PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: Indennità Iscro Autonomi 2024

di UGO BIANCOL’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (Iscro), introdotta come misura sperimentale con la Manovra 2021 per il triennio 2021-2023, è stata confermata in via strutturale a partire dal 1° gennaio 2024 dall’articolo 1 comma 142 della legge di bilancio 2024. Questo segna un’importante tappa nella riforma degli ammortizzatori sociali per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata. Di seguito, esaminiamo i requisiti per ottenerla.

Chi può beneficiare dell’ISCRO 2024?

I lavoratori autonomi che soddisfano i requisiti richiesti dall’articolo 53 comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir) approvato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986.  Si tratta dei liberi professionisti con partita Iva, compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici, che esercitano l’attività di lavoro autonomo connesso all’esercizio di arti e professioni, che nell’anno d’imposta precedente alla richiesta, hanno subito una perdita delle entrate. 

Quali sono i requisiti?

Per poter beneficiare dell’indennità è necessario soddisfare alcuni requisiti e condizioni. Ecco quali: Avere la partita Iva da almeno tre anni alla data della domanda; Essere iscritti alla “Gestione Separata” ai sensi dell’articolo 2 comma 26 della legga 335/95; Non essere iscritto ad altre forme di previdenza obbligatoria; Non essere titolare di pensioni dirette; Essere in regola con il pagamento dei contributi obbligatori; Aver prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente alla domanda, inferiore al 70 % della media dei redditi di lavoro autonomo registrati nei due anni precedenti all’anno prima della presentazione della domanda; Aver dichiarato, nell’anno precedente la richiesta, un reddito inferiore € 12.000,00. Nel 2023 tale limite era fissato a € 8.145,00;

A quanto ammonta? 

L’importo viene erogato in sei mensilità, con un minimo di 250 euro ed un massimo di 800 euro mensili, calcolato sulla base del 25% della media dei redditi da lavoro autonomo dichiarati nei due anni precedenti l’anno precedente alla presentazione della domanda. Ciò significa per una richiesta nel 2024, il calcolo sarà basato sulla media dei redditi del 2021 e del 2022. Questi limiti vengono rivalutati ogni anno sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. 

Come si richiede?

In tre diverse modalità: Online dal sito dell’Inps, mediante le credenziali Spid, Cie, o Cns, seguendo le istruzioni per la compilazione e l’invio della domanda; Tramite gli Enti di Patronato che predispongono ed inviano on line la richiesta; Tramite Contact Center, al numero 803.164 da rete fissa o al numero 06.164.164 da rete mobile.

Con quale scadenza?

La domanda può essere presentata una sola volta all’anno, entro il 31 ottobre. Inoltre, ricevuto l’indennizzo, non si può richiedere nuovamente per i due anni successivi. 

Quando decade?

L’indennità Iscro può decadere in diverse situazioni, portando alla sospensione dei pagamenti o al recupero delle somme già erogate. Ecco un’analisi delle varie condizioni:

Cessazione della partita Iva:

   Se il beneficiario chiude la partita Iva durante il periodo di fruizione, il sostegno economico termina immediatamente. Eventuali somme erogate dopo la cessazione dell’attività verranno recuperate dall’Inps;

Mancanza dei requisiti:

Se durante il periodo di fruizione il beneficiario perde uno o più dei requisiti, come il reddito minimo o l’iscrizione alla gestione separata Inps;

Non rispetto delle condizioni:
I beneficiari, durante tutto il periodo di indennizzo, devono proseguire l’attività lavorativa e possedere la regolarità contributiva. 

Quando è cumulabile o incompatibile? 

L’indennità è soggetta a criteri di cumulabilità e di incompatibilità con altre prestazioni o circostanze. Ecco una panoramica dei vari casi:

Assegno ordinario di invalidità, quando il beneficiario è titolare di un assegno ordinario di invalidità può richiedere l’indennità Iscro;

Titolarità di cariche politiche o elettive, è cumulabile con i gettoni di presenza pagati per l’espletamento di cariche politiche o elettive. Tuttavia, se tali cariche comportano altri tipi di emolumenti, come compensi o indennità, il diritto alla prestazione viene meno;

Naspi, Dis-Coll e ADI

Nel caso di percezione della Naspi, della Dis-Coll o dell’Adi non è possibile riceve il pagamento dell’Iscro.

In conclusione, a chiunque ritenga di possedere i suddetti requisiti, si ricorda di inviare la propria domanda entro la scadenza prevista. Per ulteriori informazioni, il sito ufficiale dell’Inps, i patronati ed i contact center rappresentano le principali fonti di riferimento per una consulenza puntuale e rigorosa. 

[Ugo Bianco è Presidente Associazione Nazionale Sociologi  – Dipartimento Calabria]

 

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La reversibilità ai figli maggiorenni inabili, requisiti e condizioni

di UGO BIANCOLa possibilità per un figlio inabile di ricevere la pensione di reversibilità è un aspetto cruciale delle prestazioni previdenziali ai superstiti. Questa forma di assistenza, assegnata a causa della propria disabilità e della perdita del genitore, è di vitale importanza per chi vive una precaria condizione di salute. L’ordinamento giuridico italiano fornisce una definizione precisa di tale circostanza, caratterizzandone i criteri di verifica e le condizioni soggettive.

Tale beneficio richiede l’analisi della capacità lavorativa residua del minorato, le condizioni fisiche e mentali e la presenza del concetto di vivenza a carico. Secondo l’articolo 2 della legge 222/1984 l’inabilità, a cui si fa riferimento in questo contesto, si determina come l’impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa, sia essa di natura subordinata che autonoma.

Le caratteristiche dell’inabilità a lavoro hanno origini diverse dell’invalidità civile. Mentre la prima richiede una valutazione specifica delle attitudini e delle funzioni lavotative residue, la seconda si concentra sul valore permanente della capacità lavorativa generica. Inoltre, per riconoscere l’inabilità al lavoro, e quindi il diritto alla reversibilità, si prende come riferimento la situazione al momento della morte della persona pensionata.

Questo significa che se la minorazione sopraggiunge successivamente al decesso del genitore pensionato, il figlio non ha diritto alla reversibilità. In altre parole, affinché il figlio abbia diritto alla pensione di reversibilità, deve essere già stato dichiarato inabile al momento del decesso. Come stabilito dall’articolo 22 della Legge 903/65, la vivenza a carico è un ulteriore requisito da possedere. Perché un figlio inabile possa essere considerato a carico del genitore defunto, devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

Stato di bisogno: Il figlio inabile deve trovarsi in uno stato di bisogno economico, il che significa che non è in grado di sostenere autonomamente le proprie spese e dipende finanziariamente dal genitore deceduto;

Non autosufficienza economica: Il figlio inabile non deve essere autosufficiente dal punto di vista economico, cioè non deve avere un reddito personale sufficiente a coprire le proprie necessità senza il supporto finanziario del genitore defunto;

Contributo continuativo al mantenimento da parte del genitore deceduto: È necessario che il genitore pensionato abbia fornito in modo continuativo e significativo il sostentamento economico del figlio inabile prima del suo decesso. Questo implica che il genitore abbia contribuito regolarmente al pagamento delle spese quotidiane, educative, sanitarie e altre necessità del figlio inabile. (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

 

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La Naspi nel 2024

di UGO BIANCOLa Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, definita dall’acronico Naspi, è un sostegno economico erogato mensilmente ai lavoratori che incorrono in un periodo di disoccupazione involontaria. Istituita dal decreto legislativo 22 del 4 marzo 2015, consente di compensare il mancato guadagno, con riferimento al reddito da lavoro precedentemente percepito.

I beneficiari sono i lavoratori dipendenti, gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative, i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni ed il personale del mondo artistico con rapporto di lavoro subordinato. Chi intende richiederla necessariamente deve risultare disoccupato, immediatamente disponibili a lavorare e possedere almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti il periodo di disoccupazione. Con la legge di Bilancio 2022 è stata estesa la platea di beneficiari. A stabilirlo è il comma 221 lettera a) dell’articolo 1 della legge 234/2021 che include gli operi agricoli a tempo indeterminato delle cooperative e dei consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici per la maggior parte propri o conferiti dai soci, nel rispetto delle disposizioni indicate dalla legge n. 240/1984 comma 221 lettera a).

Dal 1° gennaio di quest’anno, il beneficio può essere richiesto anche dai giornalisti, come chiarito dall’Inps con messaggio n. 4579 del 2023. Rimane confermata per le lavoratrici che si dimettono durante il periodo di maternità o per giusta causa. In caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, l’indennità viene riconosciuta da una procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro.

Anche le condizioni specifiche di lavoro, come il rifiuto di trasferimento ad altra sede, distante più di 50 km dalla propria residenza o raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi pubblici, tutela lo stato di disoccupazione. La normativa attuale prevede un incentivo all’autoimprenditorialità, consentendo al lavoratore che ne ha diritto, di richiedere la liquidazione anticipata dell’importo complessivo del trattamento. Questo importo può essere utilizzato come incentivo per avviare un’attività lavorativa autonoma, un’impresa o acquisire una quota di capitale sociale di una cooperativa. 

Qual è la durata? 

È pari alla metà delle settimane di contribuzione, con esclusione dei periodi già indennizzati come disoccupazione, versate negli ultimi 4 anni. 

Ma quanto spetta?

Una spiegazione passo dopo passo aiuta a comprende meglio quanto riceverà dall’Inps chi non lavora: Calcolo della retribuzione mensile media: Prendi la retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni; Dividi questo valore per il numero di settimane di contribuzione; Moltiplica il risultato per 4,33 (che è la media delle settimane in un mese).

Verifica se la retribuzione mensile media è inferiore alla soglia di 1.425,21 euro: Se la retribuzione mensile media è inferiore a 1.425,21 euro, l’importo dell’indennità sarà il 75% di questa retribuzione.

Calcolo dell’importo dell’indennità se la retribuzione mensile media è superiore a 1.425,21 euro: Calcola la differenza tra la retribuzione mensile media e 1.425,21 euro; Moltiplica questa differenza per il 25%;  Aggiungi il 75% della retribuzione mensile media

Verifica se l’importo calcolato supera il limite massimo di 1.550,42 euro: Se l’importo calcolato supera il limite massimo, l’indennità sarà pari a 1.550,42 euro.

Come si applica la riduzione? 

Limporto della Naspi si riduce del 3 % ogni mese a partire dal sesto di fruizione; Per i beneficiari, che alla data di presentazione della domanda hanno compiuto 55 anni d’età, la riduzione come sopra, si applica dall’ottavo mese di fruizione.

Quando decorre? 

La Naspi va trasmessa all’Inps in modalità telematica all’Inps. Decorre dal primo giorno successivo alla presentazione, se si invia all’Istituto entro i primi 5 giorni dal licenziamento. Se si inoltra successivamente a quest’ultima data, la decorrenza è dal 7 giorno successivo alla trasmissione. È importante tenere presente il termine di decadenza, definito secondo le circostanze specifiche della cessazione del lavoro. Ecco i diversi scenari: Cessazione del rapporto di lavoro: La domanda deve essere presentata entro 68 giorni dalla data in cui il rapporto di lavoro è cessato; Cessazione del periodo di maternità indennizzato: Se il periodo di maternità è insorto nel corso del rapporto di lavoro e successivamente è cessato, la domanda deve essere presentata entro 68 giorni dalla cessazione del periodo di maternità indennizzato; Cessazione del periodo di malattia indennizzato o di infortunio sul lavoro/malattia professionale: Se il periodo di malattia indennizzato o di infortunio sul lavoro/malattia professionale è insorto nel corso del rapporto di lavoro e successivamente è cessato, la domanda deve essere presentata entro 68 giorni dalla cessazione di questo periodo.

Definizione della vertenza sindacale o notifica della sentenza giudiziaria: La domanda deve essere presentata entro 68 giorni dalla definizione della vertenza sindacale o dalla data di notifica della sentenza giudiziaria; Cessazione del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate: La domanda deve essere presentata entro 68 giorni dalla cessazione del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso, considerato in giornate; Licenziamento per giusta causa: Se il licenziamento è avvenuto per giusta causa, la domanda deve essere presentata entro il trentottesimo giorno dopo la data di cessazione.

Di recente ed in via sperimentale, l’Inps ha adottato una nuova modalità di presentazione dell’istanza. È quanto stabilito nel messaggio n° 1488/2023 che adotta un metodo semplificato on line. Il nuovo servizio, in parallelo alle storiche modalità di trasmissione, è una procedura web precompilata popolata dai dati previdenziali in possesso dell’Istituto. Un controllo automatico consente di verificare se l’utente è in possesso di una partita Iva, dell’iscrizione ad albi o ordini professionali, dell’iscrizione alla gestione separata, o la titolarità di prestazioni previdenziali incompatibili, come l’assegno ordinario di invalidità. 

[Dr. Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La ricongiunzione, l’opzione per massimizzare la pensione futura

di UGO BIANCONel panorama previdenziale italiano la ricongiunzione è un’opzione fondamentale che consente ai lavoratori di unificare spezzoni di contribuzione, provenienti da diverse gestioni, in un unico fondo. Questa opportunità, regolata dalla legge 29/79, consente di beneficiare di una sola pensione più cospicua. Essa si richiede con apposita domanda quando l’assicurato possiede almeno due gestioni previdenziali nel corso della vita lavorativa. I contributi da ricongiungere non devono avere originato una pensione.

Esistono due tipologie principali di ricongiunzione. Si differenziano tra loro per il trasferimento dei contributi desiderato:

  1. la ricongiunzione, ai sensi dell’articolo 1 della legge 29/79, permette di trasferire nel Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (Fpld) tutti gli altri contributi posseduti in gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dell’Ago, come ad esempio l’ex Inpdap, i fondi speciali ferrovia, volo, telefonici, o nella gestione speciale dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti). Questo tipo di ricongiunzione era inizialmente gratuito, ma con l’emanazione della legge 122/2010 è divenuta onerosa.
  2. la ricongiunzione, ai sensi dell’articolo 2 della legge 29/79, consente di trasferire la contribuzione del Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD) verso altre gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dell’assicurazione obbligatoria (ad esempio ex-Inpdap, ferrovie, volo, elettrici, telefonici) o nella gestione speciale dei lavoratori autonomi. 

Affinché la domanda di ricongiunzione possa avere esito positivo è necessario possedere almeno cinque anni di contribuzione come lavoratore dipendente. 

Il processo di ricongiunzione prevede alcune fasi: Domanda di ricongiunzione: L’interessato deve presentare una richiesta formale al fondo pensione presso cui desidera unificare i contributi. Questa domanda deve essere accuratamente compilata e presentata secondo le procedure stabilite dal fondo pensione o dall’ente previdenziale competente; Valutazione della richiesta: Dopo aver ricevuto la domanda, il fondo pensione valuta la richiesta verificando la completezza dei documenti presentati e l’ammissibilità della ricongiunzione; Unificazione dei contributi: Una volta accettata la richiesta, i periodi di contribuzione lavorativa presso i differenti fondi pensione vengono uniti in un unico periodo di contribuzione.

Calcolo della pensione: Con i contributi unificati, viene calcolato il diritto pensionistico complessivo, tenendo conto dei criteri e delle regole previste dal sistema pensionistico vigente.

È importante sottolineare che la domanda di ricongiunzione può essere presentata una sola volta durante la carriera lavorativa, a meno che non trascorrano almeno 10 anni tra una prima e una seconda richiesta. I costi della ricongiunzione variano a seconda dei casi. In alcuni, come la ricongiunzione prevista dall’articolo 1 della legge 29/79 (ad esempio, da Inpdap a Inps), non ci sono oneri per il lavoratore. In altri, la ricongiunzione, regolata dall’articolo 2 della legge 29/79 (ad esempio, da Inps a Inpdap), riserva costi elevati che dipendono dalla quantità dei contributi da trasferire, dall’età e dalla retribuzione del lavoratore alla data della domanda. 

 

[Ugo Bianco è Presidente Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: L’isopensione, uno strumento di prepensionamento

di UGO BIANCOL’isopensione è uno strumento di prepensionamento introdotto dalla legge 92 del 28 giugno 2012 (Legge Fornero) e prorogata fino al 2026 con il decreto Milleproroghe 2023. Consente ai lavoratori dipendenti di aziende con più di 15 unità di anticipare la pensione rispetto ai requisiti ordinari. Gli interessati, in condizioni di esubero, devono essere assunti a tempo indeterminato e maturare i requisiti pensionistici entro 7 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Per attuare questa opportunità, l’azienda deve sottoscrivere con le organizzazioni sindacali un accordo che stabilisce la modalità ed il numero dei lavoratori ammessi al programma di esodo. In caso di licenziamento collettivo, ai sensi dalla legge 223/199, è obbligatorio determinarsi alla stessa maniera. L’accordo non è valido per raggiungere i requisiti della pensione in quota 100, 102 e 103. Nel 2024 un dipendente privato che decide di sfruttare il massimo scivolo di sette anni, può aderire all’isopensione con 60 anni e 4 mesi di età, senza aspettare al 2031, quando decorrerà la pensione di vecchiaia, prevista a 67 anni e 4 mesi d’età.

In questo scenario, l’azienda è responsabile del finanziamento dell’Isopensione, poiché si impegna a trasferire risorse finanziarie all’Inps necessarie per il pagamento mensile dei fruitori della misura. Oltretutto, è previsto l’accredito della contribuzione previdenziale (c.d. contribuzione correlata), la cui quantificazione si basa sulla retribuzione media mensile ai fini previdenziali e l’aliquota di finanziamento del fondo di categoria. Ad esempio, nel caso di lavoratori privati è del 33%.

Per ulteriori dettagli sulla determinazione della contribuzione si possono consultare i messaggi Inps 3096/2015, 4704/2015, 5804/2015 e 4095/2016. A tutelare i dipendenti da un’eventuale insolvenza, l’azienda è obbligata a presentare all’Inps una fidejussione bancaria. Per inadempienza oltre i 180 giorni, l’istituto può incassare l’intera fidejussione e continuare ad erogare il trattamento pensionistico. Tuttavia, se il garante non liquida la fidejussione, verrà interrotto il rateo e di conseguenza la contribuzione. 

Come fare domanda? 

Per attuare il piano di esodo isopensione il datore di lavoro deve compilare il modulo SC77 previsto dall’articolo 4, commi da 1 a 7-ter, legge 28 giugno 2012, n. 92. In esso va incluso il programma di prepensionamento, l’elenco dei lavoratori interessati e il relativo accordo aziendale.

Quando fare domanda?

A seguito della comunicazione di accettazione della garanzia fideiussoria, il datore di lavoro trasmette alla sede Inps, competente per residenza del lavoratore, la richiesta di isopensione per ogni singolo addetto. Sottoscritta dal lavoratore e dal legale rappresentante dell’azienda, deve essere redatta utilizzando il  modulo AP97.

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La pensione supplementare, un beneficio economico aggiuntivo

di UGO BIANCOLa pensione supplementare è una prestazione economica erogata al pensionato che intende utilizzare separatamente i contributi previdenziale diversi da quelli che hanno dato origine alla pensione principale. Ciò avviene quando la contribuzione della singola gestione non è sufficienti per ottenere una prestazione in autonomia.

In questa circostanza, qualora non si opta per la ricongiunzione, la totalizzazione o cumulo, si potrà ottenere una seconda rendita. Il pagamento non avviene in modo automatico, ma è necessario fare domanda all’Inps. In questo articolo, esploreremo i destinatari, i requisiti ed il calcolo dell’importo di questo ulteriore trattamento pensionistico.

Chi può richiedere la pensione supplementare?

È destinata ai titolari di una pensione principale a carico: dei Fondi Ago (fondo lavoratori dipendenti e gestioni speciali degli autonomi). In questo caso è consentito ricevere il rateo qualora l’ulteriore contribuzione è versata nella gestione separata. Per quanto riguarda i liberi professionisti, le casse professionali possono riconoscere una pensione supplementare se è prevista dal loro regolamento interno; dei Fondi Sostitutivi, come ad esempio il Fondo trasporti, il Fondo Dazio, il Fondo Volo. Il pensionato può usufruire dell’ulteriore prestazione per la contribuzione che si trova nel Fondo AGO, nella GS (gestione separata), Inpgi ed Ex Enpals. Per le casse professionali vale la stessa regola descritta sopra; dei Fondi Esclusivi, a cui sono iscritti la maggior parte dei lavoratori pubblici, i dipendenti delle poste ed il personale ferroviario iscritto al Fondo Speciale delle Ferrovie dello Stato; delle Casse professionali, come ad esempio avvocati, commercialisti e medici, che hanno versato somme nella GS (gestione separata).  

Quali sono i requisiti?

Per ottenere l’ulteriore assegno pensionistico è necessario soddisfare alcuni requisiti chiave: essere titolare di una pensione a carico di un fondo Ago, di un Fondo Sostitutivo, Esclusivo o di una Cassa Professionale; avere almeno un contributo settimanale nel fondo in cui si richiede la pensione supplementare; non avere maturato il requisito minimo per la pensione ordinaria nel fondo dove si richiede la pensione supplementare; Avere l’età per la pensione di vecchiaia secondo la legge Fornero. Nel 2024 è fissata a 67 anni d’età.

Come viene calcolata?

Il calcolo dell’importo della pensione supplementare è un processo complesso che tiene conto di diversi fattori. In generale, da una maggiore l’anzianità contributiva e retributiva ne scaturisce un l’importo mensile più cospicuo. Il calcolo specifico varia a seconda del sistema pensionistico a cui il lavoratore è assoggettato:

Sistema Retributivo: Per coloro che hanno almeno 18 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 1995, l’importo della pensione supplementare viene calcolato sulla base della contribuzione versata fino al 31 dicembre 2011 utilizzando il sistema retributivo. In questo calcolo, si considera l’anzianità contributiva e la retribuzione media degli ultimi anni lavorativi. Coefficienti stabiliti per legge, che variano in base all’anno di pensionamento, sono applicati per determinare l’importo finale della pensione supplementare.

Sistema Misto: Per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare entro il 31 dicembre 1995, ma con meno di 18 anni di contribuiti a questa data, il sistema misto combina elementi del retributivo fino al 31 dicembre 1995 e del contributivo dal 1° gennaio 1996. 

Sistema Contributivo: Per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, l’importo della pensione supplementare dipende interamente dai contributi versati nell’intera vita lavorativa, dall’età al momento del pensionamento e dal relativo coefficiente di trasformazione. 

Da quando decorre?

Per quanto riguarda i tempi, la prestazione supplementare inizia a decorrere dal mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa.

È importante sottolineare che la pensione supplementare non può essere integrata al trattamento minimo previsto dall’articolo 7 della legge 155/1981. (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: Benefici e vantaggi fiscali della contribuzione volontaria

di UGO BIANCO –  Chi smette di lavorare prima di aver raggiunto il requisito contributivo minimo per la pensione può richiedere la prosecuzione volontaria. Lo stabilisce l’articolo 9 del DPR 1432 del 1971. Questa opzione permette all’ex lavoratore di accollarsi l’onere di versare la contribuzione mancante ed evitare che i propri contributi rimangono dormienti.

Il decreto legislativo 184 del 1997 ha esteso questa prerogativa, originariamente riservata ai lavoratori dipendenti privati e autonomi, agli iscritti alla gestione separata. Tale tipologia di contribuzione è parificata ai versamenti obbligatori, sia per il raggiungimento del diritto che per la misura. L’interessato per conoscere l’ammontare della spesa deve presentare apposita istanza. L’Inps che ne segue l’istruttoria, concede o rigetta l’autorizzazione, in base alla verifica dei requisiti dichiarati. 

Chi può versare i contributi volontari Inps?

Possono decidere di versare la contribuzione volontaria:

  1. I lavoratori dipendenti e autonomi che non svolgono attività e non sono iscritti all’Inps o ad altri tipi di previdenza;
  2. I lavoratori parasubordinati che non svolgono attività e non iscritti alla gestione separata o ad altri tipi di previdenza obbligatoria;
  3. Liberi professionisti che non svolgono attività e non sono iscritti alla propria cassa di previdenza o ad altre tipologie di previdenza obbligatoria;
  4. Lavoratori afferenti ai fondi speciali (elettrici, telefonici, autoferrotranvieri) non iscritti alla propria gestione o ad altre forme di previdenza obbligatoria;
  5. I titolari dell’assegno ordinario di invalidità o della pensione di reversibilità.

Quali sono i requisiti per ottenere l’autorizzazione? 

Il lavoratore deve dimostrare di possedere alternativamente:  

  •  tre anni di contribuzione nei cinque antecedenti la domanda di autorizzazione;
  • cinque anni di contribuzione, a prescindere dal posizionamento temporale dei versamenti.

Qual’è la contribuzione valida ai fini dell’autorizzazione? 

   I contributi obbligatori previsti per i lavoratori dipendenti o autonomi;

   I contributi derivati dal riscatto;

   Contribuzione figurativa da CIG, da TBC o da aspettativa;

Sono esclusi tutti i contributi (c.d. periodi neutri) riferiti al servizio militare, alla maternità o alla disoccupazione indennizzata. 

Chi non può versare i contributi volontari?

Non è consentito versare i contributi volontari alle seguenti categorie: 

  1. Lavoratori iscritti a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria;
  2. Lavoratori titolari di pensione diretta erogata da qualsiasi gestione previdenziale obbligatoria;
  3. Lavoratori autonomi iscritti all’Inps;
  4. I liberi professionisti iscritti alla casse professionali. 

Come fare domanda di autorizzazione?

La richiesta si trasmette all’Inps in via telematica, completa dei dati anagrafici, del codice fiscale e dell’indirizzo di residenza. Fondamentale è la scelta della gestione di accantonamento dei versamenti e la condizione lavorativa alla data della domanda. 

Quanto si paga?

L’importo dei contributi volontari è determinato applicando l’aliquota contributiva, stabilita annualmente per ogni categoria, alla retribuzione percepita nelle 52 settimane precedenti la data di presentazione della domanda di autorizzazione. La circolare Inps n. 36 del 21 febbraio 2024 ha stabilito i nuovi parametri di calcolo dei versamenti volontari. Ovviamente, per ognuna di esse esiste un metodo diverso di determinazione dell’importo annuale. Oltretutto, a fare la differenza è anche la decorrenza dell’autorizzazione, stabilita prima o dopo il 31 dicembre 1995. Un esempio riguarda gli ex lavoratori dipendenti per i quali l’ammontare del contributo volontario settimanale si ottiene applicando alla retribuzione dell’ultimo anno di lavoro, l’aliquota del 27,87 %, se autorizzati fino al 31 dicembre 1995, e del 33 %, per quelle successive. 

Quali sono i vantaggi fini fiscali? 

Ai sensi dell’articolo 10 del Tuir (DPR 22 dicembre 1986 n. 917) il vantaggio fiscale per chi versa i contributi volontari consiste nella possibilità di dedurre dal reddito complessivo l’intero importo. 

[Ugo Bianco è Presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi  – Dipartimento Calabria]

 

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: Una sentenza a sostegno dell’invalidità

di UGO BIANCOLa sentenza della Corte Costituzionale n. 152 del 23 giugno 2020 dichiarando incostituzionale l’articolo 38 comma 4 della legge 448 del 2001 ha segnato un momento epocale nel panorama legislativo italiano. Mi riferisco al cosiddetto “aumento al milione”, inizialmente pari a € 516,46, attribuito ai disabili al compimento del sessantesimo anno d’età e titolari di prestazioni assistenziali e previdenziali.

I giudici costituzionali hanno ritenuto discriminatorio e incoerente tale requisito anagrafico, poiché il minorato, a partire dai diciotto anni, non vive una condizione poco meritevole di tutela. Questa circostanza è alla base della nuova applicazione normativa, in vigore dal 20 luglio 2020, che certamente ha segnato un vero passo avanti nella protezione dei disabili.

Mi riferisco agli invalidi civili totali riconosciti dall’articolo 12 della legge 118/71, i sordi e ciechi totali, ai sensi dalla legge 381/1970 e 382/1970, nonché i titolari di trattamenti pensionistici istituiti dalla legge 222/1984. Le modalità di applicazione della maggiorazione sono contenute nella circolare Inps n° 107 del 23 settembre 2020, che dopo tre mesi dalla pubblicazione della sentenza, ha dato corso agli adeguamenti pensionistici. In questo articolo cercherò di focalizzare i punti essenziali che caratterizzano la platea dei nuovi beneficiari.

Quali sono i requisiti anagrafici?

Il diritto alla maggiorazione è riconosciuto a tutti i titolari di pensione di inabilità che hanno compiuto i diciotto anni.

Quali sono i requisiti reddituali?

Nel 2024 per ottenere il beneficio economico è necessario rispettare i seguenti limiti reddituali: Il richiedente non coniugato deve possedere redditi propri che non superano i 9.555,65 euro annui (pari all’importo massimo moltiplicato per tredici mensilità); Il richiedente coniugato (non effettivamente e legalmente separato) deve possedere: a) redditi propri non superiori a 9.555,65 euro annui; b) redditi cumulati con quelli del coniuge di importo annuale non superiore a 16.502,98.

Ai fini del calcolo concorrono i redditi assoggettabili all’Irpef (tassazione ordinaria o separata), i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti Irpef sia del titolare che del coniuge. 

Non si considerano ai fini del reddito la rendita catastale della prima abitazione, le pensioni di guerra, l’indennità di accompagnamento, l’importo aggiuntivo di 154,94 euro, i trattamenti di famiglia, l’indennizzo a favore dei soggetti affetti da complicanze irreversibili provocate da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o somministrazioni di emoderivati. 

Per esempio, vediamo qual’è l’incremento previsto per la pensione degli invalidi civili totali nel 2024. 

Con riferimento all’allegato 2 della circolare Inps n. 1/2024 tabella M5 chi è riconosciuto invalido civile al 100 %, dalla competente commissione medica Inps, nel rispetto dei limiti reddituali, riceverà la prestazione economica base di 333,33 euro, a cui si somma la maggiorazione per un valore massimo di € 401,72. Dunque la pensione di inabilità civile potrà arrivare a 735,05 euro.  (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: L’assegno unico universale

di UGO BIANCOL’Assegno Unico Universale è un sostegno economico erogato mensilmente dall’Inps alle famiglie con figli a carico fino al ventunesimo anno d’età. La parametrazione della somma erogata varia a seconda della composizione del nucleo familiare e del valore Isee. La presenza di un figlio disabile non rileva nessun limite anagrafico ai fini della percezione.

In vigore da marzo 2022, rappresenta un radicale cambiamento del welfare familiare italiano. A stabilirne le regole è il Decreto Legislativo 230/2021. Prima della sua attuazione i sostegni economici ai nuclei familiari erano frammentati e caratterizzati da una miriade di criteri. Non è trascorso molto tempo da quando sono stati messi in soffitta gli assegni al nucleo familiare in presenza di figli minori, il Bonus Bebè ed il Bonus mamma domani. In questo articolo, cercherò di mettere in luce gli aspetti chiave della misura e le novità previste nel 2024.

Chi sono i beneficiari?

L’Assegno unico universale è destinato alle famiglie con figli minori, maggiorenni fino a 21 anni d’età e figli disabili senza limiti anagrafici. Per ricevere il sostegno economico, il figlio maggiorenne deve essere nelle seguenti condizioni:

  • studente universitario o frequentare corsi di formazione scolastica o professionale; 
  • svolgere un tirocinio o un’attività lavorativa da cui riceve un reddito complessivo annuo inferiore a 8000 euro;
  • essere iscritto come disoccupato ed in cerca di un lavoro presso il centro per l’impiego;
  • svolgere il servizio civile universale. 

Quali sono i requisiti? 

L’articolo 3 comma 1 lettera a) del decreto legislativo 230/2021 stabilisce che il richiedente, alla data della domanda, sia in possesso di determinati requisiti di cittadinanza e di soggiorno. Nello specifico, occorre essere cittadino italiano, o cittadino di uno stato UE o extracomunitario con permesso di soggiorno europeo di lungo periodo o del permesso unico necessario per svolgere un’attività lavorativa o di ricerca per più di sei mesi. Essere residente o domiciliato in Italia, nonché assoggettato al pagamento delle imposte. La residenza deve riferirsi almeno a due anni, anche non continuativi o possedere un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato con durata minima di sei mesi. Infine, aver presentato una Dsu (Dichiarazione Sostitutiva Unica) con certificato Isee in corso di validità.  

Quanto spetta con l’Assegno unico universale nel 2024? 

È necessario ricordare che l’Inps con messaggio n. 572 dell’8 febbraio 2024 ha comunicato i nuovi importi per il 2024. Gli stessi tengono conto della rivalutazione Istat pari al 5,4 %. del 7 novembre 2023. L’importo mensile passa da 189,20 euro a 199,40 euro per figlio, in corrispondenza di un Isee che non supera i 17.090,61 euro. L’importo minimo passa da 54,10 euro a 57,20 euro nei casi di assenza dell’Isee o di valore pari o superiore a 45.875 euro. 

L’imposto dell’assegno può essere maggiorato in presenza di una delle seguenti condizioni aggiuntive: 

  • nuclei familiari numerosi (presenza di figli successivi al secondo);
  • figli con meno di in anno d’età;
  • minori compresi tra 1 e 3 anni per nuclei familiari con almeno tre figli;
  • madri di età inferiore a 21 anni;
  • nucleo con quattro o più figli;
  • genitori entrambi titolari di reddito di lavoro;
  • figli con disabilità;

Nel corso del 2024 sono confermate ulteriori maggiorazioni stabilite dalla legge di Bilancio 2023. Esse riguardano in particolare: un aumento del 50 % dell’importo per figli con meno di un anno; un aumento del 50 % della maggiorazione forfettaria per i nuclei da quattro figli in poi; ulteriori aumenti in favore di nuclei familiari con figli disabili. 

L’importo mensile dell’assegno è diviso tra i due genitori o tra chi è titolare dell’affido condiviso. Tuttavia è valida la possibilità di stabilire un accordo che consente alle parti di percepire l’intera somma. Anche quest’anno, per la determinazione del nuovo importo mensile, si deve presentare una nuova Dsu. In sua assenza, a partire dal mese di marzo, il calcolo della prestazione sarà riferito all’importo minimo. (ub)

[Ugo Bianco è presidente Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La pensione anticipata per i lavoratori precoci

di UGO BIANCONella complessa trama della legislazione pensionistica italiana la pensione anticipata dei precoci rappresenta l’opportunità di ricevere un trattamento economico prima delle condizioni ordinarie. I lavoratori dipendenti ed autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria o alle sue forme sostitutive ed esclusive, possono cogliere questa opportunità in presenza di specifici requisiti. A stabilirlo è l’articolo 1 comma 199 della legge 232/2016, reso attuativo dal Dpcm 87 del 23 maggio 2017, che ha introdotto un canale alternativo con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, in presenza di un anno di lavoro entro il diciannovesimo anno d’età e per una specifica categorie di lavoratori. Si considerano validi tutti i contributi accreditati a qualsiasi titolo, in una sola gestione, quando si raggiungono 41 anni di versamenti di cui almeno 35 anni di contribuzione effettiva di lavoro.

Qualora, si ha una doppia gestione, autonomo e dipendente, se l’anno contributivo precoce ricade nella prima, la seconda necessita di almeno 41 anni di contributi. In questo caso il lavoratore andrà in pensione con 42 anni di contribuzione. L’Inps ha chiarito che sono validi i periodi di lavoro all’estero, oltre a quelli riscattati per omessi versamenti contributivi. È consentito il cumulo ai sensi dalla legge 228/2012. Vale a dire che è possibile sommare tutti i contributi, non coincidenti, accreditati in più gestioni pensionistiche obbligatorie e nelle casse professionali.

Chi sono i lavoratori interessati?

Confermati anche per il 2024, sono cinque i profili tutelati che ricadono nella normativa: 

  1. il lavoratore dipendente in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzioni consensuali ai sensi dell’articolo 7 legge 604/1966, con l’ndennità di disoccupazione terminata da almeno tre mesi;
  2. il lavoratore dipendente o autonomo che assiste, alla data della richiesta almeno da 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente, riconosciuto disabile grave ai sensi dell’articolo 3 comma 3 legge 104/1992. Dal 1 gennaio 2018 tra gli assistiti sono stati introdotti il parente o un affine di secondo grado, sempre convivente, a condizione che il coniuge ed i genitori del disabile sono: ultrasettantenni; affetti da patologie invalidanti; deceduti; mancanti;
  3. il lavoratore dipendente o autonomo con un grado di invalidità, riconosciuto dalla commissione per le invalidità civili dell’Inps, pari o superiore al 74 %;
  4. il lavoratore che svolge una professione da almeno sei anni, negli ultimi sette in modo continuativo, o sette anni negli ultimi dieci, classificata come gravosa dal decreto del ministero del lavoro 5 febbraio 2018;
  5. il lavoratore dipendente che, ai sensi dell’articolo 1 commi 1 e 3 del decreto legislativo 21 aprile 2011 n. 67, svolge mansioni usuranti o lavoro notturno per almeno 64 notti nell’anno;

Come si ottiene la pensione? 

L’accesso alla pensione dei precoci è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa da dipendente, autonomo o parasubordinato. L’iter amministrativo inizia dalla richiesta di certificazione, obbligatoria per il riconoscimento del diritto. Entro il 1° marzo di ogni anno, alla maturazione del requisito, va inoltrata all’Inps. Dopo tale data ed entro il 30 novembre 2024, le istanze presentate saranno prese in esame in base alla disponibilità di risorse finanziarie residue. Al primo blocco verrà data risposta entro il 30 giugno, mentre al secondo per fine anno. L’esito viene comunicato con lettera all’interessato. Qualora l’istituto certifica lo status di precoce, l’iscritto deve inoltrare domanda di pensione anticipata con i requisiti agevolati. 

Con quale decorrenza?

L’assicurato che matura i requisiti dal 1 gennaio 2019 è soggetto ha una finestra mobile di tre mesi, che fa slittare il pagamento della prima rata di pensione. Ad esempio, chi perfeziona i requisiti di accesso il 15 febbraio 2024 si pagherà il primo rateo dal 1 giugno dello stesso anno. Nel caso di personale pubblico, iscritto alle vecchie casse CPDEL, CPS, CPI e CPUG, ai sensi dell’articolo 1 comma 162 della legge n. 2013/2023 (legge di bilancio 2024) la finestra mobile è stata ulteriormente allungata nel seguente modo:

  • 4 mesi con requisito maturato tra il 1 gennaio 2025 ed il 31 dicembre 2025;
  • 5 mesi con requisito maturato tra il 1 gennaio 2026 ed il 31 dicembre 2026;
  • 7 mesi con requisito maturato tra il 1 gennaio 2027 ed il 31 dicembre 2027;
  • 9 mesi con requisito maturato dal 1 gennaio 2028. 

La tabella seguente illustra una sintesi dei requisiti per la pensione anticipata dei lavoratori precoci dal 2024 al 2028. (ub)

La tabella seguente illustra una sintesi dei requisiti per la pensione anticipata dei lavoratori precoci dal 2024 al 2028

[Ugo Bianco è presidente Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]