MEZZOGIORNO, CALABRIA E QUALITÀ ARIA
DATI POSITIVI, SI PUÒ ATTRARRE TURISMO

di PIETRO MASSIMO BUSETTAMacerata é la città ideale. Matera è  la terza, Brindisi la quarta e Bari la quinta. La classifica viene intitolata dal Corriere della Sera: “dove si vive meglio”.

Vogliamo dare credibilità ad una classifica che raccoglie 12 milioni di dati sul clima? Vogliamo dare forza ad una classifica che ribalta le due classifiche principali sulla qualità della vita costruite dal Sole 24 ore e da Italia oggi? Probabilmente no. 

Non hanno ragione queste ultime così come non ha   ragione quella  che analizza  le  variabili di alcuni elementi essenziali che caratterizzano il vivere bene in una realtà. 

E cioè il fatto che si possa respirare aria pulita, si abbia una insolazione per molte ore, ma anche temperature miti, assenza di nebbia.  Perché certamente contribuiscono anche  ad una buona qualità della vita il fatto che gli ospedali siano efficienti, che l’offerta formativa sia di alto livello, che la possibilità di movimento sia buona. Possiamo trovare tante  variabili che caratterizzano il viver bere ma certo se è valido il detto latino: “primum vivere, deinde philosofari”, prima vivere poi filosofare, lo è altrettanto un principio che preveda che vi siano alcune esigenze primarie da soddisfare, la prima delle quali è quella di poter respirare un’aria pulita e avere un sistema che consenta una aspettativa di vita più lunga possibile.  

In tal caso ci si accorgerebbe che il Sud ha una vita media inferiore di qualche anno a quella del Nord, fatto probabilmente  dovuto ad una peggiore condizione della assistenza sanitaria. 

Un altro dato diffuso oggi ci deve far riflettere. L’informazione è: «Attesi in 68 milioni, dato migliore dal 2000.  Sarà un estate da record per il turismo italiano. Le previsioni per i prossimi mesi prevedono infatti un vero e proprio boom di presenze, con 68 milioni di turisti e quasi 267 milioni di pernottamenti». 

Numeri più alti anche del periodo pre-pandemico, con una stima di spesa di 46 miliardi (+5,4% rispetto al 2022). Il nostro Paese si conferma una delle destinazioni più ambite al mondo, ma non la prima come dovrebbe essere. 

Una estate da tutto esaurito conferma la nota del «Tourism Forecast Summer 2023» dell’Istituto Demoskopika che rappresenta un potenziamento ottimo del comparto.

Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, conferma che «si potrebbe registrare il valore più alto, dal 2000, non solo degli arrivi, ma anche delle presenze. Ma tale evidenza  comporta che il Governo continui nell’azione di ripresa del settore,  offrendo una visione maggiormente sistemica alla programmazione turistica per i prossimi anni, ad oggi ancorata prioritariamente alle sole imprese e insufficientemente a territori e mercati». 

Rio sottolinea anche la necessità di distribuire in modo più strategico i flussi turistici, ad oggi concentrati per oltre la metà in sole quattro o cinque destinazioni regionali, su tutto il territorio nazionale.

Cosa ci sia in comune tra questi due dati, qual sia il filo rosso che li lega sembrerebbe non facile da capire. In realtà invece sottende a ciascuno dei due dati l’esigenza di un diverso più equilibrato progetto di sviluppo del Paese, che preveda un utilizzo più intenso di una parte e una serie di norme che prevedano, se non addirittura il blocco, perlomeno elementi di disincentivazione che scoraggino insediamenti industriali in una realtà come quella della pianura padana, ma anche del  Veneto, dove la concentrazione di attività produttive è molto alta e, conseguentemente, l’antropizzazione del territorio estrema. 

Così come elementi di disincentivazione, come per esempio il numero chiuso, che evitino che alcune nostre realtà di grande bellezza, come Venezia, Firenze e Roma, diventino nuove Disneyland nelle quali invece di godere della bellezza della Fontana di Trevi, o del Ponte Vecchio, o del ponte di Rialto, si abbia la sensazione di essere in un circo dove tutto perde di valore e del significato profondo di gustare storia, tradizioni, cultura e si finisca  per essere parte di una visita alla National Geographic, che lascia una sensazione superficiale e che potrebbe essere uguale in un qualunque altro sito in cui si potrebbero ricostruire i monumenti,  come se fossimo a Cinecittà. 

L’Italia è un Paese che può offrire una offerta turistica di una realtà talmente ampia di beni culturali, ambientali e storici che utilizzare e concentrare tutto in pochi siti é uno spreco incredibile. 

Tutto ciò non può avvenire senza un intervento molto preciso del Governo e senza un’ipotesi alternativa di sviluppo del turismo che ancora oggi non mi pare si stia studiando. 

In tale logica una normativa che preveda al Sud delle Zes  turistiche potrebbe risultare estremamente interessante. Così come le Zes  manifatturiere, se non vi fosse una bulimia incontrollata di alcune realtà, che ha avuto come conseguenza risultati terribili per esempio nel caso del Covid, così come con l’alluvione della Romagna, che certamente ha una concausa in una eccessiva antropizzazione del territorio e che contribuiscono all’appesantimento di una situazione di per sé grave, dovrebbero essere la risposta alla eccessiva concentrazione delle attività nel Nord.

Se tutto ciò  dovesse avvenire probabilmente le classifiche della qualità della vita, prevedendo anche quelle della qualità dell’aria, avvicineranno tra loro Nord e Sud, mentre per raggiungere le vette delle presenze turistiche tra i paesi più visitati al mondo, non sarà necessario continuare a stipare gente in una Venezia ormai overbooked, perché potremmo incoraggiare a visitare oltre Napoli anche Palermo, Agrigento, o Reggio Calabria. 

Riuscire ad avere una visione tale da utilizzare tutto il territorio, in maniera sinergica per l’obiettivo comune che é lo sviluppo del Paese e la crescita tra le democrazie occidentali, è il vero obiettivo degli anni 2000 e di un esecutivo  che vuole governare per la legislatura. (pmb)

 [Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

«QUA SI CAMPA D’ARIA», PERÒ È PULITA
E LEGAMBIENTE PUNTA A EMISSIONI ZERO

Parafrasando Otello Profazio, con la sua conosciutissima ballata Qua si campa d’aria, si può dire che però, almeno, è aria di ottima qualità. Lo certifica Legambiente secondo la quale in Calabria la qualità dell’aria è buona. L’Associazione, infatti, ha pubblicato i risultati del report Mal’Aria di città. Cambio di passo cercasi, evidenziando che nella nostra regione non ci sono criticità importanti, o quasi.

I dati, infatti, sono parziali perché aggiornati solo fino a giugno 2022 per indisponibilità degli ulteriori dati ufficiali non presenti sul sito di Arpacal. Nonostante questo, quello che merge da Mal’Aria di città è che a differenza di molte città del Nord e del Centro del Paese in cui le concentrazioni di sostanze inquinanti mettono a rischio il benessere e la salute dei cittadini, per l’anno 2022 i capoluoghi calabresi rispettano i limiti di legge sia per le polveri sottili (PM10 e PM2.5) che per  il biossido di Azoto (NO2).

Tuttavia alcuni valori (PM2.5 a Cosenza e PM10 e NO2 a Crotone) risultano superiori ai nuovi obiettivi  europei al 2030 così come l’NO2 in tutte le città ed in particolare in diverse città che risultano superiori a quanto stabilito dall’OMS. Si tratta di situazioni che necessitano di attento monitoraggio e di interventi di riduzione delle emissioni (in particolare su Crotone e Cosenza).

Per la Calabria in particolare, i parametri delle PM2.5, molto pericolose per la salute umana, vedono tra le città virtuose Vibo Valentia, Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone (4 μg/mc) che si trovano già tutte sotto il limite di 10 μg/mc stabilito per il 2030. Catanzaro e Crotone, si trovano anche in linea con i limiti raccomandati dall’OMS (5 μg/mc).

Per quanto riguarda, invece, l’NO2 dai dati emerge che tutte le città calabresi sono sopra i limiti dell’OMS anche se tra le poche città italiane che si avvicinano, in positivo, al limite OMS (concentrazione di NO2 minore o uguale a 10 μg/mc) ci sono Catanzaro (13 μg/mc), Reggio Calabria e Vibo Valentia (12 μg/mc), mentre Crotone risulta sopra i limiti previsti per il 2030.

«Il report Mal’aria 2023 – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – ci consegna dati tendenzialmente positivi per la nostra Regione, grazie anche ad un complesso di fattori tra cui le caratteristiche naturali dei territori e la carenza storica di un tessuto industriale inquinante, rilevando nelle nostre città capoluogo, una qualità dell’aria, meno preoccupante per la salute rispetto ai dati nazionali».

«Tuttavia costituisce un segnale allarmante – ha evidenziato – soprattutto a fronte dei dati sul biossido di azoto che dipende dal traffico veicolare, la circostanza che i dati ufficiali si fermino al mese di giugno 2022 quando dovrebbe esserne garantita la fruibilità e rese trasparenti le notizie sull’effettivo funzionamento delle centraline di monitoraggio, per come previsto dalla normativa vigente».

«Appare evidente – ha rilanciato – come tutti i soggetti coinvolti, a partire dalla Regione Calabria, debbano attivarsi per  risolvere la problematica  nell’interesse della collettività calabrese, al fine di ripristinare strumenti di analisi efficaci e capillari sulla salubrità dell’ambiente ed evitare eventuali infrazioni comunitarie».

«Altrettanto evidente – ha concluso –  appare la necessità di mettere in atto, anche nelle città calabresi, per renderle più vivibili e sicure, le proposte avanzate da Legambiente nel report, per contrastare l’inquinamento atmosferico e per migliorare la qualità della vita delle persone».

Che fare, allora? È la stessa Legambiente a rispondere, proponendo una serie di interventi «a misura di città»:  Col passaggio dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle Zez (Zone a zero emissioni), per esempio. «Come dimostra l’esperienza di Milano (con l’area B) e, soprattutto, dell’ultra Low Emission Zone londinese – ha spiegato Legambiente – le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti riducono le emissioni da traffico del 30% e del 40%».

«Serve un grande piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata – ha ribadito Legambiente – e incentivare una drastica riconversione delle abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione di misure strutturali, come il Superbonus, opportunamente corretto dagli errori del passato come gli incentivi alla sostituzione delle caldaie a gas». Per questo, propone di utilizzare le low emission zone – zone a basse emissioni anche per il riscaldamento.

Altra azione necessaria, per l’Associazione, è il potenziamento del trasporto pubblico e trasporto rapido di massa attraverso  la quadruplicazione dell’offerta di linea e la promozione di abbonamenti integrati, come fece la Germania nell’estate del 2022. Per aiutare ulteriormente l’ambiente si potrebbe incentivare la mobilità elettrica condivisa (auto, micro, bici, van e cargo bike) e realizzare ulteriori 16.000 km di percorsi ciclabili.

Ancora, sarebbe opportuno «ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo, “città dei 15 minuti”, sicurezza stradale verso la “Vision Zero”, “città 30” all’ora seguendo l’esempio di Cesena, Torino, Bologna e Milano», ha sottolineato Legambiente, ribadendo la necessità di rendere tutto elettrico anche prima del 2035. Un obiettivo che si può raggiungere «grazie – viene spiegato –  alla progressiva estensione delle Zez alla triplicazione dell’immatricolazione di autobus elettrici e l’istituzione dei distretti ZED (Zero Emissions Distribution)».

Soluzioni necessarie, soprattutto se «l’inquinamento atmosferico causa, ogni anno, in Italia più di 50 mila morti, oltre a contribuire a indebolire irrimediabilmente la salute dei cittadini», ha spiegato l’Associazione.

«Respirare aria pulita è un diritto fondamentale, ma in molte città italiane, l’emergenza smog è ancora una realtà» si legge sul sito della petizione online lanciata da Legambiente, dal titolo Ci siamo rotti i polmoni. No allo smog!

«È tempo di pretendere città più pulite e più vivibili». (rrm)