PAPA FRANCESCO AI VESCOVI CALABRESI
AFFIDA UNA TERRA CHE NON SA CRESCERE

di PINO NANO – «A voi, vescovi, è stato affidato un compito importante, che richiede la fatica quotidiana dell’accompagnamento e del discernimento; grazie per tutto il lavoro, a volte nascosto e sofferto, che fate per i seminaristi. Grazie!»: a Roma, nella Sala del Concistoro Papa Francesco incontra in udienza privata la Conferenza Episcopale Calabra.

Ci sono i vescovi di tutta la regione. Con loro, i seminaristi che oggi in Calabria si stanno preparando a diventare i sacerdoti del futuro. Un’occasione solenne, unica, forse irripetibile, ma per Papa Francesco è anche il luogo ideale per dire quello che pensa davvero e anche in questa occasione il Papa non conosce nessuna mediazione.

Papa Francesco parla della Calabria come se ci fosse nato e cresciuto, con una consapevolezza e una determinazione che sono ormai tipiche del Santo Padre, e ai “fratelli di Calabria” indica la strada da seguire. È un monito forte per i sacerdoti presenti, una “strigliata amichevole” ai vescovi, una “preghiera accorata” per questa regione che non va da nessuna parte perché non cresce in nessun modo. 

Per riprendere a respirare, questa regione – dice il Papa – ha bisogno di una nuova Chiesa, che non vuol dire “seminari dovunque”, o “seminari aperti a pochi seminaristi”, o peggio ancora seminari da tenere aperti in nome di un principio che non resiste più a nessuna giustificazione morale possibile. In una terra come la vostra, fa capire il santo Padre, ne basterebbe uno, al massimo due, non di più.

E più che di seminari, aperti o semiaperti, la Chiesa – aggiunge Papa Francesco – ha bisogno invece di sacerdoti moderni, preparati, convinti, consapevoli del proprio ruolo, che sappiano essere pastori fedeli alle regole della carità e della solidarietà, che “rifiutino le mollezze e le comodità che il loro ruolo spesso comporta”, che si interroghino sul futuro delle nuove generazioni, che spronino i giovani a credere nella speranza, che si guardino attorno, che vadano per strada e che diventino padroni del territorio per cui sono chiamati ad esercitare il ruolo di pastori. 

L’analisi del Papa è a tratti impietosa.

«Basta con questo eterno provincialismo», basta con questo sentirsi a tutti i costi lontani da tutto e da tutti, basta con questo eterno piangersi addosso, qui serve più che mai la consapevolezza di poter cambiare le cose e di saper accompagnare il rinnovamento delle coscienze. 

«Anche se la vostra terra a volte sale alla ribalta della cronaca portando alla luce vecchie e nuove ferite, mi piace ricordare che siete figli dell’antica civiltà greca e ancora oggi custodite tesori culturali e spirituali che uniscono l’Oriente e l’Occidente. Omero, nell’Odissea, narra che Ulisse, verso la fine del suo viaggio, approdò ad un lembo di terra da cui poté ammirare la bellezza di due mari. Questo fa pensare alla vostra terra, gemma incastonata tra il Tirreno e lo Ionio. Ed essa brilla anche come luogo di spiritualità, che annovera importanti Santuari, figure di santi e di eremiti, nonché la presenza della Comunità greco-bizantina. Tuttavia, questo patrimonio religioso rischierebbe di restare solo un bel passato da ammirare, se non ci fosse ancora oggi, da parte vostra, un rinnovato impegno comune per promuovere l’evangelizzazione e la formazione sacerdotale».

Duro, rigoroso, quasi iconico l’appello che il santo Padre rivolge ai tanti seminaristi presenti.

«Questa è la vostra vocazione: fare strada con il Signore, l’amore del Signore. Stando attenti a non cadere nel carrierismo, che è una peste, è una delle forme di mondanità più brutte che possiamo avere, noi chierici, il carrierismo».

Papa Francesco va dritto all’obbiettivo come un macigno che rotola dalla rupe e il suo saluto ai “fratelli calabresi” si trasforma in una lezione di teologia morale.

«Qual è il desiderio che vi ha spinto a uscire incontro al Signore e a seguirlo sulla via del sacerdozio? Cosa stai cercando in Seminario? E cosa cerchi nel sacerdozio?» Dobbiamo chiedercelo, perché a volte succede che «dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa», in realtà cerchiamo «la gloria umana e il benessere personale».

È molto triste quando trovi sacerdoti che sono funzionari, che hanno dimenticato l’essere pastori di popolo e si sono trasformati in chierici di Stato, come quelli delle corti francesi, “monsieur l’Abbé”, erano chierici di Stato. È brutto quando si perde il senso sacerdotale. Magari cerchiamo il ministero sacerdotale come un rifugio dietro cui nasconderci o un ruolo per avere prestigio, invece che desiderare di essere pastori con lo stesso cuore compassionevole e misericordioso di Cristo. Ve lo chiedo con le stesse parole di uno dei vostri Annuari: «volete essere sacerdoti clericali che non si sanno impastare con la creta dell’umanità sofferente, oppure essere come Gesù, segno della tenerezza del Padre?” .

Papa Franceso ridiventa per un giorno pastore tra i pastori.

«Non dimenticatelo mai, il Seminario è il tempo in cui fare verità con noi stessi, lasciando cadere le maschere, i trucchi, le apparenze. E in questo processo di discernimento, lasciarvi lavorare dal Signore, che farà di voi pastori secondo il suo cuore. Perché il contrario è il mascherarsi, il truccarsi, l’apparire, che è proprio dei funzionari, non dei pastori di popolo ma dei chierici di Stato».

Papa Francesco non lesina domande ai fratelli calabresi, e rivolgendosi ai Vescovi presenti chiede: «Che cosa desiderate per il futuro della vostra terra, quale Chiesa sognate? E quale figura di prete immaginate per il vostro popolo?».

«Il prete non possiamo più pensarlo come un pastore solitario, chiuso nel recinto parrocchiale o in gruppi di pastori chiusi; occorre unire le forze e mettere in comune le idee, i cuori, per affrontare alcune sfide pastorali che sono ormai trasversali a tutte le Chiese diocesane di una Regione. Penso, per esempio, all’evangelizzazione dei giovani; ai percorsi di iniziazione cristiana; alla pietà popolare – voi avete una ricca pietà popolare –, che ha bisogno di scelte unitarie ispirate al Vangelo; ma penso anche alle esigenze della carità e alla promozione della cultura della legalità».

In sala il silenzio assoluto, si avverte solo il respiro del Papa, che ad un certo punto apre un file che nessuno immaginava potesse mai aprire e lo fa anche questa volta con una domanda che è un pugno nello stomaco al Paese.

«Come vanno i vostri tribunali? Come va l’esercizio della giustizia nella vostra diocesi?».

Volete una ricetta utile? Ecco che Francesco prova a darla ma per chi segue l’incontro è un altro pugno nello stomaco alla tradizione del passato.

«Tutto ciò chiama a formare preti che, pur provenendo dai propri contesti di appartenenza, sappiano coltivare una visione comune del territorio e abbiano una formazione umana, spirituale e teologica unitaria. Perciò, vorrei chiedere a voi Vescovi di fare una scelta chiara sulla formazione sacerdotale: orientare tutte le energie umane, spirituali e teologiche in un unico Seminario. Dico unico. Possono essere due ma sommati: orientare verso l’unità, con tutte le variabili che ci possono essere ma arrivare lì. Questo non vuol dire annientare i seminari; vedete come fare questa unità».

«Un seminario di 4, 5, 10 non è un seminario, non si formano seminaristi; un seminario di 100 è anonimo, non forma i seminaristi… Ci vogliono piccole comunità, anche dentro un grande seminario, o un seminario a misura umana; che sia il riflesso del collegio presbiteriale. È un discernimento non facile da fare, non facile. Ma si deve fare e si devono prendere decisioni su questo. Non sarà Roma a dirvi cosa dovete fare, perché il carisma lo avete voi. Noi diamo le idee, gli orientamenti, i consigli, ma il carisma lo avete voi, lo Spirito Santo lo avete voi per questo. Se Roma incominciasse a prendere le decisioni sarebbe uno schiaffo allo Spirito Santo, che lavora nelle Chiese particolari».

Papa Francesco ha lo sguardo pesante, il corpo non lo aiuta più di tanto, ma la sua lezione va avanti come un treno in corsa e non concede sconti a nessuno.

«Abbiamo bisogno di occhi aperti e cuore attento per cogliere i segni dei tempi e guardare avanti! Raccomando a tutti, non solo ai vescovi, raccomando di discernere cosa vuole lo Spirito Santo per le vostre Chiese. E questo lo devono fare i Vescovi – la decisione –, ma lo dovete fare tutti voi per dire ai Vescovi cosa sentite e come, le idee… È tutto il corpo della diocesi che deve aiutare il Vescovo in questo discernimento. Poi lui si assume la responsabilità della decisione».

L’appello finale Papa Francesco lo dedica ai Vescovi presenti.

«Per favore, non lasciatevi paralizzare dalla nostalgia e non restate prigionieri dei provincialismi che fanno tanto male! E voi, Vescovi emeriti, non fate mancare nel silenzio e nella preghiera il vostro sostegno a questo processo. Dico nel silenzio e nella preghiera perché, quando un Pastore ha concluso il proprio mandato, emerge il suo profilo spirituale e il modo in cui ha servito la Chiesa: si vede se ha imparato a congedarsi «spogliandosi… della pretesa di essere indispensabile», oppure se continua a cercare spazi e a condizionare il cammino della diocesi. Chi è emerito è chiamato a servire con gratitudine la Chiesa nel modo che si addice a questo suo stato».

«Non è facile congedarsi; a tutti è richiesto uno sforzo per congedarsi. Ho scritto una lettera sull’argomento che incominciava con queste parole: “Imparare a congedarsi”, senza tornare a ficcare il naso, imparare a congedarsi e mantenere quella presenza assente, quella presenza lontana, per cui si sa che l’Emerito è lì ma prega per la Chiesa, è vicino ma non entra nel gioco. Non è facile. È una grazia dello Spirito imparare a congedarsi».

Applausi scroscianti alla fine della lezione del Papa, e in dono al Pontefice un cesto di arance e di limoni delle nostre terra. Ma stando in fondo alla sala, lontani da tutto, si coglie perfettamente bene il senso della sfida che Francesco affida oggi ai Padri della Chiesa calabrese. Una nuova rivoluzione, insomma, che Papa Francesco, questo lo si coglie bene dalla lezione di oggi, accompagnerà fino in fondo e fino all’ultimo. (pn)

L’appello dell’Università delle Generazioni: Papa Francesco, venga a Crotone

È un invito a venire a Crotone, a seguito della tragedia dei migranti a Steccato di Cutro, quello che l’Università delle Generazioni ha rivolto a Papa Francesco.

«Pochi mesi prima che tu fossi eletto Pontefice il 13 marzo 2013, lo scrittore calabrese Salvatore Mongiardo aveva pubblicato per l’Editore Gangemi di Roma un libro che adesso ci sembra addirittura “profetico” sia per il titolo che per i contenuti: Cristo ritorna da Crotone. Semplice coincidenza? Adesso tu, immediatamente dopo i tanti morti nel mare di Cutro del 26 febbraio scorso, ti sei detto molto addolorato ed hai espresso la tua vicinanza e la tua preghiera. E questo ha confortato i parenti delle vittime, i superstiti di quel terribile naufragio ma pure noi calabresi, in particolare coloro che sono tanto impegnati nel salvataggio e nell’accoglienza dei profughi».

«Sicuri di interpretare l’aspirazione di tutti i calabresi, ma anche di tutti i migranti e dei cosiddetti ultimi del mondo – si legge – noi dell’Università delle Generazioni ti chiediamo di venire a Crotone, come sei già andato a Lampedusa lunedì 8 luglio 2013 nella prima assai significativa uscita del tuo Pontificato. Vieni a a rafforzare il sostegno ai sofferenti, ma anche ai volontari e a quei servitori dello Stato che cercano in tutti i modi (spesso eroicamente) di aiutare e salvare specialmente i disperati e coloro che fuggono da troppe e invivibili situazioni esistenziali. Vieni ad incoraggiare la grande umanità della Calabria la quale è una terra di sbarchi da oltre quattromila anni ed ha ospitato genti e popoli in fuga dall’inferno di dittature, guerre, persecuzioni e calamità naturali».

«Torna in Calabria, fratello Francesco, dopo quasi dieci anni, sulle orme di San Paolo e di tanti altri santi, per sostenere quel cristianesimo che qui ha premesse e radici culturali già nei “sissizi” di Re Italo di 3500 anni fa e nella filosofia di Pitagora, come ha dimostrato Salvatore Mongiardo, scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone nel suddetto libro “Cristo ritorna da Crotone”».

«Torna in Calabria, terra di approdo dal Sud del mondo e di passaggio verso l’Europa – si legge – pure per dare coraggio a coloro i quali dovranno ancora sostenere sfide difficili nell’accoglienza, poiché possiamo immaginare che gli approdi continueranno a ritmi sostenuti per chissà quanti decenni! Torna in Calabria, in una terra sofferente essa stessa, dimenticata, snobbata e vessata per millenni, depredata e in particolare spogliata dei tantissimi suoi figli dispersi (a loro volta) per le tante vie del mondo! Noi te ne saremo grati per sempre e il Signore Iddio benedirà i tuoi passi. Specialmente se Crotone divenisse sede di un incontro tra tutte le Religioni per l’Umanità». (rrm)

 

 

Il vescovo Milito consegna un dono del Papa ai bambini orfani di Taurianova

Il vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi, mons. Francesco Milito, ha portato ai bambini orfani di Taurianova un dono di Papa Francesco. Si tratta di una croce da lui benedetta con l’auspicio di «riacquistare la serenità interiore per vivere la vita ricolmi di gioia spirituale assieme alle persone care».

Un dono che è stato fatto dopo che il Pontefice è venuto a conoscenza de L’Arte che accarezza, un progetto che coinvolge tutti i bimbi di Taurianova con uno o entrambi i genitori in cielo, portato avanti dalle Associazioni Fraternamente e Mammalucco che,  dopo aver vissuto l’esperienza della morte di Nilla Macrì e Salvatore Muratore, hanno compreso l’urgenza nel far qualcosa di concreto per i loro figli e per tutti i bambini della città che vivono con questo grande dolore nel cuore, affinché incontrandosi e crescendo insieme riescano a scoprire di non essere soli nel loro dolore.

Il Santo Padre, inoltre, ha scritto loro incoraggiandoli ed esortandoli «a perseverare con fiducia in Gesù misericordioso nella certezza che i nostri cari ci guardano dal cielo e sono sempre vicino a noi».

Il saluto dei ragazzi è stato letto da Piergiorgio (7 anni), che a nome di tutti i bambini, dopo aver chiesto e ottenuto dal vescovo l’autorizzazione di rivolgersi a lui con il “tu” che rompe tante barriere, ha confidato la grande sofferenza: Sai, ogni tanto ci viene da piangere perché i nostri genitori che sono in cielo ci mancano tanto, però li sentiamo forti nel nostro cuoricino e siamo sicuri che da lassù ci guardano sempre… anche adesso”. Ma al vescovo hanno rivolto anche una richiesta e una promessa: “Lo sai che a maggio due di noi faranno la prima comunione? Sono Giorgia e Gaetano! Ricordali nel tuo cuore quando vivrai le prime comunioni con altri bambini della diocesi e noi non ci dimentichiamo di pregare per te! Ti vogliamo bene, amico Vescovo!”

Nel ringraziarli per questa visita, il vescovo ha consegnato solennemente a ciascuno la croce inviata da Papa Francesco: «Questo dono te lo manda il Papa», ed ha abbracciato commosso ogni bambino.

Quindi in un clima molto sereno ha scambiato carezze con i più piccoli e ha voluto conoscere i lori sogni e desideri. Dopo aver regalato a ciascuno un angioletto, con uno strumento musicale in mano, che potesse aiutarli a sentire una dolce melodia ogni qual volta il loro cuoricino abbia bisogno di coraggio, il vescovo gli ha affidato il compito di pregare per tutti i bambini del mondo ed essere con la loro grande forza dei piccoli missionari tra i coetanei e, soffermandosi sull’importanza dello studio, e aver ricordato giocando insieme ai bambini tutte le materie scolastiche, ha donato loro l’immagine della Madonna del Libro di Botticelli, spiegando nei dettagli il dipinto e la certezza del sostegno di Maria anche nelle fatiche dello studio.

I bambini, accompagnati dai volontari del progetto e da alcuni familiari, si sono dimostrati essere molto contenti dell’incontro e dopo il momento della foto, il vescovo ha svelato la sorpresa del buffet preparato per l’occasione. Il pomeriggio si è concluso con un caloroso “1,2,3 Ciao Amico Vescovo” e la promessa di ritornare. (rrc)

Il Grazie di Papa Francesco a Luigi Carnevale

di PINO NANO –  Commovente, solenne, avvolgente, quasi intima la cerimonia che Papa Francesco dedica a Luigi Carnevale e alla sua famiglia nel giorno del commiato definitivo dell’alto funzionario della Polizia di Stato dai Palazzi Vaticani. 

Per quattro lunghi anni Luigi Carnevale è stato in realtà l’ombra fedelissima del Papa nei suoi spostamenti fuori dalle mura e in giro per l’Italia. Capo Responsabile riservatissimo e sofisticato dei massimi apparati di sicurezza del Ministero dell’Interno in Vaticano, Luigi Carnevale è stato per Papa Francesco l’ombra fedelissima di questi anni, una sorta di angelo custode perenne, un body-gard personale con cui Papa Francesco ha anche legato un rapporto di grande afflato e di grande complicità.

Un superpoliziotto al servizio della Chiesa, a difesa del Pontefice, e soprattutto alla guida di un team di poliziotti e agenti speciali di altissimo profilo professionale, alla stregua dei marines americani o forse anche di più. E nel corso di questo saluto di commiato, il Papa ha voluto rendere onore non solo a questo “Uomo di Stato” che ha origini calabresi, ma a tutta la sua famiglia, alla moglie e ai suoi due figli, famiglia che più di tutti forse ha pagato lo scotto di avere un padre e un marito al servizio del Pontefice. 

Da domani Luigi Carnevale non sarà più in Vaticano, da qui lo hanno mandato a guidare un altro Nucleo speciale della Polizia di Stato, questa volta nei palazzi della Repubblica, a Palazzo Madama, Sede del Senato della Repubblica, incarico anche questo di massima attenzione istituzionale. Dalla padella alla brace, in Vaticano il Papa, al Senato della Repubblica invece il Presidente del Senato che è la seconda carica dello Stato e i duecento senatori che vivono il Palazzo. Per questa Eccellenza tutta italiana una carriera di prima grandezza, ma forse soprattutto un Natale finalmente di riposo, e in Calabria, dopo quattro lunghi anni al servizio della Chiesa. (pn)

Il Papa ringrazia il dirigente ps Luigi Carnevale: guiderà la sicurezza del Senato

Per la Calabria e i calabresi  oggi a Roma sarà una giornata solenne e di grande festa. Dopo quattro anni al Comando dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Vaticano, praticamente il capo degli angeli custodi di Papa Francesco sul territorio italiano, il dirigente generale della Polizia di Stato Luigi Carnevale, nato e cresciuto tra Squillace e Catanzaro, trasloca sull’altra sponda del Tevere per assumere il Comando dell’Ispettorato della Polizia presso il Senato della Repubblica. Sarà per lui un incarico di altissimo profilo istituzionale, che vede ancora una volta ai vertici dello Stato uno dei tanti figli di Calabria in giro per il mondo.

Luigi Carnevale viene considerato al Viminale come uno degli uomini della Polizia di Stato più capaci e più affidabili del sistema della Sicurezza Nazionale di questi anni del nostro Paese, un curriculum il suo tra i migliori del suo settore, e che da domani lo vedrà alla guida di  uno dei settori strategici più delicati della politica nazionale, a Palazzo madama, alle dipendenze dirette del Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato.

Ma c’è di più in questa straordinaria storia di calabresità, Luigi Carnevale infatti al Senato prende il posto di un altro ex ragazzo di Calabria, Carmine Belfiore, che da domani diventa di fatto nuovo Questore di Roma, una staffetta tra mastini d’eccellenza, e che fa onore alla terra di origine di entrambi, rossanese Belfiore, catanzarese Carnevale.

Luigi Carnevale è stato per quattro anni l’ombra segreta del Papa, tra i responsabili più discreti ma sempre presenti della sua protezione personale e, soprattutto, Responsabile della vigilanza della Santa Sede per quanto compete alle autorità italiane.  Le cronache Vaticane riferiscono che Luigi Carnevale aveva vegliato sulla protezione del Pontefice anche nel corso del ricovero dell’estate dello scorso anno al Policlinico Gemelli dove l’angelo custode di Papa Francesco aveva organizzato un dispositivo di 25 agenti speciali che vigilassero sul Pontefice, pur assecondando il desiderio di papa Francesco di arrivare al Gemelli senza scorta. 

Nel corso di questi ultimi quattro anni Luigi Carnevale ha  seguito il Pontefice in tutti i suoi viaggi sul territorio nazionale effettuati durante il suo mandato, ultimo quello ad Asti in visita ai parenti del 20 novembre scorso, una storia la loro che nessuno racconterà mai per via del patto di ferro che i due vecchi amici hanno sottoscritto tra di loro in nome della riservatezza assoluta. Ma queste sono le regole basilari della vita e della storia del Vaticano.

Prima di assumere l’incarico presso l’Ispettorato vaticano Luigi Carnevale ricordiamo era già stato Direttore del Servizio Polizia Scientifica presso la Direzione Centrale Anticrimine, insomma una esperienza la sua di grandissima responsabilità e peso specifico nella lotta alle grandi organizzazione criminali del Paese. Ma per via del suo ruolo strategico in Vaticano in quattro lunghi anni di lavoro l’uomo ha avuto modo di diventare una vera e propria leggenda anche all’estero, per via dei mille rapporti istituzionali tenuti con i vertici della sicurezza di tutti i Capi di Stato arrivati in questi anni in Piazza San Pietro.  (pn)

Al nuovo Reponsabile della Polizia di Stato al Senato della Repubblica gli auguri di Calabria.Live. 

La proposta educativa di Papa Francesco “Scholas” è approdata a Catanzaro

Scholas, la proposta educativa di Papa Francesco, già presente in 190 Paesi e con una rete che comprende 446.133 scuole, è arrivata per la prima volta a Catanzaro con un programma di attività svoltosi all’Università degli Studi Magna Graecia, coinvolgendo studenti provenienti dal corso di studi di Medicina per promuovere un “Nuovo Umanesimo della Salute”.

L’iniziativa è stata promossa dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Mater Domini” e dal Ministero della Salute.

“Il progetto “Per Stare Insieme” – ha spiegato il direttore mondiale di Scholas Josè Maria del Corral – nasce durante la pandemia, da un’iniziativa su base volontaria di giovani adolescenti di Scholas provenienti da diverse parti del mondo. Cerca di alleviare gli effetti emotivi e cognitivi negativi che l’isolamento comporta, soprattutto nella popolazione più vulnerabile al Covid-19: gli anziani. Il Papa insiste che l’aula deve essere interculturale e intergenerazionale. Giovani, bambini, anziani, devono tornare ad incontrarsi in uno spazio educativo perché il passato ed il futuro possano tenere un miglior presente.”

Il progetto si articola in esperienze educative sia presenziali che virtuali, tra giovani ed anziani-pazienti negli ospedali e nelle case di cura, al fine di generare incontri intergenerazionali.

I giovani studenti partecipanti, accompagnati dal team internazionale di Scholas, hanno vissuto esperienze educative presenziali e virtuali insieme, rivitalizzando storie e scrivendone di nuove che aiutino a raccontarsi, conoscere se stessi e gli altri.

In questo quadro, Scholas, l’Università degli Studi Magna Graecia, l’’Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini” e Ministero della Salute rispondono alla chiamata di Papa Francesco di “creare la cultura dell’incontro”.

L’esperienza educativa di formazione dei giovani studenti partecipanti ha come obiettivo la loro preparazione all’incontro con gli anziani-ospedalizzati risvegliando quello sguardo sensibile in grado di de-strutturare un approccio carico di pregiudizi nei confronti della terza età. Ciò è avvenuto attraverso i linguaggi pedagogici cardine della metodologia di Scholas: il teatro, in primis, inteso come attività immersiva che coinvolge tutto il corpo, ed il pensiero poetico, profondo, che si interroga sulle domande, più che sulle risposte.

«Sono felice – ha affermato il commissario della A.O.U. “Materdomini”, Vincenzo La Regina – che da Catanzaro sia partito un nuovo percorso, un modello innovativo da condividere anche con le altre università per realizzare un Umanesimo della salute e rimettere al centro l’uomo e ridare dignità alle persone».

Il progetto è stato seguito con attenzione anche dal direttore sanitario della Azienda Ospedaliera, Caterina De Filippo, e dal direttore amministrativo, Francesco Marchitelli.

«Un’esperienza da condividere – ha commentato il rettore dell’Università Magna Graecia, Giovambattista De Sarro – che serve a cambiare mentalità nel rapporto interpersonale in ambito sanitario. E’ stata un’opportunità preziosa per i nostri studenti».

«Abbiamo accolto questa proposta con entusiasmo – ha sottolineato il presidente della scuola di Medicina e Chirurgia dell’Umg, Agostino Gnasso – Si tratta di rendere più umana la nostra professione, un tema spesso sottovalutato nel programma di studi, e avvicinare i ragazzi alle categorie più deboli che sono coloro che hanno maggiormente bisogno della nostra opera».

Nella giornata conclusiva è intervenuto anche Paolo Petralia, direttore generale ASL4 chiavarese del SSR Ligure e vice presidente Federazione Italiana aziende sanitarie e ospedaliere: “Questo è il cammino per rendere il medico e il paziente capaci di instaurare un rapporto che prima che di cura sia di prendersi cura”.

Inoltre, l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Claudio Maniago, ha seguito e accompagnato il progetto educativo , esprimendo la sua vicinanza: «Un’iniziativa da lodare e da diffondere. Una grande sensibilità quella dimostrata dal Policlinico e dall’Università. Come si è espresso Papa Francesco, occorre proporre un nuovo Umanesimo, dove ci sia un contesto sempre più inclusivo, anche per i malati. Tutto ciò può portare le solide fondamenta per creare un mondo nuovo di pace».

Grande entusiasmo da parte dei giovani partecipanti che hanno dichiarato: «Siamo stati arricchiti culturalmente e spiritualmente. Abbiamo condiviso, ascoltato e nutrito le nostre anime. Siamo stati travolti da un’onda che vogliamo continuare ad alimentare e a trasmettere nelle nostre vite, personali e professionali». (rcz)

IL RICORDO / Gianni Papasso: 8 anni fa la visita di Papa Francesco a Cassano allo Ionio

di GIANNI PAPASSOSono trascorsi otto anni da quel 21 giugno 2014 in cui la Città di Cassano All’Ionio ha ricevuto l’onore ed il privilegio della venuta di Papa Francesco. Nonostante il tempo trascorso negli occhi e nel cuore di tutti sono ancora vive le immagini e le emozioni di quella giornata particolare ed irripetibile, che resterà incisa in maniera indelebile nella storia di Cassano All’Ionio e della Calabria intera.

In quel giorno particolare la gioia ha illuminato gli occhi di ogni singolo cittadino mentre le strade di Cassano e la spianata di Sibari erano stracolme di gente venuta da ogni luogo. In particolare, ciò che maggiormente è rimasto scolpito nella memoria collettiva è stata la commossa compostezza della folla. Tutto si è svolto, infatti, nella più assoluta tranquillità; nessun evento negativo ha turbato lo svolgersi di quella giornata tanto particolare.

È innegabile che la visita di Papa Francesco a Cassano All’Ionio, il suo benevole sorriso e, soprattutto, le sue parole hanno acceso una luce di nuova speranza nel cuore di tutti e il 21 giugno 2014 segna la data di inizio di un cambiamento di cui questa terra aveva estremo ed urgente bisogno. Le parole  di condanna alla mafia ed alla criminalità organizzata, pronunciate da Papa Francesco nella spianata di Sibari,  hanno avuto una forte eco nelle coscienze dei calabresi e del mondo intero ed  hanno  rafforzato  l’animo  di noi amministratori, che ci sentiamo più motivati a lavorare per costruire una società migliore, più giusta, eguale, solidale e, principalmente, libera dalla violenza, dalla prevaricazione e dalla prepotenza di coloro che condizionano la vita degli onesti ed il futuro di questa  terra di rara bellezza.

Dopo quella giornata ci siamo sentiti più predisposti a “proteggere la casa comune”, a custodire il bellissimo paesaggio naturale, che il Creatore ha voluto disegnare in questo lembo di terra di Calabria e a  lavorare  rivolgendo lo sguardo, principalmente, ai bisogni degli ultimi e degli emarginati. Quella giornata è stata memorabile specialmente per i nostri giovani, nel cui animo è ancora incisa l’esortazione del Santo Padre a “non lasciarsi rubare la speranza”: quelle parole continueranno ad illuminare il loro cammino per gli anni a venire e li accompagneranno nella costruzione del futuro. Prima dell’insorgere dell’emergenza da coronavirus, la nostra Amministrazione, il 21 giugno di ogni anno, ha celebrato la speciale ricorrenza organizzando un evento di alto spessore culturale.

Quest’anno riprendiamo la tradizione con il Concerto di musica classica che vedrà protagonista, nel Teatro Comunale, la giovane Pianista di Cassano All’Ionio Veronica Rango. L’evento sarà utile a celebrare degnamente l’anniversario della venuta del Papa e, contemporaneamente, a dare rilievo ed a promuovere le doti artistiche di una giovane figlia di Cassano All’Ionio; un’eccellenza nel campo della musica che, anche fuori dai confini comunali, sta facendo conoscere il volto bello della nostra città, ricca non solo di beni culturali e naturali ma anche di risorse umane e di giovani talenti. (gp)

Domani il Papa benedice le corone della Madonna della Consolazione di Reggio Calabria

Domani, a margine della consueta udienza in Vaticano, Papa Francesco benedirà le corone della Madonna della Consolazione, Patrona di Reggio Calabria.

Lo ha reso noto Avvenire di Calabria, spiegando che saranno presenti l’Arcivescovo di Reggio, mons. Fortunato Morrone, assieme alla delegazione dei Frati Cappuccini, guidata dal Padre Provinciale padre Pietro Ammendola, alla delegazione dei portatori della Vara e al parroco della Cattedrale, che consegneranno le corone al Santo Padre per la benedizione, in occasione del Centenario della prima incoronazione del quadro della Madonna della Consolazione. (rrm)

800 anni della dedicazione della Cattedrale di Cosenza, il messaggio di Papa Francesco

di PAPA FRANCESCO – In occasione dell’VIII Centenario della fondazione di codesta Cattedrale, desidero unirmi spiritualmente alla comunità diocesana di Cosenza – Bisignano, che rende grazie al Signore per gli innumerevoli benefici ricevuti nel corso della sua lunga storia di fede. Un deferente pensiero rivolgo alle Autorità e a quanti prendono parte alle iniziative evocative di un evento così significativo per la Città.

Fiera del tesoro d’arte e di storia che possiede nella sua antica Cattedrale, Cosenza rende grazie a Dio per il bene che dal Tempio si è irradiato nel corso dei secoli e si sente al tempo stesso incoraggiata a rinnovare, a partire dal centro propulsore della vita diocesana, il desiderio della missione e della testimonianza di Gesù all’uomo di oggi, in ogni ambiente in cui vive, con un’attenzione particolare per le periferie esistenziali. In questa prospettiva, auspico che sempre più numerosi giovani si pongano al servizio del Vangelo, per offrire a tanti l’opportunità di scoprire in Cristo le risposte a cui anela il loro cuore.

«Ci sazieremo dei beni della tua casa, della santità del tuo tempio» (cfr Sal 65,5). Questa frase del salmista evidenzia il sentimento che affiora nella comunità cristiana quando si raduna per celebrare i misteri del Signore, corroborando, attraverso la lode e la fraternità, la propria identità di famiglia di Dio. Le strutture esteriori servono a far rivivere la memoria e la comunione, e a manifestare lo splendore di quell’edificio spirituale innalzato sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, che ha come «pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù», nel quale «tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore» (Ef 2,20-21). Per questo lungo i secoli il popolo santo di Dio si è sempre impegnato a far risplendere di magnificenza il luogo dell’incontro con il suo Signore, abbellendolo di opere d’arte ed arricchendolo di ornamenti preziosi: esso, infatti, deve manifestare agli uomini le insondabili ricchezze della Misericordia Divina e le meraviglie che Egli continua a operare tra gli uomini.
È quanto emerge anche dalla storia di codesta Cattedrale, le cui origini risalgono alla metà dell’XI secolo. Tuttavia, il 9 giugno 1184 un disastroso terremoto che colpì Cosenza e la sua provincia, provocò il crollo della chiesa, sotto le cui macerie finirono l’arcivescovo Ruffo e numerosi fedeli. La ricostruzione fu lenta e nel 1222, alla presenza dell’Imperatore Federico II, il Duomo venne solennemente consacrato. Il nuovo edificio sacro conobbe successivi interventi, suggeriti via via da esigenze diverse, anche a carattere liturgico o devozionale, fino alla fine del XIX secolo, quando furono portate alla luce le strutture della primitiva chiesa.
Auspico che la straordinaria sintesi di fede e di vita che traspare dalla storia e dalla bellezza dell’edificio, ravvivi in quanti lo frequentano e lo visitano il desiderio di Dio, il legame con le proprie radici e la coesione tra i membri della comunità.
Le varie iniziative liturgiche, caritative e culturali realizzate in vista delle celebrazioni giubilari sono proprio volte a favorire un cammino di crescita nella condivisione, predisponendo a vivere l’evento del 30 gennaio 2022 come occasione propizia per rendere grazie al Signore dei doni di cui l’Arcidiocesi è stata arricchita nel corso dei secoli.
Possiate tutti insieme, Vescovo, sacerdoti, consacrati e fedeli laici, sentirvi incoraggiati nell’impegno di diffondere nella società, con mitezza e audacia, il fermento dell’annuncio evangelico. In questa prospettiva, considerando che Cosenza è sede di un importante Ateneo, invito anche a prendere sempre più coscienza del valore della pastorale universitaria e della necessaria alleanza tra evangelizzazione e cultura, affinché da tale sinergia scaturiscano itinerari educativi che favoriscano il bene comune, la promozione della giustizia sociale e della legalità, a dignità della persona umana.
Vi accompagni nel cammino la Vergine Maria Assunta in Cielo, a cui è dedicata la Cattedrale. Seguendola fedelmente ed imitandone l’esempio, potrete diventare tessere splendenti del mosaico d’amore del Padre, testimoniando la bellezza di vivere il Vangelo. Con tali sentimenti, imparto la mia Benedizione, a tutti chiedendo di pregare per me. (f)

L’arcivescovo di Reggio, Fortunato Morrone, ha ‘ricevuto’ il pallio da Papa Francesco

È stato consegnato all’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone, il pallio da Papa Francesco, in occasione delle celebrazioni Eucaristica dei Santi Pietro e Paolo.

Il pallio, (derivato dal latino pallium, mantello di lana) «è costituito da una striscia di stoffa di lana bianca avvolta sulle spalle. Rappresenta – per la sua forma e materiali – l’agnello portato sulle spalle, come simbolo del vescovo in quanto Buon Pastore (le due strisce terminali di seta nera simboleggiano gli zoccoli della pecora), e insieme l’agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità perduta; questo spiega anche l’uso della lana e delle sei croci decorative trapassate con gli spilloni (simbolo dei tre chiodi della croce di Cristo), è stato semplicemente consegnato e non imposto».

Il Pallio, infatti, sarà imposto nella rispettiva sede metropolitana, in modo da dare la possibilità ai fedeli di partecipare a questo importante rito, «che sottolinea la relazione di comunione tra il Santo Padre e i nuovi arcivescovi, sancendo allo stesso tempo un legame con la Chiesa locale».

Pallio
Il Pallio

Nel corso dei secoli, il pallio è divenuto simbolo di un legame speciale con il Papa ed esprime inoltre la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione: «Segno liturgico della comunione che unisce la Sede di Pietro e il suo Successore ai Metropoliti e, per loro tramite, agli altri Vescovi del mondo è il pallio…» (Benedetto XVI).

I due agnelli la cui lana è destinata, nell’anno successivo, alla fattura dei pallii, vengono allevati dai monaci trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. Dal 1644 essi vengono benedetti dall’Abate Generale dei Canonici Regolari Lateranensi nella Basilia sulla Via Nomentana Complesso monumentale di Sant’Agnese fuori le mura nel giorno in cui si fa memoria della santa, il 21 gennaio e poi portati al Papa nel Palazzo Apostolico. Il pallio viene tessuto e cucito dalle suore di clausura del convento romano di Santa Cecilia in Trastevere. (rrm)