La satira feroce su potere e mafia nel divertente film di Demetrio Casile

Il matrimonio più sconvolgente della storia è un film divertente, ma non  è un film comico, almeno non per come ci hanno abituato alcune inguardabili pellicole degli ultimi tempi, sguaiate e povere di contenuti. Demetrio Casile, regista e sceneggiatore reggino di successo, percorre la difficile via del paradosso per proporre, riuscendoci, un film che fa della satira la sua mission, per sbeffeggiare il potere (o quello presunto tale) dei mafiosi di provincia usi a dettare legge e, ovviamente, anche a superarla. Si parte con la “conquista” dei luoghi del potere (il palazzo della Provincia) con il boss in Ferrari che prende a calci nel sedere impiegati e funzionari “inutili” e s’impossessa dell’intero edificio per farne la sua fastosa magione. Ma anche i boss hanno un cuore e magari una sorella da maritare e qui s’inanella una strepitosa altalena di personaggi presi dalla vita di tutti i giorni che fanno di tutto per compiacere il boss e far arrivare a termine un matrimonio che più sconvolgente non si può.

Giacomo Battaglia, attore reggino molto amato nella sua città, è scomparso mentre il film era in post-produzione: incarna con sottile ironia un boss che verosimilmente è la macchietta di se stesso, ordina, comanda, telefona al Papa, dispensa comparsate in tv e impone voci improbabili al festival di Sanremo, manifestando, con ridicola e inesistente autorità la pochezza del prepotente, di tutti i prepotenti, che alla fine persino un irriverente cagnolino riesce a sbeffeggiare. Il suo boss sprizza, tutto sommato, simpatia proprio perché riesce a satireggiare sull’immagine prevalente del malavitoso che, alla fine, non conta un beneamato…

Straordinario il personaggio della sorella Nunzia, un’impareggiabile quanto bravissima Paola Lavini che conquista lo spettatore, impadronendosi dello schermo senza mai debordare: è perfetta nel ruolo di sorella tamarra, illibata e tenerona, che veste improbabili mises che sono di per sé una comica naturale: pantaloni animalier, attillatissimi, abiti strizzati e coloratissimi, perfetta divisa da coatta in servizio permanente effettivo. Magnifica la scena dell’auto degli sposi ecologica al 100%, fatta solo da persone che mimano la vettura matrimoniale, con qualche evidente e spudorata frecciatina agli ambientalisti oltre misura.

Paola Lavini, Demetrio Casile e Gigi Miseferi
Paola Lavini, Demetrio Casile e Gigi Miseferi

Demetrio Casile ha realizzato il primo (vero) film italiano in crowfunding e pur tra mille difficoltà ha mostrato non solo di essere un talentuoso scrittore di cinema (il suo script Le ultime 12 ore di Gesù sta facendo incetta di premi negli Usa) ma di saper dirigere una commedia che ha l’obiettivo di divertire, lanciando irriguardosi segnali su un Sud e, soprattutto, una Calabria che sta cambiando per tutti, tranne che per il “potere”. La scelta di attori “di strada” si rivela vincente, come azzeccato è il coinvolgimento di un paio di scuole di ballo reggine che, grazie alla capacità e al talento dei ragazzi, offre un brio e una vivacità alla pellicola da far invidia a titolati musical.

È un film in economia (anche se è costato un paio di milioni), ma solo gli addetti ai lavori lo notano. Travolgente la musica e spettacolari i costumi delle drag queen che farebbero felice Almodovar: ma la Spagna non c’entra, c’è la maestria di Casile che tradisce, senza scampo, le sue radici artistico-pittoriche e realizza un affresco cinematografico fatto di citazioni e riferimenti, con un’allegria contagiosa. E non manca il lieto fine perché anche i cattivi s’inteneriscono. Insomma, un film bizzarro e stravagante, divertente e “tamarro” come i suoi adorabili protagonisti, che garantisce risate ma invita anche alla riflessione sull’a volte esagerata “devozione” di tanti poveri cristi nei confronti del boss ribaldo. È una satira spietata, giocata sul sorriso e sulle facili implicazioni che il potere (o presunto tale) riesce costruire prima di crollare impietosamente: per questo la simpatica canaglia di don Bastiano (Giacomo Battaglia) riesce persino a far tenerezza per la smaccata (e finta) arroganza di chi il potere in realtà non ce l’ha proprio.

Scontata e meritata standing ovation per Giacomo Battaglia prima, durante e alla fine del film, con qualche lacrima tra ospiti (l’on. Giusy Versace) e pubblico per un attore che era un amicone di tutti e un innamorato perso della sua città. È il film di Reggio che Casile ha saputo fotografare in maniera eccellente, offrendo una vetrina della città davvero superlativa, ma è anche il film di Giacomo Battaglia, il suo “regalo” alla città e a chi non smette di ricordarlo.

Facile prevedere che diventi un modello per qualche mega produzione straniera per un remake con nomi di grido e qualche firma di richiamo: intanto, dopo la prima reggina, Shocking Marriage (l’altro titolo, inglesizzato per far colpo su mercati stranieri) andrà nelle sale. Si ride, tenendo a distanza la noia: durante le riprese si sono divertiti tutti, dal regista fino all’ultimo figurante, si divertirà anche il pubblico. (s)


Il matrimonio più sconvolgente della storia
Soggetto, sceneggiatura, montaggio e regia di Demetrio Casile, con Paola Lavini, Giacomo Battaglia, Natale Bova, Pasquale Cassalia e Gigi Miseferi.
Musica di Lenzo Malafarina, Fotografia di Gino Sgreva.

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PERSONAGGI POPOLARI GENUINI

Una nota di PASQUALE AMATO

Il mio amico Santo Strati, giornalista di talento e di esperienza, è rimasto colpito dalla scelta che il regista ha fatto di personaggi popolari genuini. E mi ha provocato una riflessione che può sembrare esagerata ai soliti invidiosi ma risponde a verità. Saper individuare personaggi stravaganti e originali è una dote dei migliori registi, dote che anche con scarsi mezzi ha reso grande il cinema italiano nel mondo. Certe scene mi hanno fatto pensare alle geniali intuizioni di Fellini, De Sica, Rossellini, Comencini e tanti altri. Bravissimo Demetrio e bravissimi tutti a cominciare da Battaglia, che ha ricevuto un’ovazione di un pubblico che ha compreso il suo amore viscerale e sincero per Reggio e gli ha manifestato ancora una volta l’ammirazione per la sua arte connessa alla regginitá. Bravissima l’attrice protagonista e bravissimo il suo “sposo” Cosimino. E quella chiusura felliniana col “poeta meridionale”. Fantastica. Insomma grazie a Demetrio per questo inno a Reggio. (na)

Grande suggestione per performance artistica live di Natino Chirico al Rcff

Grande suggestione al Reggio Calabria Film festival della performance artistica del maestro Natino Chirico che sul palco ha realizzato dal vivo un’opera pittorica e multimaterica ispirata a Federico Fellini. Quale migliore palcoscenico per un evento già collaudato e applaudito a Buenos Aires all’Istituto Italiano di Cultura? Natino Chirico,  che è nato a Reggio Calabria, ma è da molti anni un artista di fama internazionale (con personali negli Usa, in Australia, in Asia e in tutt’Europa) non ha nascosto l’emozione di fare qualcosa per la sua città. Il video che segue spiega più di tante parole la performance artistica di un grande talento, che al cinema ha dedicato gran parte della sua produzione pittorica, presente nelle più importanti collezioni d’arte di tutto il mondo.

ArtPerformance Fellini live del maestro Natino Chirico all’Arena dello Stretto

Domani sera, lunedì 24, alle 20.30 all’Arena dello Stretto performance artistica del maestro Natino Chirico dedicata a Federico Fellini. Il maestro Chirico, originario di Reggio, ripeterà la performance artistica dal vivo, come ha già fatto a Buenois Aires lo scorso novembre all’Istituto Italiano di Cultura, per celebrare il centenario della nascita del grande regista (20 gennaio 1920). SI tratta di un singolare connubio tra Arte e Cinema, per un artista che al cinema ha dedicato gran parte della sua straordinaria produzione artistica e pittorica. Ovvero si vede un artista nell’atto della creazione di una sua opera: la preparazione della tela, gli interventi sulla stessa e l’installazione della sagoma di Fellni, predisposta prima, per realizzare in tempo reale un’altra delle straordinarie opere d’arte di Natino Chirico. (rrc)

A REGGIO IL FILM-FEST È ‘METROPOLITANO’
COL CINEMA VOLA L’INDUSTRIA CULTURALE

di SANTO STRATI – La prima notizia, importante, è che il Reggio Calabria Film Festival (Rcff) diventa evento istituzionale della Città Metropolitana e cioè godrà d’ora innanzi di una seria tutela istituzionale; la seconda, non meno rilevante, è che quest’edizione scopre la sua internazionalità a favore dell’intera regione. Già, perché – come ha tenuto a sottolineare il direttore artistico, l’apprezzatissimo regista Mimmo Calopresti – non c’è bisogno di andare a chiamare le guest star internazionali: ce l’abbiamo già, è Marcello Fonte. Pluripremiato, reggino, storia felice di come si diventa protagonisti, non solo al cinema, dopo anni di sacrifici, rinunce e pesanti disagi economici. Marcello Fonte è il simbolo della riscossa, il modello del calabrese che non si arrende mai: a Reggio guida la giuria dei corti della sezione Millennial e la sua presenza da sola dà quest’aura “internazionale” di cui la “creatura” di Michele Geria aveva giusto bisogno. 14 anni di edizioni e quest’ultima, saltata per il coronavirus e rassegnatamente data per rinviata senza data, che improvvisamente – i miracoli, anche per chi non ci crede, spesso accadono – va a illuminare il cielo dello  Stretto. In un’Arena sacrificata dalle opportune misure di distanziamento, ma ugualmente ribalta straordinaria per un evento che segna un  vero salto di qualità nelle manifestazioni culturali della regione.

Il cinema, se ci pensate bene, è una componente essenziale dell’industria culturale su cui deve puntare la Calabria per crescere. C’è l’ottimo lavoro svolto dal presidente uscente della Calabria Film Commission Giuseppe Citrigno che passa il testimone al commissario straordinario Giovanni Minoli e ci sono registi, autori, attori in questa regione in grado di marcare col sigillo della qualità qualunque cosa si faccia in questo campo. E ci sono le maestranze locali che, dice sempre Calopresti – cui la Calabria sarà creditrice in eterno per l’ottimo Aspromonte Terra degli ultimi – che hanno professionalità da vendere. E la produzione cinematografica, sia essa di un cortometraggio, di una clip musicale o di un film impegnativo, crea occupazione a tutti i livelli: accanto a registi, autori, costumisti, scenografi, servono tecnici specializzati, attrezzisti, sarte, truccatori, parrucchieri, falegnami, etc. la cosiddetta manodopera del cinema che trova, in ogni produzione, occasioni di lavoro. Senza contare i benefici per alberghi, ristoranti, addetti al catering, trasportatori, taxisti etc, Provate a immaginare se anziché girare quattro-sei-otto produzioni l’anno, la Calabria diventa un set continuo, come meriterebbe di essere e come, peraltro, si presta efficacemente ad esserlo. Per le location di sogno, con imbarazzo della scelta tra mare, montagna, collina, campagna, per la mitezza del clima, il forte senso di accoglienza insito in tutti i calabresi, per la squisitezza delle sue specialità eno-gastronomiche, per il calore e la disponibilità dei figuranti locali necessari ad ogni bisogna.

Già, il cinema (o il prodotto video-televisivo) – come ha fatto rilevare il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà – è il migliore strumento per conquistare reputazione e Dio sa quanto serve alla Calabria creare un’immagine positiva e ricreare condizioni ideali per diventare un polo d’attrazione mondiale. Non si tratta di sognare: il bellissimo racconto della Calabria che Mimmo Calopresti fa nel suo Aspromonte sta facendo il giro del mondo: affascina i calabresi che si ritrovano in quel messaggio di speranza, meravigliosamente sussurrato dal “poeta” Marcello Fonte e da una soavissima “nordica” Valeria Bruni Tedeschi, ma incanta anche tutti gli spettatori che da Palermo fino a Sydney, da Toronto fino all’Argentina, si sentono toccati dal paesaggio crudo e selvaggio ma straordinariamente avvincente che Calopresti riesce trasmettere insieme con l’orgoglio d’una calabresità che – s’intuisce – non potrà mai venir meno.

Calopresti è nato a Polistena, è cresciuto a Torino, ma conosce la sua terra forse meglio di tanti che non sono mai andati via: e la sua presenza a Reggio, in veste di direttore artistico di un festival piccolo che è diventato improvvisamente grande, internazionale, diventa la molla per far scattare quell’enfasi che il mondo culturale calabrese insegue da tempo. In altri termini, non siamo di fronte al solito minifestival cinematografico di provincia, con qualche premiuccio che faccia d’attrazione per la modesta guest star disponibile a una comparsata, il Reggio Film festival raccoglie, al pari del Magna Graecia di Gianvito Casadonte, la sfida di una Calabria non spettatrice ma protagonista. Il pretesto di sei serate di cinema all’Arena dello Stretto è l’occasione per promuovere la cultura della Calabria e non solo di Reggio. La visione strategica, in effetti, deve comprendere ogni angolo del territorio perché ci sono mille storie da raccontare e migliaia di giovani che possono costruire il loro futuro con l’industria dell’audiovisivo. Parte dal cinema, insomma, un vero avvio dell’industria culturale calabrese.

Marcello Fonte, che sprizza una grande tenerezza e una simpatia innata, si sente “reggino” ma soprattutto calabrese e ha il sogno di creare una scuola di cinema, di recitazione, di produzione, proprio in Calabria. Una delle proposte, fra le tante che ci auguriamo verranno, per far partire questa regione con l’industria della cultura. Demetrio Casile – autore pluricelebrato del soggetto del famoso film di Luigi Comencini con una grandissimo Gian Maria Volontè Un ragazzo di Calabria, (1987), passato alla regia, ha scelto Reggio per lanciare il suo Matrimonio più sconvolgente della storia, un film naturalmente girato interamente in Calabria, con troupe tutta calabrese e maestranze del luogo. Un altro esempio di come – Casile vive a Bologna da moltissimi anni – già far tornare a girare in Calabria i calabresi del cinema e della tv (e sono davvero tanti) sarebbe un lusinghiero obiettivo per tutta la regione.

Senza cultura, lo ripetiamo fino alla noia, non si sconfigge il malaffare, non si tiene lontana la ‘ndrangheta, non si offre futuro ai nostri giovani. E cultura significa occupazione e sviluppo. La rassegna di Reggio deve crescere ancora, naturalmente, ma già da questa edizione ci sono le basi per delineare i contorni di un’opportunità senza eguali. E già da subito occorre pensare all’edizione numero 15 con il coinvogilmento non solo della Metrocity ma di tutta la regione.

Minoli, con la sua esperienza televisiva e i contatti giusti (servono e come se servono!) potrà attrarre in Calabria decine di produzioni, anche a livello internazionale e trasformare questa terra in un set permanente. C’è un grande fermento culturale che da qualche anno rende la Calabria “interessante” agli occhi di chi non la conosce. Premi letterari, iniziative culturali e di teatro, musica (si pensi al livello di notorietà internazionale raggiunto da Roccella Jazz Festival), autori che si fanno strada, si fanno apprezzare e non nascondono – come avveniva un tempo – le proprie origini. Il credito d’opinione è in continua crescita, bisogna coltivarlo e mantenerlo. È con iniziative come il Reggio Film Festival che si consolida l’attrazione e cresce l’attenzione di cui i calabresi, noi calabresi, abbiamo bisogno. (s)