei giovani partecipanti che hanno dichiarato: «Siamo stati arricchiti culturalmente e spiritualmente. Abbiamo condiviso, ascoltato e nutrito le nostre anime. Siamo stati travolti da un’onda che vogliamo continuare ad alimentare e a trasmettere nelle nostre vite, personali e professionali». (rcz)
di GIANNI PAPASSO – Sono trascorsi otto anni da quel 21 giugno 2014 in cui la Città di Cassano All’Ionio ha ricevuto l’onore ed il privilegio della venuta di Papa Francesco. Nonostante il tempo trascorso negli occhi e nel cuore di tutti sono ancora vive le immagini e le emozioni di quella giornata particolare ed irripetibile, che resterà incisa in maniera indelebile nella storia di Cassano All’Ionio e della Calabria intera.
In quel giorno particolare la gioia ha illuminato gli occhi di ogni singolo cittadino mentre le strade di Cassano e la spianata di Sibari erano stracolme di gente venuta da ogni luogo. In particolare, ciò che maggiormente è rimasto scolpito nella memoria collettiva è stata la commossa compostezza della folla. Tutto si è svolto, infatti, nella più assoluta tranquillità; nessun evento negativo ha turbato lo svolgersi di quella giornata tanto particolare.
È innegabile che la visita di Papa Francesco a Cassano All’Ionio, il suo benevole sorriso e, soprattutto, le sue parole hanno acceso una luce di nuova speranza nel cuore di tutti e il 21 giugno 2014 segna la data di inizio di un cambiamento di cui questa terra aveva estremo ed urgente bisogno. Le parole di condanna alla mafia ed alla criminalità organizzata, pronunciate da Papa Francesco nella spianata di Sibari, hanno avuto una forte eco nelle coscienze dei calabresi e del mondo intero ed hanno rafforzato l’animo di noi amministratori, che ci sentiamo più motivati a lavorare per costruire una società migliore, più giusta, eguale, solidale e, principalmente, libera dalla violenza, dalla prevaricazione e dalla prepotenza di coloro che condizionano la vita degli onesti ed il futuro di questa terra di rara bellezza.
Dopo quella giornata ci siamo sentiti più predisposti a “proteggere la casa comune”, a custodire il bellissimo paesaggio naturale, che il Creatore ha voluto disegnare in questo lembo di terra di Calabria e a lavorare rivolgendo lo sguardo, principalmente, ai bisogni degli ultimi e degli emarginati. Quella giornata è stata memorabile specialmente per i nostri giovani, nel cui animo è ancora incisa l’esortazione del Santo Padre a “non lasciarsi rubare la speranza”: quelle parole continueranno ad illuminare il loro cammino per gli anni a venire e li accompagneranno nella costruzione del futuro. Prima dell’insorgere dell’emergenza da coronavirus, la nostra Amministrazione, il 21 giugno di ogni anno, ha celebrato la speciale ricorrenza organizzando un evento di alto spessore culturale.
Quest’anno riprendiamo la tradizione con il Concerto di musica classica che vedrà protagonista, nel Teatro Comunale, la giovane Pianista di Cassano All’Ionio Veronica Rango. L’evento sarà utile a celebrare degnamente l’anniversario della venuta del Papa e, contemporaneamente, a dare rilievo ed a promuovere le doti artistiche di una giovane figlia di Cassano All’Ionio; un’eccellenza nel campo della musica che, anche fuori dai confini comunali, sta facendo conoscere il volto bello della nostra città, ricca non solo di beni culturali e naturali ma anche di risorse umane e di giovani talenti. (gp)
Domani, a margine della consueta udienza in Vaticano, Papa Francesco benedirà le corone della Madonna della Consolazione, Patrona di Reggio Calabria.
Lo ha reso noto Avvenire di Calabria, spiegando che saranno presenti l’Arcivescovo di Reggio, mons. Fortunato Morrone, assieme alla delegazione dei Frati Cappuccini, guidata dal Padre Provinciale padre Pietro Ammendola, alla delegazione dei portatori della Vara e al parroco della Cattedrale, che consegneranno le corone al Santo Padre per la benedizione, in occasione del Centenario della prima incoronazione del quadro della Madonna della Consolazione. (rrm)
di PAPA FRANCESCO – In occasione dell’VIII Centenario della fondazione di codesta Cattedrale, desidero unirmi spiritualmente alla comunità diocesana di Cosenza – Bisignano, che rende grazie al Signore per gli innumerevoli benefici ricevuti nel corso della sua lunga storia di fede. Un deferente pensiero rivolgo alle Autorità e a quanti prendono parte alle iniziative evocative di un evento così significativo per la Città.
Fiera del tesoro d’arte e di storia che possiede nella sua antica Cattedrale, Cosenza rende grazie a Dio per il bene che dal Tempio si è irradiato nel corso dei secoli e si sente al tempo stesso incoraggiata a rinnovare, a partire dal centro propulsore della vita diocesana, il desiderio della missione e della testimonianza di Gesù all’uomo di oggi, in ogni ambiente in cui vive, con un’attenzione particolare per le periferie esistenziali. In questa prospettiva, auspico che sempre più numerosi giovani si pongano al servizio del Vangelo, per offrire a tanti l’opportunità di scoprire in Cristo le risposte a cui anela il loro cuore.
«Ci sazieremo dei beni della tua casa, della santità del tuo tempio» (cfr Sal 65,5). Questa frase del salmista evidenzia il sentimento che affiora nella comunità cristiana quando si raduna per celebrare i misteri del Signore, corroborando, attraverso la lode e la fraternità, la propria identità di famiglia di Dio. Le strutture esteriori servono a far rivivere la memoria e la comunione, e a manifestare lo splendore di quell’edificio spirituale innalzato sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, che ha come «pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù», nel quale «tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore» (Ef 2,20-21). Per questo lungo i secoli il popolo santo di Dio si è sempre impegnato a far risplendere di magnificenza il luogo dell’incontro con il suo Signore, abbellendolo di opere d’arte ed arricchendolo di ornamenti preziosi: esso, infatti, deve manifestare agli uomini le insondabili ricchezze della Misericordia Divina e le meraviglie che Egli continua a operare tra gli uomini.
È quanto emerge anche dalla storia di codesta Cattedrale, le cui origini risalgono alla metà dell’XI secolo. Tuttavia, il 9 giugno 1184 un disastroso terremoto che colpì Cosenza e la sua provincia, provocò il crollo della chiesa, sotto le cui macerie finirono l’arcivescovo Ruffo e numerosi fedeli. La ricostruzione fu lenta e nel 1222, alla presenza dell’Imperatore Federico II, il Duomo venne solennemente consacrato. Il nuovo edificio sacro conobbe successivi interventi, suggeriti via via da esigenze diverse, anche a carattere liturgico o devozionale, fino alla fine del XIX secolo, quando furono portate alla luce le strutture della primitiva chiesa.
Auspico che la straordinaria sintesi di fede e di vita che traspare dalla storia e dalla bellezza dell’edificio, ravvivi in quanti lo frequentano e lo visitano il desiderio di Dio, il legame con le proprie radici e la coesione tra i membri della comunità.
Le varie iniziative liturgiche, caritative e culturali realizzate in vista delle celebrazioni giubilari sono proprio volte a favorire un cammino di crescita nella condivisione, predisponendo a vivere l’evento del 30 gennaio 2022 come occasione propizia per rendere grazie al Signore dei doni di cui l’Arcidiocesi è stata arricchita nel corso dei secoli.
Possiate tutti insieme, Vescovo, sacerdoti, consacrati e fedeli laici, sentirvi incoraggiati nell’impegno di diffondere nella società, con mitezza e audacia, il fermento dell’annuncio evangelico. In questa prospettiva, considerando che Cosenza è sede di un importante Ateneo, invito anche a prendere sempre più coscienza del valore della pastorale universitaria e della necessaria alleanza tra evangelizzazione e cultura, affinché da tale sinergia scaturiscano itinerari educativi che favoriscano il bene comune, la promozione della giustizia sociale e della legalità, a dignità della persona umana.
Vi accompagni nel cammino la Vergine Maria Assunta in Cielo, a cui è dedicata la Cattedrale. Seguendola fedelmente ed imitandone l’esempio, potrete diventare tessere splendenti del mosaico d’amore del Padre, testimoniando la bellezza di vivere il Vangelo. Con tali sentimenti, imparto la mia Benedizione, a tutti chiedendo di pregare per me. (f)
È stato consegnato all’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone, il pallio da Papa Francesco, in occasione delle celebrazioni Eucaristica dei Santi Pietro e Paolo.
Il pallio, (derivato dal latino pallium, mantello di lana) «è costituito da una striscia di stoffa di lana bianca avvolta sulle spalle. Rappresenta – per la sua forma e materiali – l’agnello portato sulle spalle, come simbolo del vescovo in quanto Buon Pastore (le due strisce terminali di seta nera simboleggiano gli zoccoli della pecora), e insieme l’agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità perduta; questo spiega anche l’uso della lana e delle sei croci decorative trapassate con gli spilloni (simbolo dei tre chiodi della croce di Cristo), è stato semplicemente consegnato e non imposto».
Il Pallio, infatti, sarà imposto nella rispettiva sede metropolitana, in modo da dare la possibilità ai fedeli di partecipare a questo importante rito, «che sottolinea la relazione di comunione tra il Santo Padre e i nuovi arcivescovi, sancendo allo stesso tempo un legame con la Chiesa locale».
Nel corso dei secoli, il pallio è divenuto simbolo di un legame speciale con il Papa ed esprime inoltre la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione: «Segno liturgico della comunione che unisce la Sede di Pietro e il suo Successore ai Metropoliti e, per loro tramite, agli altri Vescovi del mondo è il pallio…» (Benedetto XVI).
I due agnelli la cui lana è destinata, nell’anno successivo, alla fattura dei pallii, vengono allevati dai monaci trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. Dal 1644 essi vengono benedetti dall’Abate Generale dei Canonici Regolari Lateranensi nella Basilia sulla Via Nomentana Complesso monumentale di Sant’Agnese fuori le mura nel giorno in cui si fa memoria della santa, il 21 gennaio e poi portati al Papa nel Palazzo Apostolico. Il pallio viene tessuto e cucito dalle suore di clausura del convento romano di Santa Cecilia in Trastevere. (rrm)
di EMILIO ERRIGO – Attenta Gente di Calabria e Calabresi nel Mondo.
Se in Calabria arriva l’amore, quello vero, quello del quale il Santo Padre, parlava alla moltitudine di fedeli raccolti all’Agelus di domenica scorsa 27 giugno a Piazza San Pietro, la vittoria del bene sul male, sarà una certezza.
Perché come spiegava con dovizia di particolari, ai presenti Papa Francesco, la malattia più grande che può portare grandi sofferenze all’umanità non sono il cancro, la pandemia, (io aggiungo) i terremoti, alluvioni, carestie ed altri eventi calamitosi e disastrosi, ma la mancanza di Amore, si l’Amore con la “A” scritta con la lettera maiuscola.
Se in Calabria dovesse arrivare l’Amore di tutti i Calabresi, esistenti al mondo, ci sarebbe da ridere veramente.
Immaginate se la malattia d’Amore, di cui è afflitta l’umanità e soprattutto la Calabria, dovesse di colpo essere guarita in tutto il mondo?
Quanto sarebbe bello, se l’Amore potesse lenire le sofferenze dei poveri ed emarginati, dei criminali di ogni nazione, fermare le guerre e i fabbricanti di armi intelligenti,i produttori e trafficanti di droga, peste dell’umanità.
Ricordo una canzone cara a noi Calabresi, scritta e cantata dal nostro Mino Reitano, Calabria mia, dove nel testo, già lui affermava perché l’aveva capito: Calabria mia, simu malati d’amuri simu malati…
Se in Calabria arriva l’Amore, il bene avrà la meglio sul male che sembra incurabile, che tanti morti e sofferenza ha portato in tantissime famiglie residenti o meno nella Regione Calabria.
Se l’Amore arriva in Calabria, si toglierebbe a tutti ogni motivo per denigrare costantemente gli abitanti di una Regione del Sud, che ha donato alla Patria e all’Italia i suoi figli migliori.
Se arriva l’Amore in Calabria, quello vero predicato da Papa Francesco, non occorrerebbero tanti Uomini e Donne delle Forze di Polizia e Magistrati, per assicurare ordine e sicurezza pubblica, il bene trionferebbe sul male profondo di quella bella Terra e Gente di Calabria.
Io ci credo e ci spero, che il Santo Padre arrivi in Calabria, perché è Lui l’Amore di cui hanno bisogno i figli di Calabria. (e.e.)
(Emilio Errigo è nato in Calabria, Docente universitario e Generale in ausiliaria della Guardia di Finanza)
di EMILIO ERRIGO – Caro Papa Francesco, buongiorno. Sono uno dei tantissimi figli della Madre Terra di Calabria, arruolatosi nel 1977, per servire con disciplina e onore, lo Stato e le sue Istituzioni, (quindi servire la Comunità presente in Italia) nel Corpo della Guardia di Finanza.
Ho rischiato più volte la mia vita in servizio di polizia di sicurezza, e ho visto con i miei occhi rischiare la vita dei miei colleghi di ogni ordine e grado, pur di salvare quella dei migranti in pericolo sul mare. Credo, anche, per questo mio impegno sociale e istituzionale, sono stato insignito della Onorificenza di Commendatore di San Gregorio Magno e Cavaliere di San Silvestro Papa. Le altre ricompense e onorificenze mi sono state conferite nel corso di oltre 40 anni attività di servizio in svolti in Italia e in territorio estero.
Oggi ho sentito il bisogno di scrivere a Lei Santo Padre, la spinta emotiva affonda le radici nella mia origine Meridionale che mi ha consentito di comprendere meglio di altri le sofferenze umane. La Calabria e il profondo Sud Italia, hanno bisogno di una Sua fraterna visita, delle Sue parole, di un segno di conforto e incoraggiamento a non lasciarsi dominare dalla malavita criminale, nella consapevolezza che già in Calabria la “malavita sociale” è una convivenza indistruttibile.
Caro Papa Francesco, venga in Calabria, svegli le coscienze atrofizzate, parli al cuore e alla mente dei politici, agli uomini e donne d’affari e non, ai disoccupati, diversamente abili al lavoro che non c’è, alle Madri che piangono di notte per non farsi scorgere dai figli e dai mariti.
Mi affido a Lei caro e buono Papa Francesco, Lei che rimane l’ultima risorsa umana in cui ancora poter sperare per un presente e futuro migliore e dignitoso per i Giovani Calabresi e le loro disorientate famiglie. (ee)
Papa Francesco è già stato in Calabria nel 2014, visitando la Diocesi di Cassano allo Ionio
[Emilio Errigo è nato in Calabria, docente universitario e Generale in ausiliaria della Guardia di Finanza]
di MARIA MARINO – La Calabria abbandonata a sé stessa, privata di serie e importati infrastrutture da tanto tempo ormai che, a volerle creare adesso, diventa un’impresa quasi irrealizzabile: investimenti e redditi ridotti da tempo ormai a lumicino, nessun intervento serio di recupero o di nuova costruzione nel campo dei trasporti o della viabilità, che deve accontentarsi di residuali risorse per interventi su strutture fatiscenti, desuete e fuori tempo, tanto da considerare un successo il ridurre la distanza tra Reggio Calabria e Cosenza di 30 minuti, a fronte di un tempo di percorrenza comunque estenuante, in un Paese in cui il Ponte di Genova viene ricostruito “rapidamente e senza mai fermarsi neppure in tempi di Coronavirus” in soli 12 mesi!
Con una pseudo autostrada, perennemente in manutenzione e con un tratto di fatto inesistente; una Statale 106 ridotta a brandelli con decine di morti all’anno e una serie di strade e stradette per lo più impercorribili a causa di una pessima, o completamente assente, manutenzione; oltre a una strada ferrata obsoleta, con pochi treni e carrozze fatiscenti e tempi di percorrenza da terzo mondo!
E nessuno se ne preoccupa, nemmeno quando affida fior di finanziamenti alle grandi società, senza pretendere un minimo di cronoprogramma degli interventi previsti, ma accettando supinamente rassicuranti promesse e senza nemmeno la dovuta attenzione ai lavori dichiarati eseguiti, ma mai ultimati.
La Calabria con un tessuto sociale lacerato in molti o quasi in tutti i suoi aspetti: marchiata da tutti come terra di ladri e ‘ndranghetisti, dichiarata irrecuperabile da voci autorevoli, con uno sviluppo economico visto come una chimera e la mancanza del lavoro per giovani bravi, capaci e preparati che si recano altrove per vendere le loro competenze, pur di non accondiscendere a compromessi di sistema, spesso anche immorali ed eticamente scorretti.
La Calabria, dove la politica, lautamente retribuita e accomodata, non sembra preoccuparsi più di tanto, nemmeno ora che, la disoccupazione del Mezzogiorno d’Italia, ha notevolmente inciso sulle decisioni europee per la concessione all’Italia dei miliardi del Recovery Fund: nessuno sembra battersi perché il Governo investa nel Sud parte di quei finanziamenti, nessun progetto concreto per infrastrutture, viabilità, trasporti o servizi che potrebbero rappresentare non solo sviluppo e modernizzazione della Calabria, ma anche e soprattutto servizi al cittadino nell’ottica del miglioramento della qualità della vita dei calabresi.
Anche la giustizia, uguale per tutti, in Calabria sembra essere diventata uguale per alcuni e a pagamento per altri; e la sanità? Un diritto che doveva essere garantito a tutti, ha mostrato nell’organizzazione di sistema il peggio di sé, ingabbiato tra interessi di parte e disorganizzazione, paralizzato da fondi finanziati e sperperati; ma anche da fondi negati, se si prende in considerazione la spesa pro-capite e la si confronta tra le diverse regioni del Paese, risulta, infatti, davvero inaccettabile pensare che la Calabria, commissariata da un decennio, alla fine ripaga alle regioni del Nord milioni di euro all’anno (oltre 4 milioni di euro nel 2018) a causa della migrazione sanitaria.
In tale scenario, l’emergenza sanitaria era prevedibile che in Calabria finisse per assumere aspetti più gravi che altrove, risultando inadeguata anche nelle operazioni di gestione più semplici.
Una terra in cui sembra si faccia a gara a chi è più bravo a gettare fango sull’altro, quasi a portare a casa il trofeo de “il meglio del peggio”, tutto diventa più grave e desolante, assumendo i caratteri di una guerra tra poveri, in cui tutto è in comune ma nulla in comunione.
L’unico che volge il suo sguardo benevolo alla Calabria è Papa Francesco, scegliendo ben tre sacerdoti da elevare a Vescovi in pochissimi anni: il primo qualche anno fa, Mons. Domenico Battaglia, oggi Arcivescovo di Napoli, Diocesi tra le più grandi d’Italia; qualche giorno fa, Don Maurizio Aloise, dell’Arcidiocesi metropolitana Catanzaro-Squillace nominato Arcivescovo di Rossano-Cariati, e don Fortunato Morrone, della Diocesi di Crotone-Santa Severina, nominato Arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova.
La Conferenza Episcopale Calabra, presieduta da Mons. Vincenzo Bertolone, vivendo l’arretratezza della Calabria, le sue miserie e le sue tante contraddizioni, avrà probabilmente riportato nelle stanze vaticane le povertà sociali in cui versa ormai da tempo questa terra, quanto i calabresi si sentano abbandonati al loro destino e la necessità di recuperare quanto di buono la Calabria può ancora esprimere, a dispetto delle continue denunce mediatiche, sempre più offensive e denigranti.
Sceglie in Calabria il Santo Padre i suoi Vescovi, come volesse dimostrare la sua vicinanza a una popolazione maltrattata, rinnegata e isolata da tutti; e, scegliendo in Calabria, offre la sua vicinanza, ponendosi quale punto di riferimento e di guida nell’indifferenza di tutti gli altri, facendo dei figli di Calabria i suoi interlocutori.
Forse, nei disegni del Santo Padre, i sacerdoti calabresi che vivono il loro sacerdozio a contatto con gli ultimi e con quelle sacche sociali più povere, sono visti dal Santo Padre i migliori testimoni di resilienza e perciò divenire punto di riferimento determinante, in quei territori dove necessaria diventa l’opera di ricostruzione del senso etico, morale e sociale della comunità, che in Calabria sembra ormai essersi smarrito da tempo.
Deve essere proprio un grande amore quello del Papa verso gli ultimi e i martoriati dalla criminalità organizzata, lo dimostrano anche le parole usate nella prefazione del libro di Mons. Bertolone dedicato al giudice Rosario Angelo Livatino (Rosario Angelo Livatino. Dal “martirio a secco” al martirio di sangue, edito da Morcelliana), ucciso dalla mafia e che il prossimo 9 maggio sarà proclamato Beato: forse il Papa crede che nemmeno i calabresi, come il giudice, meritino di essere trattati così ingiustamente dagli “Erodi del nostro tempo” e avverte il muto “grido di dolore e allo stesso tempo di verità” dei calabresi, che vedono sempre più offesa la propria dignità ormai da troppo tempo nei fatti e nelle parole.
Anche i messaggi pasquali dei Vescovi delle diverse Diocesi calabresi sembrano voler diventare fari di speranza e di resilienza, un vero e proprio richiamo a valori e sentimenti comuni, invitando tutti ad essere comunità di persone, oltre che di brutte cose e di pessimi fatti, per ritrovare nel mutuo aiuto e nella comunione delle azioni, la direzione giusta verso una vera rinascita della terra che fu la Magna Graecia.
Se questi sono i pensieri del Santo Padre e dei Vescovi di Calabria, ben venga “il buon odore di Cristo” e divenga presto “seme della rinascita” per la nostra terra, chissà che qualcun altro, sull’esempio del Papa, non decida finalmente che anche la Calabria è meritevole di sguardi benevoli e di opere buone; che forse sono proprio gli stereotipi e i pregiudizi a frenarne le tante potenzialità che pur ci sono; che forse con un po’ più di buona coscienza e di responsabilità civica e sociale, lo spopolamento potrebbe arrestarsi e la Calabria potrebbe finalmente realizzare quello sviluppo socio-economico di cui ha tanto bisogno e che serve all’intero Paese. (mm)
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