PONTE, SI RIPARTE DA MESSINA: INCONTRO
SICILIA-CALABRIA COL MINISTRO SALVINI

Di ROBERTO DI MARIA – “Si riparte”: è tutto un programma il titolo della tavola rotonda in programma oggi a Messina, al Dipartimento di Economia dell’Università. Ovviamente si parla del Ponte sullo Stretto e si discuterà dell’iter progettuale e del ruolo delle infrastrutture per la competitività al Sud, mettendo insieme non solo alte professionalità e competenze specifiche, ma anche i due governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani a confronto con il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini. È una premessa o una promessa quella del titolo? Il convegno servirà proprio a chiarire se finalmente si può passare dalle parole ai fatti, mettendo una volta per tutti a tacere presunti esperti e “abituali incompetenti” che sul Ponte hanno detto e continuano a dire tutto e il contrario di tutto.

La tavola rotonda (ore 14) sarà coordinata dal direttore di StrettoWeb, il giornalista Peppe Caridi, e vedrà la partecipazione del sottosegretario Matilde Siracusano, del vicepresidente della Regione Calabria Giusy Princi, del prof. Daniele Schilirò, dell’avv. Giuseppe Giuffrè, dei professori Michele Limosani, Claudio Borrì, Piero D’Asdia, Giuseppe Muscolino e Alberto Prestininzi, dell’ing. Fabrizio Averardi Ripari, dell’architetto Anna Carulli, del vicesindaco di Messina arch. Salvatore Mondello e dell’ing. Mimma Catalfamo. Introduce il prof. Bruno S. Sergi, concluderà i lavori il prof. Enzo Siviero, rettore dell’Università eCampus, che con l’architetto Patrizia Bernadette Berardi anticiperà l’uscita del numero speciale della rivista Galileo dedicato al Ponte.

Da questa tavola rotonda potrebbe, forse, venir fuori un protocollo programmatico che possa dare esecuzione al progetto approvato nel 2001 e, realisticamente, immediatamente cantierabile. Chiunque conosca il progetto del Ponte sullo Stretto e gli studi allegati, che occupano un volume di circa 10 metri cubi, sa che gli studi geologici in esso contenuto hanno già analizzato oltre 20 anni fa tutta l’aera dello stretto. Hanno praticamente rivoltato come un calzino tutti il territorio compreso tra Sicilia e Calabria, ricostruendo, nei minimi dettagli, i complessi movimenti reciproci fra le due sponde sin da diverse decine di milioni di anni fa. È grazie a questo studio che sono state individuate le cause del sisma del 1908, tracciando una mappa estremamente precisa delle faglie sui fondali dello Stretto e sulla terraferma. E da questi studi deriva il posizionamento dei piloni del Ponte a campata unica, individuato in due aree prive di faglie e relativamente stabili.

Ad ogni modo, come sa anche il più svogliato degli studenti di qualsiasi corso di Scienza delle costruzioni, quello del sisma, per un ponte sospeso, è un problema del tutto secondario: un ponte sospeso, normalmente, è il luogo più sicuro dove trovarsi in caso di sisma. Proprio la tipologia della struttura dell’impalcato, libera da vincoli appoggiati direttamente al terreno, la rende capace di assorbire il più distruttivo dei movimenti sismici. Per quanto concerne i piloni, una robusta fondazione ed un baricentro relativamente basso sono requisiti più che sufficienti a garantirne l’incolumità dalle scosse sismiche: per quanto concerne il Ponte sullo Stretto, la struttura è stata progettata in maniera tale da non subire alcun danno neanche se si verificasse un terremoto di magnitudo 8.5 sulla scala Richter, di gran lunga più potente di quello verificatosi nel dicembre del 1908.

D’altronde, non mancano al mondo esempi di ponti sospesi realizzati in aree ben più problematiche dello Stretto, per quanto riguarda la sismicità: si pensi al Giappone, che conta decine di ponti simili, fra cui l’Akashi-Kaikyo, lungo 3.911 metri, con campata centrale di quasi 2 km,  che ha resistito a un terremoto di intensità 6,8 della scala Richter.

Per quanto concerne l’ipotesi del ponte a tre campate, tirata fuori dalla Commissione di esperti nominata nell’agosto del 2021 dall’allora ministra alle Infrastrutture De Micheli, che ha giustificato la scelta affermando che “costerebbe presumibilmente meno”, verrebbe da sorridere, se non ci fossero in ballo diversi miliardi di euro ed il futuro di una parte consistente d’Italia.

Ancor più ridicolo è il riferimento alle “antenne” da piantare in pieno Stretto di Messina: non si sono mai viste “antenne” in mare con fondazioni grandi come un campo di calcio, e per giunta a 150 metri di profondità. Queste sarebbero, infatti, le caratteristiche dei piloni in mare di un eventuale ponte a più campate, improvvidamente chiamati “antenne”.

Se consideriamo che le fondazioni in alveo più profonde ad oggi realizzate sono quelle del ponte Rion Antirion in Grecia, possiamo comprendere come queste “antenne” siano del tutto particolari… E come l’affermazione della commissione De Micheli sui costi di un ponte a più campate debba “presumibilmente” essere riconsiderata.

L’ultima precisazione riguarda il “un nuovo studio di fattibilità” che sarebbe stato affidato alle Ferrovie dello Stato. Uno studio non soltanto inesistente, ma che, a quanto sembra, non è mai stato affidato a chicchessia. Smentendo clamorosamente una fonte piuttosto autorevole: l’ex ministro Giovannini. Fu proprio lui ad affermare l’intenzione di affidare lo studio ad FS lo scorso anno, garantendone la presentazione entro la primavera del corrente 2022, come riporta la Gazzetta del sud del 5 agosto 2021. Tutto saltato, a quanto pare, a causa delle lungaggini burocratiche che non hanno consentito neanche la formalizzazione del finanziamento dello “studio” per la modica cifra di 50 milioni di euro.

Poco male, potremmo dire. Il nuovo governo, senza dover revocare alcun atto, avrà modo di sgomberare finalmente il campo dall’idea, a dir poco balzana, di allungare con un altro inutile studio di fattibilità la lunga serie di atti relativi al Ponte sullo Stretto. Il quale, anche se molti sembrano esserselo dimenticato, è dotato di un progetto definitivo: un corposissimo ed esaustivo elaborato, frutto di una scelta già fatta nei primi anni Novanta, proprio a favore del ponte a campata unica.

 

IL PONTE: IL NEO-GOVERNATORE SCHIFANI
DICE SÌ GUARDANDO AL MODELLO DANESE

di GIOVANNI MOLLICA – Le parole del neo eletto presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, non danno adito a dubbi: il Ponte sullo Stretto va fatto. Subito e a una campata. La soluzione a tre campate è da cestinare, con buona pace dell’ennesimo incompetente Ministro delle Infrastrutture.

Privati dell’imbarazzante copertura di Giovannini, le esigue brigate NoPonte rimaste si aggrapperanno a mirabolanti Analisi Costi-Benefici periodicamente ripubblicate con grande rilevanza sui media nazionali che fanno del “non conviene” un argomento fondamentale da Roma in giù. Motivazione che, nell’attesa della ripartenza dei lavori, merita qualche riflessione.

La realizzazione di una qualsiasi infrastruttura non deve dipendere esclusivamente dalla sua possibilità di rimborsare il capitale investito. Dalle Piramidi alla Grande Muraglia, dal Vallo Adriano alle vie Consolari, dalla Torre Eiffel al Canale di Suez, interessi economici, ossessioni religiose, ambizioni personali, esigenze difensive e strategie mercantili si sono di volta in volta intrecciate per spingere gli uomini e le nazioni a incidere sulle abitudini di vita delle popolazioni, sull’ambiente e sul paesaggio. In una prospettiva storica – ma anche sociale, come infinite volte ripetuto dall’Ue -, che fa apparire paradossale l’opposizione delle forze progressiste e pseudo europeiste italiane. Per essere più chiari, di fronte al dramma ultrasecolare costituito dalla Questione meridionale, la ragioneristica Analisi Costi Benefici fatta propria dalla sinistra appare miserabile.

Ma è proprio in tema di benefici che c’è ancora molto da sapere perché il gigante dello Stretto non è solo un mezzo per andare più rapidamente dalla Sicilia al continente ma può e deve essere una straordinaria opportunità di progresso. A patto che della sua straordinaria valenza scientifica e tecnologica non sia riservata a pochi eletti ma ne resti qualcosa anche tra Scilla e Cariddi.
Una grande – in questo caso, grandissima – rappresenta un’occasione unica e irripetibile per innescare lo sviluppo locale fin dalla fase di progettazione. Ed è nel lungo periodo della costruzione che si concretizza il rapporto proficuo col territorio, al quale non devono essere riservati solo i disagi, in una concezione di soggetto passivo marginalizzato dal processo di rigenerazione economica, sociale e culturale generato dall’opera. Un argomento che abbiamo tentato più volte di evidenziare, senza trovare alcuna risposta dai decisori politici. Ora, però, i tempi stringono, cresce il pericolo di farsi trovare per la seconda volta impreparati e le responsabilità della politica locale sono molto maggiori.

Senza perderci in descrizioni dettagliate su quello che crediamo essere il miglior modus operandi ci limitiamo a ricordare quanto avvenuto nella Øresund Region, intorno al collegamento (16km) che dal 2000 unisce stabilmente Danimarca e Svezia.  Otto anni dopo l’apertura al traffico, la regione ospitava già un consorzio di dodici università, sei parchi scientifico-tecnologici, oltre duemila aziende e cinque piattaforme di attività nei settori dell’IA e delle TLC, di logistica, alimentazione, ambiente, medicina e biotecnologie, neuroscienze e biochimica. Multinazionali quali Sony Ericsson, Astra Zeneca, Tetra Pak, Novo Nordisk e numerose PMI ad elevato tasso di innovazione hanno trovato nell’ Øresund un habitat ideale. Un territorio la cui economia era fondata sul servizio di traghettamento tra Malmœ e Copenaghen, nel 2009 ha vinto il premio come regione più innovativa d’Europa.

La sola Medicon Valley dà lavoro a 40 mila dipendenti e 10 mila ricercatori di oltre 300 aziende; il grande progetto di fisica delle particelle denominato ESS (European Spallation Source), operativo dal 2020, ha creato 6 mila nuovi posti di lavoro di altissimo livello. Le Università, con i loro 2500 Ph.D. rappresentano un serbatoio inesauribile per gli Istituti scientifici più celebri del mondo.

Tutto è nato all’ombra del Ponte. Non dopo l’inaugurazione ma molto prima, in conseguenza di una programmazione capillare che ha visto collaborare enti locali, Ministeri, il General contractor, le Università danesi e svedesi e coinvolto Atenei di ogni parte del mondo. Pensiamo all’interesse dei Paesi africani e mediorientali che si affacciano sul Mediterraneo a partecipare alla realizzazione dell’Ottava Meraviglia del Mondo. E dell’importanza di coinvolgere enti locali come sindacati, associazioni industriali, armatori, ordini professionali, commercianti e fornitori di servizi.

Potremo replicare nell’Area dello Stretto anche una piccola parte di quanto accaduto nell’Øresund Region? Non sarà facile. Sicilia e Calabria non sono Danimarca e Svezia e Roma non ha la visione lungimirante e la sensibilità sociale di Stoccolma e Copenaghen. Ma i Governatori e i sindaci dell’estremo Sud hanno il dovere di provarci. Non domani o dopo l’inaugurazione – sarebbe troppo tardi – ma subito. A partire da oggi, perché il lavoro preparatorio è immenso e lo sviluppo che ne potrebbe derivare in buona parte ancora da scoprire. La strada è quella del preventivo e capillare lavoro di preparazione del territorio alle esigenze della rivoluzione in arrivo. (gmo)