PRESENTATA LA XIV EDIZIONE DELLA RASSEGNA: QUEST'ANNO HA RESPIRO INTERNAZIONALE CON MARCELLO FONTE;
Mimmo Calopresti

A REGGIO IL FILM-FEST È ‘METROPOLITANO’
COL CINEMA VOLA L’INDUSTRIA CULTURALE

di SANTO STRATI – La prima notizia, importante, è che il Reggio Calabria Film Festival (Rcff) diventa evento istituzionale della Città Metropolitana e cioè godrà d’ora innanzi di una seria tutela istituzionale; la seconda, non meno rilevante, è che quest’edizione scopre la sua internazionalità a favore dell’intera regione. Già, perché – come ha tenuto a sottolineare il direttore artistico, l’apprezzatissimo regista Mimmo Calopresti – non c’è bisogno di andare a chiamare le guest star internazionali: ce l’abbiamo già, è Marcello Fonte. Pluripremiato, reggino, storia felice di come si diventa protagonisti, non solo al cinema, dopo anni di sacrifici, rinunce e pesanti disagi economici. Marcello Fonte è il simbolo della riscossa, il modello del calabrese che non si arrende mai: a Reggio guida la giuria dei corti della sezione Millennial e la sua presenza da sola dà quest’aura “internazionale” di cui la “creatura” di Michele Geria aveva giusto bisogno. 14 anni di edizioni e quest’ultima, saltata per il coronavirus e rassegnatamente data per rinviata senza data, che improvvisamente – i miracoli, anche per chi non ci crede, spesso accadono – va a illuminare il cielo dello  Stretto. In un’Arena sacrificata dalle opportune misure di distanziamento, ma ugualmente ribalta straordinaria per un evento che segna un  vero salto di qualità nelle manifestazioni culturali della regione.

Il cinema, se ci pensate bene, è una componente essenziale dell’industria culturale su cui deve puntare la Calabria per crescere. C’è l’ottimo lavoro svolto dal presidente uscente della Calabria Film Commission Giuseppe Citrigno che passa il testimone al commissario straordinario Giovanni Minoli e ci sono registi, autori, attori in questa regione in grado di marcare col sigillo della qualità qualunque cosa si faccia in questo campo. E ci sono le maestranze locali che, dice sempre Calopresti – cui la Calabria sarà creditrice in eterno per l’ottimo Aspromonte Terra degli ultimi – che hanno professionalità da vendere. E la produzione cinematografica, sia essa di un cortometraggio, di una clip musicale o di un film impegnativo, crea occupazione a tutti i livelli: accanto a registi, autori, costumisti, scenografi, servono tecnici specializzati, attrezzisti, sarte, truccatori, parrucchieri, falegnami, etc. la cosiddetta manodopera del cinema che trova, in ogni produzione, occasioni di lavoro. Senza contare i benefici per alberghi, ristoranti, addetti al catering, trasportatori, taxisti etc, Provate a immaginare se anziché girare quattro-sei-otto produzioni l’anno, la Calabria diventa un set continuo, come meriterebbe di essere e come, peraltro, si presta efficacemente ad esserlo. Per le location di sogno, con imbarazzo della scelta tra mare, montagna, collina, campagna, per la mitezza del clima, il forte senso di accoglienza insito in tutti i calabresi, per la squisitezza delle sue specialità eno-gastronomiche, per il calore e la disponibilità dei figuranti locali necessari ad ogni bisogna.

Già, il cinema (o il prodotto video-televisivo) – come ha fatto rilevare il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà – è il migliore strumento per conquistare reputazione e Dio sa quanto serve alla Calabria creare un’immagine positiva e ricreare condizioni ideali per diventare un polo d’attrazione mondiale. Non si tratta di sognare: il bellissimo racconto della Calabria che Mimmo Calopresti fa nel suo Aspromonte sta facendo il giro del mondo: affascina i calabresi che si ritrovano in quel messaggio di speranza, meravigliosamente sussurrato dal “poeta” Marcello Fonte e da una soavissima “nordica” Valeria Bruni Tedeschi, ma incanta anche tutti gli spettatori che da Palermo fino a Sydney, da Toronto fino all’Argentina, si sentono toccati dal paesaggio crudo e selvaggio ma straordinariamente avvincente che Calopresti riesce trasmettere insieme con l’orgoglio d’una calabresità che – s’intuisce – non potrà mai venir meno.

Calopresti è nato a Polistena, è cresciuto a Torino, ma conosce la sua terra forse meglio di tanti che non sono mai andati via: e la sua presenza a Reggio, in veste di direttore artistico di un festival piccolo che è diventato improvvisamente grande, internazionale, diventa la molla per far scattare quell’enfasi che il mondo culturale calabrese insegue da tempo. In altri termini, non siamo di fronte al solito minifestival cinematografico di provincia, con qualche premiuccio che faccia d’attrazione per la modesta guest star disponibile a una comparsata, il Reggio Film festival raccoglie, al pari del Magna Graecia di Gianvito Casadonte, la sfida di una Calabria non spettatrice ma protagonista. Il pretesto di sei serate di cinema all’Arena dello Stretto è l’occasione per promuovere la cultura della Calabria e non solo di Reggio. La visione strategica, in effetti, deve comprendere ogni angolo del territorio perché ci sono mille storie da raccontare e migliaia di giovani che possono costruire il loro futuro con l’industria dell’audiovisivo. Parte dal cinema, insomma, un vero avvio dell’industria culturale calabrese.

Marcello Fonte, che sprizza una grande tenerezza e una simpatia innata, si sente “reggino” ma soprattutto calabrese e ha il sogno di creare una scuola di cinema, di recitazione, di produzione, proprio in Calabria. Una delle proposte, fra le tante che ci auguriamo verranno, per far partire questa regione con l’industria della cultura. Demetrio Casile – autore pluricelebrato del soggetto del famoso film di Luigi Comencini con una grandissimo Gian Maria Volontè Un ragazzo di Calabria, (1987), passato alla regia, ha scelto Reggio per lanciare il suo Matrimonio più sconvolgente della storia, un film naturalmente girato interamente in Calabria, con troupe tutta calabrese e maestranze del luogo. Un altro esempio di come – Casile vive a Bologna da moltissimi anni – già far tornare a girare in Calabria i calabresi del cinema e della tv (e sono davvero tanti) sarebbe un lusinghiero obiettivo per tutta la regione.

Senza cultura, lo ripetiamo fino alla noia, non si sconfigge il malaffare, non si tiene lontana la ‘ndrangheta, non si offre futuro ai nostri giovani. E cultura significa occupazione e sviluppo. La rassegna di Reggio deve crescere ancora, naturalmente, ma già da questa edizione ci sono le basi per delineare i contorni di un’opportunità senza eguali. E già da subito occorre pensare all’edizione numero 15 con il coinvogilmento non solo della Metrocity ma di tutta la regione.

Minoli, con la sua esperienza televisiva e i contatti giusti (servono e come se servono!) potrà attrarre in Calabria decine di produzioni, anche a livello internazionale e trasformare questa terra in un set permanente. C’è un grande fermento culturale che da qualche anno rende la Calabria “interessante” agli occhi di chi non la conosce. Premi letterari, iniziative culturali e di teatro, musica (si pensi al livello di notorietà internazionale raggiunto da Roccella Jazz Festival), autori che si fanno strada, si fanno apprezzare e non nascondono – come avveniva un tempo – le proprie origini. Il credito d’opinione è in continua crescita, bisogna coltivarlo e mantenerlo. È con iniziative come il Reggio Film Festival che si consolida l’attrazione e cresce l’attenzione di cui i calabresi, noi calabresi, abbiamo bisogno. (s)