SudeFuturi: Servono interventi nazionali per rendere il Sud motore d’Italia

C’è una grande necessità di interventi progettuali nazionali per rendere il Sud motore dell’Italia intera. È su questo che si è incentrata la seconda giornata di SudeFuturi(R)innoviamo il Mezzogiorno, al Castello Ruffo di Scilla e organizzato dalla Fondazione Magna Graecia.

Ad aprire il dibattito, moderato da Paolo Mieli, Paola Bottero e Alessandro Russo, è stato il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo: «Si sente spesso dire che bisogna investire sulla motrice invece che sull’intero convoglio, sperando che la prima trascini il resto dei vagoni. Credo, invece, che al Paese convenga investire nel Mezzogiorno e che il Sud potrà ripartire quando non ci sarà più un atteggiamento solidaristico, ma la decisione concreta di investire al Sud perché si decide di farlo».

«Si deve, però – ha aggiunto – modificare l’atteggiamento del passato e quindi non ci si può limitare a rivendicare quote, ma si deve spostare l’attenzione sul come vengono messi in atto i progetti. Nel Pnrr il fattore tempo è decisivo e occorre presto entrare nel merito delle singole linee di spesa».

Il ragionamento è stato proseguito dal presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre: «Si smetta con il romanticismo meridionalista e piagnone e si riparta dalla realtà. I vecchi governi nazionali hanno buttato i soldi al Sud senza creare sviluppo».

«Servono strategie straordinarie – ha evidenziato – che superino anche la tradizionale divisione di competenze tra Stato e Regioni sancita dalla Costituzione. Serve uno sforzo nazionale con un progetto per il Sud che immagini anche un suo ruolo definito verso il Mediterraneo».

Maria Grazia Falduto, direttore generale Pubbliemme, ha raccontato la sua storia di imprenditrice rientrata al Sud dopo un’esperienza a Milano e che è riuscita a risanare un’azienda in crisi portandola ai primi posti di produttività a livello nazionale. Dovendo, però, superare mille difficoltà. «Il rapporto con la pubblica amministrazione – ha detto Falduto – è stato spesso molto difficile, specie in Calabria».

«Abbiamo trovato maggiore difficoltà a dialogare con la Regione che con la Commissione europea – ha detto ancora –. Adesso, il Sud si trova davanti ad una grande opportunità e serve lavorare non con la fantasia ma con la concretezza cominciando dall’inserire persone all’altezza nelle amministrazioni».

Giuseppina Paterniti, direttrice editoriale offerta informativa in Rai. Ha ribadito il concetto: «Occorre competenza nelle amministrazioni e senza correzioni da questo punto di vista non andremo da nessuna parte. Per sfruttare bene le risorse in arrivo servirebbero corsi di formazione e nuove competenze per riuscire a realizzare progetti importanti e spazzare via ogni tipo di opacità».

Secondo il presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti,«Serve una centrale di spesa e progettazione che riesca a velocizzare gli iter di progettazione in un momento in cui il tempo è tiranno. Serve anche una comunicazione adeguata che informi e sappia controllare e non la stampa che si limita a seguire il potere di turno. Non può succedere più che i giornalisti non siano liberi». (rrc) 

La sottosegretaria Nesci: Misure del Consiglio dei ministri nella giusta direzione verso equità territoriale

La sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, ha reso noto che «il Consiglio dei ministri ha varato il fondo di progettazione territoriale nel dl Infrastrutture che mira a ridurre gradualmente il divario Nord-Sud».

«Non solo – ha aggiunto –: sono state adottate anche misure a contrasto degli incendi boschivi che hanno tragicamente devastato vaste aree del Mezzogiorno quest’estate. Si tratta di misure di equità territoriale che vanno nella giusta direzione e per cui da anni ci battiamo».

«Questo concreto interesse verso il Meridione – ha proseguito l’esponente del M5s al Governo – da parte dell’intero Governo, e in particolare della ministra per il Sud, Mara Carfagna, ha portato allo stanziamento di oltre 123 milioni del fondo di progettazione territoriale che consentirà a tutti i Comuni del Sud con meno di 30.000 abitanti di acquisire proposte progettuali per il rilancio dei rispettivi territori».

«Sono state introdotte, inoltre – ha spiegato – alcune misure di perequazione infrastrutturale. Entro il 30 novembre di quest’anno sarà effettuata una ricognizione delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche e delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. Un decreto successivo stabilirà quali saranno le priorità e le azioni da perseguire per colmare il gap infrastrutturale risultante dalla ricognizione e per il quale sono stati stanziati 4,6 miliardi per il periodo 2022-2033».

La Sottosegretaria Nesci si è soffermata, poi, sui provvedimenti di contrasto agli incendi boschivi. «È stato previsto l’aumento di 40 milioni del budget per l’acquisto di mezzi operativi sia di terra che aerei e l’immediata costituzione di un comitato tecnico presso il Dipartimento della Protezione Civile per l’aggiornamento tecnologico e l’accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi». (rrm)

Manna (Anci Calabria): Il Sud riparta dalla rivoluzione culturale dei sindaci

Il sindaco di Rende, e presidente di Anci CalabriaMarcello Manna, ha sottolineato come «il rilancio del Sud  non può passare da scelte calate dall’alto, estromettendo chi, quotidianamente, si trova, spesso solo, a dover fronteggiare le rilevanti criticità che investono i nostri territori senza le risorse finanziarie necessarie».

«Con il Recovery Fund – ha spiegato – dobbiamo essere messi nelle condizioni di poter programmare interventi strutturati a medio e lungo periodo. Pensiamo al superamento dei deficit infrastrutturali e ad una mobilità sostenibile, vogliamo che si superi l’emergenza abitativa e si investa di nuovo nell’edilizia sociale, crediamo che investire risorse ed eccellenze sui servizi essenziali quali la sanità, l’istruzione, l’idrico, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti significhi garantire alle nostre comunità un futuro non più governato dalle emergenze ed eliminare, in via definitiva, il divario storico dal resto del Paese, affrancandosi una volta per tutte dal novero delle aree più povere d’Europa».

«Ciò cui stiamo assistendo, soprattutto in questo determinato momento, è una vera e propria rivoluzione culturale, prima che politica: noi sindaci vogliamo cambiare la storia della nostra terra rovesciando quel destino che ci ha visto sinora subalterni e passivi dinanzi le appartenenze e le logiche partitiche» ha detto Manna, commentando gli impegni che lo hanno visto impegnato, nei giorni scorsi, nel fronteggiare l’emergenza idrica e quella relativa agli incendi che hanno devastato la Calabria: «abbiamo fatto fronte comune, stilato un documento condiviso, chiedendo interventi immediati per poter uscire dall’attuale impasse. Uniti, rappresentiamo realmente i nostri cittadini perché ogni giorno ne ascoltiamo le istanze. Conosciamo i territori in cui viviamo e sappiamo che, oltre a superare le contingenti emergenze, è necessario pianificare».

«Ripartire dall’iniziativa promossa da Anci Calabria, lo scorso martedì con il ministro Stefano Patuanelli, significa mettere al centro del discorso politico la voce di noi sindaci. Il responsabile del dicastero dell’agricoltura ha dato risposte immediate, conscio che il tema incendi vada di pari passo con quello del dissesto idrogeologico».

Per la prima volta non solo i sindaci calabresi, ma anche siciliani e sardi: «si sono uniti lanciando il grido d’allarme al governo Draghi. Bisogna proseguire su questa strada affinché si possa essere protagonisti del nostro futuro». (rcs)

L’OPINIONE/ Giusy Staropoli Calafati: Calabria terra di emigrazione

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Se l’Italia fosse davvero l’ambito stivale con i suoi venti valorosissimi passi, che vanno dal gambale all’estrema punta e oltre, e la sua storia venisse ancora raccontata, e con amor di Patria, partendo da “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno”, passando per “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”, raggiungendo speditamente “Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte”, fino a imbarcarsi verso “Chi ha il cuore contento sempre canta”, per raggiungere finalmente “ I fior di Sardegna”, forse sì che si potrebbe scrivere il vero atteso sermone dell’unità di Patria.

Luogo e sentimento, spirito e valore, esperienza morale, affettiva e politica. Ma il tempo è galeotto ed è tiranno, e gli esodi che in esso si sono succeduti, e selvaggiamente si avvengono ancora, hanno distrutto sogni e disilluso speranze. Frammentato irrimediabilmente l’identità del Sud del paese. 

Emigranti, scriveva, nel 1928, Francesco Perri. La vita nei paesi del Sud, non era che una piccola epopea rurale, in cui la bellezza della terra veniva ciclicamente affiancata dal forte dolore della gente. Gente in viaggio invece, narrava Saverio Strati nel 1966, quando gli sconfinamenti venivano brutalmente indotti, e le partenze, decise nottetempo, avallate da un progresso illusorio, dentro cui il mondo del Sud non avanzava mai, anzi, vecchio vi entrava, e sempre più vecchio sopravviveva. 

La verità è che l’Italia ha sempre meschinamente contrapposto al sorriso del Settentrione, vispo tra lavoro e pane, il pianto del Meridione, reietto dalla fame. Che mentre il Nord sviluppava, avanzava e si apriva all’Europa, il Sud scriveva ancora “Il canto dei nuovi emigranti”. E Franco Costabile, si sacrificava per non far morire del tutto la sua Calabria, uccidendosi. 

Il Sud è una terra amara. Agra come il sapore dei limoni, torbida, a volte, come l’acqua dei fiumi d’inverno. Un destino che ti partorisce e non ti sa sfamare. Ti cresce e non ti sa tenere. Ti fa piangere quando ci nasci e ti piange invece quando gli muori, o parti. E la Calabria resta, nella storia, una vecchia e stanca stazione di partenza. In tanti ne ha visti salire sopra i treni di lunga percorrenza. In molti li ha osservati scrivere sui quaderni della propria esistenza l’ora esatta dell’emigrazione. Il giorno della partenza, in cui hanno lasciato per sempre il suolo benedetto della Patria. 

Tanto tempo è trascorso da allora, ma nulla è mutato. I viaggi continuano ad essere sempre di andata e quasi mai ritorno.

Si parte, si sente dire ancora. E non sono più le voci dei padri a parlare, ma quelle dei figli. 

Se con Francesco Perri, i meridionali partono verso un sogno chiamato America, fondando dopo Ellis Island, la little Italy, con Corrado Alvaro, si assiste ad una sorta di emancipazione dell’emigrazione. Non si arresta, si modifica. 

L’alfabetizzazione induce a urgenti mutazioni. La scuola rivoluziona la genesi delle partenze, crea i nuovi emigrati, e dopo i viaggi cominciati per fame, per mancanza di farina e di pane, prendono avvio le partenze dovute alla necessità del sapere. L’emigrazione intellettuale.

«Mio padre – scrive Alvaro – diede l’avvio, nel mio paese, alla fuga per mutare condizione. […] Il paese era abituato all’emigrazione. […] Ma un’emigrazione intellettuale nessuno l’aveva mai pensata. E Alvaro diventa il pioniere di questo genere di viaggio».

Da Perri ad Alvaro fino a Saverio Strati, l’emigrazione trova terreno fertile in quella che la storia conia come “questione meridionale”.  

Dopo la spedizione dei Mille, e l’avvento dei piemontesi, il Sud subisce il più grande scippo della storia dell’umanità. Privo delle sue industrie cade in rovina, ridotto a poco più di una colonia. L’unità, contrariamente a quanto si prospetta, aumenta le distanze tra i due poli del paese, marchiando precisi confini politici, sociali e  morali tra il Sud e il Nord della nazione.

«Pensano all’Italia meridionale – dice Corrado Alvaro – come a una contrada che ha, per ideale, di vivere a spese dello StatoI braccianti – continua – che per tutta la vita hanno dissodato e reso fertile le terre non loro, hanno bisogno di una terra che finalmente amministreranno da produttori, senza servi né padroni, ma come soci d’un nuovo assetto civile , come cittadini alla pari, presi all’idea di vedere i proprio bambini saltare dal grembo materno all’ombra d’un albero proprio».

Il Sud diventa una ferita d’Italia, e su di esso si accaniscono oltre che gli eventi, gli uomini, portando a una crisi storica, come scrive Luigi Tallarico, senza più origini e senza passato, ma anche senza uomini autentici perché privati del padre e senza patria. 

L’abbandono dei paesi natii e dei centri interni, non trasfigura solo i luoghi, ma smembra l’animo di chi vi parte e di chi vi resta, gettando il Meridione nella più selvaggia delle contraddizioni. E l’unità del paese, da momento di innalzamento dell’uomo, si traduce in un’emigrazione biblica il cui viaggio si pone alla ricerca di una terra “nuova” come patria comune. 

La Calabria si impoverisce. Perde gli uomini e il suo valore. E non bastano i sentimenti del cuore per trattenere a sé nessuno. Abbandonata dai suoi e dallo Stato, diventa terra di banditi e latitanti. E i contadini muoiono schiacciati due volte, dai proprietari terrieri e dai mafiosi. Il popolo viene depauperato. Emigra. Quasi mai nessuno ha più la fortuna, in patria, di realizzare i sogni di gioventù e della maturità. Nella terra sola prolifica la mafia. Il brigantaggio si trasforma irrimediabilmente. Il persistere del disagio sociale, vinto dalla rabbia della povertà obbligata, presenta una società contadina ribelle, e che contro i soprusi, reagisce. È in essa che cova la prima forma di onorata società, la genesi della “maledetta” ‘Ndrangheta.

La magra del Sud è che nessuno mai ha potuto scegliere. Né ieri né oggi. La dualità tra erranza e restanza, non ha mai avuto occasioni di recupero, o tregua. A restare si moriva di fame, a partire, di nostalgia e di dolore. E la ribellione diventava vendetta.

La sorella di mia nonna, partì per l’Argentina dicendo a sua madre che si sarebbero riviste all’altro mondo. Il fratello di mio nonno invece, neppure il vento l’ha mai riportato indietro. E sua madre per ingannare l’attesa, perse addirittura la ragione

Il viaggio resta una tragica “questione” del Meridione d’Italia. E l’esodo intellettuale, incominciato da Corrado Alvaro, non si è mai ancora arrestato. Anzi. Dalla valigia di cartone si è passati ai trolley di pelle. È cambiata la forma, ma la formula no. Il tempo è mutato, è progredito, ma la “questione” non è mai finita. E forse mai finirà. Il calabrese continua a essere ancora l’uomo “stratiano” con i suoi due cuori in conflitto. Uno che dice, va. E l’altro, che vai a fare?

Come l’emigrante di Francesco Perri non trova pace alla sua anima pellegrina, e resta il vecchio passeggero sulla tratta “intellettuale” di Corrado Alvaro. 

Cosa volete che vi dica? Io quando sono qui vorrei essere in America, e quando ero in America tutte le notti sognavo la mia casa. Questa terra bruciata ci perseguita e non ci lascia dormire fino in capo al mondo. Cosa avevo lasciato io qui? Miseria! Eppure queste brutte strade sporche, queste case, questi orti, li avevo sempre davanti agli occhi.

L’uomo del Sud porta dentro di sé una dolorosa, vecchia, storia, che sempre lo ha costretto a rinunciare alla sacrosanta identità del suo popolo, trascinandolo altrove. L’Italia è sempre stata come il mantello di Cristo. Divisa in più parti. Il Nord e il Sud. È nell’ultima che, come scriveva Franco Costabile, “anime di emigranti vengono la notte a piangere sotto gli ulivi .

[…] Siamo i treni più lunghi. 

Siamo il disonore la vergogna dei governi

L’odore di cipolla che rinnova le viscere d’Europa. […]

Milioni di macchine escono targate Magna Grecia.

Noi siamo le giacche appese nelle baracche nei pollai d’Europa.

Addio, terra.

Salutiamoci, è ora. (F.C.) (gsc)

Pnrr, Falcomatà: Superare il criterio spesa storica e modifichi codice appalti

Il sindaco di Reggio Calabria e responsabile Anci per le Politiche del Mezzogiorno, Giuseppe Falcomatà, chiudendo il dibattito Oltre la crisi: per una nuova governance degli enti locali, ha ribadito la necessità «di cancellare il criterio della spesa storica per la ripartizione delle risorse statali ai vari Comuni definendo, da subito, il Livelli Essenziali delle Prestazioni».

L’incontro, svoltosi a Castelbuono, rientra nell’ambito degli eventi collaterali all’assemblea siciliana dei segretari di circolo del Partito democratico. Prima di Falcomatà, sono intervenuti Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale Anci, dirigenti del Pd ed amministratori locali dei vari Comuni siciliani.

Per Falcomatà, «non è possibile continuare ad accettare una legge che rappresenta una vera e propria discriminazione di cittadinanza. Bisogna dare concretezza alle buone intenzioni espresse dal Governo che, dopo 11 anni, sembra avere recepito le istanze di quella che, per Anci, rappresenta la madre di tutte le battaglie».

«Un bambino che nasce al Sud – ha spiegato – non ha le stesse possibilità di un coetaneo del Nord e non perché gli amministratori siano più o meno bravi, ma perché lo Stato non eroga, ai Comuni del Mezzogiorno, gli stessi finanziamenti che arrivano nel Settentrione». L’esempio che il sindaco ha fornito è fra i più classici: Reggio Emilia, città di 170 mila abitanti, ha 60 asili nido; Reggio Calabria, che di abitanti ne ha 180 mila, per lo Stato deve averne zero. Siamo riusciti ad aprirne appena tre e soltanto grazie ai fondi Europei. Quindi, è inammissibile è impellente il bisogno di stabilire equità e celerità nel superare il criterio della Spesa storica dando, ad ogni Comune, le giuste garanzie economiche per effettuare Servizi pubblici essenziali e a domanda individuale».

Il sindaco Giuseppe Falcomatà, allo stesso modo, ha identificato un altro passaggio chiave nella modifica dell’attuale codice degli appalti: «Mediamente, servono 5 anni per completare un’opera pubblica da un milione di euro. Un’epopea se si pensa alla mole di finanziamenti che arriveranno con il Piano di ripartenza e resilienza ed al conseguente cronoprogramma imposto dall’Ue. Così, si devono snellire le procedure affinché ogni infrastruttura programmata possa vedere la luce entro il 2026. Si può fare e la ricostruzione del Ponte “Morandi” a Genova dimostra che la velocità d’esecuzione non corrisponde, automaticamente, ad un lasciapassare per infiltrazioni criminali e corruzione».

Nel ringraziare il Pd della regionale Sicilia, i segretari Anthony Barbagallo e Renzo Bufalino, il sindaco Falcomatà ha sottolineato «l’importanza di un incontro utile ad approfondire temi che riguardano il Mezzogiorno e rispetto ai quali il Sud deve agire in maniera unita e compatta». «Per spendere le risorse del Pnrr – ha concluso – vanno stabilite le regole del gioco. Questa è la sfida ed al suo interno dobbiamo individuare gli obiettivi strategici, le risorse ed i servizi necessari a rilanciare i territori attraverso un piano d’investimenti dalle proporzioni epocali». (rrc)

Il vuoto educativo nelle aree interne del Meridione. Quali prospettive per il Terzo Millennio

di FRANCESCA SARACENO – Venerdì 16 luglio, sulla piattaforma Microsoft Teams, si è svolto il webinar Il vuoto educativo nelle aree interne del Meridione. Quali prospettive per i docenti del Terzo Millennio?, organizzato dall‘Associazione Universitaria Themis con il patrocinio del Consiglio degli Studenti e del Dipartimento DiGiES dell’Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, oltre che con la partecipazione del Dipartimento Calabria – Associazione Nazionale Sociologi.

All’incontro, moderato da chi scrive queste note, studentessa della Themis, hanno partecipato, porgendo i saluti istituzionali, il Direttore del Dipartimento DiGiES, prof. Massimiliano Ferrara, e la prof.ssa Amalia Chiara Di Landro, coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria, corso di studio che ormai da quasi quattro anni ha arricchito l’offerta formativa dell’Ateneo reggino.

A seguire, si è tenuto il trittico di interventi degli illustri relatori che hanno preso parte al webinar, nell’ordine: prof.ssa Alessandra Priore, dott. Francesco Rao, prof.ssa Rosa Sgambelluri. Dopo ulteriori interventi e domande, da parte degli studenti della Mediterranea, il Presidente della Themis, Girolamo Giovinazzo, ha curato le conclusioni del percorso seminariale, svoltosi in forma telematica. Sebbene si sia trattato, come ormai da consuetudine in questo periodo, di un incontro esclusivamente online, il contatto creatosi tra i relatori e i partecipanti ha ricordato il bel clima proprio delle aule universitarie, di quando ancora ci si poteva riunire liberamente per discutere di importanti e interessanti tematiche; non rappresentando, lo schermo, una “barriera” per i lavori svolti dagli ospiti e dai relatori, ognuno dei quali ha apportato il proprio prezioso contributo alla discussione del 16 luglio.

Iniziando proprio dal prof. Massimiliano Ferrara, Direttore del Dipartimento DiGiES, che nel portare i saluti istituzionali, oltre a ringraziare gli organizzatori per «aver avuto la sensibilità culturale di proporre un tema di novità e grande interesse che si incardina nell’ambito delle scienze umane», ha anche effettuato svariate considerazioni su alcuni aspetti caratterizzanti le aree interne. Dalla sua introduzione, infatti, è emerso come il 56% dei comuni sia rubricato come “area interna”, ossia come il territorio che dista tra i 40 e gli 80 minuti dalla città polo di riferimento (che in alcuni casi è già isolata di per sé), e di come il discorso attorno alle povertà diventi più complesso con l’introduzione di ulteriori elementi quali, ad esempio, l’invecchiamento della popolazione e il calo demografico, problematici sin da prima dell’avvento del Covid.

La situazione si è, ovviamente. aggravata con l’avvento della didattica a distanza e delle criticità da essa nascenti – come il non perfetto cablaggio delle reti di telecomunicazione nelle aree interne –, per cui il problema della povertà educativa si è detto poter diventare strutturale in alcuni contesti. Il direttore si è, infine, congedato ringraziando il gruppo di ricerca formato dai docenti del corso di Scienze della formazione primaria e incentivando gli studenti a continuare a organizzare tali iniziative di confronto.

Di profondo impatto è stato anche il contributo della prof.ssa Amalia Chiara Di Landro, coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria, di cui ha portato i saluti, la quale si è soffermata sui problemi educativi nascenti dalla pandemia da Covid-19, di cui la DaD rappresenta «un tema nel tema». Tema importante, per come risulta dal rapporto universitario di quest’anno e dal rapporto sulle prove invalsi, che danno la misura del divario tra Nord e Sud, polarizzato col crescendo del percorso formativo, dalla scuola primaria a quella superiore, per poi sfociare nel “problema dei problemi”, ossia la dispersione scolastica, esplicita o implicita che essa sia.

Un divario presente non solo tra il Settentrione e il Meridione, ma anche tra regioni e macroaree e tra classi o scuole della stessa città, che sottolinea come sia proprio da tale discorso che nasce l’importanza di fare rete e del compito di “formare i formatori”, in quanto la DaD ha fatto capire e imposto una riflessione sulla necessità di una didattica che non sia solo frontale, i cui soggetti passivi si trovano al di là di uno schermo, ma di una didattica più interattiva.

Procedendo con la triade di interventi, si è assistito ad un ampio discorso sulla formazione dei docenti e le loro competenze chiave da parte della prof.ssa Alessandra Priore, docente di pedagogia generale, che, partendo dall’allarme lanciato da Save the Children col progetto Illuminiamo il futuro – ossia che l’Italia non sarebbe un Paese “adatto ai minori” –, ha messo in luce la necessità di sconfiggere il vuoto educativo e la povertà in tutte le sue manifestazioni: dall’accesso limitato all’istruzione ai vari servizi di base, dalla discriminazione all’esclusione sociale, col fine di perseguire una crescita economica e sociale inclusiva, “traguardi ineludibili” secondo l’Onu.

Non solo povertà economica ma anche diverse forme del rischio della vulnerabilità sociale, da combattere attraverso la formazione di quella che sarà la nuova classe docente del futuro e soffermandosi non solo sulla “mera” trasmissione dei contenuti che, per quanto importanti, sono oggi più facilmente accessibili, ma sulla attivazione di “relazioni significative”, perché «è solo per mezzo delle stesse che si realizzano apprendimenti significativi».

Coinvolgente, a seguire, è stato l’intervento intitolato Povertà educative, deprivazioni culturali e dispersione scolastica nelle aree interne della Calabria. Il ruolo della comunità educante del dott. Francesco Rao, sociologo e presidente del Dipartimento Calabria – Associazione Nazionale Sociologi, arricchito dall’esperienza praticata sul territorio, che quest’ultimo ha raccontato. Esperienza che risale al 2004, anno nel quale il dottore ha iniziato ad occuparsi, con numerose attività, dei temi in oggetto in varie parti del territorio dell’odierna Città metropolitana di Reggio Calabria. Seguendo gli insegnamenti da pedagogista di Don Milani con l’affermazione “I care”, ha ribadito quanto, ancora oggi, sia fondamentale prendersi cura dei discenti, anziché, come spesso succede, «tenere dentro le scuole i ragazzi che studiano e lasciare fuori alunni aventi storie personali e circostanze pressanti a livello sociale». Dopo aver toccato diverse tematiche, il relatore ha concluso evidenziando come non sia molto lontana nel tempo la perdita di più di 100 plessi scolastici in Calabria, e ha sottolineato come «quando in un Paese si chiude la scuola, si chiude un presidio di democrazia e legalità e si perde di vista lo Stato», ponendo l’accento su come la scuola sia necessaria perché «per educare serve una comunità», lasciando aperta la porta a future nuove collaborazioni con l’Università “Mediterranea”. Ha citato infine l’Émile di Rousseau, secondo cui «le persone sono buone, è la società che le rende cattive»: allora la scuola deve essere quella società buona che rende “buono” anche colui che si era perso.

Ci si è immersi, poi, nel mondo dell’inclusione e dell’interculturalità grazie alla relazione della prof.ssa Rosa Sgambelluri, docente di pedagogia interculturale, intitolata Alleanza educativa tra scuola e università: verso nuove prospettive interculturali e didattico-inclusive. Nella corso della sua trattazione, la neo-professoressa associata dell’UniRC ha delineato un excursus sulla storia e le vicende legate ai due concetti summenzionati: inclusione, anzitutto, come problema di significativo interesse pedagogico e obiettivo chiave delle politiche internazionali, come necessità di integrare nelle scuole comuni alunni che vengono indirizzati in istituti speciali, ponendo maggiormente l’accento sul discorso di “efficacia educativa”; educazione interculturale come “imparare a vivere insieme” in un mondo in cui le relazioni con gli altri e l’incontro con le differenze sono sempre più ingredienti normali della vita quotidiana. Tutto ciò pensando di attivare percorsi di progettazione universale nella didattica inclusiva (universal design for learning), sia nei contesti scolastici che universitari; avendo al centro di tutto il singolo studente e le sue diversità che ne caratterizzano l’identità.

Infine, dopo qualche minuto dedicato alle domande e ai commenti dei partecipanti, ci si è avviati alle conclusioni curate dallo studente Presidente Themis, Girolamo Giovinazzo il quale, intervenendo dapprima con ulteriori quesiti che hanno contribuito ad arricchire il dibattito tra i relatori, ha poi tirato le somme di quanto detto durante la mattinata: l’istruzione calabrese (insieme a quella italiana) necessita di una profonda riforma, come ribadito dalla prof.ssa Priore, ma anche di un sistema proprio, “autoctono”, non importato da altri Paesi in cui tale aspetto è sì efficiente e idoneo, ma non è “nostro”, non è adatto a noi.

Si conclude, così, un’intensa mattinata all’insegna del dialogo e del “mettersi in gioco”: per l’Associazione Universitaria “Themis” e tutte le istituzioni e i professionisti partecipanti è motivo di orgoglio aver dato vita ad un’importante occasione di confronto, che si spera possa riproporsi negli anni a venire. (fs)

Il sindaco Giuseppe Falcomatà: I territori siano coinvolti a proposito del Recovery Plan

«I territori vengano coinvolti maggiormente su indirizzo, gestione e monitoraggio delle risorse» del Recovery Fund, infrastrutture, lavoro e reingegnerizzazione. Lo ha dichiarato il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, nel corso del webinar sul Recovery Fund, a cui hanno partecipato il ministro alle Infrastrutture, Enrico Giovannini, i prof. dell’Università della Calabria, Demetrio FestaGabriella MazzullaCaterina Cittadino, presidente del Comitato nazionale Dibattito Pubblico, e Andrea Agostinelli, presidente dell’Autorità di sistema portuale dei mari Tirreno meridionale e Ionio.

I prof. Festa e Mazzulla hanno illustrato l’importanza dell’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria con un’attenzione particolare allo sviluppo dei collegamenti fra Gioia Tauro e Lamezia Terme ritenuti «gli assi portanti della crescita per l’intera regione Calabria».

«Siamo pienamente consapevoli dell’importanza straordinaria, strategica e probabilmente unica ed ultima rispetto all’utilizzo delle risorse del Pnrr per lo sviluppo del Sud», ha detto Falcomatà aggiungendo: «Finalmente, in questi giorni, abbiamo vinto una battaglia che, come Anci, avevamo ingaggiato sin dall’inizio della discussione nazionale su temi così importanti. Ovvero, l’abbattimento del criterio della spesa storica per la distribuzione delle risorse nazionali che, da sempre, ha rappresentato il motore di crescita delle disuguaglianze e differenze fra il Settentrione ed il Meridione del Paese».

«In quest’ottica – ha detto il primo cittadino – vediamo che alcune scelte sono già state inserite all’interno della programmazione del Recovery, come l’idea e la volontà di fare arrivare l’Alta velocità anche fino in Calabria. È una cosa sicuramente importante, ma non ci rallegriamo perché lo reputiamo un atto dovuto per chi interpreta l’evoluzione del Paese in maniera unitaria e vuole vedere l’Italia andare ad una sola velocità».

«Dunque – ha proseguito il sindaco – siamo d’accordo sull’importanza di investire nel Porto di Gioia Tauro che è cresciuto molto, ma che potrebbe farlo ancora di più se si sviluppa il retroporto e, soprattutto, se si collega l’infrastruttura alla rete ferroviaria. Rispetto a questo, la politica locale può fare tanto se, però, viene coinvolta. Infatti, il tema fondamentale sul quale dovremmo concentrarci, oltre a quello su come investire i fondi, è relativo a chi quei fondi li dovrà gestire e dovrà dare un indirizzo rispetto al tipo di investimenti da fare».

«Questo tipo di incontri, sicuramente utili e interessanti – ha spiegato l’inquilino di Palazzo Alvaro – possono assumere un ruolo determinante nel fare emergere una voce unica sulla necessità che i territori possano e debbano assumere un protagonismo indispensabile per modificare in responsabilità quella che, ad oggi, resta solo e soltanto una proposta di crescita delle singole comunità. Se le decisioni arrivano da fuori, invece, si continuerà con una politica di colonizzazione del Mezzogiorno che credo abbia fatto già abbastanza danni». (rrc)

Superamento criterio spesa storica, Dalila Nesci: Risultato importante per azzerare divario tra Nord e Sud

Per la sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, il superamento del criterio della spesa storica per asili nido e funzioni sociali è «un risultato importante per i cittadini nell’ottica dell’azzeramento del divario tra Nord e Sud».

«Buona parte del merito – ha aggiunto – per l’esito di questa battaglia politica lo dobbiamo all’impegno della Vice Ministra dell’Economia, on. Laura Castelli che, con tenacia si è battuta per tutelare i diritti sociali dei cittadini più svantaggiati. Scardiniamo finalmente uno schema che ci ha tenuti imbrigliati a lungo: gli anziani, i disabili, gli asili nido potranno contare sulle stesse risorse pro-capite a prescindere dalla loro appartenenza geografica».

«I nuovi obiettivi, sanciti dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard del Mef – ha spiegato – saranno una boccata d’ossigeno in particolar modo per i comuni del Sud. Verranno così incrementate le risorse finanziarie da dedicare ai servizi domiciliari, ai centri educativi, ai centri sociali per gli anziani e alle case famiglie. Se fino a ieri Reggio Calabria aveva a disposizione 78 euro per abitante, da oggi ne avrà a disposizione 102».

«Un ringraziamento va, infine – ha concluso – alla Ministra per il Sud e la Coesione Territoriale On. Mara Carfagna per il lavoro che sta portando avanti nell’attuazione dei Lep – Livelli Essenziali di Prestazione». (rrm)

In copertina, Castelli e Nesci

La sottosegretaria Dalila Nesci: Dal Pnrr 11,2 miliardi per alta velocità al Sud

La sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, ha reso noto che «il Pnrr prevede, nell’ambito della Missione 3 dedicata alle ‘Infrastrutture per una mobilità sostenibile’, un investimento di 11,2 mld complessivi specificamente destinato ai collegamenti ferroviari ad alta velocità verso il Sud per passeggeri e merci a lunga percorrenza, che include interventi sulla Salerno-Reggio Calabria», che «rappresenta una delle infrastrutture più rilevanti per i collegamenti nazionali – nonché europei – e lo strumento indispensabile per lo sviluppo del Sud».

Tali finanziamenti, ha specificato la sottosegretaria Nesci, «sono finalizzati ad assicurare un’alta velocità effettiva e riguardano prioritariamente tre progetti: il tratto Battipaglia-Praia a Mare, che seguirà il tratto autostradale onde evitare un impatto sulla costiera del Cilento e offrendo al contempo uno snodo importante sulle direttrici Nord/Sud ed Est/Ovest; il tratto Praia a Mare-Tarsia, per offrire uno snodo verso Sibari e la tratta Jonica; la nuova galleria ferroviaria tra Paola e Cosenza».

«Da Paola in giù – ha proseguito la Sottosegretaria – è a mio avviso auspicabile investire sulla riqualificazione dell’attuale linea ferrata costiera, adeguandola all’alta velocità, piuttosto che idearne una nuova nell’entroterra. È, inoltre, necessario intervenire sulla dorsale Jonica, attraverso opportuni interventi di elettrificazione nonché di sistemazione idrogeologica di diversi tratti che passano sulla fascia costiera, da finanziare con risorse europee, nazionali e regionali». (rrm)

Abate (Alt. c’è): Non c’è adeguata ripartizione per collegamenti ferroviari alta velocità per il Sud

La senatrice di Alternativa c’èRosa Silvana Abate, ha dichiarato che il Recovery Plan, «che sarà inviato a Bruxelles per una valutazione complessiva da parte dell’Unione europea non prevede, in realtà, una corretta e adeguata ripartizione delle risorse riguardanti i collegamenti ferroviari ad alta velocità tale da favorire il Sud e, nello specifico, la Calabria».

«Il documento, ad esempio – ha spiegato – parla di una riduzione di circa 80 minuti sul tempo di percorrenza del tratto Salerno-Reggio Calabria, ma non viene indicato rispetto a quale tempo attuale si avrà la riduzione. Non c’è il temine iniziale di paragone, ecco perché non è chiaro quale sarà il tempo finale di percorrenza del tratto Salerno-Reggio Calabria. C’è chi dice che sarà un’Alta velocità a 300 km/h, ma non è scritto esplicitamente da nessuna parte».

«La stessa cosa – ha proseguito – si può dire anche in riferimento al fatto che il fatto che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, continui a dire che il Pnrr è rivolto al Sud e che più del 50% degli investimenti nelle infrastrutture sia al destinato a Sud. Non è così, leggendo bene le schede del Recovery Plan emerge come il Meridione rischi di diventare il grande tradito di questo Piano di cui tutti parlano ma che nessuno ha realmente approfondito».

«Per questo motivo – ha spiegato ancora Abate – nella risoluzione elaborata insieme agli altri colleghi del gruppo “L’Alternativa c’è” al Senato, abbiamo chiesto l’inserimento di un punto dove si dica chiaramente che è necessario modificare l’attuale distribuzione tra Nord e Sud delle risorse riguardanti i collegamenti ferroviari ad alta velocità perché, attualmente, Il Piano Nazione di Ripresa non favorisce un importante rafforzamento dei territori maggiormente sprovvisti di collegamenti ferroviari (come il Sud e le isole)».

«Se si vuole riequilibrare davvero la preoccupante sperequazione tra le regioni italiane al Sud – ha concluso – dovrebbe andare il 60% dei fondi, come previsto dai criteri indicati da Bruxelles in merito a Pil, popolazione e tassi di disoccupazione». (rp)